Molti mi chiedono: come si diventa scrittori?
Bella domanda! Che però contiene già in sé la risposta: scrittori non si nasce, si diventa. Non credo ci sia un consiglio valido per tutti, ognuno trova la sua via per l’affermazione. Quello che posso dirvi è che si tratta di una professione in cui non si finisce mai d’imparare. Non si impara a camminare senza mai cadere e non si impara a scrivere senza un po’ di umiltà. Imparate dai vostri errori: non abbattetevi mai, se inciampate, rialzatevi e riprendete a scrivere, magari meglio di prima. Le critiche sono spiacevoli, a volte feroci: imparate a servirvene a vostro vantaggio. Ben vengano se mettono a nudo delle mancanze. Qualsiasi opera, anche la migliore, contiene, oltre ai punti di forza, dei punti deboli che solo persone professionali e preparate riusciranno ad evidenziare.
Per quanto mi riguarda, la mia passione per la scrittura risale all’adolescenza. Le prime righe risalgono al 1969: il romanzo però rimase incompleto (c’era l’inizio, la fine e qualche scena notevole, mancava il collante). Per lunghi anni il libro rimase nel classico cassetto mentre io m’impegnavo in attività che con la letteratura non avevano niente a che fare. Ad un certo punto, però, compresi che era arrivato il momento di pensare meno al lavoro per realizzare, invece, qualcosa di più aderente alle inclinazioni tenute in panchina per tanto tempo, forse troppo. Scrivere è anche un modo per scaricare una memoria arrivata alla massima capienza. Venne quindi l’idea di scrivere una biografia, ma non ci riuscivo. Incontrai una persona che si disse felice di potermi aiutare e… Sto ancora aspettando. Così, ripensai al mio vecchio progetto. Come tutti gli esordienti, ad un certo punto, mi ritrovai con questo libro tra le mani senza sapere cosa fare. Cercai informazioni, le cercai in un ambiente che ben conoscevo, quello dei piloti e scoprii che il fratello di un certo Braucci aveva pubblicato un libro con discreto successo. Quindi, parlai con Braucci e, successivamente, fui in grado di contattare il fratello. Scrivi di fantascienza? – Mi chiese – la vedo un po’ dura. Tuttavia, il più grande autore di fantascienza, al secolo, è un Italiano: prova a chiedere a lui, se lo rintracci e se poi ti risponde.
Non fu per niente facile rintracciare il grande Valerio Evangelisti, ma devo dire che mi andò bene: Valerio mi rispose!
Seguendo il suo consiglio, iniziai a partecipare ai concorsi letterari. Devo dire subito che al tempo non erano delle "lotterie", come succede oggi (tutti pagano: uno vince), i concorsi erano gratuiti, con premi molto modesti (di solito, la pubblicazione del brano in un’antologia) e giurie disincantate. Tanto per fare un paio di esempi, spesso, vinceva il concittadino, se si trattava di concorsi indetti da un Comune o da una proloco oppure si trattava dello scrittore che aveva vinto l’anno precedente e che era ancora legato da accordi editoriali alla piccola casa editrice che aveva indetto il concorso. Insomma, ieri come oggi, poca trasparenza! Il consiglio che posso darvi è: siate selettivi. Partecipate unicamente ai concorsi che sono pertinenti col vostro genere letterario. Se, come me, scrivete di fantascienza, il massimo sarebbe poter partecipare ad un concorso indetto da Urania. Peccato che Urania non ne faccia più.
In ogni caso, arriva il momento in cui deciderete di contattare gli editori.
La pubblicazione, del primo libro soprattutto, è in Italia impresa ardua. Troppe volte sentirete il solito ritornello: "Non possiamo pubblicare il suo libro perché lei non è conosciuto; perché noi non rischiamo i nostri soldi su autori sconosciuti, ma su libri scritti da personaggi della televisione, da scrittori italiani già affermati, da grandi scrittori stranieri, collaudati da vendite miliardarie in America, ecc.". Emergere e far conoscere il proprio nome e la propria scrittura è difficile. Sovente, vi verrà proposto un contratto di edizione, cioè un contratto dove voi vi impegnerete a pagare, in tutto o in parte, le spese di pubblicazione. Devo ammettere che non ho mai voluto sborsare un soldo per pubblicare i miei scritti. Non che sia disdicevole farlo, per carità, ma io avevo le idee chiare: cercavo un editore che credesse in me. Il consiglio che posso darvi è: calma. Valutate attentamente la proposta, cercate, innanzitutto, di capire se l’editore ha letto il vostro libro. Conosce la trama? Parla dei personaggi? Loda alcuni passaggi notevoli? È un buon segno! Se, invece, si concentra sulle difficoltà della sua (piccola) casa editrice: valutate con calma ciò che vi viene offerto. Non voglio denigrare l’intera categoria, non sarebbe giusto: esistono editori, magari piccoli ma onesti che, nel limite delle loro possibilità, sono disposti a fare un buon lavoro. Tutto sta nel trovare l’editore giusto: sembra facile, ma non lo è. Col tempo e con l’esperienza riuscirete a capire chi è interessato al vostro libro e chi, per lo più, al vostro portafoglio: in tal caso, siate gentili, ringraziate e andatevene. Spenderete meglio i vostri soldi autopubblicando.
I problemi, poi, non finiranno certo con la pubblicazione; escono tanti libri, troppi, e in libreria lo spazio disponibile è riservato a quelli che i librai sperano di vendere, cioè a quelli proposti da grandi case editrici. Sono per lo più libri "pompati" dai mass media o scritti da personaggi famosi che s’improvvisano scrittori. Certo, sarebbe meglio se vivessimo in un paese dove la gente, oltre che scrivere forsennatamente, leggesse, ma purtroppo non è così.