Giunti a casa la squaw gli portò una bevanda calda.
- Bevi – gli disse - ne avrai bisogno.
- Cos’è?
- Ti aiuterà a stare sveglio: sei stanco e il bagno caldo è stato molto rilassante, ma non ti devi assopire.
Lui la guardò con aria interrogativa.
- Wakanda sta interrogando il Grande Spirito: ti raggiungerà tra poco. Nel frattempo è importante che tu non dorma.
- Sì, ma non capisco…
- Se vuoi delle risposte devo saperne di più. Dimmi dove sei stato e cosa hai fatto.
- Va bene, ma usciamo.
Alan, non ne aveva molta voglia ma, viste le sue insistenze, finì per raccontarle la sua storia. Teetomka lo ascoltava con attenzione, spesso lo interrompeva per porgli delle domande. Volle conoscere, oltre ai fatti, anche le sue impressioni: cosa aveva sentito, cosa aveva provato, cosa avrebbe voluto, cosa aveva sperato. E lui raccontò, le raccontò tutto, senza alcuna remora le aprì la sua mente e il suo cuore. Forse fu l’effetto di quella bevanda, ma non le nascose nulla.
- Sei innamorato di lei.
Dal tono si capiva che non era una domanda.
- Non posso negarlo – rispose lui – ma la mia vita è altrove.
- No, Spirito del vento. Hai cavalcato i tuoi desideri ed essi ti hanno portato dove volevi arrivare.
- Che significa?
- Wakanda pensa che sia avvenuta la fusione.
- Cosa?
- L’Alan di questo mondo tornava da sua moglie quando l’hai incontrato: ora tu sei lui.
- Non capisco.
- Non è facile da spiegare. Il Dio dei Destini ha deciso: hai incontrato l’altro Alan e vi siete fusi in un’unica entità.
- Io non noto alcun cambiamento! Sono sempre io, con il mio passato, con i miei ricordi.
- Finché non ti addormenterai. Succederà gradualmente, ma il processo è irreversibile: prima che il sole tramonti di nuovo, non ricorderai più nulla di tutto questo.
- Non è possibile!
- Avrai altri ricordi e un’altra vita da vivere, con la tua donna. Non ti ricorderai nemmeno di me.
All’improvviso, ricordò che Wakanda, un giorno, gli aveva confidato che Teetomka si era innamorata di lui. Lui lo aveva schernito ma Wakanda gli rivelò che, in tutta la tribù, lui era l’unico che non se n’era ancora accorto ed era ora che si svegliasse perché stava facendo la figura del fesso! Ora se ne rendeva conto.
Ora, tanti piccoli episodi assumevano un diverso significato. Come poco prima, nelle terme: prima di chinarsi lo aveva guardato e lui aveva notato un sorriso malizioso stampato sul suo viso. Guardò Teetomka con occhi nuovi. Scorse dentro i suoi la tenerezza, la passione, ma anche la disperazione: la loro storia, mai iniziata, stava già per finire. Si rese conto che erano maledettamente vicini: quella non era la distanza da cui si parlano due amici. L’attrazione diventò molto forte. Lui non riuscì a controllare l’impulso di baciarla e lei voleva essere baciata. Un leggero movimento della testa e le loro labbra si unirono.
Lui si divincolò e assunse un’espressione di scusa. Magari si sarebbe anche scusato se lei lo avesse lasciato parlare.
- No Alan, domani non saprai più chi sono ma questa notte, questa notte è mia! Ti prego non togliermi anche questo.
