Gli
USO non sono altro che gli UFO sottomarini. In pratica, navicelle aliene, a
volte luminose, che viaggiano sott’acqua, ma che poi fuoriescono ad alte
velocità o si adagiano sul fondale marino. In particolare, sono stati
documentati “oggetti” di ogni tipo che fuoriescono dal mare spostando enormi
quantità di acqua e che in diverse occasioni investono e capovolgono le
imbarcazioni sovrastanti.
L’Istituto di Geologia Marina
del CNR di Bologna, usando navi oceanografiche, nel Tirreno meridionale è
riuscito a disegnare mappe dettagliate dei fondali marini. Il sonar ha permesso
di rilevare il fondale marino e tutto ciò che si trovava adagiato su di esso ed
è stato rilevato un grande oggetto sigariforme adagiato sul fondale marino. L’oggetto,
per intenderci è assolutamente identico a quelli che vengono solitamente
avvistati in atmosfera.
La presenza di attività
ufologica nei fondali marini sembra essere collegata anche all'esistenza di
basi aliene sottomarine, come testimonierebbero anche alcuni reperti
tecnologici presenti nei fondali marini.
Gli USO (Unidentified Submerged
Object o Unidentified Submarine Object, in italiano OSNI: Oggetto Sottomarino
Non Identificato) forse sono più interessanti del fenomeno ufologico di
carattere aereo.
Il C.U.N. (Centro Ufologico
Nazionale) rivela diversi casi, anche internazionali, avvenuti nell’arco di
quasi 60 anni.
Un particolare rilievo viene
dato all’ondata degli avvistamenti nell’Adriatico nel 1978 (Cfr. il caso "Amicizia") clicca qui per visualizzare il post, un
anno in cui si registrò una significativa ondata di eventi marini. Ecco uno
stralcio del paragrafo che tratta l’argomento: nel 1978 alcuni membri del
Centro Ufologico Nazionale si recarono a San Benedetto del Tronto (dove si
trovava anche il sottoscritto) per un’inchiesta di prima mano sui vari fenomeni
riferiti dalla stampa locale. Qui la prima meta dei ricercatori fu la
capitaneria di porto, dove fu loro possibile intrattenersi a colloquio con il
comandante, il Colonnello Franco De Martino. Questi confermò di avere agli atti
numerose dichiarazioni di vari testimoni oculari, ma, in quanto “materiale
riservato”, evitò di mostrarle agli interlocutori. Questi, però, riuscirono
comunque a ricostruire le varie vicende in un quadro abbastanza preciso e
organico. A lavoro concluso, si trovarono di fronte a tre tipologie di
fenomeni:
- osservazioni diurne di colonne d’acqua che si alzavano improvvisamente dalla superficie marina in prossimità (150-300 metri) di alcuni natanti.
- vari fenomeni luminosi notturni, in genere globi di colore rossastro o bianco che comparivano e scomparivano di colpo nelle vicinanze delle imbarcazioni (la casistica ufologica successiva registrerà tuttavia anche casi di luci che seguono i natanti, così come segnalazioni di “corpi scuri” in immersione e in emersione).
- fenomeni diurni e notturni, probabilmente di natura elettromagnetica, causanti disturbi di vario genere ai radar e alle strumentazioni elettriche, rilevati da un notevole seppur imprecisato numero di natanti.
Il Colonnello De Martino escluse
categoricamente che i vari fenomeni potessero attribuirsi alla presenza di
sottomarini, poiché i fondali delle zone indicate non superavano la profondità
di venti metri).
"Fenomeni di questo tipo - affermò l’ufficiale – sono stravaganti e non conosco precedenti simili. È certo, però, che non possiamo parlare di suggestione collettiva".
Ma ecco le segnalazioni:
In data imprecisata, compresa
tra il 14 e il 23 ottobre, alle ore 2:30 circa, a cinque miglia dalla costa tra
San Benedetto del Tronto e Grottammare (fondale di 13 metri) il testimone, Dino
Vesperini, avvistò, per alcuni minuti, una "luce rossa" intensa, in
avvicinamento, più grande delle luci delle imbarcazioni e apparentemente maggiore
del disco lunare. La forma dell'apparizione era circolare, con un tenue alone.
Vesperini, osservando la luce dirigersi verso la sua imbarcazione e temendo una
collisione, deviò la rotta. La luce passò così a meno di mezzo miglio da lui
che, nel frattempo, osservò che non si rifletteva sulla superficie marina.
Su di essa si intravide una
"zona scura" indefinita, che procedeva di concerto con la luce.
Nessun rumore di genere venne distinto. Solo. dopo il transito, il testimone
avvertì un evidente moto ondoso, come dovuto al passaggio di un normale
natante. Le condizioni atmosferiche erano buone, il mare calmo, il cielo sereno
e la visibilità è ottima. Il marittimo dette importanza al fatto solo dopo
diversi giorni, in seguito alle numerose altre segnalazioni dei colleghi.
