I Maya lo chiamavano il “Tempo del non tempo” ed
era collegato all’ultimo Katum. Nel sistema di calcolo del lungo computo,
veniva utilizzata una precisa unità di
misura, il katun, che consiste in un ciclo di 20 anni.
Questa unità di misura ci aiuta a comprendere come
l’ultimo lasso di tempo del ciclo in cui viviamo, iniziato nel luglio del 1992,
si doveva concludere il 21 dicembre 2012, a termine dell’ultimo katun della
nostra era, in coincidenza con il termine dell’ultimo ciclo, di 5.125 anni e
del Giorno Galattico di 25.625 anni. Ora, molti di voi diranno: - ma non è
accaduto nulla il 21 dicembre 2012, quindi? -
Infatti i Maya non hanno mai predetto la fine del
Mondo ma solo la fine di “un mondo”, inteso come il termine di un Ciclo
temporale, quello galattico per l’appunto. Sapevano che il fattore Temporale
influenza le civiltà. Attualmente ci troviamo all’interno di una vasta porzione
temporale che i Maya definiscono Cilam Balam. Una misteriosa raccolta di testi
che narrano degli accadimenti di ciascun ciclo cosmico, ci dicono che quello in
cui ci troviamo ora è un ciclo che non porterà niente di buono: la nostra
civiltà ha imboccato una via senza ritorno.
Questi cicli temporali si ripeteranno
periodicamente nel tempo. Ma che cos’è il tempo? Il fattore Tempo esiste?
La nostra realtà quotidiana è costantemente
caratterizzata da questo elemento, arrivando a condizionarci in modo spesso
stressante, anche perché il modo in cui lo percepiamo è sempre sottoposto a
eccessi: troppo o troppo poco. Se possiamo affermare che lo spazio esiste
perché lo percepiamo attraverso i sensi, altrettanto non possiamo fare con il
tempo. Lo scorrere del tempo, per noi, è legato a tutta una serie di fenomeni,
sia naturali sia artificiali: il giorno e la notte, l’alternarsi delle
stagioni, la nascita e la morte, ma e soprattutto dall’orologio.
L’orologio è significativo poiché ci segnala
costantemente lo scorrere inesorabile della linea immaginaria sulla quale ci
muoviamo. Eppure, se è fermo, non significa che lo sia anche il tempo!
Questo ci porta a fare delle considerazioni.
Prendiamo un DVD. Esso contiene dei dati sotto forma di immagini e suoni. È un
oggetto che percepiamo nel piano fisico, spaziale, ma fino al momento in cui lo
inseriamo in un apposito lettore non ci procura nessun “spostamento” temporale.
È nel momento in cui il DVD inizia a essere riprodotto dal supporto che vediamo
delle immagini e ascoltiamo dei suoni: le informazioni in esso contenute
iniziano un processo di spostamento nel tempo: da “inizio” a “fine”. Questo
spostamento non esiste se non nella nostra percezione: è solo una convenzione, un’illusione.
I dati del disco sono lì, senza tempo, senza “spostamento”, ma sono reali in
quanto parte di un supporto fisico. Ma, se il tempo che noi regoliamo con i
nostri meccanismi è una convenzione, che cos’è il tempo esattamente?
Per Newton, il tempo passava per un immenso spazio
vuoto anche se non accadeva nulla e non c’era nulla. Cioè, il tempo passa a
prescindere da tutto il resto. Poi è arrivato Einstein e le cose sono cambiate.
Il fisico tedesco si accorse che nell’intervallo che va tra quello che
definiamo “passato” e quello che definiamo “futuro” c’era altro: il “presente”.
Eh, lo so, ai più sembrerà una stupidata, ma ai tempi di Albert non era così
scontato. Il presente aveva goduto di scarsa considerazione perché troppo
breve.
Voi pensate di essere qui, “adesso”, ma adesso è
già passato: l’intervallo tra passato e futuro è di poco più di un nanosecondo!
Se, però, cercassimo un contatto interplanetario,
una comunicazione, ad esempio, con Marte, non potremmo avere una conversazione
“diretta”, perché chi pone la domanda dovrà attendere che l’altro la riceva (circa
quindici minuti ed altrettanti per la risposta). Quei quindici minuti come li
consideriamo? Come un “adesso” un po’dilatato?
Sul piano astrale, le conseguenze logiche di ciò
sono importanti: non possiamo dire “in questo momento nell’Universo le cose stanno
così” perché non esiste un “questo momento”. Nell’universo tutto è relativo.
Bene: abbiamo capito che il tempo è un concetto
fumoso, ma non per questo possiamo esimerci dal considerarlo. Non possiamo
perché sull’asse invisibile del tempo noi ci muoviamo in modo “condizionato”
dal concetto stesso di tempo che abbiamo stabilito. Quando siamo in compagnia
di una persona piacevole sembra che il tempo scorra più veloce. Quando facciamo
qualcosa di faticoso o noioso il tempo sembra non passare mai. Eppure, il tempo
standard dell’orologio è sempre lo stesso. La risposta sta nella percezione del
tempo che ognuno di noi ha rispetto a un evento. La percezione (l’illusione)
del tempo è appannaggio della nostra mente ed essa ne dispone soggettivamente.
