Esistono racconti di alcuni insiders, ex militari o della NASA, alcuni
dei quali sono persino suffragati da dei video, che narrano una strana storia:
quella di “Monna Lisa”, l’aliena pilota di un’enorme astronave.
Dal 2007 girano dei video diffusi da William Rutledge. Oggi 86enne,
Rutledge, sedicente ex pilota civile, collaudatore e specialista dell’USAF,
residente in Rwanda (Africa) dal 1990, avrebbe deciso di rivelare quanto sa e
di diffondere in rete i suoi video. Stando alle sue indiscrezioni, Rutledge
sarebbe stato uno dei tre astronauti (gli altri erano Alexei Leonov e Leona
Snyder) coinvolti in una missione, che la NASA afferma di aver cancellato per
mancanza di fondi, svoltasi nell’agosto del 1976: quella dell’Apollo 20. Tale
missione, segreta, prevedeva lo studio e l’analisi di alcuni reperti alieni presenti
sulla superficie lunare, nei pressi del cratere Izsak, tra cui le rovine di una
città aliena e i resti di una enorme astronave madre, apparentemente lunga più
di tre Km. Una volta atterrati, la visita alla città non fu così ricca di scoperte
come speravano: il sito, visto da vicino, era solo un cumulo di detriti - afferma
Rutledge - di cui solo una costruzione rimaneva intatta, quella che
battezzarono col nome di "cattedrale". Il sito sembrava antico ed era
ridotto malissimo. Oltre l'astronave aliena, avvistata dall'alto, Rutledge e
Leonov ne trovarono anche un'altra, triangolare. Ma la maggior parte delle
ricerche le fecero all'interno dell’astronave madre. Vi trovarono antiche
rimanenze di vegetazione all'interno della sezione motori e “rocce” triangolari
che emettevano gocce di liquido giallo dalle proprietà – a suo dire - medicamentose.
Trovarono anche dei piccolissimi corpi alieni, lunghi circa dieci cm. in
capsule di vetro: presumibilmente embrioni. Ma la scoperta maggiore furono due
corpi di adulti, di cui uno intatto.
Benché alcuni dei video diffusi da Rutledge non siano esenti da difetti e,
secondo alcuni, sembrano addirittura dei falsi, alcune rivelazioni e dettagli, come
la preparazione tecnica dell’ex astronauta, danno l’idea che ci siano delle verità
nelle sue affermazioni. Come aveva promesso, Rutledge ha diffuso su internet un
video che mostrerebbe il rinvenimento e il trasporto sul modulo lunare del
corpo di un’aliena, da loro battezzata “Monna Lisa”.
Si vedeva una femmina umanoide, alta circa 1,65, con mani a sei dita. Da
quanto capirono, si trattava del pilota dell’enorme astronave. I due astronauti
per smuoverla dalla sedia del cockpit dovettero tagliare due cavi collegati al
suo naso (cosa che si vede parzialmente nel nuovo video). Leonov, dopo aver
rimosso il visore dagli occhi della donna, notò del liquido biologico, forse sangue,
che fuoriuscì dalla bocca, dal naso e dagli occhi e finì per congelarsi
all'istante per effetto dell'atmosfera zero lunare. I capelli sembravano in
condizioni insolitamente buone, mentre la pelle pareva protetta da una sorta di
sottile pellicola trasparente. La donna non sembrava morta: era in uno stato di
sospensione vitale.
Quello che colpisce, nei video, è l’aspetto dell’aliena, assolutamente
lontana dai canoni degli ET di Hollywood e ben più vicina all’aspetto delle
creature descritte nella casistica di molti incontri ravvicinati. L’altezza,
l’aspetto peculiare del viso, con il volto quasi triangolare e gli zigomi
sporgenti, i grandi occhi e l’attaccatura dei capelli, ricorda molto da vicino la
donna aliena che l’agricoltore Antonio Villas Boas incontrò nell’Ottobre del
1957 (Clicca qui per vedere il caso Boas). Anche se, in quel caso, la donna era, forse, un po’ più bassa, con carnagione
bianchissima, i capelli biondo platino, grandi occhi azzurri a mandorla e
labbra sottili.
Nel video diffuso di recente, si vede il viso e parte delle spalle della
donna aliena incastrate in una struttura che sembra vagamente un sarcofago, i
lati della bocca collegati agli occhi grazie a due coppie di asticelle bianche
composte da un materiale indefinibile (Osso? Plastica?) e gli occhi a loro volta
collegati ad una specie di estrusione sulla fronte che a qualcuno ricorderà un terzo
occhio, anche qui collegati da una coppia di asticelle bianche. Alcune immagini
ravvicinate del volto mostrano le mani degli astronauti mentre rimuovono le
asticelle e liberano il volto della donna.
Nella seconda parte del video si vede invece la Monna Lisa sdraiata su di
una specie di lettino o altro supporto, apparentemente, a bordo del modulo
lunare LEM dell’Apollo 20 (da un paio di zoomate si vede attraverso il
finestrino il suolo lunare con il Rover della NASA parcheggiato). Qui la donna
aliena appare già svestita, fatta eccezione per una specie di garza o tessuto
plastico che gli tiene fermo il collo. Nel lato destro del campo di ripresa, a
fianco della donna, un secondo astronauta dopo aver giocherellato un po’ con
una telecamera, la posa e prende in mano un block notes. Si nota il corpo della
donna, apparentemente umano: l’apparato mammario e addirittura, un ombelico
suggeriscono che sia dotata di un sistema di riproduttivo simile al nostro. La pelle
appare un po’ rovinata, apparentemente indurita se non addirittura calcificata
dal tempo o da qualche sostanza protettiva trasparente. I capelli sono raccolti
in una sorta di reticella scura che, probabilmente, ha dato ai cosmonauti
l’idea di somiglianza con la donna raffigurata nel capolavoro di Leonardo Da
Vinci.
