Le lampade di Dendera sono considerate dei veri e
propri OOPArt, alla stregua di altri oggetti archeologici, trovati in un
contesto molto strano o totalmente estraneo, rispetto al periodo storico in cui
questi troverebbero una giusta
collocazione.
Alcuni propongono teorie alternative per l’interpretazione
di questo antico bassorilievo egizio, denominato “Lampade di Dendera”. I
sostenitori di tali teorie credono che vi siano rappresentati dei primitivi
strumenti di illuminazione. In tal caso, il gambo del fiore di loto potrebbe rappresentare,
schematicamente, un cavo elettrico e quella sorta di sostegno, che dovrebbe
essere la rappresentazione della colonna dorsale del dio Osiride, invece,
sarebbe la raffigurazione di un isolatore elettrico. Infine, l’oggetto ondulato
che si vede all’interno, sarebbe un alone
luminoso, simile a quello visibile nelle vecchie lampadine a incandescenza; il
tutto è compreso in un bulbo di vetro.
Effettivamente, se ci soffermiamo ad osservare il
disegno, nell’insieme, sembrano essere raffigurati due strumenti adibiti a
qualche genere di funzione. Soffermiamoci sui particolari. Il supporto somiglia
veramente agli isolatori elettrici che possiamo osservare nelle linee
elettriche e che servono a isolare le colonne dai cavi dell’alta tensione.
Alcuni studiosi convinti da questa ipotesi, fanno
notare inoltre che il gambo di un fiore di loto non si sviluppa orizzontalmente
lungo la terra come nel rilievo, ma nella maggior parte dei casi e delle
rappresentazioni egizie, il gambo del fiore di loto non è visibile affatto,
poiché il loto è un fiore acquatico e quindi il gambo è sommerso. In più, il
fiore di loto non è mai stato rappresentato con quella specie di sfera di vetro
e anche se il disegno rappresentasse un serpente che nasce dal Loto, non
avrebbe avuto senso disegnare una cosa simile.
Ma la cosa che ha fatto molto discutere è la
presenza del dio Toth con i coltelli in mano, che gli antichi egizi erano
soliti usare come simbolo di un grande pericolo. Un semplice fiore di loto che
pericolo poteva mai generare?
Le coincidenze non finiscono qui. Poco tempo dopo
la scoperta del tempio di Dendera (avvenuta nel 1857), lo scienziato inglese
sir William Crookes costruì una lampada in grado di emettere raggi x chiamata
“tubo di Crookes”, che presenta molte similitudini con la lampada di Dendera. Un
cavo che parte dall’estremità del tubo di Crookes arriva fino a un isolatore ad
alto voltaggio. Nel bassorilievo il presunto isolatore è rappresentato con lo Zed.
È lo stesso oggetto che oggi sappiamo trovarsi nascosto all’interno della
grande piramide di Giza, da sempre presunto catalizzatore di energia,
schematizzato in molte altre rappresentazioni sparse qua e là per tutto
l’Egitto.
All’interno del tubo di Crookes la luce si diffonde
tramite una serpentina luminosa che ritroviamo, guarda caso, anche nel
bassorilievo di Dendera e sappiamo che gli antichi Egizi chiamavano il serpente
nato dal loto con il nome “Seref”, che significa appunto “illuminare”. Solo un
caso?
Forse il mito del serpente nato dal fiore di loto
può essere ricondotto in senso figurato alla luce che nasce da una lampadina.
Quindi gli antichi egizi avevano veramente scoperto
l’uso della corrente elettrica?
Sono stati fatti molti studi e si sa che il
fenomeno dell’elettricità fu indagato anche dagli antichi greci e dai
babilonesi che quindi, per lo meno, conoscevano questa energia. Se siano
veramente riusciti ad utilizzarla, tanto questi ultimi quanto gli egizi, resta
ancora un mistero.
Il fenomeno dell’elettricità fu indagato anche dagli antichi greci e dai babilonesi che quindi, per lo meno, conoscevano questa energia. Se siano veramente riusciti ad utilizzarla, tanto questi ultimi quanto gli egizi, resta ancora un mistero.
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