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sabato 22 dicembre 2018

APOLLO 20




Esistono racconti di alcuni insiders, ex militari o della NASA, alcuni dei quali sono persino suffragati da dei video, che narrano una strana storia: quella di “Monna Lisa”, l’aliena pilota di un’enorme astronave.
Dal 2007 girano dei video diffusi da William Rutledge. Oggi 86enne, Rutledge, sedicente ex pilota civile, collaudatore e specialista dell’USAF, residente in Rwanda (Africa) dal 1990, avrebbe deciso di rivelare quanto sa e di diffondere in rete i suoi video. Stando alle sue indiscrezioni, Rutledge sarebbe stato uno dei tre astronauti (gli altri erano Alexei Leonov e Leona Snyder) coinvolti in una missione, che la NASA afferma di aver cancellato per mancanza di fondi, svoltasi nell’agosto del 1976: quella dell’Apollo 20. Tale missione, segreta, prevedeva lo studio e l’analisi di alcuni reperti alieni presenti sulla superficie lunare, nei pressi del cratere Izsak, tra cui le rovine di una città aliena e i resti di una enorme astronave madre, apparentemente lunga più di tre Km. Una volta atterrati, la visita alla città non fu così ricca di scoperte come speravano: il sito, visto da vicino, era solo un cumulo di detriti - afferma Rutledge - di cui solo una costruzione rimaneva intatta, quella che battezzarono col nome di "cattedrale". Il sito sembrava antico ed era ridotto malissimo. Oltre l'astronave aliena, avvistata dall'alto, Rutledge e Leonov ne trovarono anche un'altra, triangolare. Ma la maggior parte delle ricerche le fecero all'interno dell’astronave madre. Vi trovarono antiche rimanenze di vegetazione all'interno della sezione motori e “rocce” triangolari che emettevano gocce di liquido giallo dalle proprietà – a suo dire - medicamentose. Trovarono anche dei piccolissimi corpi alieni, lunghi circa dieci cm. in capsule di vetro: presumibilmente embrioni. Ma la scoperta maggiore furono due corpi di adulti, di cui uno intatto.
 
 
Benché alcuni dei video diffusi da Rutledge non siano esenti da difetti e, secondo alcuni, sembrano addirittura dei falsi, alcune rivelazioni e dettagli, come la preparazione tecnica dell’ex astronauta, danno l’idea che ci siano delle verità nelle sue affermazioni. Come aveva promesso, Rutledge ha diffuso su internet un video che mostrerebbe il rinvenimento e il trasporto sul modulo lunare del corpo di un’aliena, da loro battezzata “Monna Lisa”.
Si vedeva una femmina umanoide, alta circa 1,65, con mani a sei dita. Da quanto capirono, si trattava del pilota dell’enorme astronave. I due astronauti per smuoverla dalla sedia del cockpit dovettero tagliare due cavi collegati al suo naso (cosa che si vede parzialmente nel nuovo video). Leonov, dopo aver rimosso il visore dagli occhi della donna, notò del liquido biologico, forse sangue, che fuoriuscì dalla bocca, dal naso e dagli occhi e finì per congelarsi all'istante per effetto dell'atmosfera zero lunare. I capelli sembravano in condizioni insolitamente buone, mentre la pelle pareva protetta da una sorta di sottile pellicola trasparente. La donna non sembrava morta: era in uno stato di sospensione vitale.
 
 

 
 

Quello che colpisce, nei video, è l’aspetto dell’aliena, assolutamente lontana dai canoni degli ET di Hollywood e ben più vicina all’aspetto delle creature descritte nella casistica di molti incontri ravvicinati. L’altezza, l’aspetto peculiare del viso, con il volto quasi triangolare e gli zigomi sporgenti, i grandi occhi e l’attaccatura dei capelli, ricorda molto da vicino la donna aliena che l’agricoltore Antonio Villas Boas incontrò nell’Ottobre del 1957 (Clicca qui per vedere il caso Boas). Anche se, in quel caso, la donna era, forse, un po’ più bassa, con carnagione bianchissima, i capelli biondo platino, grandi occhi azzurri a mandorla e labbra sottili.
Nel video diffuso di recente, si vede il viso e parte delle spalle della donna aliena incastrate in una struttura che sembra vagamente un sarcofago, i lati della bocca collegati agli occhi grazie a due coppie di asticelle bianche composte da un materiale indefinibile (Osso? Plastica?) e gli occhi a loro volta collegati ad una specie di estrusione sulla fronte che a qualcuno ricorderà un terzo occhio, anche qui collegati da una coppia di asticelle bianche. Alcune immagini ravvicinate del volto mostrano le mani degli astronauti mentre rimuovono le asticelle e liberano il volto della donna.
 
