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domenica 29 luglio 2018

GLI ELOHIM


Elohim, questa parola viene ripetuta numerose volte nella Bibbia ebraica, da noi questo termine viene oggi tradotto con “Dio”, ma è questo il suo vero significato? Nella Bibbia i termini con i quali ci si riferisce a Dio sono sostanzialmente tre: 
  • Elyon (quello che sta sopra) lo troviamo anche nella forma El-Elyon (un El che sta sopra);
  • Elohim (plurale di El o Eloah);
  • Yahweh che dovrebbe essere scritto come YHWH, senza vocali. Questo, poiché il nome, nella migliore delle ipotesi, è stato trascritto dopo che per tre o quattro secoli è stato solo pronunciato e sono dovuti passare altri 1600 affinché siano state aggiunte le vocali. Quando è stato pronunciato per la prima volta (a Mosè) probabilmente non è stato fatto in ebraico ma in egiziano. 
Elohim è dunque un termine plurale. Siamo per caso di fronte a quegli Dei che vengono descritti da tutte le culture antiche? Troviamo racconti simili che riferiscono degli Anunnaki nell’antichissima civiltà sumerica, vi sono poi le mitologie norrene, infine anche in sud-America si trovano riscontri nella civiltà Inca con la leggenda di Viracocha. 
Insomma, ci sono tutta una serie di racconti narrati da questi popoli che hanno delle somiglianze sbalorditive, come quello del diluvio universale. Dunque, questi fatti hanno almeno una probabilità di essere veri. Ma se Elohim indica un gruppo di individui, la domanda che ci si pone è: quanti erano? La risposta c’è, ma non la troverete nella Bibbia: dovrete cercarla altrove. Tuttavia, nella Bibbia, ci sono dei passi in cui ne vengono nominati alcuni, come in GIUDICI 11:24 dove, durante una guerra, il comandante in campo delle forze di Israele, che sta combattendo contro gli Ammoniti, dice al loro Re:
  
“Non possiedi tu quello che Chemosh, il tuo Elohim, ti ha fatto possedere? Così anche noi possederemo la terra di quelli che Yahweh, il nostro Elohim, ha scacciato davanti a noi.” 
Possiamo notare la presenza dell’Elohim Chemosh che era, in realtà, l’Elohim dei Moabiti (non degli Ammoniti - errore dei Masoreti); quello degli Ammoniti era Milchom. Dunque Yahweh e Chemosh sono due divinità poste sullo stesso piano, quindi Chemosh non può essere un idolo di pietra come affermano alcuni teologi per giustificare il plurale di Elohim. Inoltre, alcune persone del popolo di Yahweh lo tradivano per andare ad unirsi con alcune femmine dei Moabiti e quindi andavano a servire Chemosh. Ciò era disdicevole (agli occhi di Yahweh), poiché abbandonavano un Dio per andare a servire un altro. 
“Quando Dio mi ha fatto andare errando lungi dalla casa di mio padre” – GENESI 20:13 
Qui è Abramo che parla, ma nella versione originale è tutto al plurale, ossia “Quando gli Elohim mi hanno…”, vediamo ora un altro passo, dove a parlare è Giacobbe: 
“Qui egli costruì un altare e chiamò quel luogo El-Betel (casa di El), perché là Dio gli si era rivelato, quando fuggiva lontano da suo fratello” – GENESI 35:7 
Anche qui la Bibbia originale dice “…perché là gli Elohim si sono fatti vedere…”. Si sono fatti vedere, si sono mostrati, a riprova che gli Elohim non possono essere degli idoli di pietra. 
“Il Signore (Yahweh), lui solo lo ha guidato, non c’era con lui alcun Dio straniero” – DEUTERONOMIO 32: 12 
Se era unico, non poteva esserci un altro Dio, per giunta straniero! La versione ebraica originale dice: “..non c’erano con lui altri Elohim”. Questi dunque sono alcuni dei molti esempi lampanti che si possono trovare semplicemente nelle Bibbie che abbiamo in casa, ma ora analizziamo un passo decisamente curioso, quando Dio divideva le nazioni: DEUTERONOMIO 32: 8-9 
“Quando El-Elyon divideva le nazioni,
quando separava i figli dell’uomo,
Egli stabilì i confini dei popoli
secondo il numero dei figli degli Elohim.
Perché porzione di Yahweh è il suo popolo,
Giacobbe sua parte di eredità." 
Siamo di fronte a qualcosa che può sembrare assurdo: El-Elyon (un Dio) divide le nazioni e assegna i popoli in eredità ai suoi figli; ne assegna uno anche a Yahweh. Dunque, c’è stato un tempo in cui gli Dei si spartivano gli uomini, così come noi facciamo con il bestiame? Infine, come sottolineato dall’ultimo verso, Yahweh eredita solo una porzione di persone (compreso Giacobbe), non un intero popolo.
 

L'ATTERRAGGIO DI SAN GIUSEPPE VESUVIANO


Il 23 ottobre del 1954, nei pressi di San Giuseppe Vesuviano (NA), due giovani amici, percorrevano in auto la strada che da Palma Campania conduce, appunto, a San Giuseppe Vesuviano. Erano da poco passate le due, la notte era tiepida e la visibilità era ottima. I due, Vincenzo Ammirati, un commerciante di tessuti di ventitré anni e il ventunenne Ignazio Catapano, gestore di una rivendita di liquori, rientravano da una gita. Superata una curva, in località Pagliarone, scorsero un vivido bagliore che faceva supporre fosse scoppiato un incendio. Giunti più vicino alla fonte luminosa si trovarono davanti a un evento inatteso che li riempì di stupore. Una palla luminosa del diametro di una decina di metri, stazionava su di un lato della provinciale emettendo un’intensa luce rossa. Il Catapano, che era alla guida, preso dallo sgomento, sbandò finendo fuori strada. Nonostante lo stupore e la paura, spinti dalla curiosità, i due scesero dalla macchina.
 


 
Ma, in quel momento la misteriosa sfera si mosse ed alzandosi in verticale prese rapidamente velocità scomparendo nel cielo notturno. Nel muoversi aveva attenuato la sua luminosità fino ad assumere il colore del ferro rovente. Ripresosi dallo stupore, i due amici raggiunsero le proprie abitazioni per raccontare l’accaduto ai familiari. Erano in uno stato tale di agitazione che questi ultimi non osarono mettere in dubbio il loro racconto. Tant’è che la mattina dopo, di buon ora, i due, si recarono alla più vicina Stazione dei Carabinieri per fare una deposizione. Insieme ai militi ritornarono sul posto per cercare di individuare eventuali tracce dell’atterraggio. Sul punto in cui l’oggetto si era posato trovarono striature di erba bruciata e di terra annerita. I Carabinieri  scattarono delle fotografie e stesero un rapporto.
All’inizio degli anni ’70,  Gaetano Sorrentino e Anna Cavolari del Gruppo di ricerca “Yuri Gagarin”, di Napoli, rintracciarono ed intervistarono Ignazio Catapano, che riconfermò i fatti avvenuti circa venti anni prima. Fu possibile chiarire un importante dettaglio: la stampa, a suo tempo, aveva riportato che la sfera aveva un diametro di soli due metri, mentre il Catapano affermò che era molto grande, il diametro era di circa dieci metri. 
 
 
Al centro della pagina, foto di I. Catapano all'epoca dei fatti.

mercoledì 25 luglio 2018

IL CASO MULLIS


Kary Mullis  è un scienziato: ha vinto il premio nobel per la chimica nel 1993 grazie alla scoperta della PRC “Polymerase Chain Reaction”, una tecnica che ha rivoluzionato anche il mondo della genetica. È stato sovente in contrasto con le posizioni ortodosse della scienza, rifiutando di accettare le posizioni dogmatiche e preferendo piuttosto una curiosità senza limiti. La sua esperienza “aliena” passa attraverso questa speciale lente ed è narrata nel libro “Ballando nudi nel campo della mente”, volume dal titolo frizzante, che parla di vari temi: dal metodo scientifico appunto, alla parapsicologia, all’Hiv e all’Aids, al caso di O.J. Simpson. Il capitolo che lo riguarda s’intitola “Gli alieni non sono ammessi”. È un’intricata vicenda del tempo che prima si blocca e che poi viene a mancare e di una memoria che, tornando sui luoghi della vicenda, ricostruisce, poco a poco, quanto è capitato. È un vero peccato che la prosa sia ironica, anche se divertente è espressa in tono di narrativa che, sinceramente, non si addice al mio modo di trattare l’argomento: preferisco un approccio più diretto e circostanziato, diciamo pure scientifico, seppur formulato con parole comprensibili a tutti. Vi propongo alcuni passaggi.


