Cerca nel blog

mercoledì 30 maggio 2018

L'ILLUSIONE DEL TEMPO


I Maya lo chiamavano il “Tempo del non tempo” ed era collegato all’ultimo Katum. Nel sistema di calcolo del lungo computo, veniva  utilizzata una precisa unità di misura, il katun, che consiste in un ciclo di 20 anni.
Questa unità di misura ci aiuta a comprendere come l’ultimo lasso di tempo del ciclo in cui viviamo, iniziato nel luglio del 1992, si doveva concludere il 21 dicembre 2012, a termine dell’ultimo katun della nostra era, in coincidenza con il termine dell’ultimo ciclo, di 5.125 anni e del Giorno Galattico di 25.625 anni. Ora, molti di voi diranno: - ma non è accaduto nulla il 21 dicembre 2012, quindi? -
Infatti i Maya non hanno mai predetto la fine del Mondo ma solo la fine di “un mondo”, inteso come il termine di un Ciclo temporale, quello galattico per l’appunto. Sapevano che il fattore Temporale influenza le civiltà. Attualmente ci troviamo all’interno di una vasta porzione temporale che i Maya definiscono Cilam Balam. Una misteriosa raccolta di testi che narrano degli accadimenti di ciascun ciclo cosmico, ci dicono che quello in cui ci troviamo ora è un ciclo che non porterà niente di buono: la nostra civiltà ha imboccato una via senza ritorno.
Questi cicli temporali si ripeteranno periodicamente nel tempo. Ma che cos’è il tempo? Il fattore Tempo esiste?



La nostra realtà quotidiana è costantemente caratterizzata da questo elemento, arrivando a condizionarci in modo spesso stressante, anche perché il modo in cui lo percepiamo è sempre sottoposto a eccessi: troppo o troppo poco. Se possiamo affermare che lo spazio esiste perché lo percepiamo attraverso i sensi, altrettanto non possiamo fare con il tempo. Lo scorrere del tempo, per noi, è legato a tutta una serie di fenomeni, sia naturali sia artificiali: il giorno e la notte, l’alternarsi delle stagioni, la nascita e la morte, ma e soprattutto dall’orologio.
L’orologio è significativo poiché ci segnala costantemente lo scorrere inesorabile della linea immaginaria sulla quale ci muoviamo. Eppure, se è fermo, non significa che lo sia anche il tempo!
Questo ci porta a fare delle considerazioni. Prendiamo un DVD. Esso contiene dei dati sotto forma di immagini e suoni. È un oggetto che percepiamo nel piano fisico, spaziale, ma fino al momento in cui lo inseriamo in un apposito lettore non ci procura nessun “spostamento” temporale. È nel momento in cui il DVD inizia a essere riprodotto dal supporto che vediamo delle immagini e ascoltiamo dei suoni: le informazioni in esso contenute iniziano un processo di spostamento nel tempo: da “inizio” a “fine”. Questo spostamento non esiste se non nella nostra percezione: è solo una convenzione, un’illusione. I dati del disco sono lì, senza tempo, senza “spostamento”, ma sono reali in quanto parte di un supporto fisico. Ma, se il tempo che noi regoliamo con i nostri meccanismi è una convenzione, che cos’è il tempo esattamente?



Per Newton, il tempo passava per un immenso spazio vuoto anche se non accadeva nulla e non c’era nulla. Cioè, il tempo passa a prescindere da tutto il resto. Poi è arrivato Einstein e le cose sono cambiate. Il fisico tedesco si accorse che nell’intervallo che va tra quello che definiamo “passato” e quello che definiamo “futuro” c’era altro: il “presente”. Eh, lo so, ai più sembrerà una stupidata, ma ai tempi di Albert non era così scontato. Il presente aveva goduto di scarsa considerazione perché troppo breve.
Voi pensate di essere qui, “adesso”, ma adesso è già passato: l’intervallo tra passato e futuro è di poco più di un nanosecondo!
Se, però, cercassimo un contatto interplanetario, una comunicazione, ad esempio, con Marte, non potremmo avere una conversazione “diretta”, perché chi pone la domanda dovrà attendere che l’altro la riceva (circa quindici minuti ed altrettanti per la risposta). Quei quindici minuti come li consideriamo? Come un “adesso” un po’dilatato?
Sul piano astrale, le conseguenze logiche di ciò sono importanti: non possiamo dire “in questo momento nell’Universo le cose stanno così” perché non esiste un “questo momento”. Nell’universo tutto è relativo.
Bene: abbiamo capito che il tempo è un concetto fumoso, ma non per questo possiamo esimerci dal considerarlo. Non possiamo perché sull’asse invisibile del tempo noi ci muoviamo in modo “condizionato” dal concetto stesso di tempo che abbiamo stabilito. Quando siamo in compagnia di una persona piacevole sembra che il tempo scorra più veloce. Quando facciamo qualcosa di faticoso o noioso il tempo sembra non passare mai. Eppure, il tempo standard dell’orologio è sempre lo stesso. La risposta sta nella percezione del tempo che ognuno di noi ha rispetto a un evento. La percezione (l’illusione) del tempo è appannaggio della nostra mente ed essa ne dispone soggettivamente.



