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lunedì 23 aprile 2018

IBRIDIAZIONE


L’edizione del "MUFON Journal" (Marzo 1999) rendeva noto il ritrovamento di un teschio, quasi intatto, di "un piccolo essere", con caratteristiche anatomiche fuori dal comune.
Secondo una ricostruzione, difficilmente accertabile, il cranio, fu rinvenuto insieme a un altro teschio, del tutto normale e rappresenterebbero tutto ciò che resta di due scheletri interi, rinvenuti circa 70-80 anni fa in una grotta sita a sud di Chihuahua, in Messico (a sud di El Paso, Texas).

 

Sembra che i resti vennero sparpagliati da una tempesta che allagò il luogo dove giacevano le salme. I crani furono trovati da una ragazza del posto che, per qualche ragione, li conservò fino alla morte. In seguito, passarono nelle mani di una famiglia americana che, dopo qualche anno, li cedette a un’altra coppia di loro conoscenza: gli attuali proprietari. Questi ultimi, approfittarono della presenza di Lloyd Pye, un ricercatore che teneva una serie di seminari in Texas, per mostrargli i reperti. Pye, autore del libro "Everything You Know is Wrong: Human Origins" (Tutto ciò che sai è sbagliato: le origini umane) ha condotto uno studio approfondito sull’evoluzione degli ominidi e sulla loro possibile correlazione con creature insolite come il Bigfoot e lo Yeti. Sospettò immediatamente di trovarsi di fronte a un tipo di "essere umano" sconosciuto. Sottolineò, peraltro, che l’altro cranio era quello di un adulto normale, probabilmente di una donna amerinda, morta approssimativamente all’età di 20-30 anni. Solo il test del DNA avrebbe potuto stabilire l’esistenza o meno, di connessioni genetiche tra i due reperti.

 

Il cranio anomalo, date le suture delle ossa e la presenza di denti da latte, sembra essere quello di un individuo in età infantile.
Manca, purtroppo, la mascella inferiore. Presenta, però, una serie di caratteristiche straordinarie. Nessun seno paranasale; Pye fa notare che, normalmente, tutti i mammiferi possiedono seni paranasali. Le cavità orbitali sono insolite: secondo Pye sono "veramente sconcertanti". Risultano estremamente piatte rispetto ai normali standard e "i canali del nervo ottico sono deviati in basso ed in dentro in modo da rendere molto inverosimile la normale mobilità del bulbo oculare. Con questa conformazione il rilevamento visuale si baserebbe più sul movimento della testa che su quello dell’occhio.”
Il cranio è anomalo. L’area parietale sporge da entrambi i lati delle orbite senza alcuna traccia di tempie, ma il retro del cranio è davvero strano, essendo sia ingrandito sia drasticamente appiattito. Un esperto attribuì questa deformità ad una possibile combinazione di una patologia e/o la fasciatura della testa in età infantile, quest’ultima praticata in molte culture primitive. Ma il cranio mostra una forte simmetria bilaterale, mentre la maggior parte dei crani deformati da patologie sono caratterizzate da asimmetrie distinte. Nessuno degli esperti che sinora se ne è occupato ha postulato una patologia nota capace di generare fattezze così insolite e - ancora a detta di Pye - non esistono fasciature capaci di provocare artificialmente una forma cranica di quel tipo.
La base del cranio ha il gran forame occipitale (il buco alla base del cranio dove confluisce il midollo spinale) spostato chiaramente in avanti, approssimativamente al centro inferiore, in modo che la testa, fortemente distorta, possa trovare il suo equilibrio sul collo. Questo non sarebbe stato possibile se il forame occipitale fosse stato disposto normalmente.

