I cosiddetti O.O.P.ART. (Out Of Place Artifacts – artefatti "fuori posto") sembrano preludere all’esistenza di civiltà tecnologicamente avanzate in un tempo in cui, magari, l’uomo neanche esisteva oppure, secondo gli storici, era relegato all’età della pietra.
Ancora più significativo è il fatto che i misteriosi oggetti, sembrano confermare antiche teorie e leggende che descrivono la storia dell’umanità come un evento ciclico: ere dimenticate e mondi precedenti sono sorti e caduti in epocali cicli di vita e morte. Persi nella nostra memoria, ma non nei miti, ritornano a noi per mezzo di alcuni sorprendenti ritrovamenti.
Di alcuni "OOPART" vi ho già parlato (cfr. AEREI MESOAMERICANI); questa volta dedicheremo la nostra attenzione al cosiddetto vaso di Dorchester.
A Dorchester (Massachusetts) nel 1851 fu trovato un vaso all’interno di un masso granitico sbriciolato dall’esplosione di una mina fatta brillare nel corso di lavori di sbancamento.
La prima fonte documentata che fa riferimento al vaso di Dorchester è il numero 38 della rivista Scientific American del 5 giugno 1852. Il trafiletto riportava a sua volta un articolo di un altro giornale, il Transcript di Boston che, tra l’altro, affermava:
"Tra questi (massi) è stato raccolto un vaso metallico separato in due pezzi, per la frattura provocata dall'esplosione. Le due parti riunite formano un vaso a forma di campana, alto 11,4 cm, largo 16,5 cm alla base e 6,3 cm in cima, e di circa tre millimetri di spessore.[...]"
Questo vaso a forma di campana, alto poco più di cm 11 e di circa tre millimetri di spessore è costituito da una lega di zinco ad alto tenore di argento. Sui lati vi sono 6 raffigurazioni di un fiore, forse un bouquet, splendidamente intarsiato nell’argento e attorno alla parte bassa del vaso una pergola, o tralcio, intarsiata anch’essa nell’argento. Il cesello, l’incisione e l’intarsio sono squisitamente eseguiti, con ricchezza di particolari, dall’arte di un abile artigiano; sono rappresentati in uno stile unico, mai visto prima in altri reperti archeologici. Stupisce che le piante riprodotte, più esattamente le sfenofillacee, tipiche dell’epoca del Carbonifero (era paleozoica), sono ormai scomparse da tempo immemorabile, cioè dall’epoca in cui si andava formando la roccia sedimentaria in cui il manufatto è stato inglobato. Infatti, il blocco che racchiudeva il vaso è stato datato a 320 milioni di anni fa!
I ramoscelli con piccole foglioline che decorano il vaso sono abbastanza rari e non sono molte le piante fossili che gli rassomigliano. Anzi, a dire il vero di fossili di questo genere ne esiste uno solo: è lo Sphenopteris goldenbergi, la cui foto, che rappresenta un esemplare proveniente dal bacino carbonifero della Sarre nella Westfalia, è stata pubblicata per la prima volta nel 1869. Perciò, ci troviamo in presenza della raffigurazione di una pianta scoperta solo in epoca SUCCESSIVA a quella in cui il vaso è stato rinvenuto e il reperto fossile proviene anch’esso dal Carbonifero superiore.
Ebbene, possono queste piccole foglioline, incise sulla superficie d’uno sconosciuto metallo, con la loro ineliminabile presenza sconvolgere dalle fondamenta le nostre più radicate certezze riguardo alla presenza di esseri evoluti (almeno quanto lo siamo noi oggi) su questo pianeta, in un’epoca che sprofonda negli abissi inimmaginabili del tempo?
Cosa può essere realmente successo? Esistono altre prove d’una presenza umana in un’era, il Carbonifero superiore, in cui non esistevano ancora neppure i dinosauri?
Ebbene, sembra proprio che queste prove esistono.
Dieci anni e mezzo dopo la pubblicazione dell’articolo su «Scientific American», che abbiamo visto in apertura, comparve sulla rivista londinese «The Geologist » (dicembre 1862, pag. 47) la seguente notizia:
I ramoscelli con piccole foglioline che decorano il vaso sono abbastanza rari e non sono molte le piante fossili che gli rassomigliano. Anzi, a dire il vero di fossili di questo genere ne esiste uno solo: è lo Sphenopteris goldenbergi, la cui foto, che rappresenta un esemplare proveniente dal bacino carbonifero della Sarre nella Westfalia, è stata pubblicata per la prima volta nel 1869. Perciò, ci troviamo in presenza della raffigurazione di una pianta scoperta solo in epoca SUCCESSIVA a quella in cui il vaso è stato rinvenuto e il reperto fossile proviene anch’esso dal Carbonifero superiore.
