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sabato 28 novembre 2015

GLI UOMINI ALATI

 
In una tiepida giornata del settembre 1944 un livornese che prestava servizio militare in marina sulla nave corazzata DUILIO assisté a un fenomeno sconcertante. B. A. (l’uomo non ha mai dato il consenso alla pubblicazione del suo nome) aveva allora ventidue anni e la Duilio era ancorata nel porto di Taranto.
Poco dopo le 19 il marinaio iniziò, con circospezione poiché non era autorizzato a farlo, ad osservare i paraggi servendosi di un potente cannocchiale ancorato alla tolda. Con indicibile stupore, puntando, a caso, l’obiettivo verso l'alto, vide in aria un gruppo di figure umane… alate! Erano una quindicina, i tratti del volto simili a quelli delle persone, lunghi capelli color ruggine, il corpo, enorme e possente, alto circa tre metri e ricoperto da piume; al posto dei piedi zampe, con tre artigli lunghi quanto un braccio e al posto delle braccia, ali! Erano in formazione a V e sembravano parlare fra sé, quantomeno muovevano la bocca guardandosi reciprocamente. Particolare strano: a differenza della gran parte dei volatili conosciuti, se ne stavano tutti sospesi in aria con il corpo in posizione verticale. Il militare, dopo circa venti secondi di osservazione, staccò l’occhio dall’oculare per vedere se sulla tolda ci fosse qualcuno che potesse confermare l’incredibile esperienza: era però solo e quando puntò nuovamente lo sguardo in quella porzione di cielo le fantastiche creature erano sparite.
Pur prendendo in considerazione la remota possibilità di essere stato vittima di un’allucinazione, B. A. – che finita la guerra ha fatto una lunga carriera come funzionario statale – è sempre rimasto assolutamente certo di aver visto e non immaginato ciò che ha riferito.

venerdì 27 novembre 2015

VANGELI SCONCERTANTI

Non sappiamo come Gesù abbia trascorso la sua infanzia, ma alcuni Vangeli apocrifi, specialmente quello Arabo e quello Armeno, narrano le vicende di Gesù bambino, tra i 5 e i 12 anni, come di un ragazzo terribile, vendicativo e prepotente che spesso ricorre alle prerogative divine per rimediare alle sue bricconate. Tutti quelli che lo fanno irritare cadono stecchiti. Fa morire di colpo un ragazzo che accidentalmente lo urta per strada. Fulmina un altro ragazzo che gli rovina il gioco di acqua e fango e alle rimostranze di Maria lo resuscita a calci nel sedere. Anche con Giuseppe Gesù a volte è brusco e insofferente. Più volte gli leva dalle mani uno scappellotto e una volta vediamo il padre putativo che, in un campo di fave, insegue Gesù con un randello in mano. La stessa sacra famiglia è malvista e tenuta a distanza a causa di questo bambino dal pugno proibito. Anche questo Vangelo racconta le marachelle di Gesù. “Presa della polvere da terra la gettò in aria e quella si mutò in mosche e zanzare e tutta la città ne fu ripiena. Uomini ed animali erano fortemente infastiditi. Prese dell’argilla e ne fece api e zanzare che aizzò contro i suoi compagni di gioco che mise in agitazione.” E più avanti. “Soffiò sul volto dei ragazzi e li fece diventare ciechi, ma subito dopo impose loro le mani e restituì la luce ai loro occhi. A quelli che aveva ferito colpendoli impose le mani e li guarì. Introdusse un dito nelle orecchie dei ragazzi e li rese sordi, poi soffiò e restituì loro l’udito.” Nello stesso Vangelo scopriamo un bambino sgarbato anche nei confronti della madre. Maria dice a Gesù: “Figlio mio, perché sei fuggito così da quella gente?” E Gesù risponde: “Madre sta in silenzio e continua tranquilla la tua strada.” E più avanti quando la madre scorgendo il figlio gli dice: “Dove sei stato tutto il giorno mentre io non sapevo cosa ti è capitato e sto in apprensione per te?” Gesù le risponde: “Che vuoi da me…” E ancora Maria dice a Gesù: “Noi abbiamo cercato di farti apprendere tutti i mestieri ma tu non ti sei applicato in nulla. E Gesù dice: “Hai detto delle cose assolutamente insensate…"

domenica 22 novembre 2015

Gesù morì in Giappone?