 

Pye ed il suo socio Mark Bean si chiedono se il cranio possa rappresentare una creatura umanoide di origine "non terrestre", o eventualmente possa trattarsi di un "ibrido". A dare adito a questa ipotesi sono le leggende locali che tramandano la storia dello "Starchild".
La leggenda dello "Starchild (Ragazzo Stella)" risale a più di due secoli or sono ed è narrata dai nativi americani. Si narra di "Esseri stellari" che scesero dal cielo e fecondarono le donne negli sperduti villaggi della regione. Alle donne fu permesso di partorire i cosiddetti "Starchildren" e di allevarli poi per diversi anni. Infine, questi esseri sarebbero tornati per riprendere la loro progenie.
Questa la leggenda. Si è, quindi, ipotizzato che il cranio della donna adulta possa essere appartenuto alla madre del bambino ibrido. "Se la sua gravidanza fosse avvenuta in seguito ad un incontro ravvicinato, la donna avrebbe potuto temere che gli Esseri Stellari le togliessero il bambino - ipotizza Pye - e potrebbe aver deciso di uccidersi nella caverna pur di non affrontare tale presunta alternativa". Un’ipotesi raccapricciante. È più probabile che la donna ed il bambino siano morti  per cause accidentali o naturali e che siano stati seppelliti, con tutti gli onori dovuti ad esseri divini (categoria in cui probabilmente anche la donna rientrava, secondo i nativi, in quanto scelta dagli Dèi).
L’unica certezza è che il cranio esiste e finora ha sconcertato anche gli studiosi più esperti.

sabato 14 aprile 2018

DARK OBJECT


Il 4 ottobre del 1967 molti abitanti della Nuova Scozia videro volare qualcosa di strano, dotato di luci molto brillanti.
Il misterioso oggetto si immerse nell'acqua vicino a Shag Harbour e alcuni pescatori insieme alla Guardia Costiera si prodigarono per cercare di mettere in salvo quelli che credevano i passeggeri di un aereo in avaria. Ma quando le navi arrivarono sul posto, trovarono solo una misteriosa chiazza gialla. Alcuni testimoni affermarono, però, che ci fosse un oggetto nero che si muoveva sott'acqua.
Sembrava che la cosa fosse finita lì, ma un giornale di Halifax e altre agenzie ricevettero numerose chiamate da persone che, lungo la costa, avevano visto strane cose. Tra queste si novera un capitano della Compagnia Aerea Canadese, che stava sorvolando il sud-est del Quebec quando avvistò un oggetto molto grande di forma rettangolare seguito da uno sciame di luci. Dopo pochi secondi - disse - ci furono alcune esplosioni vicino all'oggetto mentre quelle luci bianche sembravano muoversi intorno ad esso.
I residenti quella notte fatidica videro, alle ore 19:12, delle strane luci arancioni volare in cielo. Vi furono testimonianze di almeno 700 abitanti di Shag Harbour che raccontarono di uno strano oggetto arancione. Riferirono anche che vi furono delle esplosioni. Cinque ragazzi dissero che le luci lampeggiavano in sequenza e poi si inclinarono a 45° sopra l' acqua, fluttuarono sulla superficie ad un miglio e mezzo dalla costa e poi s'inabissarono. Temendo si trattasse di un aereo in avaria, subito allertarono la polizia Reale canadese, di base a Barrington Passage. Il comandante, Ron Pound, intanto, era già stato avvisato telefonicamente da una donna e si stava avvicinando, lungo la strada costiera, al luogo dell'ammaraggio, dove vide anche lui quattro luci collegate ad un corpo solido, che misurava 60 piedi. Pound si recò quindi sulla riva per vedere meglio assieme agli altri poliziotti; con lui c’erano Victor Werbieki e Ron O'Brien.
Secondo la cronaca, tutti videro chiaramente le luci gialle muoversi sull'acqua per poi affondare lentamente, lasciando della schiuma gialla in superficie. La barca n. 101 della Guardia Costiera ed altre barche di pescatori, uscirono in mare per recarsi sul luogo dove le luci si erano inabissate. Ma era visibile solo una chiazza di schiuma gialla e oleosa. Non fu trovato nient'altro quella notte e le ricerche furono interrotte alle 03:00 del mattino dopo. A questo punto, le speculazioni sul fatto che l'oggetto in questione non fosse un aeroplano presero piede. Dopo alcuni giorni, infatti, sul giornale Halifax Chronicle-Herald uscì un articolo secondo cui quell'oggetto poteva essere un UFO.
La marina canadese sospese ogni ricerca, concludendo che non c'era nessuna traccia, nessun indizio, niente. Insomma, non vi fu mai una spiegazione ufficiale, solo teorie e speculazioni.
Una spiegazione plausibile era che un'astronave russa, al rientro in atmosfera, si fosse schiantata in mare, perché nella zona si notò la presenza di sottomarini, presumibilmente russi, poiché gli USA negarono la loro presenza in quelle acque.

