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mercoledì 13 febbraio 2019

UN ACCORATO APPELLO



  
"Sono il padre di una bimba di tre anni, Claudia, scomparsa improvvisamente ed inspiegabilmente da casa la sera del quattro luglio 1974 alle ore 20:00 circa, senza lasciare alcuna traccia di sé: le allego una foto della bambina.
Io spero che unendo i nostri sforzi e le nostre volontà, di trovare una risposta ai miei angosciosi interrogativi e, nel caso più felice, di poter addirittura ritrovare mia figlia.
La ringrazio sin d’ora per quanto potrà fare ed in attesa di leggerla, la saluto caramente."
 
 

Questo trafiletto venne pubblicato su di un giornale (Giornale dei Misteri n. 46) nel mese di gennaio 1975. La richiesta veniva dal Sig. Claudio Trani, di Grado (Gorizia). Non ho più saputo se la bambina fu ritrovata, ma oggi, nell’era di internet, qualcuno vedendola potrebbe riconoscerla e narrarci la sua storia oppure potrebbe lei stessa riconoscersi in quella immagine.
Facciamo girare.

martedì 12 febbraio 2019

STUFE A PELLET: ECOLOGICHE ED EFFICIENTI


La combustione è tanto bella da vedere quanto dannosa per l'aria che poi respiriamo. Una soluzione però c'è: abbandoniamo l'idea di scaldarci con vecchie stufe e caminetti aperti, poco efficienti e piuttosto inquinanti rispetto a quelli di nuova generazione e scegliamo una stufa a pellet. Risparmieremo soldi e ridurremo i consumi.
Economiche, efficienti, ecologiche e capaci di soddisfare diverse esigenze, queste stufe sono sostenibili perché alimentate con gli scarti della lavorazione del legno vergine (il pellet). Questo biocombustibile è uno scarto di lavorazione del legno con un contenuto energetico alto che, a parità di volume, produce molto più calore rispetto alla classica legna da ardere. Poi, in confronto ad altri tipi di riscaldamento, queste stufe costano meno, sia in fase di acquisto che di mantenimento. Sul mercato si trovano validi modelli anche a prezzo contenuto (meno di 600 euro) e il rifornimento di pellet è conveniente: un costo in linea con il metano e un risparmio corposo rispetto a gasolio e gpl.
 
 
La stufa a pellet può anche essere integrata in un sistema di riscaldamento preesistente e anche in questo caso permette di abbattere i costi. Se poi la stufa offre un sistema di canalizzazione, è possibile scaldare con un solo apparecchio anche due ambienti diversi. Una combinazione di condizioni favorevoli che in pochi anni ha reso il mercato delle stufe a pellet estremamente popolare, specie in Italia.
Dei test hanno valutato numerosi aspetti, come l'efficienza della stufa (sia nella fase di avvio della combustione sia a regime), i consumi di pellet, i consumi elettrici, le emissioni inquinanti, la temperatura raggiunta sulla superficie dell'apparecchio e al suo interno. Dal punto di vista del rendimento, i risultati sono stati molto buoni. La potenza dichiarata da alcuni produttori, però, a volte non corrisponde a quanto misurato. A regime, il rendimento è sempre molto buono, nella maggior parte dei casi superiore a quanto richiesto dalla normativa (in media l'84%, con punte del 90%).
 
 
Le prove sulle emissioni inquinanti sono risultate molto positive, segno che la nuova generazione di stufe è più rispettosa dell'ambiente.
Più ecologiche di caminetti e stufe a legna. Un particolare test ha messo a confronto una buona stufa a pellet con una stufa a legna tradizionale e un caminetto chiuso, per vedere che differenza c'era sotto il profilo delle emissioni (misurate allo scarico) tra diversi apparecchi. La buona notizia è che rispetto a qualche anno fa (era stato fatto uno studio analogo nel 2014) le emissioni di tutti e tre i sistemi sono drasticamente diminuite, segno che il riscaldamento a biomassa è sempre più pulito. Le stufe a pellet sono risultate molto meno inquinanti dei due sistemi a legna, in particolare per il monossido di carbonio e per i composti organici potenzialmente cancerogeni, come il benzene. Emettono, invece, più ossidi di azoto (NOx). Non si tratta di dati trascurabili, la combustione di biomassa ha un ruolo importante nelle emissioni di particolato. Secondo un recente studio, il 22% delle polveri nel milanese è dovuto alla combustione dei numerosi ristoranti con forno a legna, per i quali paradossalmente non sono previste procedure di controllo né obblighi di efficientamento.

