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venerdì 28 febbraio 2020

IL CASO LINDA CORTILE


Linda Cortile, una giovane donna italo-americana che risiedeva a Manhattan (New York), sposata e madre di due bambini, nell’Aprile del 1989 contattò Bud Hopkins* poiché sospettava di essere stata vittima di un’Abduction. Dopo alcune sedute di ipnosi regressiva, emerse che aveva avuto strane esperienze: continui rapimenti da parte di alieni,  durante i primi venti anni della sua vita.
La sera del 30 Novembre 1989 Hopkins ricevette un’accorata telefonata da parte di Linda: era sconvolta. Raccontava di aver subito, durante la notte, una nuova esperienza di rapimento. Gli raccontò che, la sera prima, era intenta a lavare e stirare, mentre il marito e i bimbi erano andati a dormire. Le faccende domestiche durarono più del previsto e quando andò al letto erano già le tre del mattino. Una volta a letto, iniziò ad avvertire l’effetto di una paralisi che iniziando dalle gambe finì per coinvolgere anche il resto del Corpo. Tuttavia, rimaneva sveglia e assolutamente lucida nonostante ciò che le stava accadendo. Poco dopo avvertì una misteriosa presenza nella stanza e scorse tre piccoli esseri macrocefali con grossi occhi neri che si stavano avvicinando al letto. Nonostante la forma di paralisi, spinta dalla paura, riuscì a lanciare un cuscino contro gli intrusi. Dopo di che, non riuscì più a muoversi.
Pensò di averli fatti arrabbiare ed ebbe il timore che potessero rapire i suoi figli. Di quello che avvenne dopo, lei ricordò ben poco. Tutto rimase confuso, riuscì a ricordare che era seduta su un tavolo e c’era una strana macchina dotata di strumenti stravaganti che gli analizzavano la schiena e una sorta di “tessuto bianco” che saliva verso i suoi occhi e poi ricadeva.
Hopkins cercò di calmarla, per quanto fosse possibile al telefono e gli fissò subito un incontro per sottoporla a ipnosi regressiva.
Durante la seduta raccontò che si trovava a letto, paralizzata in presenza di tre o forse quattro umanoidi che la presero e la portarono nel soggiorno. Lì, nonostante la sua contrarietà, la costrinsero a uscire, passando attraverso la finestra del suo appartamento che si trovava al 12° piano! Invece di cadere, fluttuò nel vuoto sorretta da una potente luce bianco-bluastra, in posizione fetale, entrando così in un grosso velivolo che stazionava in aria, all’altezza del tetto dell’edificio. Fu posizionata sopra un tavolo, dentro una stanza circolare dove la luce sembrava provenire direttamente dalle pareti. Venne esaminata con una strana macchina che lei ricordava di aver già visto. Dopo la “visita” venne riportata, tramite lo stesso fascio di luce  direttamente nel suo letto. Una volta a letto, cercò invano di svegliare il marito che rimase immobile quasi fosse morto. Così corse dai suoi bambini, ma anche loro risultavano completamente paralizzati: non mostravano alcun segno di vita. Fu presa dal panico e nel tentativo di capire se respiravano, Linda prese uno specchietto e lo mise davanti alla bocca di uno dei bambini. Vide che si appannava e capì che respiravano. Poco dopo sentì anche il marito che russava. Fu un vero sollievo, in quanto pensava che gli avessero ucciso tutta la famiglia.
Confessò al Dr. Hopkins di aver provato un senso di vergogna poiché riteneva di essere stata denudata. In quanto il tessuto bianco che vedeva alzarsi e poi abbassarsi poteva essere la vestaglia che portava quella notte.

