Nel 1884, il capitano Aristofane Calmi, al comando della fregata "Veloce", stava navigando nelle acque meridionali dell’Atlantico. Uno dei mozzi, un ragazzo francese di diciassette anni di nome Jacques, avvistò una figura umana galleggiare tra le onde. Si pensò al corpo di una persona annegata in seguito a un naufragio ma, una volta avvicinato e recuperato, si rivelò essere solo una polena. Le polene erano quegli ornamenti a forma di statua, scolpiti nel legno, che ornavano le prue dei velieri. Raffiguravano, per lo più, figure di donne o di sirene ed erano considerate un portafortuna. La statua, che peraltro era assai bella, fu issata a bordo. Sul basamento si leggeva ancora "Atalanta", presumibilmente il nome della nave a cui era appartenuta e che, con molta probabilità, aveva fatto naufragio. La presenza dell’oggetto provocò subito del subbuglio a bordo della Veloce: conoscendo la superstizione dei marinai, possiamo immaginare che quel tangibile testimone di una sciagura influì negativamente sull’equipaggio. Inoltre la donna raffigurata era bellissima ed esercitava un fascino misterioso su chi la guardava. Il Comandante decise di nascondere la statua nella stiva per evitare complicazioni che, purtroppo, non tardarono ad arrivare: il giovane mozzo, preso da un improvviso attacco di follia, si gettò in mare e annegò. L’episodio suscitò un notevole fermento tra gli uomini, che ravvisarono nell’evento infausto un segno dei malefici che la polena poteva esercitare. Volevano impadronirsi di essa e ne nacque quasi un ammutinamento. Tuttavia, il Comandante padroneggiò la situazione e si dice che avendo ravvisato nella statua l’immagine di una strega, praticasse un esorcismo nei suoi confronti per neutralizzarne gli influssi.
Quello che è certo è che la Veloce terminò il suo viaggio e una volta rientrata nel porto di Genova, il Comandante si sbarazzò della polena consegnandola al Museo Navale dove rimase per molto tempo, confusa con altri oggetti.
Quello che è certo è che la Veloce terminò il suo viaggio e una volta rientrata nel porto di Genova, il Comandante si sbarazzò della polena consegnandola al Museo Navale dove rimase per molto tempo, confusa con altri oggetti.
Per oltre dieci anni giacque là dimenticata o comunque inosservata, ma nell’ottobre del 1895 il nostromo di una nave da carico norvegese che aveva fatto scalo a Genova, si recò casualmente a visitare il Museo. La statua esercitò su di lui un fascino terribile. Rimase a contemplarla per ore e al momento della chiusura, dovette essere allontanato con la forza. La notte stessa tentò di introdursi furtivamente all’interno del Museo col chiaro intento di impadronirsi della statua, ma fu scoperto. Interrogato sui motivi che l’avevano spinto a perpetrare un così strano furto, in preda ad un vero e proprio stato di esaltazione, dichiarò che la polena riproduceva le sembianze della sua giovane moglie, scomparsa in mare durante il viaggio di nozze. Fu rilasciato e tornò sgomento a bordo della sua nave, ove s’impiccò.
Il fatto fece scalpore, specie tra la gente di mare e la statua fu inviata in dono al nuovissimo Museo Navale di La Spezia. Forse fu un modo per toglierla dagli occhi del pubblico genovese, che conoscendo la sua storia, riportava alla mente cupe superstizioni.
Fu in questa città che un falegname incaricato di restaurarla, un uomo non più giovane, un serio artigiano, s’innamorò pazzamente della fantomatica figura, tanto da divenire lo zimbello dei compagni di lavoro e giungere, in un parossismo del suo impossibile amore, a suicidarsi. Si gettò da uno dei bacini dell’arsenale sfracellandosi al suolo. La polena maledetta aveva colpito ancora!
Per lunghi anni la statua non rivelò più i suoi influssi malefici, ma durante l’ultimo conflitto mondiale un giovane ufficiale tedesco, il Ten. Erich Ludwig Kurz, di Dusseldorf, fu travolto dal misterioso fascino di "Atalanta". Riuscì ad impadronirsi della polena e a portarla nella sua stanza, in albergo. Il 14 ottobre del 1944, dinanzi alla statua, si sparò un colpo alla tempia, dopo aver lasciato un biglietto con su scritto queste parole: "poiché nessuna donna all’infuori di te può darmi la vita che sogno, io sacrifico a te, o Atalanta, la mia vita".
La polena ha ormai trovato il suo posto in un angolo della vasta sala del museo di La Spezia. Tutti possono vederla, a quanto pare, senza subirne il tragico influsso. Tuttavia, ancora oggi pervengono al Museo da ogni parte del mondo, lettere d’amore scritte da marinai e indirizzate ad Atalanta, misteriosa dea di tragici amori.
Debbo rivelarvi che questa storia, appassionante come un romanzo e piacevole da leggere, non sembra essere affatto vera. L’ho raccontata al solo scopo di dimostrarvi come può nascere una leggenda.
Nel 1975, stimolati dalla strana vicenda, un gruppo di ricerca si recò a La Spezia per effettuare una vera e propria indagine. Osservò con attenzione la scultura lignea e la ritenne di scarso valore artistico. Ancora oggi, offre uno spettacolo assai deludente: non si può certo dire che esercita un fascino particolare. Le ricerche storiche confermarono la dinamica del ritrovamento e le peregrinazioni della statua, ma non furono rinvenuti documenti che convalidarono la sequenza degli infausti influssi che essa avrebbe esercitato.
È pur vero che un mozzo della fregata Veloce scomparve tra i flutti, ma la vicenda di quel marinaio apparve come quella di una normale vittima del mare. Si accenna anche a dei disordini che avvennero a bordo della nave Veloce, ma non viene assolutamente menzionato che la causa sia stata la polena.
Il falegname spezzino morì, effettivamente, cadendo in un bacino dell’arsenale, ma non si trattò di un suicidio, bensì di una mera disgrazia.
Non trovarono alcuna documentazione che confermasse il furto perpetrato dall’Ufficiale tedesco. Il Tenente Kurz morì suicida ma, probabilmente, per tutta altra causa: non trovarono neppure traccia del famoso biglietto che avrebbe lasciato scritto. Lo stesso dicasi anche per la tragica fine del nostromo norvegese.
Grazie anche alla collaborazione del Direttore del Museo, si poté accertare che tutta la tragica e suggestiva vicenda sarebbe nata dalla fantasia di un giornalista che, molti anni prima, intrecciò il filo conduttore di tutta la storia, innestandovi dei fatti realmente accaduti, arricchiti ed interpretati molto liberamente. Scrisse così un articolo che ebbe un successo strepitoso e diede adito allo straordinario mito della polena Atalanta.