Il tempo, quindi, è un’illusione. L’orologio, per
convenzione, ci impone ritmi che spingono le nostre vite in direzioni
prestabilite, ma sappiamo che quando sogniamo a occhi aperti o ci perdiamo in
altri pensieri il tempo smette di avere la sua pesante (e invadente) presenza
perché non lo avvertiamo più.
In questi e in altri casi, si potrebbe dire che il
tempo “non esiste”, se non nelle lancette dell’orologio o sugli appuntamenti
della nostra agenda. La stessa linea immateriale che delimita il passato, il
presente e il futuro è un concetto e come tale, ha una validità relativa.
La parola “adesso” è un paradosso. Se diciamo
“adesso” in realtà è già passato, ma mentre lo pronunciamo è presente, anche se
per un nanosecondo. Quindi è presente o passato?
Per noi, il concetto di presente è essenziale,
perché in esso noi riconosciamo il momento che stiamo vivendo. È una unità di
misura convenzionale che ci serve per delimitare un evento nello spazio.
Purtroppo, si rivela essere un’illusione nell’illusione, ma ne abbiamo bisogno
perché ci aiuta a non perderci: è una sorta di bussola.
Non possiamo intervenire sul passato, perché
appunto, se n’è andato. Sul futuro ci perdiamo il sonno, preoccupati di cosa
accadrà, come sarà, perché sarà, ma anche per quello possiamo fare ben poco: ci
sono troppe variabili in gioco e non solo le nostre (le interazioni con gli
altri, gli eventi casuali). Non ci rimane che il presente. Che è già passato.
Se il tempo fosse come il DVD di cui abbiamo
parlato prima, potremo considerare la scena che stiamo guardando come il
presente, quelle già viste rappresenterebbero il passato e quelle che
seguiranno il futuro. Ma quando non stiamo riproducendo il dischetto i tre
stati del tempo saranno comunque presenti “nello stesso istante” sotto forma di
informazioni. E così, con un tasto potremmo passare da una scena all’altra decidendo
di volta in volta quale sia il presente in osservazione.
Non si tratta di un viaggio nel tempo in senso fisico,
solo mentale. Se, quindi, pensiamo a un evento del passato rivivendolo nella
nostra mente, come dovremmo considerare quello stato? Se immaginiamo un evento
futuro siamo sicuri che non accadrà proprio così come l’avevamo immaginato?
Questo, per introdurre un concetto espresso dal Dr.
Bradford Skow, professore del MIT (Massachusetts Institute of Technology) il
quale afferma che il tempo non si muove in avanti: è sempre presente. Cioè, il
tempo non scorre, ma “è”, pertanto tutti gli eventi possibili sono già presenti
nel cosmo, dobbiamo solo scoprirli vivendoli.
Il film “Interstellar” di Christopher Nolan ci ha mostrato come, attraversando un buco nero, si possa ribaltare il concetto che abbiamo del tempo. Basandosi sugli studi effettuati dal fisico Kip Thorne, il film ci mostra come il protagonista si trovi in uno stato potenziale dove le tre fasi del tempo (passato, presente e futuro) coesistono. Grazie alle ipotesi di Thorne, nel film, notiamo come il protagonista riesca addirittura a influenzare il passato (usando la gravità) diventando l’osservatore di se stesso.
In definitiva, siamo schiavi di un concetto bizzoso, che non sappiamo bene come trattare e che ci manipola nostro malgrado. Anzi, siamo noi a manipolare noi stessi, dal momento che è la percezione del tempo quella che complica tutto.
Che il tempo esista realmente in forma di dimensione o di materia (tachioni?) per ora, è materia di studio per la fisica teorica.
La questione è ovviamente molto complessa: a livello subatomico la freccia del tempo sembra essere più “incerta”, perché quello che noi diamo solitamente per scontato, cioè lo scorrere del Tempo in un’unica direzione, in realtà non lo è, e necessità di una giustificazione scientifica. Le equazioni che descrivono correttamente i processi fisici subatomici, salvo qualche rara eccezione scoperta recentemente, funzionano perfettamente in modo indipendente dalla direzione del Tempo, che appare perciò come una dimensione simmetrica, cosa che però contraddice clamorosamente tutto ciò che rileviamo a livello macroscopico, il che ha ovviamente generato un bel rompicapo e mette in evidenza quanto ancora sia limitata la nostra comprensione della natura del Tempo.
Per noi comuni mortali rimane una linea invisibile/immaginaria/intangibile su cui ci muoviamo consapevoli solo della misurazione che abbiamo deciso di applicargli che è, di fatto, reale perché noi la consideriamo così.
Camminiamo nello spazio (de)limitati dall’illusione di essere protagonisti della nostra esistenza, istante per instante, momento per momento. Ma, se un momento è già passato e il successivo è futuro… ”quando” e quale momento stiamo vivendo?
A voi la risposta.
Se pensiamo a un evento del passato rivivendolo nella nostra mente, come dovremmo considerare quello stato? Se immaginiamo un evento futuro siamo sicuri che non accadrà proprio così come l’avevamo immaginato?
RispondiEliminaIl tempo non si muove in avanti: è sempre presente. Cioè, il tempo non scorre, ma “è”, pertanto tutti gli eventi possibili sono già lì, presenti nel cosmo, dobbiamo solo scoprirli vivendo.