Ebbene, possono queste piccole foglioline, incise sulla superficie d’uno sconosciuto metallo, con la loro ineliminabile presenza sconvolgere dalle fondamenta le nostre più radicate certezze riguardo alla presenza di esseri evoluti (almeno quanto lo siamo noi oggi) su questo pianeta, in un’epoca che sprofonda negli abissi inimmaginabili del tempo?
Cosa può essere realmente successo? Esistono altre prove d’una presenza umana in un’era, il Carbonifero superiore, in cui non esistevano ancora neppure i dinosauri?
Ebbene, sembra proprio che queste prove esistono.
Dieci anni e mezzo dopo la pubblicazione dell’articolo su «Scientific American», che abbiamo visto in apertura, comparve sulla rivista londinese «The Geologist » (dicembre 1862, pag. 47) la seguente notizia:
"Nella contea di Macoupin, nell’Illinois, in uno strato di carbone situato sotto una copertura d’ardesia alta più di mezzo metro ed alla profondità di circa trenta metri sotto il livello del suolo, sono state trovate delle ossa umane … Al momento della scoperta tali ossa presentavano in superficie un rivestimento d’una sostanza dura e lucida, nera come lo stesso carbone, la quale però quando venne asportata lasciò le ossa bianche e con un aspetto naturale."
Naturalmente, anche la miniera di carbone della contea di Macoupin ha un’età geologica di 320 milioni d’anni. In seguito furono scoperte anche impronte di piedi umani in vari Stati dell’America, sempre in siti geologici del Carbonifero superiore.
Il professor W. G. Burroughs, direttore del Dipartimento di geologia del Berea College (Lexington, Kentucky), pubblicò sulla rivista edita dal Berea College, « The Berea Alumnus » (novembre 1938, pp. 46-47) le seguenti parole:
Il professor W. G. Burroughs, direttore del Dipartimento di geologia del Berea College (Lexington, Kentucky), pubblicò sulla rivista edita dal Berea College, « The Berea Alumnus » (novembre 1938, pp. 46-47) le seguenti parole:
"Durante l’inizio del periodo del Carbonifero superiore (età del carbone), creature che camminavano reggendosi sugli arti posteriori e possedevano piedi umani, lasciarono delle orme su una spiaggia di sabbia della contea di Rockcastle nel Kentucky. Era il periodo detto ‘età degli anfibi’, quando gli animali andavano in giro a quattro zampe o più raramente saltellavano, ed avevano zampe prive di un aspetto umano. Ma a Rockcastle, a Jackson e in diverse altre contee del Kentucky, così come in località che spaziano dalla Pennsylvania al Missouri, esistevano creature dotate di piedi dall’aspetto stranamente umano che camminavano servendosi degli arti posteriori. L’autore dello scritto ha dimostrato l’esistenza di tali creature nel Kentucky. Con la cooperazione del dottor C. W. Gilmore, curatore per la Paleontologia dei vertebrati alla Smithsonian Institution, è stato provato che esseri del genere vivevano anche nella Pennysilvania e nel Missouri."
Quello che a me interessa sottolineare è che tanti comportamenti, piccoli o grandi, isolati o no, tesi alla conoscenza, sommati tra loro, producono un effetto enorme, che è quello di cambiare la visione del mondo e tutto questo, come abbiamo appena visto, avviene nella più assoluta buona fede e sincerità degli studiosi.
Non siete convinti? Non siete gli unici: gli scettici sostengono, a ragione, che l'articolo originale non conteneva alcuna foto dell'oggetto, la quale apparve solo in seguito e senza alcuna informazione sulla sua provenienza. Inoltre, l'oggetto della foto non mostra segni di frattura o danno, ed è decorato con quattro grandi fiori mentre nell'articolo del 1852 si parlava di sei…
Esistono altre prove d’una presenza umana in un’era, il Carbonifero superiore, in cui non esistevano ancora neppure i dinosauri?
RispondiEliminaEbbene, sembra proprio che queste prove esistono.