 

 

 

Nei primi giorni del mese di febbraio 1991 Hopkins ricevette una lettera dattiloscritta firmata “Robert e Dan”: mancavano i cognomi e l’indirizzo del mittente. Coloro che gli scrivevano si qualificarono come due agenti di polizia che, come si leggeva nella lettera, erano stati titubanti, ma poi si erano decisi a scrivere quella lettera. Riportavano di un avvistamento, avvenuto la notte del rapimento di Linda Cortile. Alla fine del mese di novembre 1989, verso le 3:00 o forse le 3:30 del mattino i due agenti si trovavano in servizio nei pressi di Manhattan, esattamente vicino il ponte di Brooklin. All’improvviso avvistarono un oggetto volante di forma ovale, luminoso, che si trovava a due o tre isolati di distanza. Emetteva una luminosità di colore arancione, che variava dal blu al rosso, proveniente dalla parte inferiore del velivolo. L’oggetto, a detta dei poliziotti, si abbassò fino al 12° piano di un appartamento. I due presero un binocolo e così videro qualcosa di davvero scioccante. C’era una donna in vestaglia bianca che, attraverso un fascio di luce, usciva dalla finestra “scortata” da tre piccoli esseri umanoidi. Gli esseri non l’affiancavano ma uno di loro stava più in alto e due più in basso di lei. Si diressero verso il velivolo e vi entrarono attraverso un portello circolare. Non appena la donna e i tre umanoidi entrarono nell’oggetto questo, immediatamente, si diresse verso di loro, sorvolò il ponte e si immerse nelle acque dell’Est River.
L’UFO non riemerse dalle acque, almeno per i consecutivi 45 minuti in cui i due poliziotti rimasero sul  posto. Poi, per ragioni di servizio non poterono più rimanere. Sebbene i due testimoni volessero rimanere anonimi, per via della loro delicata professione, l’emozione di Hopkins fu davvero enorme: questa testimonianza rappresentava una vera e propria prova. Hopkins intuì che i due poliziotti avevano assistito all’Abduction di Linda Cortile, tutto coincideva: la zona del rapimento, l’orario, l’appartamento, la donna in vestaglia bianca, gli alieni, l’UFO e la luce solida che questo emanava.
Hopkins convocò quindi Linda e nel suo studio, gli fece leggere la lettera. Lei rimase molto turbata, in quanto sperava con tutto il cuore che quello che aveva vissuto fosse solamente un brutto sogno.
Alcune settimane dopo Linda telefonò a Dr. Hopkins dicendogli che i due poliziotti erano riusciti a trovarla. Si dimostrarono comprensivi, disse, l’abbracciarono mentre le chiedevano come stava e se le avessero fatto del male. Linda rimase senza parole.
Richard e Dan, comunque, vollero rimanere anonimi, temendo che la notorietà del caso potesse influire sulla loro carriera professionale. Successivamente però i due agenti scrissero ancora ad Hopkins: tre volte Dan e per ben sette volte Richards. Quest’ultimo infatti inviò al ricercatore anche un’audiocassetta.
Nella prima lettera di Dan invece, si chiarirono altri dettagli sul perché di tanta riservatezza. Dan spiegò che quella notte c’era con loro, in auto, un’importante uomo politico che dovevano accompagnare all’aeroporto. La loro auto cominciò a funzionare male e il motore si spense proprio durante il passaggio dell’UFO. La stessa cosa successe anche alla radio di bordo. Una volta che l’UFO si allontanò, però, sia l’auto, sia la radio ritornarono a funzionare perfettamente.
Nell’audiocassetta mandata da Richard, l’uomo chiarì che la donna aveva addosso una vestaglia bianca che svolazzava (come già aveva detto Linda) e che anche gli umanoidi e non solo Linda, erano in posizione fetale durante il tragitto verso l’UFO, tramite il fascio luminoso.

 

 

 