Il tempo, quindi, è un’illusione. L’orologio, per convenzione, ci impone ritmi che spingono le nostre vite in direzioni prestabilite, ma sappiamo che quando sogniamo a occhi aperti o ci perdiamo in altri pensieri il tempo smette di avere la sua pesante (e invadente) presenza perché non lo avvertiamo più.
In questi e in altri casi, si potrebbe dire che il tempo “non esiste”, se non nelle lancette dell’orologio o sugli appuntamenti della nostra agenda. La stessa linea immateriale che delimita il passato, il presente e il futuro è un concetto e come tale, ha una validità relativa.
La parola “adesso” è un paradosso. Se diciamo “adesso” in realtà è già passato, ma mentre lo pronunciamo è presente, anche se per un nanosecondo. Quindi è presente o passato?
Per noi, il concetto di presente è essenziale, perché in esso noi riconosciamo il momento che stiamo vivendo. È una unità di misura convenzionale che ci serve per delimitare un evento nello spazio. Purtroppo, si rivela essere un’illusione nell’illusione, ma ne abbiamo bisogno perché ci aiuta a non perderci: è una sorta di bussola.
Non possiamo intervenire sul passato, perché appunto, se n’è andato. Sul futuro ci perdiamo il sonno, preoccupati di cosa accadrà, come sarà, perché sarà, ma anche per quello possiamo fare ben poco: ci sono troppe variabili in gioco e non solo le nostre (le interazioni con gli altri, gli eventi casuali). Non ci rimane che il presente. Che è già passato.



Se il tempo fosse come il DVD di cui abbiamo parlato prima, potremo considerare la scena che stiamo guardando come il presente, quelle già viste rappresenterebbero il passato e quelle che seguiranno il futuro. Ma quando non stiamo riproducendo il dischetto i tre stati del tempo saranno comunque presenti “nello stesso istante” sotto forma di informazioni. E così, con un tasto potremmo passare da una scena all’altra decidendo di volta in volta quale sia il presente in osservazione.
Non si tratta di un viaggio nel tempo in senso fisico, solo mentale. Se, quindi, pensiamo a un evento del passato rivivendolo nella nostra mente, come dovremmo considerare quello stato? Se immaginiamo un evento futuro siamo sicuri che non accadrà proprio così come l’avevamo immaginato?
Questo, per introdurre un concetto espresso dal Dr. Bradford Skow, professore del MIT (Massachusetts Institute of Technology) il quale afferma che il tempo non si muove in avanti: è sempre presente. Cioè, il tempo non scorre, ma “è”, pertanto tutti gli eventi possibili sono già presenti nel cosmo, dobbiamo solo scoprirli vivendoli.





Il film “Interstellar” di Christopher Nolan ci ha mostrato come, attraversando un buco nero, si possa ribaltare il concetto che abbiamo del tempo. Basandosi sugli studi effettuati dal fisico Kip Thorne, il film ci mostra come il protagonista si trovi in uno stato potenziale dove le tre fasi del tempo (passato, presente e futuro) coesistono. Grazie alle ipotesi di Thorne, nel film, notiamo come il protagonista riesca addirittura a influenzare il passato (usando la gravità) diventando l’osservatore di se stesso.
In definitiva, siamo schiavi di un concetto bizzoso, che non sappiamo bene come trattare e che ci manipola nostro malgrado. Anzi, siamo noi a manipolare noi stessi, dal momento che è la percezione del tempo quella che complica tutto.
Che il tempo esista realmente in forma di dimensione o di materia (tachioni?) per ora, è materia di studio per la fisica teorica.
La questione è ovviamente molto complessa: a livello subatomico la freccia del tempo sembra essere più “incerta”, perché quello che noi diamo solitamente per scontato, cioè lo scorrere del Tempo in un’unica direzione, in realtà non lo è, e necessità di una giustificazione scientifica. Le equazioni che descrivono correttamente i processi fisici subatomici, salvo qualche rara eccezione scoperta recentemente, funzionano perfettamente in modo indipendente dalla direzione del Tempo, che appare perciò come una dimensione simmetrica, cosa che però contraddice clamorosamente tutto ciò che rileviamo a livello macroscopico, il che ha ovviamente generato un bel rompicapo e mette in evidenza quanto ancora sia limitata la nostra comprensione della natura del Tempo.
Per noi comuni mortali rimane una linea invisibile/immaginaria/intangibile su cui ci muoviamo consapevoli solo della misurazione che abbiamo deciso di applicargli che è, di fatto, reale perché noi la consideriamo così.



