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sabato 15 agosto 2020

L’AUTOSTRADA PER LE VACANZE


Milioni di italiani, quest'anno più ancora che in passato, stanno partendo per le vacanze in automobile, rinunciando agli spostamenti in treno o in aereo per paura di assembramenti turistici: l'ennesima eredità ricevuta dalla pandemia. Hanno incontrato cantieri stradali che perdurano anni e non scompaiono nemmeno nei periodi di esodo. Perché in Italia i lavori stradali non si sa mai esattamente quanto costano né quando finiscono?
Cosa li rende opere eterne, quando potrebbero essere smantellati in tempi ragionevoli?
Lavori uno dietro l'altro: la rete autostradale è costellata di barriere e interruzioni. C'è, in media, un cantiere ogni 15 chilometri. Avviene nelle tratte in concessione, la maggior parte delle quali gestite da Autostrade per l’Italia (Aspi, che fa capo ai Benetton, con 3.020 chilometri) e Astm (della famiglia Gavio, 1.423 chilometri). Sulla rete Anas, il principale gestore stradale, che fa capo al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, c'è invece un cantiere ogni 46 km.
A maggio (2020) risultavano attivi 1.039 cantieri sulla viabilità principale italiana: 633 su rete Anas, 406 sulle autostrade in concessione.
Di sicuro chi ci rimette sono gli automobilisti, costretti a fare la coda e a pagare su strade che, proprio perché a pagamento, dovrebbero garantire una percorribilità fluida. Purtroppo i guai non finiscono qui. Un altro problema è la minore sicurezza che la presenza di cantieri porta con sé. La circolazione è meno sicura, in particolare se c'è una riduzione di carreggiata. Altri tipi di lavori in genere non determinano particolari problemi di sicurezza. Gli incidenti stradali che avvengono in presenza di cantieri sono causati dal fatto che gli utenti tendono ad assumere comportamenti poco sicuri. Cambia la guida che, per insofferenza, diventa meno prudente:  c’è poco rispetto della riduzione di velocità, e la distanza di sicurezza è inappropriata.


Dopo aver percorso, per vari motivi, più di 220 km di autostrada in lungo e in largo per la Campania è facile capire quali sono i problemi legati alla presenza di cantieri.
Gli scenari sono quelli tipici: cantieri infiniti, limitazioni di carico e riduzione carreggiata, rappresentano la fotografia della realtà locale.
Partiamo dalla riduzione di carreggiata, il disagio più diffuso. Sulla A16, in direzione Napoli-Bari,  c’era un cantiere lungo circa 600 metri, la velocità consentita era di 40 km/h (senza cantiere sarebbe 110 km/h). Davanti a me, un'auto e un camion viaggiano quasi a 80 all'ora. Ho assistito allo scenario tipico di pericolo che si verifica in queste condizioni: il mezzo che precede, il camion, si sposta velocemente sulla corsia libera
di sorpasso e costringe il veicolo che segue a un brusco rallentamento, dato che non viaggiava a distanza di sicurezza. Di fronte a un cantiere, infatti, si tengono distanze ridotte, nell'illusione di recuperare il ritardo dovuto al rallentamento. Questa insofferenza è svelata dal fatto che l'automobile, appena superato il cantiere, si riappropriava della corsia veloce superando il camion. Si creava così una colonna di veicoli molto ravvicinati, dove una minima distrazione poteva innescare un tamponamento a catena. La presenza del cantiere, tra l’altro, avrebbe reso difficoltoso pure l’arrivo dei soccorsi!
I progettisti lo sanno: la larghezza delle strade e il numero di corsie è frutto di un complesso studio della viabilità. Quando si rende necessario chiudere una o più corsie questo delicato equilibrio salta e le ripercussioni sul traffico sono immediate. Il rallentamento del flusso di veicoli provoca una guida nervosa, fatta di continue frenate e accelerazioni fino al blocco del traffico e alla creazione di una coda. Quanto più è esteso il cantiere o i più cantieri in successione ravvicinata tanto più la circolazione ne risentirà: l'ingorgo potrà estendersi fino a diventare un'unica coda, portando alla paralisi di lunghi tratti di autostrada.
Un rischio concreto, perché di cantieri ravvicinati ce ne sono. Sulla A16, è stato rilevato che il 25% del tratto Baiano-Benevento (la Napoli-Bari) è occupato da cantieri che riducono a una sola corsia per senso di marcia (pari a 10,7 km verso Bari e a 9,7 km verso Napoli).
Praticamente un cantiere ogni 3,5 km in entrambi i versi. Sul tratto del raccordo RA9 che collega Benevento alla A16, c’erano due cantieri per senso di marcia: si tratta del 13% verso l'A16-Benevento, del 6% nel percorso di ritorno).