Fin dagli anni settanta raccolgo notizie, forse leggende, su quella che è stata la reale vita di Gesù Cristo, su quelle che erano le sue vere origini e su quanto la storia venne cambiata dopo la sua esistenza. In Giappone però c’è qualcuno che ha fatto di più, rivendicando con forza i propri studi e i conseguenti risultati.
Secondo alcuni antichi documenti Giapponesi, la vita di Cristo non finì in croce a Gerusalemme, ma in Giappone, dove tuttora è stata a lui dedicata un’umile tomba.
Le scritture orientali raccontano che quando Cristo visitò per la prima volta il Giappone aveva tra i ventuno e i trentatré anni, questo viaggio spiegherebbe i lunghi periodi della sua vita completamente ignorati dal Vangelo. In questo periodo si presume che l’uomo abbia studiato la cultura e la lingua locale, prima di tornare a Gerusalemme.
Una volta tornato al suo paese natale Cristo non sarebbe morto in croce, al suo posto, infatti, sarebbe stato crocefisso il fratello minore Isukiri, ma si sarebbe trasferito in Siberia, proseguendo pochi anni più tardi verso l’Alaska, fino ad arrivare a Hachinohe, 40 km circa da Shingo. Si narra che abbia vissuto lì gli ultimi anni della sua vita, in un villaggio dove trovò moglie, ebbe tre figli e morì all’età presunta di 106 anni.
I documenti che riportano l’intera storia sono chiamati “Takenouchi Documents” e gli esperti affermano che la loro età risale ad almeno 1500 anni fa, tramandato di generazione in generazione dalle famiglie del villaggio di Takenouchi.
Coloro i quali si recassero nel villaggio di Shingo, potranno ammirare la “Vera tomba di Gesù Cristo”, così come riporta la targa al suo ingresso. Il piccolo monumento funerario comprende due tombe, in quella a sinistra sarebbe contenuto l’orecchio di Isukiri con una ciocca di capelli di Maria Vergine, mentre sulla destra sarebbero conservati i resti di Cristo sepolto.
Tale teoria è stata descritta da molti come una bufala inventata dai locali per attirare un po’ di turismo al loro villaggio. Non è un caso, infatti, che nel villaggio la fede di tutti gli abitanti sia quella Buddhista. Qualcuno però non manca di sottolineare come alcune prove non confutabili siano state ritrovate nel villaggio di Shingo. Si tratta di alcune tradizioni non comuni al resto del paese, come ad esempio l’abitudine di battezzare i neonati con una croce in testa o l’uso di alcune parole bizzarre per la lingua Giapponese e ancora l’aspetto poco orientale di alcuni abitanti.

mercoledì 18 novembre 2015

MEMORIE DI UN CUOCO D'ASTRONAVE (Massimo Mongai)