18 ottobre 1978, ore 9:00. A
circa 4 miglia nautiche al largo di Pedaso, a Sud, in direzione di Cupra, una
improvvisa colonna di acqua di circa cinque metri di diametro si sollevò a non
più di di 150 metri dal motopeschereccio Gabriela Padre, ricadendo poi sulla
superficie marina. L’altezza della colonna è valutata sui 30 metri.
23 ottobre 1978, ore 11:00. Lo
stesso peschereccio, il Gabriela Padre si trovava a meno di due miglia e mezzo
al largo del fiume Tesino, presso Grottammare nelle immediate vicinanze c’era l’imbarcazione
Patrizia. Nuovamente e senza alcun preavviso, una colonna d’acqua in tutto e
per tutto simile a quella del 18 ottobre si sollevò dal mare.
Sempre nella stessa mattinata, a
12 miglia dalla costa, Luigi Paci dal Breghisse avvistò per 4-5 secondi un’altra
colonna d’acqua alta almeno una dozzina di metri.
24 ottobre, ore 9:00. I
testimoni, questa volta, sono Fausto Ricci (Presidente della cooperativa
Marinesca) e Florindo Soncini bordo del motopesca Rapepi. Nella stessa zona di
mare, come il 23 ottobre, a quattro miglia dalla costa e a circa 200 metri
dalla poppa, qualcosa affiorò in superficie. Si trattava di un grande corpo
scuro lungo più di venti metri che, osservato per circa mezzo minuto, si immerse
poi senza alcun rumore. Venne inizialmente avanzata l’ipotesi di una balena ma,
sia per la vicinanza alla costa, sia per il basso fondale (10-12 metri) l’idea
venne prontamente abbandonata. Ma il mistero rimase.
26 ottobre, in mattinata. Sole e
mare calmo. I marinai del motopeschereccio "Nello" avvistarono sulla superficie
del mare una sorta di solco vorticoso, come prodotto dal passaggio di un
motoscafo. Il solco si vedeva, ma non c’era alcun natante! "Qualcosa",
comunque, correva velocissimo sotto il pelo dell’acqua, tanto da produrre una scia
visibile in superficie.
27 ottobre, ore 13:00. Testimone
ancora Fausto Ricci, con Nicola Paolini, entrambi a bordo del motopeschereccio
Triglia. I due intravidero, nella stessa zona di mare teatro dei casi del 23 e
24 ottobre, una grossa "sagoma" immergersi rapidamente. Tale fenomeno
provocò una grande ondata che fece vacillare l’imbarcazione. Non venne
avvertito alcun rumore. Il giorno precedente gli stessi testimoni avevano anche
osservato nel medesimo tratto marino un'altra colonna d'acqua alzarsi di colpo
dai flutti. Ricci aveva osservato sulla metà della colonna una specie di
macchia scura, non meglio definibile, che faceva pensare a un corpo solido, rigido
e compatto.
Tuttavia, il caso più
interessante fu quello del 21 dicembre 1978, quando una di queste
"presenze" fu osservata da centinaia di persone per parecchie ore e
fotografata all’altezza di Bellaria. Le sensazionali istantanee scattate dal
fotografo professionista Elia Faccin, su segnalazione e per ordine dei
Carabinieri, poi pubblicate dal settimanale “Panorama” (n.664 del 9 gennaio 1979),
erano e sono tuttora fin troppo significative. Quel giorno Faccin venne
svegliato dai militari, precedentemente allertati dai passanti sul lungomare,
verso la mezzanotte del 20 dicembre 1978: "Corri Elia, c’è un Ufo in
mare!"
45 anni, fotografo specializzato
in ritratti da spiaggia, Faccin pensò sul momento a uno scherzo. Poi,
riconosciute le voci, a lui familiari, del brigadiere Nazareno Fiori e
dell'appuntato Petronio Pacelli, in servizio a Bellaria, afferrò la sua Olympus
e un teleobiettivo da 400 millimetri e raggiunse rapidamente la spiaggia. Lì la
gente sostava già da un paio di ore. Da quando cioè una specie di bastimento in
fiamme, un grande oggetto luminoso e quasi accecante era comparso dal nulla sull’orizzonte.
Tremante per l’emozione, al momento di scattare la prima foto Faccin si rese
conto che l'otturatore automatico della sua sofisticata fotocamera si era
inspiegabilmente bloccato. Qualcosa aveva influito magneticamente sul
meccanismo - ipotizza ancora oggi Faccin. Il professionista, tuttavia, non perse
tempo e ricorrendo a un altro apparecchio fotografico, manuale questa volta, inquadrò
e scattò una serie di istantanee che risultarono di ottima qualità.
La presenza di attività ufologica nei fondali marini sembra essere collegata all'esistenza di basi aliene sottomarine, come testimonierebbero alcuni reperti tecnologici presenti nei fondali marini.
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