Camminiamo nello spazio (de)limitati dall’illusione di essere protagonisti della nostra esistenza, istante per instante, momento per momento. Ma, se un momento è già passato e il successivo è futuro… ”quando” e quale momento stiamo vivendo?
A voi la risposta. 

domenica 27 maggio 2018

IL MISTERO DEI DOLMEN DI ADYGEA

 
Misteriosi megaliti dell’età del bronzo esercitano una forte attrazione da molte generazioni. Questi misteriosi monumenti archeologici, la cui età si confronta con quella delle piramidi egizie, sono oggi in gran parte preclusi agli occhi dei turisti. In Adygea rimangono solo un paio di dolmen ben conservati, tutti gli altri hanno ceduto all'isidia del tempo oppure sono stati distrutti dai vandali e le loro strutture sono ormai interrate. In molti di questi dolmen, gli scienziati hanno registrato misteriose attività energetiche. Ad accrescere l'alone di mistero, alcuni anni or sono, nelle vicinanze di uno di questi monumenti megalitici fu ritrovata una valigetta contenente due teschi. I due teschi non sarebbero umani, ma appartenenti a creature sconosciute non ancora identificate dagli scienziati russi che hanno rilevato forti correlazioni con l’Ahnenerbe (il cui emblema è visibile sulla valigia). Probabilmente, la valigetta apparteneva a quella società segreta delle SS, che si dedicava allo studio delle forze occulte e soprannaturali. Le fotografie dei teschi sono state inviate ad alcuni paleontologi della capitale, ma questi hanno reagito con poco entusiasmo. Solo Vladimir Melikov ha ammesso di non aver mai visto niente di simile in vita sua. Tuttavia, i paleontologi hanno suggerito la prudenza: i teschi erano lunghi e molto distorti. I ricercatori ritengono che questi crani potrebbero anche essere strumenti magici utilizzati dai nazisti, che erano sempre alla ricerca di manufatti straordinari. Ma alcuni esperti, guardando le immagini, li hanno subito attribuiti agli Annunaki, gli antichi Dei Sumeri: cornute divinità che hanno creato l'uomo. Lo scrittore americano Zecharia Sitchin, per primo, identificò il popolo degli Annunaki come gli abitanti di Nibiru, un non ben identificato pianeta del nostro sistema solare con un’orbita eccentrica. A causa dell’estrema eccentricità della sua orbita, questo pianeta si avvicina alla Terra una volta ogni 36.000 anni. Secondo  Sitchin, in un remoto passato, gli abitanti di Nibiru sbarcarono sulla terra per cercare l’oro, di cui avevano un estremo bisogno ed entrarono in contatto con dei primati evoluti: i nostri progenitori.


Secondo gli archeologi, i dolmen del Caucaso risalirebbero ad un periodo arcaico, collocabile tra i 4 mila e i 6 mila anni fa, ma alcuni ricercatori sono convinti che siano ancora più antichi, facendo risalire la loro costruzione tra i 10 mila e i 25 mila anni fa. Ci sono molte ipotesi e teorie circa l’origine dei dolmen e sulle loro funzioni. Alcuni credono che possiedono una carica energetica e potevano essere, secondo un'antica leggenda, le abitazioni di una razza  umanoide “nana”. Infatti, narra la leggenda, che nell’antica terra dei Circassi e dei giganti, c’erano anche nani con le slitte, che godevano della misteriosa protezione dei dolmen. Alcuni ricercatori sono invece convinti che i Dolmen venivano utilizzati come “portali” o Stargate per raggiungere altre dimensioni.
A questo proposito, ci sono studi interessanti effettuati dal professore (in scienze fisico-matematiche) dell’Università Federale del sud Dr. Sergey Anatolyevich Gerasimov, che intraprese una serie di spedizioni, per studiare i dolmen del villaggio di Guzeripl con l’ausilio di sofisticati strumenti. Gerasimov nel corso delle sue  ricerche, rilevò la presenza di strani oggetti neri che cominciarono a volare sopra il dolmen prima che iniziasse a piovere e fu fotografata una sagoma luminosa che “sbucava” dall’ingresso rotondo del dolmen. Gerasimov è riuscito ad immortalare questo inspiegabile fenomeno.
Tuttavia, si suppone che i megaliti siano costruiti con grandi pietre contenenti del quarzo e quindi potrebbero generare elettricità per effetto piezoelettrico. Un forte stress meccanico, una polarizzazione del minerale quarzifero e questo sarebbe in grado di generare un forte campo elettrico. Sembra addirittura che il professor Sergey Anatolyevich Gerasimov, grazie all’utilizzo di sofisticati strumenti, sia riuscito a trovare una frequenza in grado di far risuonare le antiche pietre che, nel contempo, rilascerebbero delle emissioni luminose.

