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martedì 23 marzo 2021

COME LO SPIRITO DEL VENTO


 

“Nel lontanissimo passato, milioni, milioni, milioni di lune fa, il primo dei mortali venne gettato giù, su questa terra, dal grande Wo-Kon.
Il primo Dakota fu plasmato da una stella; egli lo lanciò e lo osservò mentre cadeva giù, attraverso l'oscurità, finché si posò sul molle suolo. Non si ferì per nulla Wa-kin-yan, il primo Sioux… Lontano vediamo tramontare i giorni d'estate in uno splendore dorato verso la mistica terra della leggenda, quella remota terra d'Occidente, la terra della casa e della storia dell'Uomo Rosso, terra di miti, di strane tradizioni, valle d'oscura storia non scritta”



Questo è un estratto da una saga dei Nativi americani che s'intitola Chon-oopa-sa. Lo riporta, in un suo libro, lo studioso britannico Col. James Churchward, citandolo per convalidare un’ipotesi tutta sua secondo la quale tutte le razze umane avrebbero avuto origine su Mu, il continente scomparso nel Pacifico parecchi millenni or sono. Sarebbe questa, appunto, la “remota terra d'Occidente”, quella che fu, agli albori della preistoria, la casa dell'Uomo Rosso. Alla favolosa Mu potremmo sostituire l'area che la scienza tradizionale assegna all'origine dei pellerossa, ma quello che c'interessa sono gli accenni al “primo Dakota, plasmato da una stella” e al suo viaggio verso la Terra compiuto “attraverso l'oscurità”, un'oscurità che potrebbe esser sinonimo di spazio cosmico.
- Gli abitanti della Terra - scrive il quotidiano Ottawa Journal, riferendosi appunto a tali narrazioni - risiedevano su altri pianeti: tutti gli esseri umani discendono da genti che popolarono lontani mondi.
E su un'altra pubblicazione canadese, Topside, leggiamo che il cronista ha incontrato di recente il capo Mezzaluna, della tribù Piute e che questi, alla domanda - Da dove provengono gli indiani del Nordamerica? - ha risposto: - Secondo le nostre antiche tradizioni, gli indiani furono creati nel cielo, da Gitchie Manitou, il Grande Spirito, che inviò quaggiù un grande uccello tonante per trovare un luogo dove i suoi figli potessero vivere. L'uccello tonante trovò questa terra e portò gli indiani a risiedervi…
Riandiamo a Churchward, ascoltiamolo quando torna a parlarci delle leggende dei pellerossa: - Gli indiani Hiden, dell'isola della Regina Carlotta - egli ci dice - posseggono uno dei pali totemici più belli ed interessanti che abbia mai visto. Il palo è sormontato dalla raffigurazione d'un grosso volatile simile ad un'aquila, chiamato uccello tonante. Per tutta la lunghezza del palo stesso, si nota la rappresentazione d'un pesce, noto come la balena che uccide e a mezza via fra la testa e la coda del pesce c'è un uomo, chiamato l'uomo dal capo di ferro, in atto di conficcargli una lancia nel dorso. Un saggio capace d'interpretare le saghe del suo popolo, mi spiegò: - La figura alata che sormonta il totem è l'Uccello tonante, il quale rappresenta il Creatore. Il suo sguardo è simile ad un lampo e di tuono è il battere delle sue ali... L'uomo che sta trafiggendo la balena, quello dal capo di ferro, fu, nei giorni del diluvio, molto amato dall'Uccello tonante, dal Dio del tuono e da tutti gli altri Dei. Quando il diluvio spazzò la faccia della Terra, le divinità temettero per la vita dell'uomo dal capo di ferro, che mutarono, con un miracolo, in un salmone dalla testa di ferro. Durante i giorni del diluvio, il condottiero della umanità, così trasformato, viveva nelle acque del fiume Minish. Egli raccoglieva i pali e il legname per la sua dimora, ma s'accorse che mancava di molte cose per la costruzione. Allora l'Uccello tonante tornò. Comparve con scoppi e rombi di tuono dinanzi all'uomo dal capo di ferro. L'Uccello tonante sollevò la sua maschera di dio, mostrando all'altro un volto umano. Sono umano come te, disse, e raccoglierò il legname per te. Rimarrò con te per fondare la tua tribù e ti proteggerò per sempre. Quindi, con quattro scoppi di tuono, l'Uccello fece comparire un gruppo di guerrieri, che balzò fuori completamente armato. Questo gruppo, con l'uomo dal capo di ferro, costituì il nucleo dal quale ebbe origine il popolo degli Hiden.
Osservando diversi disegni orientali, si nota che coloro i quali si salvarono dal diluvio universale vengono rappresentati sotto forma di pesci. Si potrebbe dedurne che i superstiti raggiunsero altre terre a bordo d'imbarcazioni.
È chiaro che, prima dell'inizio dell'era astronautica, certe leggende dovevano apparire del tutto senza senso, puri parti della fantasia, immagini religiose senza alcun legame con la realtà. Oggi, alla luce delle attuali conoscenze, potremmo volgere in altri termini il racconto indiano. L’Uccello Tonante potrebbe benissimo essere un’astronave che “con luce accecante e rombi assordanti” (era in avaria?) scese sulla Terra, lasciandovi un gruppo d'osservatori, dei quali, probabilmente, uno solo sopravvisse (l'uomo dal capo di ferro). Ricordiamo come tale “capo” ritorni più tardi come una “maschera” che nasconde fattezze umane e che saremmo tentati d'identificare in un elmetto d'astronauta. Allo scatenarsi d'un diluvio terrificante, il visitatore spaziale cercò scampo facendo ricorso a tutte le sue risorse: forse qualcosa che gli consentiva di vivere in un mondo invaso dalle acque (ecco spuntare il “salmone di ferro”: uno scafandro? Una campana ermetica, insommergibile? Poiché si trattava di una spedizione su di un altro pianeta, era sicuramente ben equipaggiato). Ma viene messa in atto un operazione di soccorso: la spedizione, giunta sulla Terra, presta aiuto anche agli indigeni scampati al disastro, proponendosi di avviarli verso un'esistenza sopportabile.



