È la storia di un taglialegna svedese che incontrò un alieno morente. La storia è arrivata alla ribalta della cronaca grazie al ricercatore Ed Komarek. L'articolo "Humanoid Dies in Sweden", tradotto da un certo John Fontaine, è stato pubblicato, per la prima volta, da Tim Beckley. Fontaine affermò di aver incontrato il testimone durante una conferenza sugli UFO a Charlottenburg, Copenaghen, in Svezia. Entrambi discussero condividendo le loro opinioni e le diverse conoscenze sull’argomento, quindi il testimone, che volle rimanere anonimo, raccontò a Fontaine dell'incontro ravvicinato avvenuto nel 1955.
Non un racconto di “prima mano”, quindi, ma una storia passata, di mano in mano, attraverso almeno tre persone. Alcuni dettagli potrebbero pertanto essere distorti o fraintesi. Tuttavia, è interessante: vale la pena di postarla anche tenendo conto delle eventuali distorsioni.
Il testimone racconta che nel lontano 1955 lavorava come taglialegna, insieme ai suoi due fratelli, nella città di Västra, Norrland, sulle rive del Golfo di Botnia, nel Mar Baltico. Rifornivano di legna una segheria Svedese.
Un giorno imprecisato del mese di luglio alle ore 06:00, mentre erano tutti impegnati nel taglio degli alberi, hanno sentito che qualcosa di grosso, muovendosi nella foresta, spezzava le cime e i rami degli alberi. Un attimo dopo, videro un oggetto fusiforme, delle dimensioni di un piccolo jet privato, volare basso e sfiorare gli alberi. In effetti, pensarono che fosse davvero un piccolo aeroplano le cui ali, all’impatto, si fossero staccate, che stesse precipitando nel fiume.
I tre uomini si mossero alla ricerca dell’oggetto ma, arrivati in una radura, furono investiti da un lampo che illuminò tutta la zona. Il fenomeno, intenso e brillante, si propagò nel più assoluto silenzio. Il flash era incredibilmente luminoso e aveva la strana proprietà di rendere gli alberi come trasparenti. Si poteva vedere attraverso di essi come con una camera a raggi X. Tutto questo durò circa un secondo, poi la luce cominciò a implodere e tutto tornò alla normalità. Gli uomini non trovarono la navicella, ma videro una scia di rami spezzati, sparpagliati su tutta l’area. Stavano quindi tornando sui propri passi, quando all'improvviso, uno dei fratelli gridò: - Guarda, un nano in uniforme!
Guardando meglio, si avvidero di una piccola creatura umanoide che, con ogni probabilità, era uscita dall’oggetto caduto nel fiume. Era alto circa quattro piedi e il suo corpo era circondato da un alone di luce. L'alieno appariva stremato: uno dei fratelli lo toccò e questi si riprese. Aprì gli occhi e iniziò a gridare in svedese: - Non toccarmi o subirai delle conseguenze. Ora sai chi sono.
Fontaine ha riferito che i testimoni rimasero sorpresi dal perfetto accento svedese dell'alieno: questo fatto parve calmarli.
L'umanoide era ben proporzionato: aveva spalle larghe e lineamenti normali. La sua pelle era giallastra, come quella degli asiatici, i suoi occhi erano profondi e completamente neri, senza pupille. Riportava graffi e lividi sul viso, un paio di grosse ferite sulla fronte e sul mento. La sua testa era lanuginosa e quei “capelli” apparivano quasi bianchi. I lobi delle orecchie erano tutt'uno con il collo: assomigliavano alle pinne di uno squalo. Le labbra erano rugose, strette e incolori. Quando sorrise, in modo rassicurante, mise in mostra dei denti piccoli e affilati.
L'alieno disse loro che aveva un’emorragia interna: fece chiaramente intendere che era gravemente ferito e che stava morendo. Quindi estrasse un piccolo oggetto rettangolare che portava attaccata una matita di ardesia. Scrisse qualcosa sull'oggetto, poi lo gettò tra i cespugli e raccomandò ai taglialegna di non toccarlo.
“Non toccatelo. Dirà ai miei simili cosa è successo in modo che non vengano più a cercarmi”.
Il testimone ha affermato che conversò per circa due ore con l'alieno. Sofferente per il dolore, l'umanoide morente parlò con loro e disse che era arrivato dalla costellazione che chiamiamo "L'Aquila" e che la Terra era stata regolarmente visitata da diverse razze cosmiche, per molti secoli. Quando si sentì mancare, l'umanoide chiese alle persone al suo capezzale di mettere i suoi resti in una grande borsa, che estrasse dalla tasca invisibile.
Disse: - Quando sarò morto, la luce sparirà dal mio corpo e con l'aiuto degli altri mi metterai in questo sacco e mi adagerai nel fiume, dove scomparirò. Poi dovrai lavarti bene, altrimenti ti ammalerai.
Il testimone aggiunse che prima di morire lo guardò e improvvisamente sorrise, poi sussurrò qualcosa di incomprensibile e concluse dicendo, nel suo perfetto svedese: - Sei venuto senza alcuna volontà e parti contro la tua stessa volontà. La nostra vita è come il vapore.
Poi disse qualchos’altro, probabilmente una preghiera alla sua divinità, e morì. Alla sua morte, i fratelli fecero esattamente ciò che aveva chiesto. Misero il cadavere nella borsa e lo portarono al fiume. La borsa puzzava di zolfo e gli bruciava le mani. Gettarono la borsa nel fiume e poi si lavarono.
L'uomo che raccontò questa storia a Fontaine, gli assicurò che era tutto vero e che poteva anche dimostrarlo: Il testimone era in possesso di un pezzo di metallo che ritrovò sul posto un paio di giorni dopo. Probabilmente si trattava dell’oggetto lanciato dalla creatura. Nascose questo ritrovamento: non raccontò nulla ai giornalisti e agli ufologi, anche se la sua storia, grazie a quel manufatto, poteva assumere un aspetto assai più veritiero.
Sofferente per il dolore, l'umanoide morente parlò con loro e disse che era arrivato dalla costellazione che chiamiamo "L'Aquila" e che la Terra era stata regolarmente visitata da diverse razze cosmiche, per molti secoli.
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