 

 

La storia del misterioso UFO-crash di Shag Harbor finì velocemente così come era iniziata, ma nel 1993, Chris Styles (che allepoca dei fatti aveva solo 12 anni e aveva visto personalmente l'oggetto dalla finestra della sua cameretta, che dava sul porto di Halifax) decise di indagare. Così, supportato dall'ufologo del Mufon, Don Ledger, intraprese estenuanti ricerche, rintracciando uno ad uno, tutti i testimoni. Gli sforzi di Styles portarono nuovo respiro alla vicenda: riuscì ad intervistare la maggior parte di loro, sempre assistito da Ledger. Scoprirono, a quanto pare, molti documenti che dimostravano quanto era avvenuto rivelando altri dettagli inediti. L'oggetto, che presumibilmente si era schiantato nelle acque dell'oceano, doveva aver navigato in immersione ed era giunto a Government Point nei pressi di una base di rilevazione sottomarina, dove fu effettivamente rilevato dal sonar. Questo provocò l’intervento di navi militari, che si posizionarono sulla verticale dell'UFO. Due giorni dopo, mentre i militari tentavano un'operazione di recupero, un altro UFO si avvicinò al primo, presumibilmente per prestargli soccorso. Pare che la marina decise, prudentemente, di non intervenire.
A sbloccare l’attesa, dopo circa una settimana di osservazione, fu l’ingerenza di un sottomarino russo entrato nelle acque canadesi. Alcune navi si staccarono dalla formazione per intraprendere un azione di disturbo mirata ad allontanare il sottomarino. Contemporaneamente, i due UFO si mossero in direzione del Golfo di Maine, distanziando le navi. Uscirono, quindi, in superficie per alzarsi in volo e sparire in modo repentino.
Uscito il libro di Styles e di Ledger, dal titolo Dark Object, equipes televisive dagli States e dal Canada fecero a gara per intervistare i testimoni, che però non vollero essere ripresi dalle telecamere. Anche il National Enquirer, noto settimanale statunitense, riportò delle interviste.

venerdì 13 aprile 2018

LA SALUTE PRIMA DI TUTTO


La salute non è uguale per tutti: chi può spendere si cura prima e meglio, per gli altri ci sono liste d’attesa, dai tempi spesso giurassici, che tutti hanno avuto il dispiacere di sperimentare almeno una volta nella vita. Anzi, ci sono casi limite in cui l’esame medico, la cura o il posto letto non sono arrivati in tempo utile per salvare il paziente. Non ci si deve stupire se aumenta la propensione verso il regime privato, che è più veloce, ha orari più flessibili e si attrezza sempre meglio per offrire prestazioni a prezzi, tutto sommato, concorrenziali rispetto al ticket.
Ma il sempre maggiore ricorso alla sanità privata non scalfisce il macigno delle liste d’attesa nel Servizio sanitario nazionale (Ssn), appesantito da molti fattori. C’è ancora troppo consumismo sanitario e un eccesso di medicalizzazione: si continuano a prescrivere troppi esami e visite inutili e inappropriate. L’invecchiamento demografico fa crescere il numero di pazienti cronici “complessi”, cioè affetti da più malattie (sono il 21% della popolazione), che assorbono una buona fetta delle prestazioni ambulatoriali.
Manca la giusta trasparenza: c’è disallineamento tra tempi d’attesa (più lunghi) per chi sceglie il Ssn e quelli più snelli di chi invece opta per l’intramoenia (l’attività libero professionale dei medici “all’interno delle mura” dell’ospedale). Insomma, a pagamento si fa molto prima.
 