Ma non finisce qui. Nell’autunno del 1991, una donna contattò Hopkins dicendogli di aver assistito al rapimento dal ponte di Brooklin.
Convocata, la donna raccontò a Hopkins che mentre era in viaggio a bordo della propria auto, questa si spense e con lei anche tutte le luci del ponte. Poté, quindi, assistere al rapimento di Linda, descrivendolo nello stesso modo in cui fu descritto dai due agenti di polizia, compreso il fascio luminoso e la posizione fetale degli umanoidi e di Linda. Sia i due agenti, si la donna confermarono che al fatto assistettero altri testimoni. Hopkins, alla fine, dichiarò di aver interrogato ben sette persone.
Una di questi testimoni, un’altra donna, non vide l’Abduction, ma un oggetto volante di colore rossastro in cielo. Anche in questo caso il racconto coincideva perfettamente sia per luogo dell’avvistamento, sia per l’ora in cui era avvenuto.
Hopkins dichiarò di aver tenuto il segreto su alcuni dettagli, così da poter valutare la conoscenza dei fatti e l’affidabilità dei testimoni confrontando i vari racconti. Ciò che rende eccezionale il caso Cortile è proprio la pluralità dei testimoni, affidabili e indipendenti. Inoltre, a favore della veridicità del caso ci sono tanti indizi: lettere, dichiarazioni registrate, disegni, relazioni verbali e anche videocassette. Fu possibili, quindi, condurre un’indagine accuratissima che non tralasciò nulla.
Del caso si interessò anche un ufficiale della polizia ed erano presenti alle sedute di regressione ipnotica di Linda due psichiatri e alcuni psicologi. Questi assistettero anche agli interrogatori dei sette testimoni prima citati, così che potessero valutare con cura i loro stadi emotivi. Affermarono che erano tutti assolutamente attendibili: i testimoni non mentivano, erano fermamente convinti di quello che dicevano.
Hopkins fece intendere di aver parlato anche con il misterioso uomo politico che si trovava nell’auto con Richard e Dan, il quale confermò tutto ciò che i poliziotti avevano già raccontato.
Da questa storia, Linda Cortile, non ebbe alcun tipo di problema, né fisico, né mentale, né tantomeno ne ebbe fama, notorietà e denaro. Era una semplice casalinga, felicemente sposata, con due figli e tale rimase; anche se questo caso è ritenuto uno dei casi di Abduction più attendibili e significativi della casistica ufologica mondiale.

 

 



  *Alla fine degli anni ottanta Hopkins era già divenuto uno dei più noti studiosi di ufologia ottenendo un livello di attenzione che non aveva quasi precedenti in questo campo. Nel 1989 egli ha costituito l’Intruders Foundation, un'organizzazione senza scopo di lucro per pubblicizzare le sue ricerche e fornire supporto alle persone vittime di rapimenti alieni. Le persone convinte di avere subito rapimenti alieni sono state sottoposte ad ipnosi regressiva. Durante i primi sette anni delle sue ricerche sul fenomeno dei rapimenti alieni, Hopkins non ha condotto personalmente sessioni di ipnosi, ma si è assicurato l'aiuto di professionisti laureati. Egli ha riferito che tre di questi terapisti (i dottori Robert Naiman, Aphrodite Clamar e Girard Franklin) erano inizialmente scettici sulla realtà dei rapimenti alieni, non essendo ancora emersi del tutto i dettagliati scenari relativi ai loro pazienti.

Fonte: wikipedia


domenica 23 febbraio 2020

VIRUS


Non si fa altro che parlare di virus, in particolare del coronavirus (COVID-19). Saltano fuori storie dal sentore complottistico secondo cui questo virus è artificiale ed è stato creato in laboratorio.  
C’è una storia, chissà quanti di voi l’hanno sentita, che riguarda il virus dell’AIDS: si dice sia stato originato da un morso di scimmia nel didietro di un uomo di colore, in Africa. Tuttavia, a tempo debito, numerosi specialisti di malattie infettive, tra i quali ricordiamo il Dr. Strecker, avevano più volte ribadito che il virus dell’AIDS non esisteva nel regno animale e che, tra l’altro, sarebbe stato impossibile che, da un solo caso di infezione, si giungesse ai milioni di malati. Inoltre, se il contagio fosse stato trasmesso dalle scimmie “verdi”, si sarebbe inizialmente diffuso tra i Pigmei, che vivono a stretto contatto con queste ultime e delle quali si cibano. Invece i Pigmei contrassero il virus molto tempo dopo, in seguito a contatti con delle prostitute nelle città, dove si manifestò per la prima volta e non nella giungla.
 