mercoledì 23 maggio 2018

IL POPOLO DELLE OMBRE


Né fantasmi né esseri umani: sono comunemente noti come Entità o esseri ombra. Non si può affermare che siano di origine extraterrestre, in effetti, non se ne conosce ancora la provenienza, anche se molti ricercatori del paranormale, sono propensi ad indicare queste Entità come dei viaggiatori spazio-temporali o esseri multi-dimensionali.


Nella maggior parte dei casi, gli Shadow People appaiono per poi scomparire gradualmente, non appena vengono avvistati. Non sembrano interessati a comunicare, non conversano col testimone, anche se c’è chi afferma di averli sentiti parlare, nella sua mente. I Nativi americani erano a conoscenza della loro esistenza, ancora oggi raccontano che si tratta di viaggiatori che percorrono, attraversandolo, il nostro piano fisico. Noi li definiremmo come esseri che attraversano le dimensioni spazio-temporali. Queste entità o forse questa razza ha sempre convissuto con gli esseri umani, fin dalle epoche più remote.
Il talk show radiofonico notturno "Coast to Coast AM“ ha
 influenzato la diffusione sulle credenze moderne nelle shadow people. Il tema fu affrontato e discusso per la prima volta il 12 aprile 2001 quando, durante lo show, Art Bell ha intervistato l'ospite in studio, un anziano Nativo americano chiamato Thunder Strikes.
È una teoria interessante, perché suggerisce che questi esseri esistono e sono anche ospiti frequenti nella nostra vita, tuttavia, la documentazione al riguardo e le testimonianze dirette sono scarse.
Essi sembrano essere consapevoli della nostra presenza. Secondo il ricercatore del paranormale Heidi Hollis, le Shadow People sono entità malevoli. In effetti è possibile che questi esseri possano arrivare a ferire qualcuno lanciando o facendo cadere degli oggetti, ma sembrano più propensi ad attaccare gli Umani emotivamente; come se ricavassero energia dalla paura. In poche parole, incutono timore poiché si nutrono della paura della gente.
Le Shadow People sembrano coinvolte nelle famose Paralisi del Sonno.


Forse vi sarà capitato, durante la notte, di svegliarvi e di avvertire una misteriosa presenza nella camera da letto. Non riuscivate a muovervi, siete rimasti come intrappolati nel letto da una forza misteriosa. Potevate aprire gli occhi e guardarvi intorno, ma non c’era verso di muovere neanche un dito. A questo punto, probabilmente, avrete visto transitare un’ombra scura: una presenza misteriosa che girava intorno al letto. I testimoni, ma anche gli studiosi di questi fenomeni, affermano che queste entità sono sfuggenti: possono essere viste solo per breve tempo e solo di sfuggita. Magari vi sfiorava, dandovi la sensazione che percepisse le vostre paure. Perché eravate impauriti da quella cosa e non sapevate cosa fosse: era una Shadow People. Questa sembrava risucchiare la vostra energia, anche perché, pian piano, sentendovi deboli e fiacchi, vi siete riaddormentati.  
In tempi recenti, è aumentato il numero di persone che testimoniano la presenza di esseri ombra. Alcuni dicono di aver visto anche inquietanti sagome scure con gli occhi rossi, ombre spesso enormi, che appaiono istantaneamente e mostrano la capacità di attraversare i muri,  sfidando le leggi della fisica.
Alcuni ricercatori del paranormale hanno studiato il fenomeno e sono tutti d’accordo su un aspetto: qualunque cosa siano, queste entità si alimentano di una qualche forma di energia umana e lo fanno emanando vibrazioni negative le quali provocano emozioni negative.
Sono entità aliene, viaggiatori del tempo, osservatori interdimensionali in missione sulla Terra o cercano, semplicemente, la nostra compagnia? 
Non lo sappiamo. Dobbiamo semplicemente comprendere, per ora, che le Shadow People, sono come dei cattivi compagni, spesso associati alla sfortuna.