“Alcune persone vivono esperienze tanto bizzarre, da essere portate ad attribuirle a interventi alieni.”
“… Io stesso ho avuto una di queste esperienze. Sostenere che si è trattato di un intervento extraterrestre può suonare eccessivo, ma giudicarla semplicemente un’esperienza insolita significa minimizzare. Diciamo che è stata estremamente insolita”.
“… Credo che questo non abbia niente a che vedere con il fatto che una notte fui rapito da esseri misteriosi. Sono relativamente sicuro che non si trattasse di agenti delle tasse”.
“… Puntai la torcia, notando solo che la cosa appariva più bianca nel punto in cui veniva colpita dal raggio di luce. Sembrava un procione. Più tardi, mi chiesi se non si fosse trattato di un ologramma, proiettato da Dio sa dove. Il procione mi rivolse la parola: - Buonasera, dottore - mi disse - gli risposi, non ricordo esattamente cosa, forse Salve!
“La cosa successiva che mi ricordo è che era mattina presto e stavo camminando su una strada che saliva da casa mia. Quello che pensai mentre tornavo verso casa fu: - Cosa diavolo sto facendo qui?- Non avevo alcun ricordo della notte precedente. Pensai che forse ero svenuto e avevo trascorso la notte all’aperto. Ma le notti estive, a Mendocino, sono umide, mentre i miei vestiti erano asciutti e perfettamente puliti”.
“Pian piano gli avvenimenti della notte precedente cominciavano a tornarmi alla memoria. Ricordai che stavo andando al gabinetto con la mia bella torcia nuova. Dove diavolo era finita? D’un tratto, mi tornò in mente il procione luminoso che parlava! Era successo davvero? Il ricordo era nitido… Ma dove era finita la mia torcia?”.
 

E questa è solo una parte della storia. Il seguito del capitolo, narra di come Mullis abbia provato ad esorcizzare ricordi e timori tornando nel bosco con un fucile, sparando e ripetendo frasi celebri di John Wayne! E di come si sia imbattuto, in un libro, che descriveva una vicenda simile alla sua prima che sua figlia, un giorno, gli confessasse di aver vissuto la stessa esperienza assieme al fidanzato che per tre ore non riusciva a trovarla. Era sparita ed era scesa giù per la collina proprio come aveva fatto suo padre.
Lo scienziato conclude così: “Non ho intenzione di pubblicare un articolo scientifico su queste esperienze, perché non posso ripetere l’esperimento. Non sono in grado di far apparire procioni luminosi e non posso comprarne da una ditta produttrice di materiali scientifici, per studiarli. Non posso perdermi di nuovo, deliberatamente, per qualche ora. Ma non rifiuto di ammettere ciò che è avvenuto. Si tratta del tipo di evento che la scienza definisce aneddotico, perché si è svolto con modalità che non possono essere riprodotte. Però, è accaduto!”

lunedì 23 luglio 2018

IL CRONOVISORE


Pellegrino Alfredo Maria Ernetti conosciuto ai più semplicemente come padre Ernetti (Rocca Santo Stefano, 1925 – Isola di San Giorgio Maggiore, 1994) è stato un musicologo, monaco, inventore ed esorcista italiano. È noto soprattutto per avere svolto ricerche in campi ritenuti non convenzionali dalla comunità scientifica.
È stato anche collaboratore di Padre Agostino Gemelli presso il Laboratorio di Fisica dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. 

 

Sul finire degli anni quaranta padre Pellegrino Ernetti, infatti, intrattenne una collaborazione scientifica con padre Agostino Gemelli, religioso francescano, medico e fondatore dell'Università Cattolica di Milano.
Secondo quanto riportato dallo stesso Ernetti, stavano entrambi lavorando nei locali del Laboratorio di Fisica dell'università quando in un momento di sconforto il padre Gemelli esclamò come era solito fare in certi momenti: "Papà aiutami!". Non immaginava che proprio questa frase avrebbe suscitato la risposta inequivocabile del padre, morto molti anni prima, che sarebbe rimasta impressa su un registratore lasciato inavvertitamente attivo nel laboratorio. Riproducendo il nastro si sarebbe sentita una voce che diceva: "Certo che ti aiuto zuccone." Solo suo padre era solito chiamare il Gemelli "zuccone" e nessun altro.
I due ricercatori decisero di informare il Vaticano in merito a questi presunti fenomeni di comunicazioni, cui entrambi avrebbero assistito.
In tempi relativamente recenti ha fatto scalpore la notizia pubblicata sui mass media secondo la quale, a partire dagli anni settanta, padre Ernetti, insieme a un gruppo di famosi scienziati tra i quali l'italiano Enrico Fermi e il tedesco Wernher von Braun, avrebbe progettato e infine costruito il crono visore.
Era stata inventata una macchina, che – secondo quanto affermava Padre Ernetti, durante il Congresso di Riva del Garda nel 1987 - riusciva a captare una particolare scia energetica, visiva e sonora, lasciata dagli uomini nel corso dei secoli. Tali tracce, visive e sonore, rimarrebbero "impresse" nell'ambiente nel quale si manifestarono.
Dunque il “Cronovisore”riusciva a percepire tale energia, e a convertirla in immagini tramite un apposito monitor. Forniva la possibilità agli spettatori di “vedere dal vivo” eventi di epoche lontane. Immagini in bianco e nero, provenienti dal passato, simili ad ologrammi tridimensionali. Una vera e propria trasmissione in diretta. Ernetti raccontò, in una delle sue prime e uniche esternazioni sull'incredibile invenzione, di aver assistito, attraverso il cronovisore, alla rappresentazione del Tieste nel 169 a.C., una tragedia perduta del poeta latino Ennio che, addirittura, avrebbe trascritto. Ma ancor più clamorosamente, Ernetti affermò di aver assistito nientemeno che alla passione e crocifissione di Gesù Cristo.
 
 

Dopo i primi attimi di comprensibile panico e stupore, tutto il filmato, in un’udienza privata, fu mostrato al Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, al Papa Pio XII e ai membri dell’Accademia Pontificia. Da questo momento, ha inizio una serie di vicende talmente misteriose da scaturire quasi nella fantascienza.
Come era ovvio, la scoperta suscitò un vero e proprio putiferio. Da una parte i sostenitori, entusiasti della possibilità di rivedere il passato, un fatto che avrebbe sciolto finalmente, molti dubbi esistenti su tanti eventi fondamentali della storia del Mondo; dall’altra, persone spaventate, che consideravano questa “macchina del tempo”, uno strumento pericoloso, capace di  carpire segreti e mettere a rischio la sicurezza dell’Umanità. Visto il panorama dell’epoca, è possibile supporre che una scoperta come quella del Cronovisore potesse rivestire un interesse strategico, ma, altresì, mettere in gioco la Credibilità di quanto, per secoli, era stato venduto al mondo come “verità assoluta”.
Per darvi un’idea di quanto appena detto, riporto le testuali parole di Padre Ernetti:
 

“Abbiamo cercato di captare la Passione, ma ci siamo subito scontrati con una difficoltà: per quanto mostruoso possa essere questo supplizio, la crocifissione a quell’epoca era frequente. Crocifissi ce ne erano molti, qual’era Gesù? Anche la corona di spine come riconoscimento non poteva aiutarci, poiché contrariamente a quel che generalmente si crede, nemmeno la corona di spine era un fatto eccezionale”.