 

Nel 1983 il Dr. Rober Strecker di Los Angeles, insieme al fratello Theodore, compilarono per conto di un'importante società una dettagliata ricerca sull’epidemia dell'AIDS nota sotto il nome di Strecker Memorandum. In questa ricerca risulta che il virus dell’AIDS fu creato dall’ Istituto Nazionale Tumori, in cooperazione con la WHO (Organizzazione Mondiale della Sanità) in un laboratorio presso Ft. Dietrick nel Maryland. Inizialmente, (dal 1970 al 1974) questo laboratorio era un’unità di guerra batteriologica dell'Esercito, conosciuta sotto il nome di Unità di Malattie Infettive o Divisione per le Operazioni Speciali. Solo dopo il 1974 prese il nome di Istituto Nazionale Tumori. Secondo il ricercatore William Cooper, già facente parte dell’Intelligence della Marina, la ricerca avvenne sotto la supervisione della CIA in un progetto chiamato MK-NAOMI.
 Il Dr. Strecker, prima e più informata autorità sul virus dell’AIDS, scoprì che il virus fu creato sotto la direzione del Dr. Rober Gallo, che in seguito si attribuì la paternità della sua scoperta. Il Dr. Gallo e il suo team crearono il virus dell’AIDS unendo il virus della leucemia bovina e il visna virus della leucemia ovina e iniettandolo su colture di tessuti umani.  Scoprirono che il virus della leucemia bovina era letale per il bestiame, ma non per l’uomo. Allo stesso modo, il visna virus era letale per gli ovini, ma non per l’uomo. Ma, quando uniti, producono un retro-virus capace di cambiare la composizione genetica delle cellule nelle quali si introduce, come risultò da esperimenti fatti su cavie… Umane.
La diffusione di queste scoperte costarono la vita al Dr. Strecker che, l’undici agosto del 1988, venne trovato privo di vita nella sua casa a Springfield, Missouri: gli avevano sparato in testa. Il 12 settembre 1988  anche il deputato dell’Illinois Douglas Huff, di Chicago, fu trovato morto nella sua abitazione. Huff si era dimostrato disponibile affinché quanto scoperto dal Dr. Strecker sull’AIDS fosse reso pubblico.

 

Informazioni essenziali furono tenute nascoste al solo scopo di diffondere rapidamente il contagio tra la popolazione. Fu posta l’enfasi sullo scambio di fluidi durante i rapporti sessuali e sull’assunzione di droghe per endovena. Il rischio di contagio casuale fu completamente e volutamente ignorato. Era evidente anche a Strecker, che il virus dell’AIDS poteva sopravvivere su una piastrina di laboratorio per 7 giorni e fino a 15 giorni in ambiente umido. In un individuo infetto, il periodo di incubazione può durare fino ai 10-15 anni prima che vi siano evidenti segni della malattia. Questo comporta che un portatore sano possa trasmettere, a sua insaputa, la malattia durante quel periodo.
Il Prof. William Haseltine della Facoltà di medicina di Harvard ha dichiarato: “Chiunque asserisca che non c’è rischio di contagio attraverso la saliva non dice la verità. L’AIDS potrebbe infatti essere trasmissibile attraverso le lacrime, la saliva, fluidi corporei e persino con punture di zanzara”.

lunedì 3 febbraio 2020

A MIO PADRE


Cari amici, forse nessuno di noi avrebbe mai immaginato che un giorno avrei scritto un post per ricordare mio padre. Non vi conosco tutti ma desidero comunque ringraziarvi perché questo post, in qualche modo ci riunisce in un ultimo saluto a una persona che, senza cadere nella banalità, definirei speciale e la cui assenza lascia in me un vuoto e una tristezza che avverto sin nel profondo del cuore.

Coloro che l’hanno conosciuto ricorderanno il suo sorriso e quanta allegria metteva nelle sue parole. È stato per molti un amico sincero e nonostante le avversità incontrate nel suo lungo cammino non ha mai smesso di credere nella vita, nel futuro, per il quale ha sempre lottato con forza e senza mai arrendersi, cadendo, a volte, ma rialzandosi sempre indomito.

Qualcuno avrà di lui un ricordo particolare: una battuta, una chiacchierata, un momento che avrà condiviso. Suoni, immagini, sensazioni che lo riproporranno alla mente e al cuore. Forse ci chiediamo dove sarà, chi gli starà accanto, magari condividendo quei tramonti che amava tanto. Noi potremo solo guardarti in una foto: non possiamo più abbracciarti  e tutto quello che ci resta sono solo i nostri ricordi. I ricordi sono il ponte tra questa vita e il luogo ove sei ora.

