La Corte di Cassazione (Seconda Sez. Civ., n. 21271/09, depositata il 5 ottobre
2009) ha, a suo tempo, affrontato in modo diretto l’argomento affermando il
principio secondo cui i disabili non sarebbero esonerati dal corrispondere il
relativo ticket nelle zone di sosta a pagamento anche se espongono l’apposito
contrassegno. Non si è avuta poi notizia di eventuali pronunce successive,
conformi o di segno contrario: ne deriva che, ai fini dell’approfondimento del
tema, occorre confrontarsi, allo stato, innanzi tutto con la citata sentenza
del 2009.
La Cassazione ha quindi ritenuto che la formulazione dell’art. 188 del
codice della strada comporterebbe l’esclusione, in quanto non esplicitamente
prevista (e trattandosi di cosa diversa dalla sosta a tempo) della gratuità
della sosta per le auto utilizzate da persone diversamente abili, nelle aree di
parcheggio a pagamento.
Tuttavia, si ritiene che l’attuale normativa possa essere diversamente
interpretata relativamente a coloro che sono affetti da un deficit di deambulazione, tenendo conto della “ratio” cui essa si
ispira.
L’art. 188 del codice della strada (richiamato dalla Cassazione con la
predetta sentenza) disciplina la circolazione e la sosta dei veicoli al
servizio di persone invalide, facendo riferimento alla invalidità in senso
generale, riconducibile quindi anche a patologie diverse dalla “capacità di deambulazione sensibilmente
ridotta”.
Il primo comma dell’art. 381 del Regolamento di esecuzione del codice stradale,
prevede, per gli enti proprietari della strada, l’obbligo di allestire e mantenere
funzionali ed efficienti tutte le strutture per consentire ed agevolare la
mobilità delle persone invalide (ripetendo quindi la generica locuzione
“persone invalide”). Ma, il secondo comma dello stesso articolo (norma di cui non
vi è alcuna menzione nella sentenza in argomento) passa ad occuparsi
specificamente della circolazione e della sosta dei veicoli a servizio delle
persone invalide con capacità di deambulazione
sensibilmente ridotta (individuando così una ben determinata causa di
invalidità) e prescrive che per la circolazione e la sosta dei veicoli a servizio
di tali persone il Sindaco, previo accertamento sanitario, rilascia, a
richiesta dell’interessato, apposita autorizzazione in deroga, manifesta
mediante l’apposito contrassegno invalidi. Alla invalidità riconducibile ad un
deficit motorio il legislatore ha riservato dunque una particolare attenzione
per favorire la circolazione e la mobilità del soggetto che ne è portatore. Evidenziamo
che la disabilità per limitata capacità di deambulazione consente il rilascio
di una patente speciale che abilita alla guida di un’auto che risulti adattata
alle condizioni fisiche del disabile, con le modifiche tecniche imposte in
relazione alla specifica disabilità motoria: in tal modo, il soggetto affetto
da tale disabilità, in possesso della patente che gli consente di guidare il
veicolo adattato alle sue condizioni, può circolare in auto senza alcun
accompagnatore: dettaglio tutt’altro che irrilevante per quanto in prosieguo si
avrà modo di dire.
Ora, gli articoli 11 e 12 del D.P.R. 24 luglio 1996 n. 503 (Regolamento
recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici,
spazi e servizi pubblici) riguardano specificamente le persone la cui
disabilità derivi da un deficit motorio o visivo. D’altra parte, laddove si
parla di barriere architettoniche, il riferimento è, all’evidenza, a qualsiasi
situazione che ostacoli la mobilità di una persona e non pare possa dubitarsi
che le modalità previste per procurarsi il ticket che autorizza la sosta a
pagamento – vale a dire l’accesso alle macchinette distributrici o ad esercizi
commerciali che ne sono provvisti – costituiscano certamente, per tali persone,
un ostacolo alla mobilità: a maggior ragione per persona affetta da disabilità
motoria, la quale, come innanzi detto, ben può essere alla guida di auto a lui
adattata, senza alcun accompagnatore. Ancora, l’art. 7, quarto comma, del codice della strada - con riferimento
ai casi in cui sia stata vietata o limitata la sosta in relazione ad esigenze
di sicurezza pubblica o di sicurezza della circolazione o per esigenze di
carattere militare – stabilisce che possono essere accordati permessi (subordinati
a speciali condizioni e cautele) ai veicoli riservati a servizi di polizia e a
quelli utilizzati dagli esercenti la professione sanitaria, nell’espletamento
delle proprie mansioni, nonché dalle
persone con limitata o impedita capacità motoria, muniti del contrassegno
speciale.