 
Il Cronovisore, avrebbe dunque mostrato le immagini della morte del Cristo e rivelato alcune verità non presenti nei Vangeli.
La stupefacente narrazione di Padre Ernetti, non può che suscitare stupore e perplessità, al punto da chiederci se l’ipotesi di uno strumento capace di navigare nel tempo, possa essere semplicemente considerata una “idea pazzesca”, oppure possa rappresentare un’ipotesi reale. L'esistenza della macchina tuttavia non è mai stata dimostrata pubblicamente e padre Ernetti, per il resto della propria vita, si chiuse in un riserbo assoluto su questo argomento. Il Vaticano intervenne, costringendo Ernetti al silenzio assoluto su questa vicenda, in quanto poteva rappresentare un pericolo per il cattolicesimo? Quello che è certo è che il Padre, obbediente a quanto gli venne imposto, si portò nella la tomba tutti i segreti legati al fantastico strumento.

 

Tuttavia, più di recente, il teologo ed esperto di "Transcomunicazione strumentale" padre François Brune ha riportato alle cronache, dopo molti anni, l'avveniristico ed ipotetico cronovisore, con un suo libro pubblicato del 2002. Lo scrittore francese sostiene infatti che dell'invenzione fu immediatamente messo al corrente il Vaticano nella persona stessa del Papa di allora e pare anzi che la macchina venisse trasportata proprio nella cittadella sacra dove i suoi segreti sarebbero ancora oggi custoditi.
Il racconto di Brune della vicenda che vede padre Ernetti come principale protagonista è scritto come una sorta di giallo, nel quale l'autore corre in lungo e in largo per l'Europa interrogando testimoni alla ricerca di nuovi indizi su questa misteriosa macchina del tempo, a partire proprio dai lunghi colloqui avuti dallo stesso autore con Padre Ernetti, che aveva conosciuto in tempi trascorsi a Venezia, quando l'autore dell'inchiesta non era stato ancora ordinato prete.

domenica 22 luglio 2018

UFO SU GRAZZANISE


UFO nei cieli italiani se ne sono visti quasi ogni mese, per anni. Li hanno visti tutti: uomini, donne, ragazzi, pensionati, piloti, poliziotti e militari, persino preti. Un fenomeno diffuso, ma ancora misterioso poiché poco conosciuto. I rapporti sono stati "classificati" e raccolti per decenni dall'Aeronautica, ma non erano accessibili al pubblico poiché segretati per motivi di sicurezza nazionale. Tuttavia, quello che non poteva essere rivelato non era tanto l’avvistamento, bensì i particolari della missione (Cfr. PILOTI post pubblicato nel 2015) Questi X-file italiani ora sono stati declassificati. Lao Petrilli e Vincenzo Sinapi hanno avuto accesso ai file e hanno anche avuto il permesso di rivelare questi casi.
I primi resoconti risalgono al 1972 anche se le forze armate e i servizi di intelligence si occuparono, a vario titolo, di oggetti volanti non identificati fin dal 1950. I giornalisti Lao Petrilli e Vincenzo Sinapi li hanno raccolti nel libro "UFO - Il dossier italiano" pubblicato da Murcia. Storie misteriose e affascinanti che catalizzano la curiosità e l'attenzione di tante persone. Tra centinaia di casi, anche tre avvistamenti che si sono verificati nella provincia di Caserta.
 
 
Era il 1 febbraio 1984 quando i testimoni individuarono, nel cielo di  Baia Domizia, alle 10:25, un oggetto che sembrava una pera arancione. Poteva trattarsi di un pallone sonda, ma anni dopo, precisamente l'otto febbraio del 2005, alle 22:45 fu avvistato qualcosa di insolito nei cieli di Grazzanise, sede di uno dei più importanti aeroporti militari italiani. Quel giorno, un controllore di volo notò sul suo monitor un oggetto sconosciuto che sorvolava la base. Temendo una collisione, decise di avvertire il pilota dell’aereo con cui era in contatto. Avvisò anche agli altri militari presenti nella torre di controllo della comparsa di quegli “strani puntini” sullo schermo del radar senza che nessuno fosse in grado di dare una spiegazione. Un C130 che sorvolava l'area confermò la presenza dell’oggetto non identificato.
 
Un avvistamento in provincia di Caserta fu registrato a Cesa, alle 4:37 del 15 giugno 2011. "A." (testimone di cui non fu reso noto il nome) di 27 anni e sua madre, furono svegliati dal rumore smile a quello prodotto da una lampadina ad incandescenza nell’istante in cui si fulmina. Scoprirono che lo “schiocco” era stato causato da un UFO. Lo studente lo descrisse come un oggetto di forma sferica delle dimensioni di un pallone. Disse di averlo osservato prima dal vetro di una finestra e poi dal balcone di casa. L'oggetto era a due metri da lui e a circa 25 centimetri da terra. Immobile, in un primo momento, ha poi iniziato a girare su se stesso e a muoversi a zigzag. Infine, è schizzato via verso l'alto. La “palla” era grande e gialla, così luminosa da rischiarare tutto il giardino. Mentre girava, però, è diventata più piccola, la luminosità è aumentata e il colore è passato dal giallo all’arancione. Il ragazzo la descrisse come una scarica elettrica e forse, si trattava veramente di un fulmine globulare. L'osservazione è durata un paio minuti, poi l’oggetto è sparito.

domenica 15 luglio 2018

IL CASO WALTON


Questo caso iniziò un mercoledì, era il cinque novembre del 1975. All'età di 22 anni, Walton lavorava per Mike Rogers, che aveva un contratto con il Servizio Forestale degli Stati Uniti. Rogers e Walton erano buoni amici; Walton usciva con la sorella di Rogers, Dana, che in seguito avrebbe sposato. Gli altri uomini della squadra erano Ken Peterson, John Goulette, Steve Pierce, Allen Dallis e Dwayne Smith; vivevano tutti nella piccola città di Snowflake, in Arizona. Rogers fu ingaggiato per sfoltire la boscaglia in una vasta area (più di 1.200 acri) vicino a Turkey Springs, in Arizona. Il lavoro era il contratto più redditizio che Rogers avesse mai ricevuto dal Forest Service, ma la sua squadra aveva accumulato un ritardo, pertanto, stavano facendo del lavoro straordinario per onorare il contratto: lavoravano sodo, dall’alba al tramonto.
Poco dopo le 18:00 quella sera, Rogers e la sua squadra, terminato il lavoro, salirono sul camion per tornare a Snowflake.
Poco dopo, videro una luce brillare dietro una collina. Si avvicinarono e videro un grande disco argentato librarsi sopra una radura, illuminandola a giorno. Era alto circa 8 piedi, con un diametro di 20.
Rogers rallentò e Walton saltò giù dal camion per correre verso il disco. Gli altri uomini gli urlarono, inutilmente, di tornare indietro. Era giunto quasi sotto l'oggetto quando il disco iniziò a emettere un rumore simile a quello di una turbina, cominciò ad oscillare e Walton iniziò cautamente ad allontanarsi.
Uno dei testimoni, Jerome Clark, riferì che Walton si allontanò dal disco, ma gli altri insistono sul fatto che non poté farlo, poiché fu subito colpito da un raggio proveniente dal disco. Clark, invece, insiste nel dire che Travis fu sollevato in aria e spinto indietro di circa tre metri pur rimanendo intrappolato nel raggio di luce. Toccò il suolo con la spalla destra e lì rimase, disteso sul terreno. 
Rogers, convinto che Walton fosse morto, mise in moto e scappò via, guidando come un pazzo sulla strada dissestata: temeva che il disco li stesse inseguendo. Dopo aver percorso un quarto di miglio, il camion derapò sul sentiero sconnesso e Rogers si fermò. Fu così che, dopo una breve discussione, decisero di tornare indietro: si erano fatti prendere dal panico, ma non potevano abbandonare Walton.
Ritornati sul posto, non trovarono più il disco e anche Walton, nonostante un’intensa ricerca, non fu più ritrovato.


