Sembra che uno dei più grandi enigmi dell’aviazione accadde 42 anni fa (sembra: poiché negli annali dell’aviazione non ne ho trovato traccia n.d.r.) precisamente il 31 gennaio del 1978, quando il volo #502 della compagnia aerea #Aviaco incappò in “un’anomalia temporale”: l’equipaggio e i passeggeri persero, inspiegabilmente, diciassette minuti, della loro esistenza.
Quel giorno, i passeggeri del volo 502, operato dalla compagnia aerea spagnola Aviaco, s’imbarcarono sull’aereo, un Caravelle 10R, all’aeroporto Manises (Valencia) diretti all’aeroporto di Sondika a Bilbao. Le procedure di imbarco, carico e decollo procedettero senza alcun inconveniente.
Nell’ultima fase del volo, però, il comandante Carlos García Bermúdez e il suo equipaggio individuarono un denso banco di nuvole situato sulla traiettoria di discesa, a circa 3.000 piedi, l’equipaggio decise quindi di mantenere l’altitudine di 12.000 piedi, anche perché la torre di controllo di Sondika li informò che non avrebbero potuto atterrare lì, in quanto l’aeroporto era soggetto a condizioni di scarsa visibilità a causa delle avverse condizioni meteo. Il volo fu, quindi, dirottato verso l’aeroporto di Santander, distante circa 100 km, poiché lì vi erano le condizioni meteo favorevoli per l’atterraggio. Così il volo proseguì per Santander, dove sarebbero atterrati circa quindici minuti più tardi. A parte questo inconveniente, tutto andava bene e tutte le procedure erano state rispettate.
Improvvisamente, però, l’equipaggio rilevò qualcosa di anormale: in pratica, un’enorme e densa nuvola avvolse l’aereo. La formazione era di tipo lenticolare che, di solito, si associa alle turbolenze; solo che questa era così compatta e luminosa da costringere i piloti a indossare gli occhiali da sole. Volarono in IFR, cioè secondo le regole del volo strumentale. Ma pochi secondi dopo gli strumenti di bordo impazzirono, le comunicazioni radio andarono completamente perse e gli sforzi dell’equipaggio per cercare di risolvere le avarie e comunicare con la base a terra, risultarono vani.
L’orizzonte artificiale, che è lo strumento con cui, in condizioni di scarsa visibilità, i piloti vedono se l’aereo vola livellato, era completamente rovesciato. Gli indicatori di posizione non si muovevano: per sette minuti indicarono che l’aereo era fermo nello stesso posto. Le bussole, sia quella giroscopica, sia quella magnetica, giravano senza sosta, come impazzite. Il capitano Bermudez era, chiaramente, in apprensione poiché aveva perso il controllo dell’aereo: non sapeva dov’era né dove stava andando, non conosceva l’altitudine e nemmeno se volava livellato. La cosa peggiore era che non sapeva in cosa fosse incappato: aveva alle spalle 11.500 ore di volo, ma non aveva mai vissuto, né avrebbe mai immaginato di vivere, un’esperienza così terrificante.
Alla fine, però, superata la strana nuvola, nello stesso modo in cui tutto era cominciato, tutto tornò alla normalità: improvvisamente gli strumenti di bordo ricominciarono a funzionare correttamente. Funzionava anche l’indicatore di posizione che, sorprendentemente, segnava che l’aereo si trovava nella stessa posizione cui era sette minuti prima, ovvero al momento in cui erano incappati in quella strana nuvola. L’indicatore è uno strumento estremamente affidabile e se indicava che in quei sette minuti l’aereo non si era mosso, c’era da credergli. Ma l’aereo, proprio per le sue peculiari caratteristiche, non poteva rimanere sospeso in aria in volo stazionario: ci riescono alcuni aerei da combattimento moderni, non un vecchio Caravelle.
Pochi minuti dopo il volo 502 atterrò all’aeroporto di Santander senza alcun inconveniente e una volta a terra, il comandante, ancora scosso per via dell'evento, fece rapporto dell’accaduto sia alla compagnia aerea, sia alle Autorità competenti.
L’indagine che ne seguì, portò a ulteriori sorprese: confrontando i dati di volo dell’aereo con quelli rilevati dalla torre di controllo, le autorità aeroportuali rimasero sbalordite, in quanto scoprirono che la torre di controllo aveva perso i contatti con l’aereo per ventiquattro minuti e non per sette, come riportavano gli orologi a bordo dell’aereo. Praticamente, tutti a bordo del volo 502 avevano inspiegabilmente perso un frammento di tempo, precisamente diciassette minuti. Nessuno, ad oggi, è mai riuscito a spiegare questa discrepanza. Dove era stato l’aereo in questo arco di tempo?