In un’intervista, Rutledge affermava che la donna non avesse narici e per
quanto sembri averle, guardando bene il video si nota che le narici non hanno
fessure, sembra quasi che siano “tappate” chirurgicamente con della pelle per
questioni insondabili.
Cosa dire di questo video? La donna aliena potrebbe essere un falso, ma
così ben fatto sarebbe molto costoso. L’interno del LEM è ben visibile e non
può trattarsi di un montaggio di vecchi films della NASA, visti i protagonisti
presenti sulla scena. Inoltre, alcuni ricercatori hanno affermato che tutta l’apparecchiatura
di bordo è perfettamente congrua con quando risulta dai manuali tecnici della
NASA riguardo la strumentazione degli Apollo. In una zoomata si vede anche all’esterno:
il suolo lunare con il Rover. Inoltre, uno dei cosmonauti ripresi possiede una
tuta coerente con quelle indossate dagli astronauti dell’epoca. Ma chi è l’uomo ripreso dalla telecamera, che
prende il block notes? Leonov? O lo stesso Rutledge?
Di William Rutledge ovviamente non si sa nulla, non ci sono foto o
biografie e viene da chiedersi se questo sia il suo vero nome.
È da escludere che si trattasse di Leona Snyder che, a detta di Rutledge,
era a bordo del modulo orbitante. Di Alexei Leonov invece le foto abbondano. In
Russia è considerato un eroe nazionale: il primo uomo ad aver compiuto la “passeggiata”
extraveicolare il 18 marzo 1965 e l’intrepido astronauta che nel 1975 compì lo storico
incontro in orbita tra una navetta USA e una Sovietica. Il rendez-vous
Apollo-Soyuz. Leonov per l’occasione venne addestrato a Houston, in Texas,
imparò l’inglese e venne apprezzato da tutti per le sue qualità tecniche e di
pilota, il suo carattere e la sua simpatia. Ebbene, secondo alcuni era proprio
Leonov l’astronauta con il blocchetto in mano.
Tuttavia, una collaborazione USA-URRS, negli anni ’70, appare ben strana!
La tensione tra i due Paesi era ancora alta quando avvenne la doppia missione
nota come Apollo-Sojuz (ASTP). Fu la prima forma di collaborazione tra gli Stati
Uniti d'America e l’Unione Sovietica nel settore dei voli spaziali. Un forte
impegno politico, scientifico e militare, solo per una passeggiatina nello
spazio?
Nell’emblema della missione Apollo 20, diffuso da Rutledge, si notano due
navette sollevare la nave aliena e portarla via (un’immagine improbabile). Ma
perché due navette? È probabile che l’embema rappresentasse due navette
diverse, proprio come quelle che si agganciarono nello spazio il 17 luglio
1975: una navicella spaziale del programma Apollo ed una capsula Sojuz. Forse
quell’evento rappresentava una sorta di preparazione a una missione successiva
che si sarebbe tenuta l’anno seguente. Forse, l’aggancio in orbita simulava una
manovra che si sarebbe resa necessaria nel corso di quella missione, in un’orbita
circumlunare, ben lontano da occhi indiscreti. Ma perché?
Possiamo solo ipotizzare che furono i russi che, dopo aver scoperto
l’esistenza di questa nave madre nel cratere Itzak, si resero conto di non
avere la tecnologia per raggiungere la Luna, ma non volevano essere tagliati
fuori dall’impresa. Inoltre, due equipaggi con due astronavi avrebbero potuto
trasportare più materiale, avere più personale per le attività extraveicolari e
più esperienze diversificate. Per l’appunto, Leonov sembra apparire nei video
di Rutledge sulla Luna, un anno dopo l’aggancio tra la Soyuz e l’Apollo. Un
caso?
Se si ammette che ci fosse una collaborazione con l’URSS per la missione
dell’Apollo 20 e se la presenza di Leonov fosse confermata, sarebbe anche ovvio
supporre che l’aggancio in orbita del ’75 potesse essere la preparazione a
qualcosa di più importante. Se venisse confermata l’ipotesi del “doppio” viaggio
URRS-USA verso la Luna, non sarebbe improbabile che la reale identità di
Rutledge fosse quella di uno degli altri astronauti americani noti all’epoca,
magari uno di quelli che avevano già lavorato con Leonov alla ASTP: Deke
Slayton, Thomas Stafford o Vance D. Brand e tutta questa storia assumerebbe una
grande credibilità.
Quello che colpisce è l’aspetto dell’aliena, assolutamente lontana dai canoni degli ET di Hollywood e ben più vicina all’aspetto delle creature descritte nella casistica di molti incontri ravvicinati. L’altezza, l’aspetto peculiare del viso, con il volto quasi triangolare e gli zigomi sporgenti, i grandi occhi e l’attaccatura dei capelli, ricorda molto da vicino la donna aliena che l’agricoltore Antonio Villas Boas incontrò nell’Ottobre del 1957.
RispondiEliminaInteressante.
RispondiElimina