lunedì 4 febbraio 2019

STRISCE BLU GRATIS PER IL DISABILE MOTORIO?


La Corte di Cassazione (Seconda Sez. Civ., n. 21271/09, depositata il 5 ottobre 2009) ha, a suo tempo, affrontato in modo diretto l’argomento affermando il principio secondo cui i disabili non sarebbero esonerati dal corrispondere il relativo ticket nelle zone di sosta a pagamento anche se espongono l’apposito contrassegno. Non si è avuta poi notizia di eventuali pronunce successive, conformi o di segno contrario: ne deriva che, ai fini dell’approfondimento del tema, occorre confrontarsi, allo stato, innanzi tutto con la citata sentenza del 2009.
La Cassazione ha quindi ritenuto che la formulazione dell’art. 188 del codice della strada comporterebbe l’esclusione, in quanto non esplicitamente prevista (e trattandosi di cosa diversa dalla sosta a tempo) della gratuità della sosta per le auto utilizzate da persone diversamente abili, nelle aree di parcheggio a pagamento.
 
Tuttavia, si ritiene che l’attuale normativa possa essere diversamente interpretata relativamente a coloro che sono affetti da un deficit di deambulazione, tenendo conto della “ratio” cui essa si ispira.
L’art. 188 del codice della strada (richiamato dalla Cassazione con la predetta sentenza) disciplina la circolazione e la sosta dei veicoli al servizio di persone invalide, facendo riferimento alla invalidità in senso generale, riconducibile quindi anche a patologie diverse dalla “capacità di deambulazione sensibilmente ridotta”.
Il primo comma dell’art. 381 del Regolamento di esecuzione del codice stradale, prevede, per gli enti proprietari della strada, l’obbligo di allestire e mantenere funzionali ed efficienti tutte le strutture per consentire ed agevolare la mobilità delle persone invalide (ripetendo quindi la generica locuzione “persone invalide”). Ma, il secondo comma dello stesso articolo (norma di cui non vi è alcuna menzione nella sentenza in argomento) passa ad occuparsi specificamente della circolazione e della sosta dei veicoli a servizio delle persone invalide con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta (individuando così una ben determinata causa di invalidità) e prescrive che per la circolazione e la sosta dei veicoli a servizio di tali persone il Sindaco, previo accertamento sanitario, rilascia, a richiesta dell’interessato, apposita autorizzazione in deroga, manifesta mediante l’apposito contrassegno invalidi. Alla invalidità riconducibile ad un deficit motorio il legislatore ha riservato dunque una particolare attenzione per favorire la circolazione e la mobilità del soggetto che ne è portatore. Evidenziamo che la disabilità per limitata capacità di deambulazione consente il rilascio di una patente speciale che abilita alla guida di un’auto che risulti adattata alle condizioni fisiche del disabile, con le modifiche tecniche imposte in relazione alla specifica disabilità motoria: in tal modo, il soggetto affetto da tale disabilità, in possesso della patente che gli consente di guidare il veicolo adattato alle sue condizioni, può circolare in auto senza alcun accompagnatore: dettaglio tutt’altro che irrilevante per quanto in prosieguo si avrà modo di dire.
 

