La civiltà dell’Indo, esistita più di quattromila
anni fa, fioriva quando in Egitto si innalzavano le grandi piramidi e in
Mesopotamia troneggiavano i palazzi del potere. Delle prime tre grandi civiltà
della storia, quella dell’Indo è in effetti la più misteriosa, oltre che la più
estesa. Occupava un milione di chilometri quadrati, con 5 milioni di abitanti e
1.050 centri abitati (quelli finora venuti alla luce). La sua scrittura resta
indecifrata e se non ci fossero prove inequivocabili che fu opera dell’uomo,
verrebbe da pensare all’intervento di “alieni”.
Questa civiltà si diffuse in Pakistan e nell’India
Occidentale fra il 2600 e il 1900 a.C., lungo il fiume Indo e i suoi affluenti.
- Le città ospitavano fino a 50mila abitanti, in case e condomini a due piani,
con una progettazione urbanistica che metteva in primo piano l’igiene - spiega
il Dottor Giuliano Boccali dell’Università degli Studi di Milano - venivano
progettate a pianta squadrata, con reti fognarie sotterranee. I collettori di
scarico partivano direttamente dalle abitazioni, dove erano già disponibili le
prime toilette con risciacquo. Si trovavano quasi in ogni casa, o altrimenti
erano in comune, con flusso idrico e scarico “sigillato” da un sifone: in
pratica come il bagno di casa nostra.
Cisterne sotterranee alimentavano la rete idrica,
molto prima che ci pensassero gli architetti della Grecia antica. Esistevano
grandi piscine pubbliche, da fare invidia a Roma imperiale. Statue di
danzatrici, gioielli di corniola, maioliche, strumenti per il make-up, oltre a
quelli musicali, fanno pensare a un popolo che viveva felicemente e in salute,
quando nel resto del mondo antico la contaminazione dell’acqua era una delle
più importanti cause di malattie e di morte.
La cosa più incredibile, però, è che non sono stati
trovati né templi né palazzi regali, anche se tutto sembrava organizzato da un
apparato centrale, forse composto di tecnici. Altro mistero: non ci sono tracce
di grandi opere di irrigazione e questo contrasta in modo sorprendente con il modello
di nascita delle civiltà antiche. Chi era dunque il popolo geniale che fondò
questa civiltà? Che lingua parlava? Perché non si riesce a decifrare la sua
scrittura?
Quel che è certo è che si trattava di un popolo
pacifico. - Da quando, all’inizio del
secolo scorso, si scavarono le prime due città, Mohenjo-daro e Harappa - spiega
Boccali - non sono mai state trovate fortificazioni né armi. La presenza di
raffigurazioni femminili suggerisce il culto di una dea madre dedita a una
cultura non aggressiva.
Si pensa che la società avesse una struttura
democratica, in cui le decisioni venivano prese da assemblee di cittadini. La
presenza di standard per la produzione di mattoni e ceramiche, ma anche per
pesi e misure e l’esistenza di magazzini pubblici per il cibo, indicano un alto
livello di organizzazione. Resti di barche e tracce di un canale in
comunicazione con il mare dimostrano che questi uomini erano abili navigatori:
i loro prodotti arrivarono fino in Mesopotamia, nella città di Ur.
Ma a destare l’interesse degli archeologi sono
soprattutto le numerose iscrizioni rinvenute, spesso incentrate su figure di
animali come elefanti, tigri, bufali, unicorni e uri, grandi bovini ormai
estinti. Secondo il linguista Asko Parpola, dell’Università di Helsinki, molti
di questi segni rappresentano parole, sillabe e fonemi. Si tratterebbe,
insomma, di una forma di scrittura, l’indu, ancora da decriptare. D’altronde - dice Tiziana Pontillo, dell’Università di
Cagliari - se la civiltà dell’Indo aveva scambi con la Mesopotamia non poteva
ignorare la scrittura.
La lingua che parlava questo popolo era una forma
arcaica di sanscrito o una lingua dravidica (dell’etnia dei Dravidi) o, forse, apparteneva a un gruppo linguistico estinto. Senza un idioma “parente”
conosciuto, mancano anche i termini di paragone per la decifrazione dei loro
segni.
Anche la fine di questa civiltà è molto misteriosa.
Fino a qualche tempo fa si pensava che fosse legata a uno sconvolgimento
ecologico. Verso il 1900 a.C. l’ambiente s’inaridì, scomparve il Ghaggar-Akra,
fiume su cui viveva parte della popolazione e per la civiltà dell’Indo iniziò un
rapido declino: la popolazione si ridusse e in gran parte migrò lungo le rive
del Gange.
Recentemente alcuni studiosi hanno avanzato
l'ipotesi che il fiume fosse già inaridito
prima della fondazione della civiltà stessa. Attraverso indagini sul campo e
immagini satellitari, l'Istituto indiano di tecnologia di Kanpur e l'Imperial
College di Londra hanno stabilito che il vecchio fiume si prosciugò fra 12 e 8
mila anni fa. Come facesse, allora la popolazione della valle dell'Indo a
recuperare l'acqua necessaria, rimane un mistero.
In seguito arrivarono gli Indoari, popoli guerrieri originari
dell’Altopiano Iranico, che portarono l’induismo. Non fu una vera invasione, ma
l’insediamento graduale di piccoli gruppi in rete fra loro, favoriti dall’uso
del cavallo. In realtà le migrazioni furono due. La prima, intorno al 1500
a.C., vide l’arrivo di gruppi Indoari che ancora non praticavano la divisione
in caste della società. Sceglievano il loro leader democraticamente, in base al
suo valore. E questo fa pensare a un’influenza culturale proprio da parte della
decaduta civiltà dell’Indo.
Una seconda ondata di arrivi, che portò alla
divisione della società in caste, si ebbe nel 500 a.C. Alla fine, comunque,
alcuni elementi dell’induismo presenti anche oggi – come la cura dell’igiene, i
bagni rituali e l’ascetismo – potrebbero avere raccolto l’eredità della civiltà
della valle dell’Indo. Tra l'altro, fra i suoi simboli ritroviamo anche un personaggio
in posizione yoga: era forse la versione più antica di Shiva, ancora oggi una
divinità centrale della religione induista.
Chi era il popolo geniale che fondò questa civiltà? Che lingua parlava? Perché non si riesce a decifrare la sua scrittura?
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