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mercoledì 18 luglio 2012

Quello che non vi ho (ancora) detto sui Templari


Nel “SEGRETO DEI TEMPLARI”, pubblicato in precedenza, mi sono limitato, per lo più, a dare una serie di notizie storiche, tralasciando quel alone di leggende che pur circonda l’Ordine. Pertanto, con questa pubblicazione che, in poche righe, riassume e integra quella precedente, intendo colmare questo gap.

Nel 1118 nove cavalieri francesi, capeggiati da Hugues de Payns, giunti in Terrasanta si recarono dal Re di Gerusalemme, Baldovino II, manifestandogli il desiderio di formare una comunità con lo scopo di proteggere i pellegrini cristiani. Il Re accettò la loro missione e li fece alloggiare in una casa costruita sulle rovine del Tempio di Salomone. Nacque così il primo nucleo dei Cavalieri del Tempio o Templari. Questi primi cavalieri, diversamente dagli altri crociati, erano monaci guerrieri: indossavano la tonaca e all’occorrenza sapevano maneggiare la spada. In realtà la loro missione era un’altra. Louis Charpentier, autore del libro “Les mystères de la Chathèdrale de Chartres”, ci dice che essi erano stati mandati a Gerusalemme con uno scopo ben preciso, tanto è vero che il compito di proteggere i pellegrini era stato già affidato all’Ordine dei Gerosolomitani. Secondo lo Charpentier, lo stesso re Baldovino II, che li fece insediare sulle rovine del Tempio, probabilmente, era al corrente della loro missione: in quel luogo si doveva cercare la chiave di un segreto. I nove cavalieri andarono a Gerusalemme con uno scopo ben preciso, quello di cercare qualcosa che era stato nascosto. Qualcosa di prezioso, di sacro di cui bisognava conservare l’assoluto segreto. Qualcuno suggerisce che fosse l’Arca dell’Alleanza, contenente le Tavole della Legge.
Leggendo la Bibbia se ne deduce che l’Arca fosse fortemente elettrificata, tanto da fulminare a distanza chiunque si avvicinasse; solo agli iniziati era consentito aprire quel cofano e consultare le Tavole della Legge, acquisendo, a quanto pare, conoscenze sulla Legge divina che regola tutto l’Universo. Fin dai tempi antichi si sapeva dell’esistenza dell’Arca, nascosta nei sotterranei del Tempio. Fu trovata dai Templari? Il risultato della loro ricerca rimase un segreto, però un’antica leggenda ci dice che i Cavalieri del Tempio possedevano le Tavole della Legge.
 
Un’altra leggenda racconta del Graal.
Lo Charpentier ci dice, parlando della missione templare: “ho l’impressione che tutto sia stato già rivelato, sotto il velo dell'allegoria, nei romanzi della Tavola rotonda, perlomeno negli episodi che concernono direttamente la conquista del Graal”.
Nel 1128 i Templari tornarono in Francia ove furono costituiti in ordine religioso nel Concilio di Troyes. Non esistono prove del trasporto dell’Arca in Francia ma, in quegli stessi anni, apparve una nuova forma di architettura: sorsero le cattedrali gotiche. L’architettura gotica si basa sulla trasmutazione delle spinte laterali in spinta verticale. Per costruire una volta gotica bisognava conoscere la geometria descrittiva e il perfetto accordo tra i pesi e le spinte. Si rimane perplessi di questo immenso sapere in un periodo oscuro come il Medioevo. A questo proposito, ricordiamo che il termine “gotica” non deriva dai Goti, ma dalla lingua argotica, l’antica lingua Kabbalistica.
 
La storia ci dice che il supremo Ordine fu soppresso perché, nel tempo, aveva accumulato enormi ricchezze che destarono la cupidigia di Filippo il Bello, Re di Francia. Il motivo, invece, sarebbe stato un altro. I Cavalieri avrebbero appreso, da documenti ritrovati in Terrasanta, che il Gesù crocifisso da Pilato non era il figlio di Dio, bensì un capo della resistenza giudea contro i romani. La confessione di questa scoperta, davanti al Tribunale dell’Inquisizione, li portò dritti al rogo.
 