Ora, gli articoli 11 e 12 del D.P.R. 24 luglio 1996 n. 503 (Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici) riguardano specificamente le persone la cui disabilità derivi da un deficit motorio o visivo. D’altra parte, laddove si parla di barriere architettoniche, il riferimento è, all’evidenza, a qualsiasi situazione che ostacoli la mobilità di una persona e non pare possa dubitarsi che le modalità previste per procurarsi il ticket che autorizza la sosta a pagamento – vale a dire l’accesso alle macchinette distributrici o ad esercizi commerciali che ne sono provvisti – costituiscano certamente, per tali persone, un ostacolo alla mobilità: a maggior ragione per persona affetta da disabilità motoria, la quale, come innanzi detto, ben può essere alla guida di auto a lui adattata, senza alcun accompagnatore. Ancora, l’art. 7, quarto comma, del codice della strada - con riferimento ai casi in cui sia stata vietata o limitata la sosta in relazione ad esigenze di sicurezza pubblica o di sicurezza della circolazione o per esigenze di carattere militare – stabilisce che possono essere accordati permessi (subordinati a speciali condizioni e cautele) ai veicoli riservati a servizi di polizia e a quelli utilizzati dagli esercenti la professione sanitaria, nell’espletamento delle proprie mansioni, nonché dalle persone con limitata o impedita capacità motoria, muniti del contrassegno speciale.



Ritornando poi all’art. 188 del codice della strada – cui è stato ancorato il principio enunciato con la sentenza della Seconda Sezione civile della Cassazione n. 21271/09 – è bene ricordare che la Corte Costituzionale ha ritenuto opportuno precisare (Ordinanza n. 328/2000) che tale norma “deve essere correttamente interpretata senza fermarsi al significato letterale delle parole, avendo riguardo allo scopo che intende perseguire ed alla connessione con le altre norme che disciplinano la stessa materia”.
Né vale argomentare che la gratuità della sosta si risolverebbe - come pure si legge nella sentenza n. 21271/09 oggetto del presente commento - in “un vantaggio meramente economico, non un vantaggio in termini di mobilità”: trattasi,  invero, di osservazione che trascura del tutto la dura e concreta realtà oggettiva con la quale è costretta quotidianamente a confrontarsi la persona affetta da deficit motorio per realizzare la sua integrazione sociale. Il ticket da pagare per poter sostare nelle strisce blu, è notoriamente in vendita presso un esercizio commerciale (in genere tabaccheria, bar, edicola, etc.) oppure è distribuito dagli apparecchi dislocati lungo i tratti di strada destinati alla sosta a pagamento. Orbene, per procurarsi il ticket, la persona affetta da deficit di deambulazione dovrebbe essere costretta a porsi alla ricerca del punto di vendita oppure del distributore del ticket, magari situato a notevole distanza, spesso anche sul marciapiede che rappresenta una vera e propria barriera architettonica (si pensi, ad esempio, ad un soggetto paraplegico: costui, pur abilitato alla guida dell’auto opportunamente adattata alle sue esigenze, una volta parcheggiata l’auto, è tuttavia poi costretto, per i suoi spostamenti, a fare uso della sedia a rotelle prelevandola dall’abitacolo dell’auto. Senza accompagnatore, dovrebbe poi mettersi sulla carrozzina, cercare il distributore del ticket, chiedere a qualcuno di prelevare il tagliando - non potendo salire con la carrozzina sul marciapiede – ritornare presso l’auto, aprirla ed esporre il ticket: per poter poi, finalmente, “muoversi” con la carrozzina!). L’autovettura, insomma, per il disabile con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta, è una necessità assoluta: costituisce una vera e propria protesi grazie alla quale egli riesce, sia pure con evidenti difficoltà, a svolgere la propria vita di lavoro, ricreativa e di relazione.
 

Tutto chiaro? Purtroppo no. Pur risultando tutte le ragioni dianzi esposte valido fondamento per un’interpretazione (costituzionalmente orientata) dell’attuale normativa a favore della gratuità, solo un opportuno intervento del legislatore eliminerebbe qualsiasi dubbio.