 
Il libro narra di un viaggio nello spazio, realizzato in un epoca in cui tali viaggi non hanno più nulla di eclatante; in definitiva, sono paragonabili a una lunga crociera sugli attuali vascelli marittimi. Libro di fantascienza, quindi, ma particolare. A differenza di altri racconti, qui non è il comandante di una nave, l’esploratore solitario o l’eroico soldato a narrare la storia, bensì il cuoco di bordo: al secolo Rodolfo Turturro detto “Basilico”. Si tratta di vicende a sfondo culinario, a tratti divertenti che pur riescono a delimitare a tutto tondo il clima che si respira a bordo, le usanze e i costumi delle varie razze aliene. La storia si basa su alcuni presupposti; uno dei quali, forse il più importante, è: “nello spazio nessuno ti regala niente”. Tutto ciò che si ottiene da un’altra razza va pagato in qualche modo. Così quando una piccola e lenta astronave arrivò nei pressi di Proxima Centauri e incontrò, per puro caso, una immensa nave degli “zingari”, questi rimasero perplessi. Cosa avevano da offrire alla comunità gli esseri umani? Niente, in termini di tecnologia: erano troppo primitivi. E’ la razza degli zingari che veicola, nella Galassia, merci e informazioni. Per fortuna capirono che gli umani avevano qualcosa da scambiare, altrimenti sarebbero ancora confinati sulla Terra e sulle loro astronavi a propulsione chimica. Gli umani, infatti, avevano due risorse: l’aglio e la musica. Tutte e due risultarono sublimi per gli alieni, che in cambio cedettero tutta la loro tecnologia. Questo il passato. Nel suo tempo, invece, Turturro ci racconta un po’ della sua vita, rivelandoci il motivo per cui intraprese quel viaggio. La Terra, sovraffollata, è riuscita a nutrire i suoi dodici miliardi di abitanti ricorrendo alle colture intensive della soia e delle alghe. Altro presupposto: “la soia ha salvato l’umanità dalla fame e l’ha lasciata viva a chiedersi se ne valeva la pena!” Inutile dire che sulla Terra si mangia malissimo: tutto il cibo, preconfezionato, è fatto con la soia o con le alghe e alla fine i sapori si confondono e si assomigliano un po’ tutti. C’è poco da fare per un cuoco: meglio lo spazio, allora. Sulle astronavi si impiegano ancora alimenti naturali e non surrogati a base di soia e soprattutto si cucina! Per puro caso, quello che doveva essere un aiuto cuoco, per di più alla sua prima esperienza, diventa il vero cuoco di bordo. Un cuoco, su di una nave, è sempre al corrente di tutto quel che succede, per questo è coinvolto in tutte le avventure che capitano all’astronave e al suo equipaggio. Ed è proprio grazie al suo talento, alla sua abilità di cuoco, che riusciranno sempre a cavarsela e... ma devo proprio raccontarvi la trama? Uhm! Non è che, così facendo, vi tolgo il piacere di leggerlo?
Fate una cosa, seguite il consiglio di Sofia: accattatavelle!
 
Recensione apparsa su ciao.it il 17 ottobre del 2009, pubblicata con lo pseudonimo di "Lugal"

martedì 3 novembre 2015

I FIGLI DI DIO


Si dice che lo scrittore è fondamentalmente un bugiardo. Racconta storie che si è inventato, ma il lettore, per vari motivi, è disposto a seguirlo a patto, però, che la storia sia credibile. Per quanto mi riguarda, dietro ogni storia, anche la più fantastica, c’è un gran lavoro di ricerca. Quando misi “in cantiere” il romanzo Il signore delle aquile, decisi di ambientare quella vicenda nella protostoria e quindi mi domandai dove e quando erano comparsi i primi barlumi di civiltà. La mia ricerca mi condusse ai Sumeri. Quella dei Sumeri sembra sia stata la civiltà più antica, i Sumeri sono il popolo più antico, forse, come essi stessi ci hanno tramandato, sono il primo popolo: i discendenti diretti dei primi uomini creati da Dio. Sapevano scrivere e la loro scrittura risulta oltremodo completa ed efficace, per qualcuno è addirittura perfetta. Ci hanno tramandato storie remote del tempo in cui gli Dèi scesero sulla Terra, di quando gli uomini ancora non c’erano e della loro comparsa su questo pianeta. Sono gli stessi racconti che troviamo anche altrove, anche nella Bibbia.
 