Verso le 19:30, Peterson chiamò al telefono la polizia di Herber, in Arizona. Rispose il sostituto sceriffo Chuck Ellison. Peterson, però, al telefono, non gli raccontò tutta la storia, riferì soltanto che avevano perso un uomo della loro squadra. Soltanto in seguito, quando il vice-sceriffo li incontrò nei pressi di un centro commerciale, gli uomini gli raccontarono tutto. Erano sconvolti, due di loro piangevano e sebbene fosse un po' scettico al riguardo di questo racconto, Ellison arrivò alla conclusione che dicessero il vero.
Perciò informò dell’accaduto il suo superiore, lo sceriffo Marlin Gillespie, Il quale gli rispose di portare il gruppetto di boscaioli a Heber e di attendere l’arrivo dell'agente Ken Coplan che li avrebbe interrogati.
In effetti Gillespie e Coplan arrivarono in meno di un ora e ascoltarono tutta la storia. Rogers insisteva affinché tornassero immediatamente sul posto per cercare Walton, servendosi dei segugi, se possibile. Ma i cani non erano disponibili. La polizia giunse sul posto accompagnata da alcuni membri della squadra. Smith, Pierce e Goulette erano troppo scossi: non sarebbero stati di grande aiuto. Scelsero, quindi, di tornare a Snowflake per portare notizie ad amici e parenti.
Giunti sul posto, le forze dell'ordine cominciarono a dubitare della storia, principalmente perché non c'era nessun indizio a sostegno di quella tesi. Di Walton nessuna traccia. Le notti d'inverno, in montagna, sono molto fredde e la polizia era preoccupata perché Walton vestiva solo una giacca di jeans e una camicia: rischiava  l’ipotermia.
Rogers e lo sceriffo Coplan portarono la cattiva notizia a sua madre, Mary Walton Kellett, che viveva in un piccolo ranch a Bear Creek, a circa 16 chilometri di Snowflake. Rogers le disse cosa era successo e lei gli chiese di ripetere il racconto. Poi gli chiese, con calma, se qualcun’altro oltre alla polizia e ai testimoni fosse a conoscenza di questa storia. Coplan rimase sorpreso: cominciò a pensare che la storia dell’UFO nascondesse qualcosa di diverso. D'altra parte, Clark sapeva che Kellett aveva allevato sei bambini da sola e in circostanze spesso difficili: non era il tipo da perdersi d’animo davanti alle avversità della vita.


Verso le 3 del mattino, Kellett telefonò a suo figlio, Duane il quale Lasciò rapidamente la sua casa guidò fino a Snowflake.
La mattina del 6 novembre, alcuni poliziotti e un gran numero di volontari iniziarono a perlustrare la zona in cui Travis era scomparso, ma di lui non fu rivenuta alcuna traccia. Intanto s’insinuava il sospetto che la storia dell’UFO fosse stata inventata di sana pianta solo per coprire un incidente o addirittura un omicidio. Sabato mattina, Rogers e Duane Walton arrivarono nello studio dello sceriffo Gillespie e andarono su tutte le furie perché la polizia aveva interrotto le ricerche. Le ricerche ripresero, quindi, nel pomeriggio, anche con l’ausilio di alcuni elicotteri, uomini a cavallo e pattuglie alla guida di jeep.
Il sabato, la notizia della scomparsa di Walton si era diffusa. Giornalisti, ufologi e curiosi iniziarono ad arrivare a Snowflake. Tra quest c'era Fred Sylvanus, un investigatore UFO di Phoenix che, quel sabato, intervistò Rogers e Duane Walton. Erano preoccupati per Travis e criticando gli sforzi della polizia, che ritenevano insufficienti, finirono per rilasciare dichiarazioni di cui in seguito ebbero a pentirsi.
Duane, infatti, riferì che lui e Travis avevano già avuto a che fare con gli UFO. Raccontò che circa dodici anni prima avevano assistito all’avvistamento di un UFO simile a quello osservato dal gruppetto di boscaioli. Duane aggiunse che, entrambi, erano decisi, se si fosse ripresentata quella possibilità, ad avvicinarsi per vederlo più da vicino. Duane continuò, dicendo che era sicuro che Travis stesse bene, perché gli alieni non fanno del male alle persone. Senza volerlo, Rogers e Duane Walton con le loro dichiarazioni, posero le basi per una diversa interpretazione del caso.
In seguito a queste incaute dichiarazioni, il marshall di Snowflake, Sanford Flake, annunciò che l'intera faccenda era uno scherzo progettato da Duane e Travis. Avevano ingannato la squadra di boscaioli illuminando un pallone e rilasciandolo al momento opportuno. Fu sconfessato dalla sua stessa moglie, che ritenne la sua storia "altrettanto inverosimile di quella di Duane Walton".
Lunedì, 10 novembre, tutta la squadra di Rogers si sottopose all’esame della macchina della verità. L’interrogatorio fu portato a termine da Cy Gilson, un impiegato della Pubblica Sicurezza. Gilson chiese se qualcuno degli uomini avesse arrecato danno a Travis (o sapesse chi lo aveva fatto) se sapessero dove era e se avessero davvero visto un UFO. Gli uomini negarono di aver fatto del male a Travis (o di sapere chi gli avesse fatto del male) negarono di sapere dov'era il suo corpo e insistettero sul fatto che avevano effettivamente visto un UFO.
Gilson concluse che tutti gli uomini (a parte Dallis, che non aveva completato l'esame) dicevano la verità. Scrisse testualmente nel suo rapporto: "Questi test dimostrano che questi cinque uomini sono fermamente convinti di aver visto un UFO e che Travis Walton non è stato ferito o ucciso da nessuno di loro ". Aggiunse, però, che il gruppo poteva essere stato, inconsapevolmente, vittima di una bufala.
Dallis, in seguito, ammise di aver abbandonato l’esame con la macchina della verità poiché non voleva si sapesse che aveva la fedina penale sporca: temeva di perdere il lavoro.
Dopo i test, lo sceriffo Gillespie affermò pubblicamente che era convinto che la storia dell’UFO era vera e che gli uomini dicessero la verità.
Flake, invece, non era convinto. Continuò con i suoi accertamenti a casa di Kellett servendosi anche di una troupe televisiva sempre sperando di scovare Travis che si nascondeva lì.


IL RITORNO DI WALTON 
Poco prima di mezzanotte, di lunedì 10 novembre, Grant Neff, che era sposato con la sorella di Travis Alison, ricevette una telefonata da Taylor, in Arizona, a poche miglia da Snowflake. Chi chiamava affermò di essere Travis. “Sono in una cabina telefonica – aggiunse - alla stazione di servizio Heber e ho bisogno di aiuto, vieni a prendermi".
Inizialmente, Neff pensò ad uno scherzo di cattivo gusto. Tuttavia, prima che potesse riagganciare, udì un’altra frase: "Sono io, Grant ... Sono ferito, e ho bisogno di aiuto. Sto male, vieni a prendermi".
Neff allora si convinse che, chiunque fosse, era in difficoltà: la sua paura sembrava genuina. Insieme a Duane Walton si recarono alla stazione di servizio.
Trovarono lì Travis, accasciato in una delle tre cabine telefoniche. Indossava gli stessi abiti di quando era scomparso e faceva davvero freddo! Sembrava più magro e aveva la barba lunga.
Sulla via del ritorno a Snowflake, Travis sembrò spaventato, scosso e ansioso. Ripetutamente borbottò qualcosa su degli esseri con occhi terrificanti. Pensava che fosse stato via solo poche ore. Quando apprese che la sua assenza durava da una settimana rimase allibito e non parlò più.
Duane Walton, preoccupato per le condizioni del fratello, non né rivelò immediatamente il ritorno. Un fatto grave, che insospettì la polizia che arrivò ad accusarlo di depistaggio.
A casa di sua madre, Travis fece un bagno cado e provò anche a mangiare qualcosa, ma fu subito in preda a conati di vomito. Duane, ricordanto quanto gli era stato suggerito dal Dr. Spaulding, riuscì ad ottenere da Travis un campione di urina.
Fu un dipendente della compagnia telefonica che alle 2:30 del mattino, avvisò la polizia che qualcuno aveva chiamato la famiglia Neff da un telefono pubblico della stazione di servizio Heber. Gillespie mandò due agenti della Scientifica alle cabine telefoniche per i rilievi del caso. Come previsto, trovarono tante impronte, ma nessuna era di Travis. Questo fatto, una volta noto, sarebbe servito agli scettici per dimostrare che l'intera faccenda fosse solo uno scherzo. Altri erano propensi a credere che gli agenti della scientifica, ispezionando le cabine alla luce delle sole torce avessero fatto un pessimo lavoro.