Louis Charpentier è sicuro che le cattedrali gotiche e le piramidi d’Egitto hanno delle coincidenze costanti nelle proporzioni. Si tratta della stessa conoscenza, la cui chiave passò, attraverso i secoli, dai costruttori delle piramidi a Mosè, a David, a Salomone. I Templari la portarono ai cistercensi che fecero edificare le loro grandi cattedrali. Poi la chiave scomparve ma, si ritroverà quando giungeranno i tempi adatti per una nuova iniziazione: le civiltà sono cicliche.   

sabato 14 luglio 2012

I FIGLI DI DIO: GLI ANGELI


Il Libro di Enoch è, almeno in parte, molto simile al capitolo sei della Genesi. Quello in cui si racconta che i figli di Dio, gli angeli, si resero conto che le figlie degli uomini erano belle e se le presero per mogli. Il Libro non è altro che un’elaborazione di quella storia: vi si afferma che ai tempi di Jared, padre di Enoch, duecento di questi angeli scesero giù dal monte Hermon con l’intento di avere rapporti sessuali con donne umane. In breve, stando a Enoch, sembra che queste donne partorirono dei figli, i quali crescendo si dimostrarono arroganti e bellicosi, diventando una vera e propria calamità. Secondo il racconto, furono gli angeli che insegnarono agli uomini l’arte di fabbricare armi fondendo i metalli e favorivano la licenziosità insegnando alle donne a truccarsi e a portare ornamenti. Non dobbiamo considerarli solamente maestri di dissolutezza; infatti, portarono conoscenze di astronomia, meteorologia e altre utili scienze. Dio però decise che andavano punti e inviò altri angeli per imporre la sua volontà: i ribelli furono catturati e imprigionati. A questo punto Dio decise di “ripulire” la Terra con il diluvio, dal quale si salverà solo Noè. Prima però, Enoch racconta qualcos’altro: la moglie di suo nipote, Lamech figlio di Matusalemme, partorì un bambino, Noè per l’appunto, il cui aspetto fu uno shock per suo padre. Aveva la pelle chiara, i capelli biondi e i suoi occhi erano così belli che sembravano emanare luce. Lamech si recò da Matusalemme e disse a suo padre: - ho messo al mondo uno strano figlio, non simile agli esseri umani ma piuttosto ai figli degli angeli. - Chiaramente, Lamech sospettava che suo figlio fosse stato generato da uno degli angeli.
Matusalemme che non se la sentiva di rassicurarlo del contrario, partì alla ricerca di suo padre che si era ritirato in un luogo remoto. Enoch udito il racconto volle parlare con la donna e apprese l’amara verità. Tuttavia, disse a Matusalemme di tranquillizzare suo figlio: il neonato era davvero suo e doveva chiamarsi Noè. Enoch, che aveva avuto un sogno premonitore, era a conoscenza che il mondo sarebbe stato distrutto dal diluvio: solo Noè e i suoi figli si sarebbero salvati. Sembra, dunque che Dio avesse scelto Noè quale progenitore di una nuova razza umana, nel genoma della futura razza ci sarebbero stati i geni degli angeli.

La versione slava del Libro di Enoch contiene un preludio del rapimento del Profeta da parte di esseri di alta statura che lo portarono in un luogo di perenne luce. Qui Enoch, in una sorta di visita guidata, scopre un’orrenda fossa che sarebbe divenuta il prototipo dell’inferno cristiano. L’inferno, infatti, al pari del diavolo, erano sconosciuti nell'antichità. In seguito fu condotto al “Giardino della rettitudine” che si direbbe il giardino dell’Eden perché quando Enoch chiese cosa fosse un albero di particolare bellezza e dal delizioso profumo, gli fu risposto che era l’Albero della conoscenza dal quale Eva aveva raccolto un frutto (i frutti di cui trattasi, però si presentavano a grappolo, quindi non erano mele!). Il Signore, invece, pareva preoccuparsi per un’altra pianta, l’Albero della vita: se l’uomo ne avesse mangiato i frutti, la durata della sua vita sarebbe diventata lunghissima (in pratica, eterna).

A questo punto si trova uno dei passi più interessanti del libro: “E in quei giorni io vidi che lunghe corde venivano date agli angeli ed essi mettevano le ali e volavano, dirigendosi vero Nord. E io chiesi all’angelo dicendogli: - perché hanno preso le corde e se ne sono andati? – Ed egli rispose: - sono andati a misurare.
Angeli che intraprendono un rilevamento? E’ una cosa che non ha senso nel contesto della visione cristiana degli angeli. Forse quegli esseri erano degli antichi scienziati intenti ad eseguire una rilevazione geografica.
Gli angeli volarono verso Nord (partendo dal Polo Sud, tutte le direzioni vanno verso Nord) per compiere una sorta di rilevazione globale estremamente accurata, come rivelerebbero certe antiche mappe (come quella di Piri Reis) che, tra l’altro, ci mostrano un’Antartide priva di ghiacci. Queste carte ci fanno presumere che la rilevazione fu effettuata, millenni or sono, da una civiltà o da una razza molto avanzata. Sembrerebbe che popoli antichi e sconosciuti avessero una cognizione straordinaria ed esauriente della superfice del nostro globo.

giovedì 12 luglio 2012

Flying saucers from outer space




In un passaggio del libro "Flying saucers from outer space" scritto dal maggiore Donald Keyhoe, ex ufficiale dei Marines e direttore del N.I.C.A.P. si ipotizza che la straordinaria accuratezza della carta di Piri Reis potrebbe essere attribuibile a qualcosa o qualcuno non propriamente terrestre. Ecco una sintesi del passaggio. 