“Bereshit barà Elohim et hashamayim ve’et ha’arets”,
 
Questa frase della Bibbia, in italiano, viene tradotta come:  - In principio Dio creò il Cielo e la Terra. -
Ma Elohim, tradotto con “Dio” nelle moderne edizioni della Bibbia, è in realtà un sostantivo plurale: è il plurale di Eloah. In ebraico, infatti,  il suffisso im è utilizzato per rendere il plurale di un sostantivo.
A quanto pare, anche secondo la Bibbia, la creazione del mondo non è opera di un’unica entità che la cultura monoteista identifica con Dio, ma è frutto dell’azione congiunta di diverse divinità. È singolare notare come, nella Bibbia, a volte sembra che Dio parli da solo, ma non è solo! Se sostituiamo con Dèi la parola Dio, ecco che tutto assume un significato più ampio. La cosa trova conferma, per esempio, nel momento in cui si decide di creare l’uomo. In questo caso, la traduzione dall’originale conserva il plurale quando il “simposio creativo” esclama: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza”.
La Bibbia, insomma, rivela la notizia che l’uomo è stato creato ad immagine e somiglianza di un gruppo di entità, considerate divine, chiamate “Elohim”. Ma chi sono costoro?
Il significato corretto è “gli Splendenti”, individui simili agli uomini, non spirituali: quindi non Dèi. Noi li avremmo definiti extraterrestri, ma questo è un termine che non apparteneva alla cultura di chi scrisse.
Adamo ed Eva sono i progenitori dell’homo sapiens e non sono stati creati dal nulla, ma su di loro gli Elohim sono intervenuti con l’ingegneria genetica, dando come un colpo di acceleratore all’evoluzione umana. Adamo, significa “quello della terra”, insomma nato su questo pianeta. Sarebbe più corretto tradurlo “il terrestre”, per distinguerlo evidentemente da chi terrestre non era. Eva, invece, è Hawà, ovvero “la madre dei viventi”, insomma la progenitrice di tutta la specie umana”.
 
Non è tutto: secondo quanto riporta la Bibbia, in un tempo remoto, esisteva anche una “progenie divina” che abitava la Terra.
In ebraico il libro è indicato con l’espressione iniziale Bereshìt, “In principio“. Nella parte prima, il libro affronta i grandi enigmi dell’esistenza: origini dell’universo e dell’uomo, quale sia il giusto rapporto dell’uomo con Dio, il problema del bene e del male, del dolore, della morte, la crescita dell’umanità e il suo differenziarsi nello scorrere del tempo. Quello che a noi interessa si trova al capitolo 6, versetti 1, 3 e 4:
 
“Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro delle figlie, i Figli degli Dèi (benei ha-elohim) videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli a loro scelta. […].
 
“C’erano sulla terra i giganti (nephilim) a quei tempi – e anche dopo -, quando i Figli degli Dèi si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi”.
 
Osservando il passo, notiamo che, oltre agli uomini (e alle loro figlie) vengono menzionati anche gli Dèi e i loro figli.
Benei ha-elohim (Figli degli Dèi), possiamo supporre che costoro fossero la seconda generazione degli “splendendi”, gli Elohim che erano nati sulla Terra e avevano convissuto con gli uomini.
I primi scrittori cristiani, come Tertulliano e soprattutto Lattanzio, nel tentativo di spiegare l’origine dei misteriosi Benei ha-elohim accolsero l’idea, presente chiaramente nel Libro di Enoch, che questi fossero gli angeli caduti, come sembra alludere anche il passo della Genesi.

domenica 1 novembre 2015

I DOGON


I Dogon sono una popolazione africana che vive nel Mali. Posseggono una conoscenza astronomica molto accurata. Già sapevano, ad esempio, che Giove possedeva quattro enormi satelliti, che Saturno era circondato da anelli e che tutti i pianeti eseguivano un’orbita ellittica intorno al Sole. Due antropologi, Marcel Griaule e Germaine Dieterlen, li hanno studiati dal 1931 al 1952 e la cosa che colpì maggiormente i due studiosi fu la constatazione che, nonostante i Dogon fossero entrati in contatto con la nostra civiltà in tempi abbastanza recenti, possedevano delle incredibili conoscenze di carattere scientifico ed astronomico. Dopo aver vissuto per molto tempo con loro, sostennero che i Dogon avevano rivelato diverse conoscenze sul sistema di Sirio che non era possibile ottenere se non con mezzi “moderni”. Cioè conoscevano l’esistenza di una stella compagna (Sirio B) non visibile, che ruota attorno a Sirio con un periodo di 50 anni. Sapevano  che Siro B è composta di materia incredibilmente pesante. In effetti, è talmente densa che una quantità di essa, corrispondente, più o meno, alle dimensioni di un pisello, pesa circa mezza tonnellata.
 
