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giovedì 4 gennaio 2024

DOVE SONO MANUEL E JOSÈ?


Era il 3 settembre del 1966. Vicino a Latacunga (Equador) al tramonto, Manuel Pereira di 15 anni e Jose Sotuyo che di anni ne aveva 14 stavano rincasando percorrendo un sentiero di montagna, quando videro delle strane luci manovrare nel cielo. Manuel freneticamente puntò verso l'alto la sua torcia e usando il codice Morse, inviò il seguente messaggio: "Amico, per favore atterra." Ripeté più volte questo messaggio.
Pochi secondi dopo sentirono un debole ronzio e l'UFO scese a pochi metri da loro. Quando la navicella si trovò vicina al suolo, si poggiò su tre lunghi supporti telescopici. Il bagliore dell'UFO si attenuò fino a diventare una luce bianca e opaca, quindi un portello si aprì e una rampa si estese fino a terra. Tre minuscole figure umane emersero dallo scafo e iniziarono a scendere, rigidamente, lungo la rampa. I ragazzi, spaventati, furono tentati di scappare e invece, rimasero lì. Proprio in quel momento sentirono una voce forte, che suonava stranamente metallica dire: - Non temeteci. Restate e rispondete.
Manuel e Jose, si limitarono ad annuire, guardando con stupore i tre omini nei loro abiti lucidi di color ottone, che si avvicinavano. Una voce che sembrava provenire contemporaneamente da ogni direzione, chiese loro: - Cosa siete?”
I ragazzi chiesero agli ometti da dove venissero, ma la domanda fu ignorata.
Per quasi un'ora l'interrogatorio continuò in questo modo: I ragazzi rispondevano a qualunque cosa chiedesse la voce ma, se erano loro a porre una domanda, non ricevevano alcuna risposta.
Alla fine la voce chiese: - vorreste salire a bordo della nostra astronave?
Entrambi i ragazzi accettarono.
Gli ometti con le loro scintillanti uniformi e gli elmetti a forma di pera fecero strada lungo la rampa. Continuavano a girarsi, come per vedere se i ragazzi li stavano seguendo. I loro lineamenti erano oscurati da un vapore torbido contenuto all’interno degli elmetti e che gli alieni sembravano respirare. Quando entrarono nella navicella, i ragazzi rimasero sorpresi dalla spaziosità degli interni (non è l’unico caso in cui una piccola navicella sembra, invece, racchiudere uno spazio più grande. N.d.R). Le pareti erano fatte di sezioni a forma esagonale, come dei piccoli cubicoli: ricordavano un alveare. Piccole luci e pulsanti furono notate su un pannello della consolle centrale. Non videro altri piccoli esseri, anche se percepirono di essere osservati.
Gli omini chiesero ai ragazzi se volevano andare con loro e aggiunsero che, per questo, non avrebbero subito alcun danno. Ma loro declinarono l’offerta dicendo che la l’assenza prolungata sarebbe stato motivo di preoccupazione per i genitori. Seguirono altre domande. Poi la navicella cominciò a ronzare e la voce annunciò che era ora di partire, aggiungendo che, forse, sarebbero ritornati.
Manuel chiese loro un “souvenir” per dimostrare che l’incontro fosse avvenuto. Si udì uno strano ronzio acuto e uno degli omini si fece avanti tenendo in mano un piccolo cilindro. Disse loro di prenderlo. Aggiunse che si trattava di una sorta di torcia e che, per accendere la luce, dovevano semplicemente stringerla. Seguì una dimostrazione: l’oggetto fu stretto ed emise una luce brillante. Manuel diede la sua torcia all’alieno, in cambio dell’oggetto.
Diversi minuti dopo, da terra, i ragazzi osservarono l'oggetto a forma di piattino capovolto sollevarsi silenziosamente e svanire in un batter d'occhio.
Proprio mentre i ragazzi cominciavano ad affrettarsi verso casa, diversi elicotteri comparvero nel cielo notturno esplorando coi riflettori tutta la zona. Nello stesso momento tre jeep dell'esercito scendevano a rotta di collo lungo il sentiero. I ragazzi furono fermati e interrogati dal personale militare: la piccola torcia fu esaminata e subito sequestrata.

Questa storia sembra avere un esito infausto, in quanto Manuel Pereira e Jose Sotuyo scomparvero circa una settimana prima di Natale, nel 1966 e non furono mai più rivisti. Decisero di andar via con gli alieni?
L'immagine è solo indicativa.

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