Lui stava per riprendere da dove aveva interrotto, ma lei scappò via in direzione degli alberi. Non stava fuggendo: cercava quell’intimità che la notte e la foresta sapevano offrire. Si appoggiò a un tronco e inarcando la schiena, tese le mani all’indietro avvinghiandosi all’albero. Lui avvertiva la passione come fuoco ardente: un fuoco che gli divorava il cervello, che gli gonfiava i muscoli; un fuoco che, ormai, solo lei poteva domare. Lì, la raggiunse il vento, un vento caldo, soave, che le accarezzava il volto, che scivolava sui suoi fianchi, che s’insinuava sotto i vestiti e le accarezzava la pelle, procurandole un piacere intenso. Diventò sempre più forte: il vento ora premeva su di lei, sembrava volerla possedere. Gemendo, si abbandonò completamente alla forza dell’elemento: fu sollevata in aria e portata dolcemente tra braccia di Alan, che era impaziente di stringerla a se. Si adagiò su di lui, posandogli la bocca contro la bocca. Alan si irrigidì. Ma Teetomka doveva averlo previsto, perché gli disse: - Tu sei un uomo, non una statua di pietra. E io sono una donna che ti ama. Restituiscimi il bacio, non limitarti ad accettarlo. E poi, subito dopo: - Oh, non così - mormorò - baciami. Non cercare di sfondarmi le labbra con le tue. Devi fonderle, unirle alle mie. Così. -
Teetomka fece vibrare la punta della lingua contro quella di Alan. Poi si ritrasse, sorridendo, con gli occhi ridotti a una fessura, le labbra rosse e umide. Alan tremava, respirava a fatica.
- La tua gente crede che la lingua serva soltanto per parlare? Crede che ciò che ho fatto sia perverso?
- Non lo so. Nessuno parla mai di queste cose.
- Ti è piaciuto, lo so. Bevi Alan, bevi e non preoccuparti, non devi aver paura. Siamo lontani da tutti, tranne che da noi stessi. Bevi e amami. Amami, Alan, e non vedremo più il mondo, non ne sentiremo la mancanza. Per il momento. Dimenticalo fra le mie braccia.
Si baciarono, si strinsero e si dissero le parole che gli amanti si sono sempre detti.
Lei gli baciava il collo, e Alan aveva l'impressione che una carica elettrica si trasmettesse dalle labbra di lei alla sua pelle, fino al cervello e poi giù giù, fino al cuore che batteva a precipizio, fino allo stomaco, fino ai genitali gonfi e tesi, fino alle piante dei piedi che, stranamente, erano diventati di ghiaccio.
Eppure, anche in quell'estasi, c'era in lui un nucleo di rifiuto. Era minuscolo ma esisteva.
Avvinghiati, fecero una mezza giravolta e lei adagiò le spalle sull’erba alta e soffice. Allungò un piede e gli sfiorò il ginocchio. Pelle contro pelle... quel contatto spingeva Alan sempre più avanti, come se il dito di un angelo gli indicasse il suo destino. S’inginocchiò e lei ritirò un poco la gamba, tenendo sempre il piede contro il suo ginocchio, come se vi fosse radicato. Poi Teetomka scostò il piede mettendolo accanto al ginocchio di lui. - Vieni più vicino - gli disse. E quando lui si fece più vicino, sempre inginocchiato, lei tese le braccia e se lo strinse al seno.
- Posa qui la bocca. Ritorna bambino. E io ti alleverò in modo da farti dimenticare la nostalgia... perché tu conosca soltanto l'amore. Poiché tu, domani sarai un uomo nuovo.
- Ti prenderò, come un esercito prende una città.
- Ora non sei più un soldato, Alan, ma un amante. Devi amarmi, non violentarmi. Non potrai essere tu a prendermi, perché sarò io che ti avvolgerò.
Lo strinse dolcemente tra le braccia, inarcò in modo impercettibile i fianchi e Alan si sentì preso. Sentì una scossa elettrica, paragonabile a quella che aveva provato quando lei l'aveva baciato sul collo: ma era simile soltanto come sensazione, non come intensità. Fece per affondare il volto contro la spalla di lei, ma Teetomka gli posò le mani sul petto e con forza sorprendente, lo sollevò.
- No, devo vederti in faccia. Perché voglio guardarti mentre ti perdi in me.-
La notte calò sui due amanti.