 

Un obbligo cruciale, quello  contenuto nel Piano nazionale di governo delle liste di attesa (tra l’altro fermo al triennio 2010-2012 e non ancora aggiornato) dispone che le Asl assicurino ai cittadini che il primo appuntamento per una visita specialistica avvenga al massimo entro 30 giorni dalla richiesta di prenotazione e quello per un esame diagnostico entro 60. E non sarebbe un obbligo all’italiana se non fosse stata prevista una via di fuga: sono tempi che devono essere garantiti almeno al 90% dei cittadini che richiedono la prestazione.
Mai arrendersi al primo colpo: con le prenotazioni bisogna insistere, perché un posto si potrebbe liberare (per un’improvvisa rinuncia) anche un momento dopo o di lì a qualche giorno.  Ritentando si può essere più fortunati e riuscire a ottenere un appuntamento più ravvicinato nel tempo e soprattutto entro i limiti previsti dalle norme.
Grave poi, che il paziente non venga mai informato del fatto che, a fronte di tempi d’attesa che superano le soglie previste, ha diritto a ottenere la prestazione in regime di libera professione (intramoenia) a spese dell’Asl. In pratica, non dovrà pagare nulla di più oltre al ticket (e superticket, quando previsto). Queste priorità valgono però solo per le prime visite e per le prime prestazioni diagnostico terapeutiche: lo prevede il decreto legislativo n. 124 del 1998.
 
 

Se invece si chiede di andare in una specifica struttura sanitaria, perché più vicina a casa o, come spesso accade, perché suggerita dal medico che ha fatto la prescrizione, è più facile che fiocchino tempi d’attesa biblici. Non dobbiamo meravigliarci: è normale che si formino code negli ambulatori e negli ospedali più gettonati. Ciò che invece non dovrebbe accadere, in quanto vietata dalla Legge finanziaria 266 del 2005, è la sospensione delle prenotazioni, le cosiddette “liste bloccate”. E invece nel 20% dei casi ci si sente dire che non c’è una data disponibile o che non hanno ancora l’agenda. La pratica delle liste bloccate, tra l’altro, è punita con una multa da 1.000 a 6.000 euro. Questo è il malcostume da condannare, poiché è un oltraggio alla trasparenza, presupposto necessario per procedere a monitoraggi (anche questi previsti dalla legge) che individuino aree critiche sulle quali intervenire con urgenza.
Eppure sulla carta il nostro sistema sanitario è tra i più invidiati al mondo: l’agenzia americana Bloomberg nella sua ultima classifica mette la sanità italiana al primo posto in Europa e al terzo nel mondo. Valutazioni che hanno fatto inarcare le sopracciglia agli osservatori più attenti. Fu istituito alla fine del 1978 e tenuto a battesimo dall’allora ministra della Sanità Tina Anselmi, prima donna in Italia a raggiungere i vertici di un dicastero. La riforma smantellava il sistema delle casse mutue, causa di squilibri e disparità di trattamento tra i cittadini. Non solo perché ciascuna mutua era competente per una categoria di lavoratori (e familiari a carico), ma anche perché la qualità delle prestazioni variava sensibilmente a seconda della cassa di appartenenza. Il Ssn è dunque nato per dare piena attuazione al diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione e pertanto, si ispira ai princìpi dell’universalità, dell’uguaglianza e dell’equità. Princìpi, appunto, perché poi nella realtà il sistema sanitario è lo specchio dei problemi e dei mali del paese: divario Nord-Sud, differenze tra le singole Regioni (federalismo sanitario), burocrazia, inefficienze, corruzione, sprechi, invecchiamento del personale, mancanza di turn over.
Sarebbe però sbagliato immaginare la nostra sanità pubblica come una miserevole landa di mediocrità e iniquità, perché in mezzo a tanti problemi non mancano vette d’eccellenza. L’immagine generale, che i dati restituiscono, è però quella di un Ssn che perde terreno.