domenica 20 maggio 2018

LA FLOTTA SPAZIALE AMERICANA


Sono ormai in molti ad affermare che la NASA tenga nascosti dei dossier sugli UFO.
Sono affermazioni senza alcun valore? O c’è qualcosa di più?
Secondo alcuni e parliamo di hacker, ex funzionari governativi ed ex personale militare, la NASA è solo un'agenzia di facciata; esiste, in America, un Governo Ombra che, sfruttando avanzati progetti di retro-ingegneria, gestisce un programma spaziale segretissimo denominato Solar Warden.


Gary McKinnon è un  hacker britannico che, frugando negli archivi segreti della NASA, s’imbatté nelle prove di un programma spaziale gestito dalla Marina militare (US Navy) che, a quanto pare, dispone di una vera e propria flotta di navi da guerra spaziali.
È lui stesso ad ammettere, in un’intervista in onda sul canale RichPlanet TV, di aver hackerato i computer della NASA: 

“Ho usato un programma chiamato Landsearch per individuare tutti i file e le cartelle. Ed ho trovato dei documenti, in particolare un foglio Excel”.
McKinnon è quindi riuscito a leggere dei file ritenuti ultra segreti, scoprendo che il Governo statunitense opera con “navi da guerra” nello spazio, poiché i nomi delle navi cominciano con la sigla USS, proprio come i vascelli da guerra marittimi.


"Ho trovato un foglio di calcolo Excel, con l’intestazione “Ufficiali non Terrestri” e ho pensato oh mio Dio… È incredibile!”
Inoltre, McKinnon sostiene di avere trovato dei file che provano il ”trasferimento di Ufficiali da nave a nave” e l’esistenza di ben dieci grandi navi spaziali. A fermare la sua ricerca fu la polizia: McKinnon fu sottoposto a fermo e interrogato. Nei suoi confronti, fu chiesta l’estradizione da parte del Governo U.S.A. (col tempo, decaduta).

Questa flotta, quindi, pare sia pienamente operativa ed è tenuta in gran segreto: il Governo Ombra, non solo si adopera per gettare discredito su chiunque rilasci dichiarazioni in tal senso ma, per mantenere il segreto, è disposto anche ad eliminare dei testimoni scomodi. La scomparsa dell’Ufologo Max Spiers secondo alcuni, è legata al suo strenuo interesse per il progetto Solar Warden: c’è chi sostiene che sia stato ucciso perché voleva divulgare dei documenti importanti.
Anche l’Ingegnere Aerospaziale William Tompkins, attualmente in pensione,  potrebbe avere qualcosa da dire sulle flotte spaziali segrete attualmente operative. Secondo Tompkins:


“migliaia di persone, sono entrate a far parte della Flotta Spaziale, gestita dalla US Navy, che comprende anche personale dell’USAF e dell’US Army. Tutte queste persone, hanno accettato un periodo di servizio di 20 anni nello spazio, da svolgersi in basi ultra segrete. Hanno sostenuto prove e sono state condizionate affinché non rivelino mai niente, neanche alle loro famiglie né tantomeno agli amici. Nessuno deve sapere”. 