Ora ci manchi. Manchi a tutti, manchi a me; in un modo che le parole non possono descrivere. Verseremo ancora lacrime e verranno altri giorni tristi, ma se riusciremo a guardare dentro di noi, nei nostri ricordi, rivedremo il tuo sorriso, sentiremo la tua voce e, forse, penseremo che un giorno saremo di nuovo insieme. Sorrideremo perché avremo capito che non sei andato via per sempre e che questo doloroso saluto è solo un arrivederci.   

domenica 2 febbraio 2020

NECRONOMICON


È opinione di tantissima gente che il Necronomicon sia uno “pseudobiblium”, cioè un libro mai scritto ma citato come se fosse vero in libri realmente esistenti: in pratica sarebbe un oggetto fittizio creato dallo scrittore statunitense Howard Phillips Lovecraft per dare una maggiore incisione ai propri racconti.
A dimostrazione di ciò, lo stesso Lovecraft fu quasi costretto, a un certo punto, a confessare che il Necronomicon era una sua invenzione, quando si accorse che troppi suoi lettori lo avevano preso sul serio. Si dice addirittura che fosse perseguitato da studiosi di tutto il mondo che non lo lasciavano in pace.
Ma c’è un’altra versione, quella fantasiosa, quella quasi impossibile da accettare.
Lo stesso Lovecraft affermò che il Necronomicon sarebbe un testo di magia nera redatto da Abdul Alhazred, vissuto nello Yemen nell’VIII secolo. Il titolo originale del libro era “Al Azif”. Lovercraft ha sempre affermato che significhi “La descrizione delle Leggi dei Morti”, dalle parole greche “nekros” (cadavere), “nomos” (legge) ed “eikon” (immagine, descrizione).
Nell’anno 730, Abdul Alhazred iniziò a scriverlo. Il titolo originale dell’opera era “Al Azif” e venne scritta dopo un viaggio fra le rovine di Babilonia e le catacombe segrete di Memphis, ma soprattutto dopo aver trascorso dieci anni in completa solitudine nel grande deserto dell’Arabia meridionale, il Raba El Khaliyeh, che gli arabi ritengono un luogo di spiriti malvagi.
Alhazred poi si trasferì a Damasco e sulla sua morte, nel 738 d.C., si racconta un aneddoto orribile: Ibn Khallikan, un biografo del XII secolo, scrisse:
 


«Venne afferrato in pieno giorno da un mostro invisibile e divorato in maniera agghiacciante di fronte ad un gran numero di testimoni gelati dal terrore.» 