LA VISITA MEDICA 
Duane si ricordò che il Dr. Spaulding gli aveva promesso che, nel massimo riserbo, avrebbe sottoposto Travi a visita medica. Questa venne eseguita prima dell’intervento delle autorità, che ancora non sapevano del ritorno di Travis. Duane lo portò a Phoenix, in Arizona, il martedì di mattina presto, dove si sarebbero incontrati con il dottor Lester Steward.
I Waltons rimasero delusi nell'apprendere che il Dr. Steward non era un vero medico, ma un ipnoterapeuta. Spaulding e Steward avrebbero poi riferito che i Walton erano rimasti con loro per più di due ore, mentre i Waltons insistevano che erano rimasti nell'ufficio di Steward, al massimo, per 45 minuti, la maggior parte dei quali impegnati in una discussione atta a determinale la qualifica del Dr. Steward. Il tempo preciso trascorso con Steward sarebbe poi diventato un problema per la risoluzione del caso.


TRAPELA LA NOTIZIA 
Martedì pomeriggio, la notizia del ritorno di Travis era trapelata. Quel giorno Duane ricevette una telefonata da Spaulding e gli disse di non disturbare più la sua famiglia. Clark scrive che dopo questa telefonata, "Spaulding divenne chiaramente avverso."
Tra l’altro ci fu anche  una telefonata da parte di un certo Coral Lorenzen, dell'APRO, un gruppo di ricerca civile sugli UFO. Promise a Duane che avrebbe potuto organizzare, in casa sua, un serio esame per Travis da parte di due medici molto competenti: il dottor Joseph Saults e il dottor Howard Kandell. Duane fu d'accordo e l'esame iniziò il giorno stesso, verso le 15:30.
Clark riferì che un’altra telefonata finì per complicare tutta la storia: Un impiegato del National Enquirer, un giornale scandalistico americano noto per il suo tono sensazionalistico, chiamò Lorenzen. L’impiegato dell'Enquirer promise di finanziare le indagini, in cambio della cooperazione e dell’accesso ai dati dell'APRO. Sappiamo che Lorenzen accettò l'accordo.
La visita medica rivelò che Travis era essenzialmente in buona salute, a parte due caratteristiche insolite: una piccola macchia rossa alla piega del gomito destro che faceva supporre l’uso di una siringa. I medici notarono anche che l’ago non aveva intercettato alcuna vena.
L'analisi dell'urina di Travis rivelò una mancanza di chetoni. Questo era insolito, poiché se Travis era stato via per cinque giorni nei quali, sicuramente, aveva mangiato con poco o niente, come lui stesso ammetteva (e come suggeriva la sua magrezza), il suo corpo avrebbe dovuto iniziare a scomporre i grassi per sopravvivere e questo avrebbe comportato livelli molto elevati di chetoni nelle urine. Gli scettici sostennero che questa incoerenza è una prova che la storia raccontata da Travis sia falsa.


ALL’INTERNO DELL’UFO 
Travis raccontò che, dopo essersi avvicinato all'UFO, fu colpito dal raggio ed è l’ultima cosa che ricorda. Quando si svegliò, si ritrovò su di un letto inclinato. Una luce brillava sopra di lui e sentiva che l'aria era pesante e umida. Era dolorante e aveva qualche problema a respirare, ma pensava di trovarsi in ospedale.
Quando fu in se, si rese conto di essere circondato da tre figure, ognuna con indosso una sorta di tuta arancione. Le figure non erano umane. Travis descrisse quegli esseri come i tipici Grigi: gli alieni protagonisti di molti racconti di abduction: un metro e mezzo di altezza, con grandi teste a cupola, molto grandi, sembravano feti. Occhi enormi, di color marrone, uniformi, non si distingueva alcuna pupilla. La cosa più inquietante – raccontò - erano quegli occhi. Le orecchie, il naso e le bocche sembravano davvero piccole, forse perché al confronto, i loro occhi erano veramente enormi.
Travis che temette per la sua incolumità, si alzò in piedi e gridò al quelle creature di stare alla larga. Afferrò un cilindro di vetro da uno scaffale vicino e cercò di romperlo per ottenere un oggetto appuntito e tagliente, ma trovò che l'oggetto era indistruttibile, così lo agitò come se fosse una clava davanti a quei tre individui. Il terzetto abbandonò la stanza.
Travis lasciò la "stanza degli esami" attraverso un corridoio, che lo condusse in una camera sferica completamente spoglia, eccetto che per una sedia dallo schienale alto posta proprio al centro della stanza. La sedia era vuota, ma al suo avvicinarsi il soffitto si illuminò. Travis si sedette sulla sedia e cominciò ad osservare tutte quelle luci che brillavano, come stelle, sul soffitto. Ebbe l’impressione di trovarsi in un planetario.
La sedia era equipaggiata con dei braccioli. Su quello sinistro c’era una corta leva di foggia un po’ strana di un materiale marrone scuro. Sul bracciolo di destra, c'era un piccolo schermo illuminato, di colore verde lime, che mostrava delle linee nere che s’intersecavano tra loro.
Travis spinse la leva e notò che le stelle ruotavano attorno a lui lentamente. Quando rilasciò la leva, le stelle si fermarono, rimanendo nella loro nuova posizione. Abbandonò la sedia e le stelle scomparvero. Travis aveva intravisto una sagoma rettangolare stagliarsi sul muro arrotondato, pensò che si trattasse di una porta, e andò a cercarla.
In quel momento, Travis sentì un suono alle sue spalle. Si voltò e rimase piacevolmente sorpreso nel vedere una figura umana in tuta blu che portava un elmetto di vetro. Solo in seguito si rese conto di quanto fossero strani gli occhi dell'uomo: più grandi del normale e di un brillante color oro.
Travis raccontò di aver posto all'uomo una serie di domande, ma lui rispose con un sorriso e gli fece cenno di seguirlo. Travis ammise che l’uomo, anche a causa dell'elmetto, avrebbe potuto non sentirlo. Tuttavia, lo seguì lungo un corridoio che portava a una porta e ad una ripida rampa, scesi dalla quale si ritrovarono in un vasto ambiente che Travis descrisse: "simile a un hangar". Comprese di essere sceso da un oggetto a forma di disco simile a quello che aveva visto nella foresta e di trovarsi all’interno di uno scafo molto grande. In quel che lui definì come un hangar c’erano, infatti, molte altre navicelle a forma di disco. L'uomo lo condusse in un'altra stanza, dove incontrò altri tre umani: una donna e due uomini. Somigliavano all'uomo con l’elmetto. Visto che queste persone non indossavano elmetti, Travis iniziò a porre delle domande, ma nessuno rispose. Si limitarono a sorridere, lo presero per un braccio e lo condussero a sedersi vicino a un tavolino. Una volta seduto la donna prese un dispositivo simile a una maschera per l’ossigeno e glielo appoggiò sul viso. Travis svenne prima che potesse reagire.
Quando si svegliò si ritrovò all’aperto, nella stazione di servizio di Heber. Una delle navicelle a forma di disco era sospesa sopra l'autostrada. Il velivolo spari rapidamente e Travis chiamò suo cognato, sempre pensando che dall’inizio del suo rapimento fossero trascorse soltanto poche ore.