Ritornando poi all’art. 188 del codice della strada – cui è stato
ancorato il principio enunciato con la sentenza della Seconda Sezione civile
della Cassazione n. 21271/09 – è bene ricordare che la Corte Costituzionale ha
ritenuto opportuno precisare (Ordinanza n. 328/2000) che tale norma “deve
essere correttamente interpretata senza fermarsi al significato letterale delle
parole, avendo riguardo allo scopo che intende perseguire ed alla connessione
con le altre norme che disciplinano la stessa materia”.
Né vale argomentare che la gratuità della sosta si risolverebbe - come
pure si legge nella sentenza n. 21271/09 oggetto del presente commento - in “un
vantaggio meramente economico, non un vantaggio in termini di mobilità”: trattasi, invero, di osservazione che trascura del tutto
la dura e concreta realtà oggettiva con la quale è costretta quotidianamente a
confrontarsi la persona affetta da deficit motorio per realizzare la sua
integrazione sociale. Il ticket da pagare per poter sostare nelle strisce blu,
è notoriamente in vendita presso un esercizio commerciale (in genere
tabaccheria, bar, edicola, etc.) oppure è distribuito dagli apparecchi
dislocati lungo i tratti di strada destinati alla sosta a pagamento. Orbene,
per procurarsi il ticket, la persona affetta da deficit di deambulazione
dovrebbe essere costretta a porsi alla ricerca del punto di vendita oppure del
distributore del ticket, magari situato a notevole distanza, spesso anche sul
marciapiede che rappresenta una vera e propria barriera architettonica (si
pensi, ad esempio, ad un soggetto paraplegico: costui, pur abilitato alla guida
dell’auto opportunamente adattata alle sue esigenze, una volta parcheggiata
l’auto, è tuttavia poi costretto, per i suoi spostamenti, a fare uso della
sedia a rotelle prelevandola dall’abitacolo dell’auto. Senza accompagnatore,
dovrebbe poi mettersi sulla carrozzina, cercare il distributore del ticket,
chiedere a qualcuno di prelevare il tagliando - non potendo salire con la carrozzina
sul marciapiede – ritornare presso l’auto, aprirla ed esporre il ticket: per
poter poi, finalmente, “muoversi” con la carrozzina!). L’autovettura, insomma, per
il disabile con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta, è una necessità
assoluta: costituisce una vera e propria protesi grazie alla quale egli riesce,
sia pure con evidenti difficoltà, a svolgere la propria vita di lavoro, ricreativa
e di relazione.
Tutto chiaro? Purtroppo no. Pur risultando tutte le ragioni dianzi
esposte valido fondamento per un’interpretazione (costituzionalmente orientata)
dell’attuale normativa a favore della gratuità, solo un opportuno intervento
del legislatore eliminerebbe qualsiasi dubbio.
La gratuità della sosta si risolverebbe - come pure si legge nella sentenza n. 21271/09 - in “un vantaggio meramente economico, non un vantaggio in termini di mobilità”: trattasi, invero, di osservazione che trascura del tutto la dura e concreta realtà oggettiva con la quale è costretta quotidianamente a confrontarsi la persona affetta da deficit motorio per realizzare la sua integrazione sociale.
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