Da anni le barriere di alcuni viadotti dell'autostrada A16 sono state sequestrate dalla magistratura, che sta indagando ancora sull’incidente del viadotto Acqualonga del 2013. L’approfondimento delle indagini sta evidenziando un problema diffuso sulla nostra rete, ovvero l’esistenza di strutture poco sicure che potrebbe richiedere il sequestro anche di altre aree della rete italiana. Sembrerebbe infatti che l'incidente sia dovuto alla scarsa manutenzione di alcuni bulloni che ancorano al suolo le barriere di bordo ponte. I tempi di intervento si prevedono lunghi: ecco un'altra causa della cattiva viabilità della nostra rete. Inoltre, negli ultimi anni, dopo l'incidente di Genova, sono stati intensificati i controlli e si stanno aprendo molti nuovi cantieri per fare accertamenti.
Un altro caso di cantiere infinito, che caratterizza la viabilità italiana, è quello dello svincolo della tangenziale di via Campana all'altezza di Pozzuoli (A56). Non si tratta di un interventi di manutenzione, ma del completamento di un'opera che ha origini nel 2006 e che a oggi deve essere ancora ultimata. Un iter durato 14 anni, fatto di lungaggini amministrative, piani di finanziamenti e indagini tecniche che lo hanno trasformato in un'italica fabbrica del duomo. A maggio, l'ingresso verso Napoli era impedito, con ripercussioni evidenti sul traffico locale.
A creare problemi di viabilità si aggiunge la limitazione di lungo periodo al traffico dei mezzi pesanti. Sulla A56, lungo il percorso da Napoli verso l'aeroporto di Capodichino, c’era un tabellone elettronico che indicava il divieto permanente di transito per i camion di peso superiore a 3,5 tonnellate. Si tratta di un provvedimento preso dopo alcune ispezioni di sorveglianza che hanno evidenziato la necessità di lavori di manutenzione al viadotto “Capodichino”, che sovrasta per 1,2 km una delle zone più densamente abitate di Napoli. Oggi il divieto riguarda solo i mezzi di peso superiore a 26 tonnellate, ma questo non ha ridotto i disagi per l'utenza, visto che la circolazione dei camion continua a essere dirottata dalla tangenziale verso la città.


Una soluzione a questi problemi sarebbe la prevenzione: il monitoraggio mediante sensori elettronici consente una manutenzione costante delle infrastrutture. È una prerogativa imprescindibile di un corretto sistema di gestione, perché permette di individuare i problemi sul nascere e quindi di risolverli con interventi di modesta entità e di facile attuazione. In questo modo si possono anche minimizzare i disagi a carico dei cittadini.
Altro discorso sono i pericoli dovuti a carenza di manutenzione (pensiamo ai i crolli in galleria in Liguria di solo pochi mesi fa), che sono un grave rischio per gli automobilisti di passaggio, ma anche un danno per tutti quelli che non potranno utilizzare l’infrastruttura per lungo tempo. Purtroppo la vita di un cantiere nasce già piena di insidie, per la maggior parte legate a vicende che poco hanno a che fare con le difficoltà tecniche di realizzazione delle opere. I rallentamenti sono quasi sempre dovuti a ostacoli burocratici. La ricostruzione del ponte Morandi in meno di due anni dimostra che quando si vuole le procedure possono rispettare i tempi. Ma, nel caso di Genova, si tratta di procedure superveloci, attuate da Commissari straordinari. Con il decreto Sblocca Cantieri sono state introdotte novità nel settore dei lavori pubblici, a partire dalla riforma del Codice degli appalti, che ha velocizzato l’iter di realizzazione delle opere.
L'iter ordinario delle opere stradali purtroppo è ben diverso e ancora troppo complicato. Non si trovano i finanziamenti in tempo o non li si sfrutta. Non si riesce a distinguere le imprese inaffidabili: il meccanismo delle aste è viziato, ci sono imprese che fanno ribassi impossibili pur di vincere le gare d'appalto e che poi falliscono o ritardano i lavori. C'è un sistema di norme che si automodifica in continuazione e anche questo rallenta i cantieri. Le autorizzazioni per arrivare ci impiegano anni e poi basta che qualcuno si metta di traverso e bisogna ricominciare daccapo, provocando chiusure a riaperture dei cantieri. Tanti ritardi sono dovuti dalle autorizzazioni che devono rilasciare i Comuni, la Provincia, le Regioni, il ministero dell'Ambiente, dei Beni culturali; poi ci sono i ricorsi degli ambientalisti e le prescrizioni. Insomma non c'è mai un responsabile, la burocrazia degli appalti è autoassolutoria, la colpa è collettiva. Così si non riescono mai a individuare le sacche di inefficienza.

1 commento:

  1. L'iter ordinario delle opere stradali purtroppo è ancora troppo complicato. Non si trovano i finanziamenti in tempo o non li si sfrutta. Non si riesce a distinguere le imprese inaffidabili: il meccanismo delle aste è viziato, ci sono imprese che fanno ribassi impossibili pur di vincere le gare d'appalto e che poi falliscono o ritardano i lavori. C'è un sistema di norme che si automodifica in continuazione e anche questo rallenta i cantieri. Le autorizzazioni per arrivare ci impiegano anni e poi basta che qualcuno si metta di traverso e bisogna ricominciare daccapo, provocando chiusure a riaperture dei cantieri.

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