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sabato 28 maggio 2016

IL CASO USTICA


“Questo studio si propone di far conoscere a un pubblico più vasto possibile come, nello scenario degli eventi che portarono la sera del 27 giugno 1980 all’abbattimento del DC-9 della compagnia ITAVIA, nel cielo dell’isola di Ustica, si trovino numerosi indizi sostanziali del fatto che la causa scatenante di questo tragico evento possa benissimo essere stata un’operazione militare aero-navale effettuata dagli Stati Uniti congiuntamente ad alcuni paesi della NATO (Gran Bretagna, Francia e Italia), finalizzata all’intercettazione e tentato abbattimento di uno o più Oggetti Volanti Non Identificati, i quali seguivano – già da qualche tempo e da molto vicino – il trasporto civile in questione.
Quest’ultimo, pertanto, sarebbe stato colpito per errore da uno o più missili diretti contro tali velivoli.”





Riporto integralmente le prime frasi dell’introduzione concernente l’indagine di Umberto Telarico, sedicente analista e inquirente del GIRUC (Gruppo Indipendente di Ricerca Ufologica Campano) che espone, in un corposo volume di ben 249 pagine, i fatti conosciuti e numerose altre ipotesi in merito alla misteriosa fine del DC-9 ITAVIA e dei suoi occupanti. È mia intenzione, in questa sede, riportarne soltanto un breve stralcio e continuare con quest’argomento solo in seguito e solo se creerà un certo interesse. Premetto che l’ipotesi ufologica, anche se non mi convince, è intrigante e alcuni fatti, qui esposti, non sono privi di fondamento. 


Il volo IH-870 della società ITAVIA partì da Bologna alle ore 20:08, con due ore di ritardo sull’orario previsto. Una volta in quota, al di sopra della Toscana, secondo la ricostruzione fatta dai periti in base ai tracciati radar di Roma Ciampino, la traccia radar del DC-9 apparve spuria, ossia sovrapposta a quella di un altro aeromobile (o forse due) viaggiante nelle immediate vicinanze del jet civile. In altre parole, era come se qualcosa volasse di conserva - ossia si fosse disposto poco sopra, sotto o in coda - con detto cargo allo scopo di occultare la propria presenza confondendosi nel cono d’ombra radar del DC-9. Intanto, quest’ultimo procedeva lungo l’aerovia civile denominata Upper Ambra 13 Alfa senza potersi rendere conto di una tale presenza “estranea”. Nel frattempo, un aereo Awacs ha sotto controllo una missione i cui scopi sono tutt’oggi rimasti top-secret e a questo scopo, sorvola in circolo l’Appennino Tosco-Emiliano. Cito quest’aereo poiché ci si renderà conto che il traffico aereo intorno al DC-9, quella notte, era stranamente intenso. Una volta sulla Toscana, venne affiancato da un aereo con sigla militare LG-461 proveniente dalla Liguria. Ciò avvenne praticamente davanti al muso di una squadra composta di tre F-104 italiani, decollati dalla base aerea di Grosseto intorno alle ore venti del 27 giugno 1980. I caccia erano pilotati da Mario Naldini e Ivo Nutarelli i quali, secondo la ricostruzione fatta dal giudice Priore, quando incrociarono il DC-9 e il suo “accompagnatore fantasma”, per ben tre volte lanciarono il codice di allarme ai radar di terra, per poi far rientro alla loro base.
Anche Telarico ammette che la presenza sulla scena di questi aerei italiani potrebbe essere stata del tutto casuale. D’altronde - dico io - perché mandare in ricognizione degli aerei da addestramento biposto e per di più disarmati? Resta il fatto che, alcuni anni dopo, nel 1988, i due piloti in questione morirono, in un incivolo, durante la manifestazione aerea di Remstein, in Germania (in cui, peraltro, perirono numerosi innocenti spettatori). Per una strana coincidenza, successe appena qualche giorno prima della data in cui gli stessi avrebbero dovuto essere ascoltati quali testi in causa dal giudice Rosario Priore.



A parte la strana coincidenza, che probabilmente ha dato adito a una leggenda, chi ha visto i filmati che ci riportano all’incidente di Remstein può ben capire, anche senza tante spiegazioni, come sia improbabile che si sia trattato di un incidente simulato allo scopo di uccidere quei due piloti. Basti ricordare che si trattava di un’esibizione delle frecce tricolori e che nell’eseguire quelle manovre ardite, un errore, anche minimo, può portare alla morte di un pilota e può coinvolgere chiunque voli in quella formazione. Se qualcuno avesse voluto uccidere quei due avrebbe dovuto escogitare un piano migliore!