lunedì 7 maggio 2018

MUTANTI

 
Se Charles Darwin avesse affermato che l’umanità si evolve in continuazione e che ogni nuova generazione è più evoluta della precedente gli avremmo creduto sulla parola. Nessuno osa contraddire le verità della scienza. Ma quando lo stesso concetto, seppure rivisitato in un’ottica diversa, viene proposto da qualche corrente spirituale ecco che il dibattito si fa acceso. In verità è più che lecito non prendere tutto per oro colato ma chiudere le porte a qualunque teoria alternativa rischia di essere limitante.
Faccio questa premessa perché l’argomento che intendo trattare oggi è delicato e per essere compreso, richiede un approccio esistenziale di tipo spirituale o perlomeno possibilista. Protagonisti di questa trattazione sono i bambini indaco, di cui probabilmente avrete già sentito parlare. S
econdo una convinzione nata negli anni Settanta, alcune persone sarebbero in possesso di doti straordinarie e potrebbero incidere sul destino dell'umanità. Sono i cosiddetti bambini indaco. Sarebbero destinati a migliorare l’umanità. L’idea dei bambini indaco è stata proposta alla fine degli anni ’70 del secolo scorso dalla parapsicologa statunitense Nancy Ann Tappe, secondo la quale l’indaco è il colore dell’aura che circonderebbe questi bimbi. L’aura è una sorta di alone difficilmente visibile che, secondo alcuni, sarebbe possibile fotografare tramite una macchina Kirlian. A seconda del colore, individuerebbe le caratteristiche di ciascun individuo. Nancy Ann Tappe sosteneva di essere una delle poche persone capaci di vedere l'aura.
A trasformare i bambini indaco in una vera e propria teoria sono stati, in seguito, i due parapsicologi statunitensi Lee Carroll e la moglie Jan Tober, che alla fine degli anni ’90 hanno cominciato a pubblicare libri nei quali hanno specificato le caratteristiche di questi bambini: geniali ma ribelli. Da loro, ha poi preso il via una sorta di scuola di pensiero che continua a riscuotere un certo successo, sostenuta più da genitori che si compiacciono di sapere che i propri figli sarebbero superdotati e destinati – secondo le dottrine New age – a divenire l'avanguardia di un nuovo traguardo dell'evoluzione umana, che da evidenze scientifiche.
 
 
Da piccoli gli Indaco sono molto simili a tutti gli altri bambini, sebbene spesso siano molto belli fisicamente e abbiano occhi penetranti. Sono sempre molto intelligenti e hanno moltissime domande e richieste. Attivi e pieni di energia, con una forte volontà e uno spiccato senso del proprio valore, sanno di essere speciali e di essere al mondo per fare qualcosa di importante.
Gli Indaco hanno una predominanza dell’emisfero cerebrale destro e generalmente tendono a essere attratti da attività influenzate dalla parte destra del cervello, come la musica, l’arte, la scrittura e la spiritualità. Sono molto affettuosi e leali verso i loro amici. Nelle relazioni credono nell’onestà e nella comunicazione e spesso restano sconcertati dalla disonestà, dalla manipolazione e da altre forme di comportamento egoistico che la maggior parte delle persone adulte ritiene normale. Il loro atteggiamento verso il denaro può essere sia di rifiuto perché non ritenuto necessario, che di profonda consapevolezza del suo potere e spesso, cercano con successo di creare prosperità per se stessi. La rabbia è spesso una caratteristica chiave degli Indaco: non accettano ordini dalle figure autoritarie e a livello profondo, non riconoscono l’autorità. Sanno che siamo tutti uguali e quindi si indispettiscono con chi assume atteggiamenti autoritari e agisce in maniera dittatoriale, siano essi genitori o insegnanti.
 
Da bambini gli Indaco sono attivi, pieni di energia e immaginazione, sono capaci di divertirsi e di giocare nel loro mondo per ore, spesso con amici immaginari: amano le fate e i delfini.
L’eccezionale intelligenza degli Indaco può esasperare gli adulti. Non si potrà semplicemente dir loro “fai questo”, perché tenderanno a discutere e a negoziare ogni disposizione.
Spesso gli Indaco detestano profondamente la scuola. Si annoiano a causa del ritmo – secondo loro – troppo lento e dei compiti ripetitivi imposti da insegnanti che non comprendono la loro intelligenza. Combattono contro l’autorità e la pressione sociale, che può essere piuttosto intensa per l’anima di un giovane che ha poca esperienza sull’uso del potere sugli altri e sugli stati di dominanza e sottomissione così comuni nelle nostre società. I problemi riscontrati a scuola, includono l’ADD e l’ADHD, scaturiti dalla noia e dall’irritazione. Disturbi dell’apprendimento come la dislessia sono anch’essi indice di modi alternativi di essere e di pensare degli Indaco. La maggior parte degli Indaco (e non solo loro) concorda nel sostenere che ciò che viene insegnato a scuola raramente sia importante per la vita reale, in quanto li confina in sperimentazioni mentali o teoriche, quando la maggioranza di loro desidererebbe che fosse l’esperienza della vita stessa a far da maestra. Stare seduti dietro un banco di scuola per sei ore al giorno non è che un allenarsi a star di fronte a una scrivania di un ufficio per otto ore al giorno e la maggioranza degli Indaco non è interessata a questo percorso di vita. Forse ci stanno insegnando che esistono metodi di apprendimento migliori. Forse, oltre alle poche ore di lettere e aritmetica di base, il bambino del futuro sceglierà dei progetti da portare avanti nella comunità sotto la supervisione di genitori e insegnanti. Questo potrebbe essere veramente un metodo orientato alla vita reale, di beneficio sia per chi apprende, sia per la collettività.
Ogni bambino è come un fiocco di neve, unico e individuale, con i propri bisogni e desideri: non esiste il c.d. bambino medio. Tuttavia, il sistema educativo si conforma al concetto di bambino medio e se un bambino non si uniforma a quel modello è probabile che gli venga prescritto un farmaco, solitamente il Ritalin, affinché lo faccia. Il Dr. Peter Breggin, uno psichiatra americano contrario all’uso del Ritalin, sottolinea che ciò che viene definito come ADD o ADHD è solo la manifestazione di un bambino che vive al limite massimo dello spettro energetico.
 