Dopo aver ascoltato questa storia, Gillespie ipotizzò che Travis potesse essere stato colpito alla testa, tramortito, drogato e poi portato in un ospedale dove aveva confuso i dettagli di un esame di routine con qualcosa di più spettacolare. Travis gli fece notare che non aveva segni di traumi alla testa e l’esame medico non aveva rilevato tracce di droga nel sangue. Disse allo sceriffo che era disposto a sottoporsi alla macchina della verità, al siero della verità o all’ipnosi pur di sostenere il suo racconto. Gillespie disse che si sarebbe accontentato della macchina della verità e promise di organizzarne una sessione, in segreto, per evitare l’interrese crescente dei media.
Duane e Travis, in seguito si incontrarono con il consulente dell'APRO, James A. Harder. Harder sottopose Travis a una seduta ipnotica, nella speranza di scoprire ulteriori dettagli. Ma, sulla sua vicenda non fu possibile sapere altro. C’era come un blocco mentale impenetrabile.
A questo punto entrò in scena il Dr. Spaulding che annunciò ai quattro venti che sia lui, sia il Dr. Steward avevano interrogato Walton per ben due ore e avevano scoperto una serie di incongruenze nel resoconto. La Phoenix Gazette pubblicò le sue affermazioni secondo le quali i Waltons avevano elaborato un’assurda bugia e non si esponevano perché temevano di essere scoperti.
Lo sceriffo, intanto, era pronto l’esame  con la macchina della verità, ma quando Duane apprese che la notizia era trapelata rifiutò di sottoporsi, pensando che Gillespie avesse infranto la promessa di mantenere il test segreto. Il fatto è, che caso era ormai diventato clamoroso e non c’era più modo di mantenere il segreto.
Il National Enquirer chiedeva pubblicamente che Travis si sottoponesse, il prima possibile, al test della macchina della verità.
Nell'intervista prima dell'esame, Travis ammise di aver fumato, qualche volta, la marijuana ma che non faceva uso abituale di droghe. Il test fu condotto in modo aggressivo e poco professionale da McCarthy che cercò in tutti i modi di trarre in inganno Travis. D’altro canto, McCarthy insisteva nel dire che Travis non aveva superato il test perché la sua storia era tutto un imbroglio.
I Waltons, l'APRO e il National Enquirer non accettarono mai il risultato di questo esame ed espressero seri dubbi sui metodi e sull'obiettività di McCarthy. Sostenevano che McCarthy era prevenuto, che aveva posto a Travis domande imbarazzanti e irrilevanti nel tentativo di innervosirlo e creare le condizioni propense a produrre un risultato negativo. Otto mesi dopo, Travis avrebbe sostenuto e superato due ulteriori test, anche se i risultati del primo esame pesarono molto e pesano ancora, sull’intera vicenda.
Klass e altri hanno anche notato che il film “The UFO Incident” era andato in onda su NBC poche settimane prima della scomparsa di Travis. Questo film per la televisione era tratto dal romanzo di Hill “Abduction”, che narra del primo caso di rapimento alieno. Klass e altri ipotizzarono che Walton si fosse ispirato al programma televisivo. Walton negò di aver mai visto quel programma, ma Klass fece notare che Mike Rogers vide almeno una parte del film. Clark sostenne che il resoconto di Walton è diverso dal racconto di Hill anche se, ammette, i racconti di abduction si somigliano un po’ tutti.


Nel 1978, Walton ha pubblicato The Walton Experience, in cui ha delineato la propria storia narrando sia l’evento che le successive conseguenze.
Lo stesso anno, Bill Barry ha pubblicato The Ultimate Encounter, in cui sostiene che le incongruenze, in particolare quelle rilevate da Klass, rendono il caso poco credibile.
In un'intervista del 2011, Walton ha riferito che ancora soffre di stress post traumatico.

sabato 14 luglio 2018

I GRACILI


Molto prima che si iniziasse a parlare di abduction, due persone furono vittime di un bizzarro tentativo di rapimento a Lodi, in California. Era il venticinque novembre del 1896, quando Il colonnello H.G. Shaw, e la sua amica Camille Spooner, ebbero un incontro ravvicinato con entità sconosciute. Shaw si era preso l’incarico di organizzare una fiera, con la sua amica stava quindi viaggiando in carrozza diretto a Stockton, quando il loro cavallo si irrigidì per lo spavento.
I due non riuscivano a credere ai propri occhi, quando videro cosa aveva spaventato il cavallo: tre esseri molto alti dall'aspetto a dir poco bizzarro. Avevano mani piccole e delicate e braccia altrettanto sottili. Sembravano calvi ma, ad un più attento esame, risultarono ricoperti da una soffice e leggera peluria che ricopriva non solo il capo, ma tutto il corpo. Gli occhi erano grandi, mentre  la bocca e le orecchie erano molto piccole. I due testimoni, in seguito, avrebbero dichiarato alle autorità che quegli esseri, nonostante tutto, sembravano belli anche se, ammisero, era uno strano tipo di bellezza.

 

 

Gli alieni portavano con sé una sorta di borsa dalla quale usciva un tubo flessibile che spesso mettevano in bocca, forse per respirare. Sebbene non fosse ancora notte, avevano anche delle lampade a forma di uovo che brillavano alla luce del crepuscolo.
Mentre li guardavano con stupore, questi erano intenti a comunicare tra di loro emettendo una specie di cantilena. Non parlavano inglese: Shaw e la sua amica Spooner non capirono quel che dicevano. Rivelarono alle autorità che gli alieni tentarono di rapirli, ma si dimostrarono troppo deboli e loro ebbero la meglio.
Ben presto, i tre alieni si spostarono verso un ponte lì vicino. Usando le loro lampade illuminarono il ponte, mostrando un oggetto. L'UFO aveva la forma di un sigaro e si librava silenziosamente sull'acqua. Gli esseri apparivano gracili, quasi più leggeri dell'aria. Mentre si muovevano verso la loro navicella sembravano non toccare terra. Si diressero, fluttuando, verso il loro velivolo e vi entrarono attraverso una porta invisibile ai due osservatori. L’UFO, poi, volò via. Shaw disse agli investigatori che, a suo parere, erano venuti da Marte, una teoria molto in voga all’epoca.

lunedì 9 luglio 2018

L'ULTIMA VOLTA DEL TENENTE MONCLA


La sera del 23 novembre 1953, gli operatori radar dell’Air Defense Command Ground Intercept, di Sault St. Marie, Michigan, diedero l’allarme poiché gli schermi radar mostrarono l’improvvisa comparsa di un oggetto non identificato che volava sopra Soo Locks. Un jet Scorpion F-89C decollò, per l’intercettazione, dalla base Kinross dell’Air Force. L’aereo era pilotato da Felix Moncla, mentre Robert L. Wilson fungeva da operatore radar. Le cose si misero subito male poiché Wilson ebbe dei problemi nel rintracciare il bersaglio sul radar dello Scorpion, quindi gli operatori del Ground fornirono le indicazioni al pilota per indirizzarlo verso l'intruso. Volando a 500 miglia all'ora, a circa 8000 piedi di altitudine, Moncla si dispose in rotta di avvicinamento e si diresse verso il suo destino.
A terra gli operatori radar vedevano sui loro schermi sia l’oggetto non identificato, sia lo scorpion come due "blip" distinti, seppur in rapido avvicinamento. I due blip si fecero sempre più vicini, fino a quando non sembrarono fondersi in uno solo.
Cosa vide il Ten. Moncla? Non ci è dato saperlo.
Supponendo che l’aereo, in quel preciso momento, fosse molto vicino al suo bersaglio, il Ground Control contava sul fatto che dopo un po’, lo Scorpion e l'UFO sarebbero riapparsi come due blip separati. Invece, il singolo blip sparì dallo schermo radar, poi più nulla: erano scomparsi entrambi! Crebbe così il timore che fosse avvenuta una collisione e che i due velivoli si fossero distrutti a vicenda.
Tutti i tentativi per contattare Moncla via radio purtroppo rimasero senza successo. Partì immediatamente un'operazione di ricerca e soccorso, ma non fu trovata traccia né dell'aereo né dei piloti. 
 