“Il genocidio della mia gente durava da diversi secoli: quelli che scamparono ai proiettili dei lunghi coltelli furono relegati nelle riserve. Fu allora che gli Dei, vedendo le nostre sofferenze, ebbero compassione e ci inviarono l’uccello del tuono. La grande aquila scese dal cielo, molte volte calò sulla Terra e ogni volta portò via un’intera tribù. Il nero uccello accoglieva sulle sue ali tutti quelli disposti a seguirlo e li portava in volo fino a una terra lontana. Ci fu rivelato che quella terra non era il nostro mondo. Lì siamo vissuti in pace per più di un secolo; lì il mio popolo cresceva e progrediva. Imparammo a seminare le messi e a vivere di raccolti. Costruimmo case torreggianti e poi intere città. Nelle nostre fucine già si forgiava l’acciaio producendo ogni sorta di attrezzi utili al lavoro dei campi, punte acuminate con cui cacciare gli animali e coltelli affilati per lavorare le pelli. I nostri cavalli galoppavano veloci e i bufali non mancavano mai in quelle immense praterie. Poi gli Dei decisero che era giunto il momento di ritornare sulla Terra: l’uccello del tuono ritornò e di nuovo prese la mia gente. Ci riportò qui, sul nostro mondo, ma su questo mondo i cavalli non c’erano più. Senza i cavalli la gente languiva e così innalzò un canto di preghiera: un grande lamento, che si alzò fino al cielo. Il canto, che descriveva le mesti vicende umane, venne ascoltato e fu così che gli Dei ci diedero i wakalla.”



Quella che potrà sembrare una leggenda, in realtà è uno stralcio tratto da LO SPIRITO DEL VENTO acquistabile sul sito de ILMIOLIBRO. Chi parla è Ptaysanwee grande capo degli Oglala, colui che siede all’Assemblea dei sette fuochi del consiglio, il quale deve istruire il protagonista della nostra storia sulle vicende accorse ai nativi americani. Ricorre l’uccello del tuono che qui, in effetti, è un’astronave proveniente da un altro mondo. Ai tempi in cui il colonnello James Churchward scrisse il suo libro, l’astronautica non esisteva e le ipotesi su entità provenienti da altri mondi erano stravaganze che nessuno poteva permettersi, a meno che non volesse finire in manicomio. I racconti degli “indiani” erano considerati solo leggende e nessuno si sarebbe sognato di cercare, in queste mitologie, un fondo di verità. Il problema è che ancora oggi tanta gente è pronta a dire che i Nativi, sono dei selvaggi, che raccontano strane storie fantasiose che non vanno credute semplicemente perché non possono essere vere. Questo è vergognoso. Tocca a noi uomini del XXI secolo, sviscerare queste leggende; non a tutti, chiaramente: ognuno crede a quel che vuole, a volte, a quello che può. Io mi limito a fare il cronista: racconto le cose così come ne sono venuto a conoscenza e lascio che il lettore tragga le sue conclusioni.

2 commenti:

  1. I racconti degli “indiani” erano considerati solo leggende e nessuno si sarebbe sognato di cercare, in queste mitologie, un fondo di verità. Il problema è che ancora oggi tanta gente è pronta a dire che i Nativi, sono dei selvaggi, che raccontano strane storie fantasiose che non vanno credute semplicemente perché non possono essere vere. Questo è vergognoso.

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  2. Ai tempi in cui il colonnello James Churchward scrisse il suo libro, l’astronautica non esisteva e le ipotesi su entità provenienti da altri mondi erano stravaganze che nessuno poteva permettersi, a meno che non volesse finire in manicomio.

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