 

È pura utopia pensare di poter garantire tutto a tutti subito. Le liste d’attesa sono fisiologiche in qualunque sistema sanitario, ma si può cambiare, migliorandolo, il sistema delle liste. Per Giuliano Mariotti, padre di un innovativo modello di gestione dei tempi di attesa che sta facendo scuola, noto con l’acronimo RAO (Raggruppamenti di attesa omogenei), “la differenza sta tutta nella ragionevolezza dei tempi. Come al pronto soccorso il paziente con codice rosso o giallo entra subito o prima, e chi ha un codice bianco può aspettare ore, così anche nell’accesso a visite specialistiche ed esami strumentali ci si deve basare sulle priorità cliniche”.
In pratica il medico di famiglia o lo specialista fa riferimento a uno strumento di classificazione che stabilisce un tempo massimo di attesa per ciascun problema clinico. Per esempio, se il paziente ha avuto una recente colica renale, l’ecografia va fatta entro tre giorni. Se si sospetta un tumore al colon, una colonscopia va eseguita entro dieci giorni, così, nel caso di un sospetto tumore al seno, la mammografia va eseguita entro dieci giorni. I codici di priorità clinica sono quattro: A se la prestazione deve avvenire in tre giorni, B in dieci giorni, C in trenta ed E senza un limite preciso.
Il presupposto fondamentale per l’applicazione dei RAO è il coinvolgimento attivo di tutti gli attori: medici, servizio di prenotazione e cittadini.
La buona comunicazione è fondamentale per l’accettazione di questo modello. Quando siamo in auto e sentiamo arrivare un’ambulanza, viene naturale spostarsi per farle spazio; allo stesso modo bisogna far comprendere che aspettare qualche giorno in più per un esame, se la nostra condizione clinica lo consente, è una conquista per tutti. Nelle tante Asl in cui sono stati adottati i RAO i tempi di attesa per le malattie più gravi e urgenti sono diminuiti.

sabato 7 aprile 2018

CHI PILOTA QUEI VELIVOLI?


La domanda “siamo soli nell’universo?” affascina ancora milioni di persone. Anzi, col nuovo millennio sembra esserci una crescente percentuale di individui che credono a un’imminente manifestazione dei cosiddetti extraterrestri. Secondo alcuni studiosi – con questo termine alludo a coloro che valutano il fattore UFO con piglio "scientifico" – la Terra potrebbe essere sotto osservazione, forse da millenni. Ipotesi che implicherebbe una serie di fattori: chi ci osserva ha necessariamente una tecnologia molto superiore alla nostra. Adotta una politica non interventista nei nostri confronti. Ha interesse a proteggere il (nostro) pianeta, non la nostra civiltà.
 
 
 

Alcuni chiamano questo scenario “la teoria dello zoo“. In pratica noi saremmo soltanto gli abitanti scarsamente evoluti di un universo in cui altre forme di vita più intelligenti hanno da tempo scoperto modi per viaggiare nello spazio e forse anche nel tempo. Sebbene sia impossibile ipotizzare le reali intenzioni di tali creature nei nostri confronti, prevale l’idea che essi ci considerino poco più che animali da osservare. L’ipotesi di un’invasione aliena appare, alla luce di questa ipotesi alquanto improbabile. Conquistare un intero pianeta potrebbe non essere così semplice, anche disponendo di una tecnologia infinitamente superiore a quella delle superpotenze terrestri. Molto meglio agire da osservatori, da controllori. Cosa che può avvenire, per esempio, infiltrando degli agenti nei centri di potere. Questo implicherebbe saltuarie missioni di ricognizione da basi spaziali ravvicinate. C’è da dire che l’idea di questi “infiltrati” è tanto cara ai cospirazionisti. Quanto ai “ricognitori”, sei si accetta questa teoria, si spiegherebbero i tanti avvistamenti UFO nei nostri cieli. Anzi, potremmo aggiungere che la teoria spiegherebbe anche gli “UFO crash”, insabbiati man mano dai vari governi terrestri.