 
 
Nella seconda parte del video si vede invece la Monna Lisa sdraiata su di una specie di lettino o altro supporto, apparentemente, a bordo del modulo lunare LEM dell’Apollo 20 (da un paio di zoomate si vede attraverso il finestrino il suolo lunare con il Rover della NASA parcheggiato). Qui la donna aliena appare già svestita, fatta eccezione per una specie di garza o tessuto plastico che gli tiene fermo il collo. Nel lato destro del campo di ripresa, a fianco della donna, un secondo astronauta dopo aver giocherellato un po’ con una telecamera, la posa e prende in mano un block notes. Si nota il corpo della donna, apparentemente umano: l’apparato mammario e addirittura, un ombelico suggeriscono che sia dotata di un sistema di riproduttivo simile al nostro. La pelle appare un po’ rovinata, apparentemente indurita se non addirittura calcificata dal tempo o da qualche sostanza protettiva trasparente. I capelli sono raccolti in una sorta di reticella scura che, probabilmente, ha dato ai cosmonauti l’idea di somiglianza con la donna raffigurata nel capolavoro di Leonardo Da Vinci.
In un’intervista, Rutledge affermava che la donna non avesse narici e per quanto sembri averle, guardando bene il video si nota che le narici non hanno fessure, sembra quasi che siano “tappate” chirurgicamente con della pelle per questioni insondabili. 
 

 
 
Cosa dire di questo video? La donna aliena potrebbe essere un falso, ma così ben fatto sarebbe molto costoso. L’interno del LEM è ben visibile e non può trattarsi di un montaggio di vecchi films della NASA, visti i protagonisti presenti sulla scena. Inoltre, alcuni ricercatori hanno affermato che tutta l’apparecchiatura di bordo è perfettamente congrua con quando risulta dai manuali tecnici della NASA riguardo la strumentazione degli Apollo. In una zoomata si vede anche all’esterno: il suolo lunare con il Rover. Inoltre, uno dei cosmonauti ripresi possiede una tuta coerente con quelle indossate dagli astronauti dell’epoca. Ma  chi è l’uomo ripreso dalla telecamera, che prende il block notes? Leonov? O lo stesso Rutledge?
Di William Rutledge ovviamente non si sa nulla, non ci sono foto o biografie e viene da chiedersi se questo sia il suo vero nome.
È da escludere che si trattasse di Leona Snyder che, a detta di Rutledge, era a bordo del modulo orbitante. Di Alexei Leonov invece le foto abbondano. In Russia è considerato un eroe nazionale: il primo uomo ad aver compiuto la “passeggiata” extraveicolare il 18 marzo 1965 e l’intrepido astronauta che nel 1975 compì lo storico incontro in orbita tra una navetta USA e una Sovietica. Il rendez-vous Apollo-Soyuz. Leonov per l’occasione venne addestrato a Houston, in Texas, imparò l’inglese e venne apprezzato da tutti per le sue qualità tecniche e di pilota, il suo carattere e la sua simpatia. Ebbene, secondo alcuni era proprio Leonov l’astronauta con il blocchetto in mano. 
 

 
 
Tuttavia, una collaborazione USA-URRS, negli anni ’70, appare ben strana! La tensione tra i due Paesi era ancora alta quando avvenne la doppia missione nota come Apollo-Sojuz (ASTP). Fu la prima forma di collaborazione tra gli Stati Uniti d'America e l’Unione Sovietica nel settore dei voli spaziali. Un forte impegno politico, scientifico e militare, solo per una passeggiatina nello spazio?
Nell’emblema della missione Apollo 20, diffuso da Rutledge, si notano due navette sollevare la nave aliena e portarla via (un’immagine improbabile). Ma perché due navette? È probabile che l’embema rappresentasse due navette diverse, proprio come quelle che si agganciarono nello spazio il 17 luglio 1975: una navicella spaziale del programma Apollo ed una capsula Sojuz. Forse quell’evento rappresentava una sorta di preparazione a una missione successiva che si sarebbe tenuta l’anno seguente. Forse, l’aggancio in orbita simulava una manovra che si sarebbe resa necessaria nel corso di quella missione, in un’orbita circumlunare, ben lontano da occhi indiscreti. Ma perché?
Possiamo solo ipotizzare che furono i russi che, dopo aver scoperto l’esistenza di questa nave madre nel cratere Itzak, si resero conto di non avere la tecnologia per raggiungere la Luna, ma non volevano essere tagliati fuori dall’impresa. Inoltre, due equipaggi con due astronavi avrebbero potuto trasportare più materiale, avere più personale per le attività extraveicolari e più esperienze diversificate. Per l’appunto, Leonov sembra apparire nei video di Rutledge sulla Luna, un anno dopo l’aggancio tra la Soyuz e l’Apollo. Un caso?  
 
 
 

Se si ammette che ci fosse una collaborazione con l’URSS per la missione dell’Apollo 20 e se la presenza di Leonov fosse confermata, sarebbe anche ovvio supporre che l’aggancio in orbita del ’75 potesse essere la preparazione a qualcosa di più importante. Se venisse confermata l’ipotesi del “doppio” viaggio URRS-USA verso la Luna, non sarebbe improbabile che la reale identità di Rutledge fosse quella di uno degli altri astronauti americani noti all’epoca, magari uno di quelli che avevano già lavorato con Leonov alla ASTP: Deke Slayton, Thomas Stafford o Vance D. Brand e tutta questa storia assumerebbe una grande credibilità.

2 commenti:

  1. Quello che colpisce è l’aspetto dell’aliena, assolutamente lontana dai canoni degli ET di Hollywood e ben più vicina all’aspetto delle creature descritte nella casistica di molti incontri ravvicinati. L’altezza, l’aspetto peculiare del viso, con il volto quasi triangolare e gli zigomi sporgenti, i grandi occhi e l’attaccatura dei capelli, ricorda molto da vicino la donna aliena che l’agricoltore Antonio Villas Boas incontrò nell’Ottobre del 1957.

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