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sabato 20 ottobre 2012

LA BATTAGLIA DI LOS ANGELES







Qualche settimana dopo Pearl Harbor, nel pieno del conflitto mondiale, qualcosa di singolare avvenne a Los Angeles.  Una cosa, che fu definita come un enorme insetto argenteo fluttuò su  di una Los Angeles in preda al terrore e oscurata da un blackout in piena notte, proprio, al culmine della paranoia e della paura della Seconda Guerra Mondiale. Questa enorme astronave, presumendo che si trattasse di un qualche velivolo sconosciuto giapponese, fu attaccata mentre si trovava, quasi stazionaria, su Culver City e Santa Monica, da dozzine di batterie contraeree dell’esercito che le esplosero contro circa duemila proiettili da 450 grammi sotto gli occhi di migliaia di cittadini. L’episodio è passato alla storia (dell’ufologia) come la Battaglia di Los Angeles. L’improvvisa apparizione dell’enorme oggetto oblungo causò a Los Angeles e a parte della California del Sud in un immediato blackout da attacco aereo e provocò una tale reazione della contraerea da causare la morte di sei persone per la pioggia di frammenti metallici dovuta a schegge di proiettili esplosivi. L’oggetto, invece, sembrò non riportare alcun danno, in quanto si allontanò lentamente, incurante delle cannonate.
 
Riguardo quanto accadde la notte del 25 Febbraio 1942, lo scrittore Ralph Blum, che all’epoca aveva solo nove anni, scrisse che credette che i Giapponesi stessero bombardando Beverly Hills: "C’erano le sirene, luci di riflettori, proiettili della contraerea che esplodevano in gran quantità nei cieli di Los Angeles. Mio padre, che nella Prima Guerra Mondiale era stato un osservatore dell’aeronautica e riconosceva l’artiglieria pesante quando la udiva, disse a mia madre di portare le mie sorelline nel rifugio sotterraneo, mentre io andavo con lui sul balcone al piano di sopra. Che scena! Erano passate le tre del mattino: le luci dei riflettori sondavano il cielo a occidente. Tra coloro che sparavano contro gli intrusi volanti riconoscemmo gli artiglieri del 65° reggimento Artiglieria Costiera di Inglewood e il 205° reggimento della contraerea di Santa Monica. L’oggetto bianco a forma di sigaro incassò molti colpi diretti, ma continuò il suo volo verso est".

Gli osservatori da terra videro anche più di venticinque UFO. L’allora redattore del Los Angeles Herald Examiner, Peter Jenkins, disse: "Vidi chiaramente la formazione a V di circa venticinque velivoli argentei che muovevano lentamente verso Long Beach".


Il capo della polizia di Long Beach, J.H. Mc Lelland dichiarò: "Vidi quella che fu descritta come la seconda ondata di aerei dall’ultimo dei sette piani del municipio di Long Beach”.
Un osservatore della Marina, che disponeva di un potente binocolo, disse di aver contato nove velivoli nel cono dei riflettori. Il gruppo (di UFO) passava da un cono di luce all’altro e sotto il fuoco dell’artiglieria antiaerea, volò dalla direzione di Redondo Beach e Inglewood a Fort MacArthur e continuò verso Santa Ana e Huntington Beach. Aggiunse che Il fuoco dell’antiaerea era così pesante che era impossibile sentire il rombo dei motori degli aerei.
 
Il reporter Bill Henry del Los Angeles Times scrisse: "Pur trovandomi a notevole distanza dall’oggetto lo vidi chiaramente, ma senza poterlo identificare... sarei pronto a scommettere che su quell’oggetto è stato diretto un gran numero di colpi".
 
Alle 02:21 del mattino il Generale John L. De Witt diede l’ordine di cessare il fuoco, mettendo di fatto fine a quei venti minuti di battaglia nel cielo di Los Angeles.
 
La conferma della presenza sulla costa Sud di aeromobili non identificati fu annunciata dal comando di San Francisco, che emise due dichiarazioni ufficiali a cura della Marina: la prima liquidava la faccenda, per bocca del Segretario Frank Knox, alludendo ai "nervi scossi" della popolazione; la seconda dichiarava che: "L’aereo che ha causato il blackout nell’area di Los Angeles per diverse ore questa mattina non è stato identificato".
Il comando della Army’s Western Defense affermò che il blackout e le azioni antiaeree erano state causate dall’intrusione di un velivolo non identificato avvistato sull’area della baia. Non sono state sganciate bombe e non sono stati abbattuti aerei e miracolosamente, viste le tonnellate di proiettili lanciati in aria, solo due persone sono state ferite dalla caduta dei frammenti. (Quest’ultima affermazione del Los Angeles Times verrà successivamente smentita, portando il bilancio delle vittime a sei, N.d.R.).

martedì 16 ottobre 2012

SIDURI



 