Lo stupore nasce dal fatto che soltanto nel 1862 l’astronomo americano Alvan Clark dedusse l’esistenza di Sirio B utilizzando un telescopio e non prima del 1970 si ebbe la conferma dell’esistenza di questa stella e si riuscì anche a fotografarla. Eppure i Dogon ne erano già a conoscenza: chiamavano Sirio B con il nome di “Po Tolo”. Questo nome è sicuramente il modo più azzeccato e sconvolgente per descrivere questo sistema, il termine Tolo, infatti, significa stella, mentre Po è riferito ad un cereale tipico del luogo che presenta la caratteristica di essere estremamente pesante nonostante le piccole dimensioni; espressione, quindi, quanto mai vicina alla realtà visto che Sirio B è una nana bianca e, come abbiamo detto, possiede una densità molto elevata.
 
È curioso che un popolo come quello dei Dogon possegga, fin dall'antichità, conoscenze astronomiche tanto avanzate, ma i Dogon tramandano anche racconti di esseri provenienti da un altro mondo.
Secondo le loro leggende degli esseri conosciuti come Nommo hanno interferito nella loro cultura. Questi strani esseri, secondo i Dogon, provenivano dal sistema stellare di Sirio e facevano parte di un gruppo di antichi esploratori.
I Dogon li descrivono come una specie anfibia, per metà uomo e per metà pesce. Questi Nommo avrebbero trasmesso ai loro antenati la conoscenza dell'astronomia. Vincendo la loro innata diffidenza i due antropologi riuscirono a sapere che questi anfibi, stando ai racconti tramandati dai loro avi, si comportavano in un modo alquanto assurdo in quanto, nonostante li istruissero, non disdegnavano, all’occasione, di catturare alcuni Dogon e di ucciderli per succhiarne il sangue, a quanto pare, inserendo la loro lingua biforcuta nelle narici dei malcapitati. Strano modo di uccidere. Tuttavia, quella che viene descritta come una lingua biforcuta, a ben pensarci, potrebbe essere qualcosa di simile a una fiocina, analoga a quelle usate dai nostri sub per la pesca sportiva. Fatto sta che i Dogon erano (e sono) a tal punto ossessionati da queste leggende che si coprivano il viso con un tessuto nella speranza di non venire mai attaccati da questi esseri provenienti dalle stelle.
 
I Dogon affermano che, ancora oggi, i Nommo sono responsabili del rapimento e della scomparsa di alcune persone e per rabbonire questi uomini pesce, celebrano un rituale che dura cinque giorni, nei quali ballano come forsennati indossando delle strane maschere che dovrebbero raffigurare gli alieni.
Questa celebrazione viene chiamata Sigui e si celebra ogni 50 anni, ovvero nel tempo che Sirio B impiega ad eseguire un’orbita intorno a Sirio. Inoltre, pare che i Nommo gli abbiano trasmesso molte altre informazioni; una di queste riferisce della presenza di un gran numero di pianeti abitati. È singolare che, secondo i Nommo, noi siamo gli abitanti della "quarta Terra". La terza sarebbe abitata da umani cornuti, nella quinta vivrebbero uomini con la coda, e nella sesta uomini alati. Questi racconti, per quanto incredibili, non sono gli unici. Tante storie simili, raccontate da altri popoli in tutto il mondo, contribuiscono a mantenere viva la straordinaria leggenda degli uomini pesce.