Da quando, nel 1947, Kenneth Arnold è stato
testimone di uno straordinario avvistamento, notizie sui dischi volanti apparvero
e appaiono tutt’oggi con una certa frequenza su ogni testata giornalistica
suscitando, a volte, allarmismo, sovente, scetticismo se non addirittura ilarità.
Ma, parallelamente a queste storie di avvistamenti, qualcos’altro si stava manifestando verso
la fine degli anni ‘50, qualcosa che nessuno avrebbe mai potuto immaginare.
Jacqueline Mallay era una normalissima casalinga
francese, felicemente sposata, viveva in maniera assolutamente tranquilla
dividendosi tra le esigenze familiari e qualche svago nel fine settimana.
Una notte, altrettanto tranquilla e normale come
tutti i suoi giorni, si svegliò di soprassalto gridando a squarciagola: in
quello che non riusciva a collocare tra un sogno o una reale visione, aveva
visto centinaia di piccole creature intente a scalare un grosso cumulo
grigiastro posto al centro di una immensa pianura.
La scena, forse, non era così terribile da
giustificare il brusco risveglio, ma il senso di profonda angoscia che gli
trasmise la portò a urlare di disperazione.
Passò qualche minuto, il tempo di riprendersi, di
osservarsi intorno e sincerarsi che nulla fosse cambiato: il marito dormiva
tranquillamente e dalla stanzetta delle sue due bambine riusciva a sentire la più
piccola che rideva nel sonno. Era stato soltanto un brutto sogno, con questo
pensiero Jacqueline ripose la testa sul cuscino.
Per quanto cercasse di rilassarsi non ci riuscì
affatto: rimase per circa un’ora in preda ad uno strano stato di dormiveglia,
quindi si alzò. Era perfettamente cosciente di quanto stava facendo ma non era
certo quello che avrebbe voluto fare. Provò la netta sensazione che una
volontà, molto più forte della sua, dirigesse le sue azioni e i suoi passi. Andò
in cucina, prese il blocco che usava per annotare la spesa e iniziò a fare
strani disegni. Si trattava di una mappa, anche se del tutto incomprensibile,
una mappa che aveva disegnato emettendo, nel frattempo, tutta una serie di
suoni gutturali, accenni di armonie e sorrisi.
Quella particolare cantilena svegliò il marito che,
recatosi in cucina, tentò in tutti i modi di richiamare alla realtà Jacqueline,
ma senza alcun risultato: la donna sembrava immersa in un profondo stato di
trance. Quando si riprese, riconobbe il marito e gli raccontò di quanto
accaduto, ma non riuscì a darsi una spiegazione.
Non si trattò di un caso isolato. Per ben tre volte
consecutive Jacqueline Mallay si ritrovò a vivere quella particolare
esperienza, tanto che il marito, convinto si trattasse di esaurimento nervoso,
decise di rivolgersi a uno dei più noti specialisti di Parigi. Ciò nonostante,
non si riuscì a risalire a nulla. Tuttavia, il medico, seppur riluttante,
accennò a fenomeni medianici. Ciò convinse il marito a seguire questa nuova
direzione.
Entrò in scena un noto archeologo e glottologo, il
dottor Azoulay, il quale non riuscì a trattenere il proprio stupore quando,
ascoltando la voce di Jacqueline impressa su un magnetofono, riconobbe la
lingua sacra dell’antico Egitto. Erano forse i costruttori delle Piramidi quei
piccoli omini grigi che la donna aveva visto all’opera? Ben presto i giornali
si impadronirono della notizia e proprio grazie alla visibilità data dalla
stampa si scoprì che il caso della signora Mallay non era affatto isolato.
Milano: 1959: soltanto un anno dopo i fatti
avvenuti a Parigi.
Clotilde Traversa, così come Jacqueline Mallay, è
una normalissima e tranquilla casalinga, felicemente sposata e idealmente
lontana dal variegato mondo dei misteri. Così come a Parigi, anche Clotilde sta
per vivere una misteriosa e inquietante esperienza.
Trovandosi sul tram per fare ritorno a casa,
improvvisamente avverte la sensazione di non essere più padrona della sua
volontà. Quando racconta il fatto al marito questi non gli da’ molta importanza
ma si preoccupa seriamente quando la moglie inizia ad alzarsi durante la notte
per scrivere poesie, complicate formule chimiche e poesie. Tutte attività che
le erano completamente estranee fino al giorno prima.
I successivi esami medici giudicarono la donna in
perfetto stato di salute fisica e mentale, nonostante questa continuasse ad
affermare che un “gruppo di scienziati” si fosse impadronito della sua mente.
Per quanto l’intera storia apparisse del tutto astrusa,
non appena i giornali ne vennero a conoscenza e la pubblicarono, arrivarono
inaspettate conferme: la signora Clotilde non era la sola a vivere questi
particolari fenomeni, così come non era la sola ad essere convinta
dell’esistenza di un gruppo di misteriosi scienziati, dominatori invisibili
della mente.
Nelle sue stesse condizioni si trovava anche il
dottor Michele Cataldi, un professionista romano, colto dalla netta sensazione
di essere “comandato a distanza” mentre si trovava in Germania per un viaggio
di affari.
Stesso problema per la signora Renata Amateis, a
suo dire vittima di analoghe intrusioni mentali, che scrisse una lettera di
conforto a Clotilde Traversa.
Ultimo in ordine di tempo il ragionier Antonio
Danieli, per cinque anni sottoposto a continue vessazioni mentali, stanco di
questa situazione fino al punto di scrivere una lettera di denuncia al Ministro
degli Interni dell’epoca e al Procuratore della Repubblica di Treviso.
Tutte queste persone, e molte altre che,
immaginiamo, non resero mai pubblica la loro storia, non avevano alcun rapporto
che le unisse, non si conoscevano, abitavano in luoghi geograficamente lontani
e conducevano una vita normale e tranquilla, non erano infine in alcun modo
vicini ad ambienti ufologici o dediti a pratiche occulte.
Cosa accadde realmente a quelle persone? Quanti,
ancora oggi, vivono in una simile situazione?
Quesiti inquietanti per risposte che,
probabilmente, potrebbero non essere affatto piacevoli.
Parallelamente alle storie di avvistamenti, qualcos’altro si stava manifestando verso la fine degli anni ‘50, qualcosa che nessuno avrebbe mai potuto immaginare.
RispondiElimina