Anche l’alimentazione ha un effetto rilevante su questi bambini. Gli stimolanti come caffeina, zuccheri raffinati e additivi alimentari hanno tutti un effetto negativo su dei bambini che già possiedono un livello energetico elevato. Eliminare tali alimenti, concentrando l’alimentazione sui cibi freschi aiuta a bilanciare la loro sovrastimolazione. Molti Indaco, infatti, potendo scegliere, preferiscono tale tipo di dieta. Purtroppo,  genitori molto impegnati, spesso aggravano il problema nutrendo i loro bambini con i più “comodi” alimenti industriali, che alterano i loro sensibili sistemi. Insomma, gli Indaco preferiscono vivere in modo olistico: terapie e cure naturali, alimenti non manipolati. Inoltre, come abbiamo visto, sfidando un sistema sanitario che considera i farmaci pillole magiche, senza valutarne le conseguenze e gli effetti collaterali.
Gli Indaco sono nati con un forte senso di missione. Sono i guerrieri spirituali e sanno di avere una missione da compiere: qualcosa di molto speciale. Tuttavia, vengono tempestati da messaggi negativi che minano la loro autostima. Fin da quando iniziano a camminare, c’è un constante bombardamento di comandi come “non far questo/non far quello” e messaggi del tipo “sei uno stupido”. Quanto può essere dannoso tutto questo, soprattutto per un Indaco! Se non lo fate sentire all’altezza, si considererà un perdente, uno che ha fallito la sua missione: questo lo porterà a essere depresso, arrabbiato, nevrotico e auto-distruttivo. Quindi, se siete genitori o educatori, assicuratevi di dargli le giuste conferme per i suoi meriti e i suoi valori. Rispettatelo per ciò che è, non importa quanto egli sia diverso da voi, i bambini non vengono al mondo per essere cloni dei genitori o farsi carico delle loro aspirazioni. Permettetegli di essere chi sono, ed essi cresceranno sani e forti.

martedì 1 maggio 2018

LA CIVILTA' DELL'INDO


La civiltà dell’Indo, esistita più di quattromila anni fa, fioriva quando in Egitto si innalzavano le grandi piramidi e in Mesopotamia troneggiavano i palazzi del potere. Delle prime tre grandi civiltà della storia, quella dell’Indo è in effetti la più misteriosa, oltre che la più estesa. Occupava un milione di chilometri quadrati, con 5 milioni di abitanti e 1.050 centri abitati (quelli finora venuti alla luce). La sua scrittura resta indecifrata e se non ci fossero prove inequivocabili che fu opera dell’uomo, verrebbe da pensare all’intervento di “alieni”.

Questa civiltà si diffuse in Pakistan e nell’India Occidentale fra il 2600 e il 1900 a.C., lungo il fiume Indo e i suoi affluenti. - Le città ospitavano fino a 50mila abitanti, in case e condomini a due piani, con una progettazione urbanistica che metteva in primo piano l’igiene - spiega il Dottor Giuliano Boccali dell’Università degli Studi di Milano - venivano progettate a pianta squadrata, con reti fognarie sotterranee. I collettori di scarico partivano direttamente dalle abitazioni, dove erano già disponibili le prime toilette con risciacquo. Si trovavano quasi in ogni casa, o altrimenti erano in comune, con flusso idrico e scarico “sigillato” da un sifone: in pratica come il bagno di casa nostra.
Cisterne sotterranee alimentavano la rete idrica, molto prima che ci pensassero gli architetti della Grecia antica. Esistevano grandi piscine pubbliche, da fare invidia a Roma imperiale. Statue di danzatrici, gioielli di corniola, maioliche, strumenti per il make-up, oltre a quelli musicali, fanno pensare a un popolo che viveva felicemente e in salute, quando nel resto del mondo antico la contaminazione dell’acqua era una delle più importanti cause di malattie e di morte.