Nella mitologia sumerica Siduri era "la fanciulla che fa il vino": sorta di locandiera mistica che somministra all'eroe di passaggio una bevanda, il vino appunto, che ancor oggi rientra nei riti più sacri. Il nome doveva essere molto diffuso se, com’è probabile, i Sumeri adottavano i nomi dei loro idoli così come facciamo anche noi oggi, quando, battezzando i nostri figli gli diamo i nomi dei santi e dei personaggi famosi. Quindi, la Siduri di cui narra un intero capitolo del romanzo "Il signore delle aquile" non ha nulla a che fare con la locandiera del poema di Gilgamesh. Voglio ricordarvi che Il signore delle aquile non è un romanzo del genere fantasy, come potrebbe far supporre il nome, non è neanche un romanzo puramente storico poiché ho voluto inserirvi degli elementi leggendari. Mi accorsi subito che potevo separare questo capitolo dal resto del libro per dar vita a un racconto. Operazione non sempre facile ma, in questo caso, molto ben riuscita. Vi si narra la storia, tragica, di una ragazza che ha ricevuto un dono dal cielo: la bellezza. E di come questo dono la conduca, non certo per colpa sua, a una condizione di schiavitù. Non ci sono allegorie, niente a che vedere con moderne storie di “veline” o di modelle anoressiche, anche se, ne sono convinto, pure in questo caso c’è una forma di schiavitù, se non proprio coattiva, almeno mentale. Tuttavia, Siduri ci appare come una donna moderna in quanto non risponde appieno ai canoni della sua epoca. Non è una donna ubbidiente e sottomessa, una donna che accetta e sopporta tutto solo perché è donna. Siduri ha ambizioni, Siduri si ribella, Siduri agisce. Infatti, è lei che, contravvenendo agli usi del tempo, va a chiedere aiuto al valoroso Khubaba. Siduri non si sottomette: anche da schiava conserverà sempre uno spirito libero, scevro da ogni rassegnazione. Magari non è una donna colta ma è intelligente, anzi, più che intelligente è astuta: opta delle scelte precise e oculate. Riuscirà a sfuggire alle brame di Shamash, il suo padrone, sfruttando a suo vantaggio la gelosia della moglie. Anzi, sarà proprio quest’ultima che, per allontanarla dalla sua casa, la manderà, come serva, al seguito di Odakon; concedendogli proprio ciò che lei voleva più d’ogni altra cosa. Ma questa, è un’altra storia.
 
Alla fine del 2011, il racconto è stato pubblicato nell'antologia "Paesaggi letterari" a cura di Historica.


domenica 7 ottobre 2012

ANTICHI AEREI MESOAMERICANI


In Colombia, nella Valle del Cauca, furono ritrovati alcuni artefatti appartenenti alla cultura Calima (l° secolo a.C. - ll° secolo d.C.), queste miniature, scoperte trent'anni fa dall’archeologo Alan Landsburg, furono catalogate come rappresentazioni di insetti stilizzati e dimenticati in diversi musei del mondo dove tutt’oggi e possibile ammirarli. La maggior parte di queste miniature è esposta al Museo dell’Oro di Bogotà presso la Banca Nazionale della Colombia, al Museo Britannico di Londra e allo Smithsonian Institute di Washington.
E' evidente che questi oggetti hanno ben poco in comune con gli animali che, secondo gli archeologi, dovrebbero rappresentare, seppure in forma stilizzata. Tra l’altro, nessun insetto ha le ali poste al disotto del corpo.
Tutte le miniature misurano poco più di cinque centimetri e sono tra gli artefatti precolombiani più stupefacenti al mondo. Infatti, sebbene gli esperti di culture ispaniche li identifichino come oggetti di culto dalla forma animale, la loro aerodinamicità è sorprendentemente analoga a quella dei moderni jet con ali a delta e per quanto incredibile, questa caratteristica è stata verificata da ingegneri aeronautici che ne hanno comprovato l'attitudine al volo.
Queste miniature furono dapprima oggetto di attenzione da parte di Ivan Sanderson, biologo, archeologo e scrittore, che per primo notò il loro aspetto "tecnologico". Successivamente l'ingegnere tedesco J.A. Ulrich, pilota di jet, dedusse che uno degli artefatti somigliava al caccia a reazione SAAB 37 VIGGEN (JA 37) che era appena entrato in dotazione all'Aeronautica svedese. L’ala a delta, per qualche tempo abbandonata, è tornata in auge nel XXI secolo. Anche un ufficiale tedesco, il tenente Peter Belting, s’interessò alle miniature riproducendo una di queste in scala 1:16 con materiale di schiuma per valutarne l’aerodinamicità, dotandolo di un motore elettrico e radiocomando.

Su FOCUS è recentemente apparso un filmato in cui un modellino dotato di carrello, motore (un’elica intubata) e di radiocomando, volava perfettamente. I tecnici non avevano fatto alto che ricostruire il modello in scala più grande e questo volava! Le prove, effettuate in volo, dimostravano che si trattava di un aereo perfettamente manovrabile e dotato di un'eccellente stabilità nel volo planato. Gli spagnoli Romàn Molla, Justo Miranda e Paula Mercado hanno ricostruito modelli in scala di questi piccoli monili, e li hanno sottoposti a prove nella galleria del vento e a programmi di simulazioni di volo, confermando che i modelli sono perfettamente aerodinamici e adatti al volo.
 
A questo punto ci si chiede come sia possibile che popolazioni vissute circa 2000 anni fa fossero a conoscenza di tecnologie tipiche della nostra epoca. Avevano visto qualcosa che riprodussero in un "Culto Cargo" (culto legato a oggetti tecnologici divinizzati) oppure replicarono il ricordo mitizzato di macchine appartenute a epoche precedenti e a una cultura evoluta scomparsa?

mercoledì 3 ottobre 2012

NATO IL DODICI APRILE


Cliccando sul link potrete leggere il breve racconto pubblicato nella raccolta edita, nel 2010, da AssoPiù Editore.
Alla fine, ci si accorge che il narratore è anche il protagonista della vicenda. In un luogo dove il tempo più non scorre, dove è sempre oggi, è sempre adesso, si concederà un dono prezioso: l'amara visione di uno scorcio della sua vita futura.