 

 

Capiterà anche agli alieni di incappare in un tragico incidente: il caso più noto è quello di Roswell. In realtà ci sono decine e decine di documentazioni relative a “strani oggetti precipitati al suolo”. Date un’occhiata a questa lista.
 
https://it.wikipedia.org/wiki/UFO_crash#UFO_crashes_riconosciuti_dal_CSETI
 

È stilata dal CSETI (Center for the Study of Extraterrestrial Intelligence) e tiene conto soltanto di casi che hanno riscontri pratici da esaminare. Dunque, può darsi che qualcuno ci stia per davvero monitorando da lassù.
Ma a dirlo sono soltanto gli ufologi?
Direi proprio di no. Numerosi personaggi pubblici, eminenti scienziati e uomini politici, hanno dichiarato di credere nell’esistenza di forme di vita aliena e negli UFO. Del resto le dichiarazioni di alcuni politici sugli UFO sono tanto singolari quanto tranquillizzanti: “Gli UFO non sono armi segrete di potenze straniere e dunque non rappresentano un pericolo per la sicurezza della Patria”.
Il che però lascia un punto di domanda grande come una montagna: se gli UFO non sono terrestri, allora, chi pilota quei velivoli?

martedì 3 aprile 2018

MARTEDI 3 APRILE 2018


Una volta tanto, un po' di folcrore (giusto due minuti) non guasta. Questo evento si tiene la sera del martedì, subito dopo Pasqua, per le strade di Qualiano.

lunedì 2 aprile 2018

INCOMPRENSIBILI MANIFESTAZIONI


Da quando, nel 1947, Kenneth Arnold è stato testimone di uno straordinario avvistamento, notizie sui dischi volanti apparvero e appaiono tutt’oggi con una certa frequenza su ogni testata giornalistica suscitando, a volte, allarmismo, sovente, scetticismo se non addirittura ilarità. Ma, parallelamente a queste storie di avvistamenti, qualcos’altro si stava manifestando verso la fine degli anni ‘50, qualcosa che nessuno avrebbe mai potuto immaginare.
Jacqueline Mallay era una normalissima casalinga francese, felicemente sposata, viveva in maniera assolutamente tranquilla dividendosi tra le esigenze familiari e qualche svago nel fine settimana.
Una notte, altrettanto tranquilla e normale come tutti i suoi giorni, si svegliò di soprassalto gridando a squarciagola: in quello che non riusciva a collocare tra un sogno o una reale visione, aveva visto centinaia di piccole creature intente a scalare un grosso cumulo grigiastro posto al centro di una immensa pianura.
La scena, forse, non era così terribile da giustificare il brusco risveglio, ma il senso di profonda angoscia che gli trasmise la portò a urlare di disperazione.
Passò qualche minuto, il tempo di riprendersi, di osservarsi intorno e sincerarsi che nulla fosse cambiato: il marito dormiva tranquillamente e dalla stanzetta delle sue due bambine riusciva a sentire la più piccola che rideva nel sonno. Era stato soltanto un brutto sogno, con questo pensiero Jacqueline ripose la testa sul cuscino.