 
Il rapporto ufficiale dell'incidente afferma che quando l'intruso fu rilevato sul radar, si ritenne che fosse un velivolo C-47 della Royal Canadian Air Force (serial No VC-912) che venne classificato come "non identificato" perché, stando al suo piano di volo, sarebbe stato fuori rotta di circa 30 miglia. Questa affermazione fu clamorosamente confutata dal pilota della RCAF, Gerald Fosberg quando, anni dopo, fu intervistato per il documentario di David Cherniack "The Moncla Memories" prodotto per la serie Enigma di Vision TV.
L'USAF ha fornito una spiegazione alternativa al noto investigatore UFO, Donald Keyhoe che nel suo libro del 1955, The Flying Saucer Conspiracy, fornisce informazioni dettagliate sulle indagini e sulla scomparsa dell'F-89. Tutto – scrisse Keyhoe - iniziò la notte dell'incidente quando ricevette una telefonata che gli comunicava di un articolo apparso su Selfridge Field che riportava la notizia (peraltro errata) di un F-89 di “Kimross” che era stato colpito da un disco volante. Keyhoe chiamò, a sua volta il responsabile dei rapporti con la stampa, il tenente Robert C. White, il quale asserì che l’intruso non era un C-47, bensì un DC-3 canadese che aveva sconfinato nello spazio aereo degli Stati Uniti, all'estremità sud-est del Lago Superiore.
Il rapporto ufficiale della Commissione d’inchiesta confermò, invece, che l'F-89 fu inviato per intercettare quello che si supponeva fosse un velivolo della RCAF, C-47 Skytrain, che stava viaggiando fuori rotta. Perché questa discordanza? Immagino che l’USAF, avendo appena perso un costosissimo jet militare insieme a tutto il suo equipaggio, doveva pur dare una spiegazione plausibile.
L'F-89 stava volando ad un'altezza di 8000 piedi quando il suo segnale si fuse con quello dell’intruso. Contemporaneamente, anche il trasponder cessò di emettere il suo segnale IFF. Sebbene gli sforzi per contattare l'equipaggio, via radio, siano stati infruttuosi, il pilota di un altro F-89 inviato in missione di soccorso dichiarò, davanti alla Commissione, che aveva captato una breve trasmissione radio proveniente dal caccia, circa quaranta minuti dopo la sua scomparsa.
Gli investigatori dell'aeronautica avanzarono anche l'ipotesi che Moncla potrebbe aver avuto delle vertigini e che in preda a questo disturbo avesse perso l’orientamento e fosse precipitato nel lago Superiore. In effetti c’è un nesso statistico tra la perdita di orientamento e la successiva morte di un pilota. Ma approfondendo le indagini si arrivò alla conclusione che fossero solo delle dicerie. Messe in giro da chi? Forse dalla stessa Aeronautica in un disperato tentativo di giustificare l’accaduto? Non c’erano prove che Moncla soffrisse di vertigini.

sabato 7 luglio 2018

L'INCONTRO RAVVICINATO DI SOCORRO


Solo nella sua auto di pattuglia, il sergente Lonnie Zamora stava inseguendo un'auto in corsa, a sud di Socorro, nel New Mexico. Era il 24 aprile del 1964, verso le 17:45, quando udì una sorta di ruggito e vide una fiamma nel cielo a sud-ovest a una distanza stimata di mezzo miglio, un miglio al massimo. Zamora interruppe l’inseguimento, poiché temeva che l’oggetto in fiamme potesse far esplodere un deposito locale, pieno di dinamite e andò a indagare.
 

Zamora non vide altri eventuali testimoni, ma ricorda che c’era un’auto che precedeva la sua. Secondo lui, il conducente di quell’auto potrebbe aver sentito il rumore ma non poteva vedere l’oggetto fiammeggiante poiché era occultato dal fianco della collina.
Condusse la macchina sulla ripida salita e con difficoltà, riuscì a scalare la collina. Non notò nulla di strano. Cercò, invece, di individuare il piccolo deposito degli esplosivi poiché non ricordava l’esatta collocazione. Solo allora notò un oggetto lucido, a circa 150 a 200 metri di distanza, che scambiò per una auto rovesciata, nelle vicinanze della quale c’erano due persone. Uno di quegli individui sembrò notarlo, mostrando una certa sorpresa. L'oggetto era lucido, simile all'alluminio. Si stagliava sullo sfondo della Mesa e aveva la forma di un uovo. Zamora ebbe una visione sfuggente delle due persone in tuta bianca accanto alla "macchina". Non ricorda nulla di particolare. “Sembravano normali – disse - anche il loro abbigliamento non sembrava avere nulla di particolare, ma erano di piccola statura".
Mentre si dirigeva in auto verso di loro, poteva ancora rimanere in contatto radio con la centrale di polizia ma poi dovette proseguire a piedi. Era appena sceso dall'auto, quando sentì nuovamente il ruggito. Data la distanza ravvicinata, sentì un suono molto forte. Non somigliava, come ci si potrebbe aspettare, al rumore di un jet. Nello stesso istante, vide una fiammata scaturire dalla parte inferiore dell'oggetto che, nel frattempo, cominciava ad alzarsi lentamente. La fiamma somigliava a quella prodotta da un cannello per saldature: non produceva fumo, ma sollevava la polvere nelle immediate vicinanze. 
Senza perdere di vista l'oggetto, corse verso la sua macchina, inciampando e perdendo gli occhiali. A questo punto fu in grado di fornire una descrizione più dettagliata dell'oggetto. Si trattava di un ovale liscio, senza né portelli né finestrini. Notò dei caratteri rossi di qualche tipo, proprio nel mezzo.
 

Zamora descrisse così il decollo: “Dopo essere caduto ed aver perso gli occhiali, mi sono riparato dietro l’auto. Guardando indietro, notai l’oggetto salire dal fondo valle fino al mio livello. Ebbi paura e scappai. Ho corso fin oltre la collina, poi mi girai e buttandomi a terra, mi coprii la faccia con le braccia. Non avvertendo più il rumore, alzai lo sguardo e vidi l'oggetto allontanarsi da me. Viaggiava in linea retta – aggiunse - mantenendosi a bassa quota: superò la baracca della dinamite alta solo 2,5 metri di circa un metro. Quindi, con un’accelerazione repentina, si alzò e sparì nel cielo.
Zamora tornò alla sua auto e contattò l'ufficio dello sceriffo via radio.
“Ho preso gli occhiali – racconta - sono salito in macchina e ho contattato via radio Nep Lopez, il radiotelegrafista, per indurlo a guardare fuori dalla finestra e vedere se poteva scorgere l’oggetto. Lui mi chiese: “di cosa si tratta?” Risposi: “sembra un pallone.”
 

Zamora fu raggiunto da un collega, il sergente Chavez.
Il sergente Chavez (N.M. State Police at Socorro) si avvicinò e gli chiese quale fosse il problema, poiché vide che stava sudando ed era molto pallido. Fu il sergente ha notare delle tracce sul terreno.
Zamora, infatti, ricordò che l'oggetto aveva delle gambe.
“Quando ho visto l'oggetto, pensavo che fosse un’auto, poi vidi che poggiava a terra su quattro gambe. In quel momento, non ci ho fatto caso poiché continuavo a credere di trovarmi sul luogo di un incidente. Non ho prestato attenzione alle gambe. Queste sporgevano dal di sotto ed erano leggermente inclinate.”
Zamora non riusci a spiegare se le due persone salirono a bordo. Disse di averle perse di vista mentre fuggiva. Però sentì due o tre "tonfi", come se qualcuno stesse chiudendo con forza un portello. Udì questi tonfi e poi il ruggito.
Chavez lo invitò a prendere una matita e ha fare un disegno dettagliato dell'oggetto.