 
Abdul Alhazred fu spesso additato come pazzo o vaneggiatore, soprattutto per il fatto che dopo aver scritto l’Al Azif iniziò da adorare divinità sconosciute che lui chiamava con nomi mai sentiti fino ad allora, come Yog e Cthulhu. Dopo la sua morte il libro ebbe un destino travagliato, ma venne considerato abbastanza attendibile da essere tradotto dapprima in greco e poi in latino. Molti si prodigarono nella stesura del Necronomicon e di copie, nei secoli a seguire, ne furono fatte circa una ventina, fino al 1228, quando l’ennesima fu redatta dal danese Olaus Wormius, che ne fece una traduzione latina basata sulla versione greca di Fileta.
L’idea non fu affatto felice perché il suo tentativo di diffusione fu aspramente represso della Chiesa, che addirittura lo condannò al rogo per eresia. Quattro anni più tardi, nel 1232, Papa Gregorio IX ordinò la distruzione di molte opere ritenute eretiche e tra queste tutte le copie in greco e latino del Necronomicon.
Le copie originali in arabo però si salvarono e videro due nuove traduzioni: una alla fine del XV secolo in caratteri gotici (probabilmente in Germania) e una nel XVII secolo (probabilmente in Spagna). Infine si arriva al padre di H.P. Lovecraft. All’inizio del 1900 a Winfield Lovecraft, membro della Massoneria Egiziana, (che ancora oggi conserva una tradizione occulta piuttosto antica espressa in rituali molto diversi da quelli della massoneria comune) venne insegnato a leggere gli estratti del libro ottenuti, dai capi del culto, dai seguaci di Cagliostro. Howard Phillips Lovercraft, nato nel 1890 a Providence nel Rhode Island, ebbe modo di consultarli più volte e di radunarli in un tomo che prese appunto il nome “Necronimicon”: era il 1927.
In realtà Howard Phillips Lovercraft morì a 46 anni e molte delle sue opere non erano ancor state pubblicate: il libro uscì alla ribalta nel 1941, quando un antiquario di New York, Philip Duchesne, mise nel proprio catalogo un riferimento al Necronomicon, di cui forniva la descrizione e fissava il prezzo a 900 $.
Da allora la crescente popolarità del libro e l’enorme domanda registrata presso i bibliotecari convinse molti scrittori a reinventarlo. Nonostante che, chi li scrisse studiò la vita di Lovecraft, la storia e le sue opere, ciò che è giunto nelle nostre biblioteche sono solo versioni personalizzate del testo reale (un po’ come i miei articoli che sono una rivisitazione di argomenti già scritti).
Si dice che una copia, unica vera traduzione esistente dell’edizione originale araba, si trovi nella biblioteca della grande lamaseria della Città Senza Nome, in Mongolia.
Si dice che due delle copie rivisitate siano nella Biblioteca Vaticana: un’edizione tedesca in caratteri gotici della traduzione di Olaus Wormius e un manoscritto greco traduzione di Teofilatto.
 
 

Ma come mai tanto interesse per un libro che potrebbe essere considerato ne più ne meno che un libro di fiabe o di fantascienza?
Perché nel secolo scorso sono state fatte alcune scoperte sconcertanti che sembrano essere più che semplici coincidenze. Tra il 1987 e il 1990 a Kut-al-Amara, un piccolo centro abitato dell’Iraq sud-orientale sul fiume Tigri, gli archeologi rinvennero un tempio sotterraneo perfettamente conservato. In questo tempio, che aveva la forma di uno ziqqurat rovesciato fu rinvenuta una grande quantità di tavolette di argilla in lingua sumera ribattezzate immediatamente “tavolette di Kutu”. Sono state tradotte dal professor Venustiano Carranza dell’Università di Città del Messico, una delle massime autorità mondiali nel campo della storia assira. I risultati a cui ha portato questa traduzione sono stati a dir poco sconvolgenti: i Miti di Chtulhu, collegati al Necronomicon di Lovecraft, facevano parte della religione e mitologia sumero-babilonese. Fu anche trovata un’edizione danneggiata dell’Enuma Elish, il Poema della Creazione babilonese, e numerosi riferimenti ai cosiddetti “Grandi Antichi” del Necronimicon: Azatoth, Yogsothoth, Hastur, Nyarlathotep, Shub-Niggurath, ecc. Il contenuto delle tavole di Kutu, secondo l’eminente studioso messicano, era radicato nella cultura occidentale ben prima dell’VIII secolo d.C., secolo a cui Lovecraft aveva datato la scrittura dell’Al Azif da parte di Abdul Alhazred.
In poche parole quella scoperta ha dimostrato l’esistenza di un culto di Dei molto simili a quelli citati da Lovecraft e andando a ritroso nel tempo, viene da pensare che la storia di Abdul Alhazred possa essere in qualche modo… Vera!
Cosa conterrebbe il Necronomicon? Come ho scritto all’inizio preghiere, riti di evocazione e la storia di creature aliene identificate come potentissime, al pari degli Dei. All’interno del libro originale ci sarebbe tutta una serie di formule magiche per evocare i demoni e altre forze diaboliche per ottenere benefici terreni e addirittura evocare entità di altri piani astrali per indurli a materializzarsi sulla Terra.
Attualmente il Necronomicon è ritenuto esistente e molte scuole esoteriche evocano Cthulhu, Yog-Sothoth, Shub-Niggurath e tutte le altre entità citate da Lovecraft, impiegando ogni rituale conosciuto.
Ma potrebbe essere solo tempo sprecato perché… Il Necronomicon non è mai esistito!