Mi chiamo Robert Morning Sky, sono un Nativo
Americano, sono un Apache. Da giovane crebbi con le storie di esseri che
arrivavano dal cielo. Avevo cinque anni, mio nonno me ne parlava e per me,
quella era una storia reale, come tutte le altre. Mi raccontò di quanto accadde
nel 1947 a Four Corners (area tra New
Mexico, Utah, Colorado, Arizona, in cui si trovano numerose riserve di Nativi:
Navajo, Hopi ed altre tribù). Era lì con alcuni suoi amici e stavano
andando "alla ricerca della visione", un posto nel deserto o nel
bosco, dove passare il tempo in solitudine, provando ad avere una visione su
chi sei, sul futuro, qualcosa che ti riguarda, per imparare qualcosa di te
stesso.
Per gli Apache è un rito. Puoi andare lontano e
correre per due o tre giorni nel deserto e il tuo corpo è talmente stanco che
solo il tuo spirito continua ad andare avanti. Altre volte si danza tanto, per
tre, quattro, persino cinque giorni, fino al punto in cui è solo lo spirito a
far andare avanti il tuo corpo esausto. Mio nonno e i suoi amici erano pronti a
iniziare la loro ricerca quando, durante la notte, videro una luce molto bassa
sulle colline che andava su e giù e che poi scese rapida e diritta come un
meteorite e che poi si schiantò sulla terra. Ci fu una grande esplosione con il
fragore del tuono. Decisero di dirigersi oltre le colline, verso il punto di
impatto. Quell'estate erano circolate altre storie di luci cadute nell'area di
Four Corners, un'altra in New Mexico, un'altra vicino a Soccorro e un'altra, di
cui mio nonno aveva sentito parlare, a Roswell. In tutte le storie, quando le
luci erano precipitate, i soldati erano sempre intervenuti sparando.
I Nativi avevano e hanno tuttora molti problemi:
non potevano fare niente, comprare niente, erano relegati nelle riserve,
venivano... perseguitati; sì, non esiste altro modo per definirlo. Dicevano: se
una "luce" cade giù, non andate! Statene lontani, perché arrivano i
soldati e fanno sparire le persone. E si raccontava di giovani nativi andati a
cercare "le luci" dopo gli schianti che non fecero mai ritorno a
casa. E così mio nonno mi disse che avevano sentito quelle storie e quando
videro la luce cadere cominciarono a chiedersi se potevano correre il rischio
di andare a vedere. Erano molto giovani e dissero: "Andiamo! È successo
qui vicino, i soldati non possono arrivare tanto presto".
Si trovavano ad un paio di miglia dal luogo, nel
deserto dove era caduta la luce e si incamminarono.
Corsero. Anche al giorno d'oggi, gli indiani Apache
corrono, corrono moltissimo. Corsero e passarono oltre le colline. Mio nonno
disse che c'era una specie di luce incandescente giallo-rossa, come un fuoco,
che seguirono finché arrivarono alla collina e guardarono giù. Videro quella...
macchina, caduta in un fiumiciattolo. Era di metallo, in due pezzi. Il nonno, che
aveva fatto la guerra, sapeva cos'era un aereo e disse: "questo non è un
aereo, anche se potrebbe sembrarlo". Era grande, rotondo, o almeno
appariva rotondo. Due dei suoi amici rimasero su a fare di vedetta, in caso
fossero arrivati i soldati, mentre gli altri quattro raggiunsero il letto del
fiume e iniziarono a guardarsi attorno: faceva molto caldo, c'era del fumo e
qualcosa cominciava a prendere fuoco. Uno di loro, Medianoche, cercò sotto
alcuni rottami e trovò un corpo molto piccolo stretto in una tuta argentea.
Provò ad aprire la tuta, senza riuscirci. Chiamò i suoi amici e insieme
sollevarono il metallo tirando fuori l'essere, che emetteva dei suoni, come se
stesse respirando. Presero il piccolo corpo e lo portarono via, fino al campo
dove erano andati per cercare la "visione", mentre alcuni di loro
restarono indietro a cancellare le tracce. Il campo dove si cerca la
"visione" deve essere sempre isolato, lontano da tutti. A causa della
persecuzione, non si fidavano dei militari, della polizia e, ad essere sinceri,
visto che alcuni dei Nativi erano integrati, non si fidavano neppure di molti
dei loro. Per questo motivo, non sapendo a chi rivolgersi, per mesi e mesi dopo
l'incidente, continuarono a spostarsi di campo in campo, lontano da tutti, con
questo essere che camminava con loro e che a poco a poco cominciava a
rimettersi e che, dopo qualche mese, era in perfetta salute. Si fidava molto di
mio nonno e dei suoi amici. Loro lo proteggevano e lo tenevano al riparo dai
soldati, dai poliziotti e da ogni pericolo. Lo chiamavano "Star
Elder" perché proveniva dalle stelle e, cosa molto difficile da spiegare,
con il passare del tempo, cominciò a fidarsi e comunicare con mio nonno e i
suoi amici senza usare le parole. Quando gli raccontava le cose, era come se
lui "creasse la realtà", come se desse le visioni. Cominciò poco a
poco a raccontare delle storie sulla gente delle stelle e su chi era lui. Un
giorno, andò nella foresta e scomparve, non tornò più indietro. Mio nonno e i
suoi amici non seppero mai, o forse non me lo vollero dire, quello che
successe, come fece ad andare via. Scomparve e questo è tutto.
Ero piccolo quando il nonno mi raccontò la storia,
poi, al tempo del college, cominciai a ripensare all'essere stellare di nome
"Ra" e quando iniziai a studiare le religioni, mi resi conto che
molti dei nomi che "Star Elder" aveva usato erano antichissimi nomi
che appartenevano alla nostra storia.
Star Elder ha parlato di molte cose, cose che poi
mio nonno mi ha riferito: la sua storia è simile a quella di un viaggiatore che
prende un aereo diretto verso una remota isola del Pacifico per fare una
ricerca e, invece, vi precipita. Gli indigeni, che non hanno mai visto un aereo,
fanno di quest’uomo un Dio, un messaggero divino, e vorrebbero tenerlo lì per
salvare il loro mondo; mentre lui vorrebbe solo tornare a casa. Io non parlo
più di tutta questa storia, perché la gente mi dice che lui era qui per salvare
il pianeta, era qui in veste di messaggero di Dio... No! Non è andata così! Lui
era qui per fare un lavoro e si è schiantato. Voleva soltanto tornare a casa.
Alcuni extraterrestri sono buoni, ma altri non lo sono. Io so cosa mi ha
raccontato mio nonno... come se ogni Americano fosse buono. No, non è così.
Come se ogni uomo fosse cattivo. No, ce ne sono di buoni e di cattivi. Ognuno
ha il suo modo di essere, la sua vita. La gente dice che gli alieni sono
buoni... no, non sono tutti buoni. Ho passato tre anni in Australia, con gli
aborigeni, e i loro anziani mi hanno raccontato degli "Star Elders".
Il problema è che ancora tanta gente è pronta a dire che gli aborigeni
australiani o anche i Nativi, sono dei selvaggi, che raccontano strane storie
fantasiose che non vanno credute semplicemente perché non possono essere vere.
Questo è vergognoso.
Liberamente tratto da: Dossier ALIENI - n. 14 (Settembre -
Ottobre 1998)