 

Nel giro di poche ore, la notizia si propagò: molti avevano sentito le comunicazioni via radio, inclusi alcuni giornalisti. In pochi giorni, i giornalisti della Associated Press e della United Press International furono a Socorro. I membri del gruppo di studio civile UFO APRO arrivarono sul posto due giorni dopo, così come gli ufficiali del Blue Book, il progetto dell'Aeronautica statunitense. Gli investigatori del NICAP sono apparsi il martedì seguente. Il primo investigatore del NICAP era Ray Stanford, che in seguito avrebbe scritto un resoconto dettagliato delle sue indagini.
Diversi testimoni indipendenti riportarono di un oggetto a forma di "uovo" o di una fiamma bluastra, che sorvolò l’area in quel giorno, alcuni testimoni si fecero avanti anche prima che si diffondesse la notizia.
Stanford ha menzionato un certo numero di testimoni nel suo rapporto, tra cui i due turisti Paul Kies e Larry Kratzer, che percorrevano la strada verso Socorro sulla loro auto e si trovavano a meno di un miglio dal luogo di atterraggio. Apparentemente, hanno assistito allo sbarco e al decollo e hanno riferito di aver visto la fiamma e la nuvola di polvere. La loro storia furiportata nel Dubuque Iowa Telegraph-Herald,  alcuni giorni dopo il loro ritorno.
Anche una famiglia del Colorado vide l'oggetto ovale che si avvicinava a Socorro volando a bassa quota, verso ovest appena a sud della città. Passò sulla loro macchina. Poco dopo, questi turisti si fermarono per fare rifornimento. La loro identità non fu rivelata, la storia venne raccontata dal benzinaio, Opal Grinder. Il conducente disse alla moglie: "quell’aereo ha quasi scoperchiato il tetto della macchina.” L'uomo pensava che fosse in avaria in quanto era sceso lontano dal più vicino aeroporto. Vide anche l’auto della polizia risalire la collina e pensò che cercava di prestare soccorso.
Secondo Stanford, un altro testimone chiamò una stazione televisiva di Albuquerque verso le 17.30 per segnalare un oggetto ovale a bassa quota che volava lentamente verso Socorro. Diverse altre storie sono apparse sui giornali del New Messico nei giorni successivi, tutte riguardano l’avvistamento di un oggetto di forma ovale. Sembra che un oggetto simile sia atterrato vicino a La Madera nel nord del Messico. Il rapporto dell'FBI sul caso La Madera menziona che il testimone riferì di una fiamma blu-bianca associata all'oggetto. Furono anche rilevate quattro impronte, probabilmente del carrello di atterraggio, rettangolari a forma di V e diversi segni circolari di circa 4 pollici di diametro.
Stanford ha anche annotato che un gran numero di testimoni, pur non avendo visto l’oggetto, ne hanno sentito il rumore, descrivendolo come un forte ronzio. Parlò personalmente con due donne che dichiararono di aver sentito il “ruggito” poco prima delle sei del pomeriggio.
 
 

Nell'ottobre del 2009, Stanford ha rivelato che anche il sergente Chavez, il primo poliziotto arrivato ad aiutare Zamora, confidandosi con dei colleghi, aveva asserito di aver visto l'oggetto allontanarsi rapidamente verso ovest, sopra le montagne, mentre lui si avvicinava al sito. Tuttavia, in pubblico, Chavez continuò ad affermare che fosse arrivato troppo tardi per vedere l'oggetto. Però, poté notare dei cespugli bruciati che stavano ancora fumando. Confermò che Zamora appariva in stato di shock.
Altri poliziotti intervennero per indagare: notarono anch’essi l’erba bruciata. Tra di loro c’erano Ted Jordan e James Luckie, i quali dichiararono che i ciuffi d'erba e i cespugli bruciati erano ancora roventi quando arrivarono sul posto.
Chavez perlustrò il terreno cercando la presenza di attività umane. Non riuscì a trovare tracce di pneumatici oltre a quelle lasciate dall’auto di Zamora, ma trovò le tracce dell’atterraggio. Le impronte lasciate dai pattini del carrello di atterraggio erano rettangolari, incuneate nel terreno ed erano chiaramente recenti.
L'investigatore dell'FBI osservò anche che i segni rettangolari "sembravano essere stati fatti da una gamba inclinata poiché la terra era stata spinta di lato. Inoltre, furono osservati tre segni circolari, di circa quattro pollici di diametro. Stanford, nel suo libro, suppone che questi segni furono impressi nel terreno dalla scaletta che l'equipaggio avrebbe usato per uscire e rientrare nella navicella.

 

L’INDAGINE DELL'AERONAUTICA

Il capitano Richard T. Holder e l'agente dell'FBI Arthur Byrnes Jr. intervistarono insieme Zamora. Tuttavia, per ragioni che rimangono ignote, l'FBI chiese ed ottenne una certa discrezione sulla loro presenza. Zamora ipotizzò che l'oggetto fosse una navicella di nuova concezione che veniva testata a White Sands Missile Range o nella vicina base aerea di Holloman. Holder respinse questa idea e in seguito, dichiarò a un giornale di Socorro che i militari non avevano in dotazione niente di simile.
Dopo aver intervistato Zamora, Holder e diversi ufficiali della Polizia Militare hanno isolato il sito e prelevato dei campioni della sabbia e dei cespugli bruciacchiati. Il mattino seguente, una domenica, Holder ricevette una telefonata da un colonnello del Joint Chiefs of Staff. Il giovane capitano Holder rimase sorpreso e turbato perché dovette fare rapporto a un ufficiale di così alto rango. Gli fu chiesto di inoltrare il rapporto servendosi di una linea criptata e sicura. Anche a distanza di anni, non riesce a spiegarsi l’interesse di questi alti funzionari militari statunitensi. Perché erano così interessati?
L'astronomo J. Allen Hynek (consulente del Blue Book) è arrivato a Socorro martedì 28 aprile. Ha incontrato Zamora e Chavez e li ha intervistati sull'incontro ravvicinato. Il maggiore dell'aeronautica Hector Quintanilla, inizialmente, pensò che l'avvistamento potesse essere spiegato come il collaudo di un modulo  lunare, anche se dopo alcune telefonate, Hynek ammise che questa spiegazione poteva essere esclusa. A dire il vero, l'Air Force cercò di confutare la faccenda spacciandola per una burla e suscitando il risentimento di Zamora al quale certamente non piaceva essere preso per un visionario. Alla fine, però, Hynek si decise ed ascoltò con la massima attenzione il racconto dell'unico testimone oculare. E’ interessante notare come, dopo averlo intervistato Hynek restò fermamente convinto, a tal punto che ammise: “non c'è mai stato un caso così dettagliato, con un testimone così attendibile."
Inoltre, per quanto concerne il progetto Blue Book, Hynek scrisse: "Credo che l'A.F. non sappia cosa sia la scienza".

 

LA SABBIA FUSA

Nel 1968, il fisico e ricercatore di UFO, James McDonald, ha individuato Mary G. Mayes, la quale ha affermato che quando frequentava l’università dell’Arizona, le fu chiesto di analizzare del materiale vegetale proveniente dal sito di Socorro.
Mayes riferì che lei e altri due studenti avevano effettuato una serie di analisi. Le piante – ha detto - risultavano bruciate in modo insolito: apparivano completamente prosciugate.
Non furono trovate tracce di radioattività, ma due sostanze organiche che non furono in grado di identificare.
Furono rilevate tracce di sabbia apparentemente "fusa", poiché aveva assunto un aspetto vitreo. In effetti, un’area triangolare composta di sabbia vetrosa, dell’ampiezza di 25 - 30 pollici (760 mm) fu notata sul sito dell’atterraggio.

 

VELOCITÀ E ACCELERAZIONE DELL'OGGETTO

Dalla ricostruzione dell'evento, tratto dal resoconto di Zamora, fu possibile stimare l’accelerazione e la velocità dell’oggetto. I calcoli dimostrarono una velocità massima di 2160 miglia/ora (3500 Km/h) e un’accelerazione di quasi 5 G.
Questi valori così elevati escludono molte spiegazioni convenzionali: non poteva trattarsi di un elicottero e neanche di un pallone aerostatico. Solo aereo a reazione ad alte prestazioni o un razzo potrebbero, in teoria, produrre tali accelerazioni e velocità (supersoniche) ma non in modo così silenzioso. Il rapporto dell'Air Force sull'incidente conferma che, dalle analisi del terreno, non risultano tracce di propellenti chimici, come ci si potrebbe aspettare dall’impiego di un motore a jet o di un motore a razzo. L’UFO descritto da Zamora, inoltre, mancava completamente di ali o di rotori: non poteva essere un velivolo convenzionale.