Allo scopo di verificare se le ipotesi di Telarico hanno degli effettivi riscontri e se quanto ha ipotizzato può essere realmente accaduto, analizziamo la vicenda in tutte le sue parti.
Secondo fonti vicine all’Aeronatica Militare, risulta per certo, dalla registrazione di una telefonata con l'ATC di Roma, che la Torre di Grosseto ha chiuso al crepuscolo le attività di volo, in aderenza al cosiddetto "orario HJ" rilasciando le proprie aeree riservate a Roma ATC.  Questo è il primo fatto che dimostra come sulla base di Grosseto alle ore 21:00 di quella sera non ci fosse nessuna situazione particolare o di allarme.
Numerosi riscontri, anche al dibattimento del processo, hanno permesso di accertare con sicurezza questi voli effettuati a Grosseto nel tardo pomeriggio del 27 giugno 1980. Anche Priore da per certo che sono stati i seguenti: il velivolo TF104 marche 54253, con a bordo i due istruttori Nutarelli e Naldini, decollato alle 19:30 e atterrato alle ore 20:45, impegnato in una missione tipo CHASE Intermedia 2; velivolo TF104 marche 54261, pilotato da Giannelli, decollato alle 19:30 e atterrato alle ore 20:35, impegnato nella stessa missione. Questa coppia di velivoli volava assieme: l’allievo Giannelli effettuava la sua missione Intermedia 2 sotto la supervisione degli Istruttori Nutarelli e Naldini. Velivolo TF104 marche 54230, con a bordo Bergamini e Moretti, decollato alle 19:40 e atterrato alle 20:50, impegnato in una missione tipo Intermedia 8. In questa missione, l’istruttore Bergamini, contrariamente al caso precedente, era in volo insieme all’allievo Moretti e provvedeva al suo addestramento.
È singolare notare che per ricostruire, con buona approssimazione, i percorsi di quei voli si sia dovuto ricorrere anche alle registrazioni di Ciampino. In quanto i tabulati di Poggio Ballone si prestavano a difficoltà interpretative dovute sia a errori di misura impliciti al sistema, sia alla scarsa cura nel seguire i voli nella zona, forse per trascuratezza o lassismo degli operatori. Questo quadro operativo, per niente edificante, serve però a rimarcare quanto l’atmosfera fosse pacata, tanto da permettere al personale in servizio di prendersi qualche distrazione.  La missione che più ci interessa è quella dell'istruttore Bergamini con l'allievo Moretti. Questa è la missione cui Priore attribuisce tutta la problematica dei codici SIF di emergenza. I codici SIF a detta dell’AM costituiscono indubbiamente un’anomalia che può essersi verificata per diverse ragioni, ma solo per motivi tecnici o malfunzionamenti oppure per manovra impropria da parte del pilota e non per segnalare quella grave "emergenza generale", di natura operativa, osservata nei pressi del velivolo DC-9, come ipotizzato da Priore. Infatti, l'emissione del codice 7777 di SIF2 è già presente alle 18:00; a quell’ora, il DC-9 Itavia doveva ancora decollare. Questo codice non segnala nessuna emergenza ma è solamente il numero che identifica il velivolo o il gruppo di appartenenza. Poteva essere impostato solo a terra perché le relative manopole erano sull'apparato.
Dai tabulati, si nota che sul punto dove s’intersecano le due rotte, a NE di Firenze il DC-9 passa alle 18:22 mentre il TF104 due minuti dopo, quando il DC9 dista oltre 10 miglia. Dopo, il percorso procede su rotte quasi parallele in quanto il TF104 procede a velocità leggermente superiore rispetto al DC-9. Dall’analisi complessiva dei tabulati radar, risulta che il DC-9 non si è mai trovato a una distanza tale da permettere ai due piloti del TF104 di fare un accertamento a vista dell’eventuale situazione del DC-9 e dei suoi dintorni. Si osservi che alla distanza di 10 miglia un velivolo delle dimensioni del DC-9 viene visto molto piccolo e non è identificabile, un eventuale velivolo in scia, più piccolo, lo è ancora meno.

1 commento:

  1. È singolare notare che per ricostruire, con buona approssimazione, i percorsi di quei voli si sia dovuto ricorrere anche alle registrazioni di Ciampino. In quanto i tabulati di Poggio Ballone si prestavano a difficoltà interpretative dovute sia a errori di misura impliciti al sistema, sia alla scarsa cura nel seguire i voli nella zona, forse per trascuratezza o lassismo degli operatori. Questo quadro operativo, per niente edificante, serve però a rimarcare quanto l’atmosfera fosse pacata, tanto da permettere al personale in servizio di prendersi qualche distrazione.

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