“Tempo di Libri” è una fiera che accantona la piena
primavera (fine aprile) per svolgersi in un periodo meno affollato di eventi (e
soprattutto più lontano dal Salone sabaudo): è iniziata, infatti, l’otto marzo,
festa della donna. A dirigerla però non è più una donna, Chiara Valerio, ma un
uomo, Andrea Kerbaker. Diversa anche la sede: lascia il polo fieristico firmato
Fuksas di Rho per traslocare nella più centrale Fiera Milano City. Se la nuova
formula riscuoterà i consensi sperati, sarà una festa per tutti e la posizione
di chi pensa che per i libri sia “meglio avere due Saloni invece che uno” ne
uscirà rafforzata. Comunque vada, per gli addetti ai lavori resta la
consapevolezza che non è affollando fiere, festival, premi letterari e reading che
si riescono a convertire alla lettura quei 33milioni di italiani nel cui tempo
libero non c’è spazio per i libri. Forse si recupererà qualcuno che ha smarrito
per strada il piacere di leggere o che si è lasciato distrarre da altro — dai
troppi social o dai troppi selfie — ma non chi è allergico alla pagina scritta.
Contro le allergie servono i vaccini e purtroppo in giro non ci sono tanti
Pasteur con in tasca l’antidoto.
L’emorragia di lettori è preoccupante, se ne sono
persi oltre tre milioni negli ultimi sette anni (quasi il 12%). L’àncora di
salvezza per gli editori resta sempre la stessa, i lettori forti (comunque
ridottisi), il cui contributo non è stato però sufficiente a mantenere stabile
il numero di copie vendute, che è inesorabilmente diminuito.
Solo nell’ultimo aggiornamento dei dati da parte
dell’Aie, relativo al 2017, spunta dopo ben sette anni un anemico più 1,2% nel
numero di copie vendute e un più confortante aumento del 5,8% nel fatturato. Ma
è facile capire che questo secondo segno positivo non può far certo brindare a
una ripresa in grande stile: è piuttosto dovuto all’aumento del prezzo medio di
copertina, in costante crescita da tre anni a questa parte. Quanto all’ebook,
non cresce ai ritmi previsti o sperati. Rappresenta ancora il 5% del mercato
editoriale, in linea con gli altri paesi europei, tranne la Gran Bretagna che
ha un mercato a due cifre, ma non raggiunge i valori statunitensi. Non che i
nostri editori stiano risparmiando le forze nell’offrire un catalogo digitale degno
di questo nome. Basti pensare che i titoli in formato ebook disponibili nel 2010
erano 11mila, mentre oggi sono oltre 80mila. L’ebook cresce poco perché è
considerato solo un diversivo rispetto al libro fisico, non un sostituto: infatti
non riesce a compensare i numeri persi nel cartaceo.
Una curiosità: per l’Istat gli italiani che leggono
almeno un libro all’anno sono il 40%, mentre per l’Aie il 65%. Perché in Italia
circolano indici di lettura così discordanti?
Perché è diversa la domanda del sondaggio. Se quel 40%
comprendesse tutti i tipi di libri, saremmo dietro il Brasile o la Grecia.
Francamente non è credibile. Questa percentuale esclude tutti coloro che leggono
per motivi scolastici o professionali. Non mi sembra corretto. Negli tempi
andati ho letto tanti libri riguardanti il mio settore lavorativo e stando a
quel parametro, non sarei un lettore. Sempre l’Istat, questa volta non
nell’indagine annuale ma nel rapporto quinquennale, allarga il perimetro alle
guide, ai manuali, alla narrativa di genere (gialli, fantasy...) e infatti la
percentuale sale al 59%.
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