La cosa più incredibile, però, è che non sono stati trovati né templi né palazzi regali, anche se tutto sembrava organizzato da un apparato centrale, forse composto di tecnici. Altro mistero: non ci sono tracce di grandi opere di irrigazione e questo contrasta in modo sorprendente con il modello di nascita delle civiltà antiche. Chi era dunque il popolo geniale che fondò questa civiltà? Che lingua parlava? Perché non si riesce a decifrare la sua scrittura?
Quel che è certo è che si trattava di un popolo pacifico.  - Da quando, all’inizio del secolo scorso, si scavarono le prime due città, Mohenjo-daro e Harappa - spiega Boccali - non sono mai state trovate fortificazioni né armi. La presenza di raffigurazioni femminili suggerisce il culto di una dea madre dedita a una cultura non aggressiva.
Si pensa che la società avesse una struttura democratica, in cui le decisioni venivano prese da assemblee di cittadini. La presenza di standard per la produzione di mattoni e ceramiche, ma anche per pesi e misure e l’esistenza di magazzini pubblici per il cibo, indicano un alto livello di organizzazione. Resti di barche e tracce di un canale in comunicazione con il mare dimostrano che questi uomini erano abili navigatori: i loro prodotti arrivarono fino in Mesopotamia, nella città di Ur.


Ma a destare l’interesse degli archeologi sono soprattutto le numerose iscrizioni rinvenute, spesso incentrate su figure di animali come elefanti, tigri, bufali, unicorni e uri, grandi bovini ormai estinti. Secondo il linguista Asko Parpola, dell’Università di Helsinki, molti di questi segni rappresentano parole, sillabe e fonemi. Si tratterebbe, insomma, di una forma di scrittura, l’indu, ancora da decriptare. D’altronde -  dice Tiziana Pontillo, dell’Università di Cagliari - se la civiltà dell’Indo aveva scambi con la Mesopotamia non poteva ignorare la scrittura. 
La lingua che parlava questo popolo era una forma arcaica di sanscrito o una lingua dravidica (dell’etnia dei Dravidi) o, forse, apparteneva a un gruppo linguistico estinto. Senza un idioma “parente” conosciuto, mancano anche i termini di paragone per la decifrazione dei loro segni.
Anche la fine di questa civiltà è molto misteriosa. Fino a qualche tempo fa si pensava che fosse legata a uno sconvolgimento ecologico. Verso il 1900 a.C. l’ambiente s’inaridì, scomparve il Ghaggar-Akra, fiume su cui viveva parte della popolazione e per la civiltà dell’Indo iniziò un rapido declino: la popolazione si ridusse e in gran parte migrò lungo le rive del Gange.
Recentemente alcuni studiosi hanno avanzato l'ipotesi che il fiume  fosse già inaridito prima della fondazione della civiltà stessa. Attraverso indagini sul campo e immagini satellitari, l'Istituto indiano di tecnologia di Kanpur e l'Imperial College di Londra hanno stabilito che il vecchio fiume si prosciugò fra 12 e 8 mila anni fa. Come facesse, allora la popolazione della valle dell'Indo a recuperare l'acqua necessaria, rimane un mistero.


In seguito arrivarono gli Indoari, popoli guerrieri originari dell’Altopiano Iranico, che portarono l’induismo. Non fu una vera invasione, ma l’insediamento graduale di piccoli gruppi in rete fra loro, favoriti dall’uso del cavallo. In realtà le migrazioni furono due. La prima, intorno al 1500 a.C., vide l’arrivo di gruppi Indoari che ancora non praticavano la divisione in caste della società. Sceglievano il loro leader democraticamente, in base al suo valore. E questo fa pensare a un’influenza culturale proprio da parte della decaduta civiltà dell’Indo.
Una seconda ondata di arrivi, che portò alla divisione della società in caste, si ebbe nel 500 a.C. Alla fine, comunque, alcuni elementi dell’induismo presenti anche oggi – come la cura dell’igiene, i bagni rituali e l’ascetismo – potrebbero avere raccolto l’eredità della civiltà della valle dell’Indo. Tra l'altro, fra i suoi simboli ritroviamo anche un personaggio in posizione yoga: era forse la versione più antica di Shiva, ancora oggi una divinità centrale della religione induista.