Nel momento in cui scrivo, si parla tanto di corruzione. L’ultimo rapporto della Guardia di finanza dice che nel solo 2016 sono triplicati gli appalti pubblici irregolari, per un valore complessivo di 3,4 miliardi di euro. L’indice di percezione della corruzione (CPI) di Transparency International, che misura la corruzione nel settore pubblico e politico mette l’Italia al 60esimo posto nel mondo (su 176 Paesi), con un giudizio ancora sotto la sufficienza (47 su 100). In testa alla classifica ci sono Danimarca, Nuova Zelanda, Finlandia e Svezia, paesi che hanno anche le legislazioni più avanzate in fatto di accesso all’informazione, trasparenza della pubblica amministrazione e diritti civili. Bisogna però sottolineare il fatto che le cose stanno cambiando perché, anche se timidamente, l’Italia sta risalendo la china: a partire dal 2012, siamo passati dal 72esimo al 60esimo posto. Non si può abbassare la guardia, il livello di corruzione nel nostro Paese è ancora alto, ma cresce anche l’impegno per contrastare questo cancro che distrugge le speranze di tutti in un futuro più equo e sano, in cui ciascun cittadino possa avere le stesse opportunità di partecipare alla vita economica e sociale del Paese.
Si possono segnalare gli episodi di corruzione e si può anche dare il proprio contributo all’Autorità Nazionale Anti Corruzione (Anac) che, dal 2014, opera nel nostro Paese vigilando su appalti e Pubbliche Amministrazioni. Presieduta dall’ex magistrato Raffaele Cantone, l’Authority, lavora su tanti fronti. Il cittadino può collaborare attraverso il cosiddetto "whistleblowing".
Come? È scritto nel libro di Ida Angela Nicotra "L’Autorità Nazionale Anticorruzione", G. Glapplchelli Editore. Angela, costituzionalista, membro del Consiglio dell’Anac, è curatrice del libro che ben spiega la mission dell’Authority.
Cos’è il whistleblower?
Letteralmente significa "soffiatore nel fischietto": è il dipendente pubblico che nell’esercizio delle sue funzioni scopre un fatto illecito e decide di segnalarlo. Non solo fatti di corruzione, ma anche irregolarità come, ad esempio, concorsi irregolari...
Molto spesso i dipendenti non si espongono per paura di ritorsioni.
La legge (n.190 del 2012) tutela chi collabora a far emergere ipotesi di corruzione, garantendone la riservatezza. La segnalazione viene gestita da un team dedicato dell’Anac, che fa le verifiche necessarie per capire se si tratta di fatti attendibili. L’amministrazione di appartenenza non saprà mai chi è il segnalante. La segnalazione si fa tramite un modulo che si scarica dal sito dell’Anac (www.anticorruzione.it) cliccando su "Segnalazioni di illecito – whistleblower",
Quante segnalazioni riceve?
L’anno scorso hanno ricevuto circa 200 segnalazioni. Soprattutto sulla sanità e su concorsi o assunzioni irregolari. Di sicuro bisogna ancora lavorare molto per cambiare la mentalità: bisogna rovesciare l’ottica negativa con cui viene visto chi collabora e far capire ai giovani che la corruzione ruba loro il futuro. Purtroppo, si pensa ancora: "meglio che mi faccio i fatti miei". Pretendiamo sempre che siano gli altri a fare le cose e si fa fatica a mettersi in gioco in prima persona. Bisognerebbe prendersi un po’ più di responsabilità. La cosa pubblica è di tutti e penso che ciascuno di noi debba fare la propria parte.
Oggi, troppo spesso, i ragazzi devono sopportare il fardello pesante della corruzione che li spinge a cercare fortuna all’estero. E ciò significa rompere quel patto che l’art. 3 della Costituzione garantisce:
"È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana...".
La corruzione è un ostacolo e la Repubblica lo deve rimuovere, ma la Repubblica siamo noi!
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