Per quanto cercasse di rilassarsi non ci riuscì affatto: rimase per circa un’ora in preda ad uno strano stato di dormiveglia, quindi si alzò. Era perfettamente cosciente di quanto stava facendo ma non era certo quello che avrebbe voluto fare. Provò la netta sensazione che una volontà, molto più forte della sua, dirigesse le sue azioni e i suoi passi. Andò in cucina, prese il blocco che usava per annotare la spesa e iniziò a fare strani disegni. Si trattava di una mappa, anche se del tutto incomprensibile, una mappa che aveva disegnato emettendo, nel frattempo, tutta una serie di suoni gutturali, accenni di armonie e sorrisi.
Quella particolare cantilena svegliò il marito che, recatosi in cucina, tentò in tutti i modi di richiamare alla realtà Jacqueline, ma senza alcun risultato: la donna sembrava immersa in un profondo stato di trance. Quando si riprese, riconobbe il marito e gli raccontò di quanto accaduto, ma non riuscì a darsi una spiegazione.
Non si trattò di un caso isolato. Per ben tre volte consecutive Jacqueline Mallay si ritrovò a vivere quella particolare esperienza, tanto che il marito, convinto si trattasse di esaurimento nervoso, decise di rivolgersi a uno dei più noti specialisti di Parigi. Ciò nonostante, non si riuscì a risalire a nulla. Tuttavia, il medico, seppur riluttante, accennò a fenomeni medianici. Ciò convinse il marito a seguire questa nuova direzione.
Entrò in scena un noto archeologo e glottologo, il dottor Azoulay, il quale non riuscì a trattenere il proprio stupore quando, ascoltando la voce di Jacqueline impressa su un magnetofono, riconobbe la lingua sacra dell’antico Egitto. Erano forse i costruttori delle Piramidi quei piccoli omini grigi che la donna aveva visto all’opera? Ben presto i giornali si impadronirono della notizia e proprio grazie alla visibilità data dalla stampa si scoprì che il caso della signora Mallay non era affatto isolato.
Milano: 1959: soltanto un anno dopo i fatti avvenuti a Parigi.
Clotilde Traversa, così come Jacqueline Mallay, è una normalissima e tranquilla casalinga, felicemente sposata e idealmente lontana dal variegato mondo dei misteri. Così come a Parigi, anche Clotilde sta per vivere una misteriosa e inquietante esperienza.
Trovandosi sul tram per fare ritorno a casa, improvvisamente avverte la sensazione di non essere più padrona della sua volontà. Quando racconta il fatto al marito questi non gli da’ molta importanza ma si preoccupa seriamente quando la moglie inizia ad alzarsi durante la notte per scrivere poesie, complicate formule chimiche e poesie. Tutte attività che le erano completamente estranee fino al giorno prima.


I successivi esami medici giudicarono la donna in perfetto stato di salute fisica e mentale, nonostante questa continuasse ad affermare che un “gruppo di scienziati” si fosse impadronito della sua mente.
Per quanto l’intera storia apparisse del tutto astrusa, non appena i giornali ne vennero a conoscenza e la pubblicarono, arrivarono inaspettate conferme: la signora Clotilde non era la sola a vivere questi particolari fenomeni, così come non era la sola ad essere convinta dell’esistenza di un gruppo di misteriosi scienziati, dominatori invisibili della mente.
Nelle sue stesse condizioni si trovava anche il dottor Michele Cataldi, un professionista romano, colto dalla netta sensazione di essere “comandato a distanza” mentre si trovava in Germania per un viaggio di affari.
Stesso problema per la signora Renata Amateis, a suo dire vittima di analoghe intrusioni mentali, che scrisse una lettera di conforto a Clotilde Traversa.
Ultimo in ordine di tempo il ragionier Antonio Danieli, per cinque anni sottoposto a continue vessazioni mentali, stanco di questa situazione fino al punto di scrivere una lettera di denuncia al Ministro degli Interni dell’epoca e al Procuratore della Repubblica di Treviso.
Tutte queste persone, e molte altre che, immaginiamo, non resero mai pubblica la loro storia, non avevano alcun rapporto che le unisse, non si conoscevano, abitavano in luoghi geograficamente lontani e conducevano una vita normale e tranquilla, non erano infine in alcun modo vicini ad ambienti ufologici o dediti a pratiche occulte.
Cosa accadde realmente a quelle persone? Quanti, ancora oggi, vivono in una simile situazione?
Quesiti inquietanti per risposte che, probabilmente, potrebbero non essere affatto piacevoli.