Il maggiore Keyhoe si sta incontrando con il comandante Larsen e il capitano John Brent. Aveva organizzato l'incontro per avere informazioni circa alcuni rapporti che trattavano di avvistamenti UFO durante i lanci missilistici a Cape Canaveral. Un rapporto proveniente da un tecnico missilistico, addirittura affermava che erano stati costretti a rinviare i lanci molte volte a causa di interferenze UFO. Durante la discussione venne fuori la storia della mappa. 
Il capitano John Brent girò intorno a uno schedario e ne tirò fuori una cartella. 
- L'Ufficio Idrografico della Marina ha controllato un'antica mappa – disse - chiamata mappa di Piri Reis, che sembra riportarci indietro nel tempo di più di 5.000 anni. E' così accurata che solo una cosa può spiegarla, un rilevamento aereo totale. 
- E' quasi incredibile! - dissi. 
- All'inizio nemmeno gli esperti dell'Ufficio Idrografico potevano crederci. Ma non solo hanno provato che la mappa è autentica, ma è stata addirittura usata per correggere degli errori in alcune carte odierne. 
Il comandante Larsen si piegò in avanti. 
- Parlagli dei rilevamenti sismici. 
- Ok. - Il capitano si girò nuovamente verso di me - il reverendo Daniel Linehan direttore dell'Osservatorio di Weston del College di Boston è un sismologo di prim'ordine. E' così in gamba che la Marina gli chiese aiuto per quanto riguarda l'Antartide, per trovare dove c’era la terra sotto la calotta di ghiaccio. Le linee costiere che trovarono erano identiche a quelle sulla mappa di Piri Reis. Di conseguenza, i rilevamenti cartografici dovrebbero essere stati effettuati molti secoli fa, prima che la terra fosse ricoperta dalla cappa di ghiaccio. Padre Linehan lo rivelò durante un forum all'Università di Georgetown, come prova della genuinità di questa mappa. Le trascrizioni del forum contengono inoltre le dichiarazioni dell'ingegnere M.I. Walters, dell'Ufficio Idrografico, riguardo alla valutazione della carta. Altri punti rilevanti sono stati fatti da A.H. Mallery, un capitano di marina in congedo; egli, dopo aver compreso quanto fosse importante, convinse la Marina ad esaminare la mappa. 
- Fino ad ora - mi disse il capitano Brent - solo una parte di tutta la carta di Piri Reis è stata trovata. Precisamente una sezione che copre le coste del Sud America, dell'Africa e una porzione dell'Antartide. 
Dopo un lungo studio, Mallery scoprì il metodo di proiezione usato. Confermando questo ed altri punti tecnici, i cartografi della Marina giunsero alla conclusione che solo squadre di rilevamento altamente specializzate e cartografi potevano avere prodotto carte di una così "sorprendente accuratezza". Le loro operazioni devono avere coperto l'intera superficie terrestre. 
Non sappiamo come possano averlo fatto così accuratamente senza un aeroplano; riassunse il capitano Mallery e aveva ragione: non potevano averlo eseguito senza qualche sorta di macchina volante. 
- Ma non potrebbe essere che sia esistita una civiltà avanzata sulla Terra? - Domandai. - Gli archeologi hanno trovato prove di antiche civiltà perdute.
- E' vero, ma nessuna traccia di stabilimenti, laboratori o impianti petroliferi. Dovevano possedere un enorme apparato industriale per costruire e mantenere una flotta aerea. Tuttavia, astronavi provenienti da un altro mondo non ne avrebbero avuto la necessità, si sarebbero portate dietro quello di cui avevano bisogno, come noi intendiamo fare nelle nostre esplorazioni spaziali. 
Il capitano Brent e Larsen ritenevano che le astronavi atterrarono più o meno 10.000 anni fa. 
- Per primi saranno sbarcati piccoli gruppi tecnicamente addestrati, muniti dell'equipaggiamento di base. Esattamente come progettiamo di fare per le nostre colonie spaziali. Successivamente, gli emigranti sarebbero stati traghettati dal loro mondo in enormi astronavi. 
- Quale effetto potrebbe aver avuto sulla religione?
- In primo luogo, sembrerebbe smentire la storia biblica sulla creazione dell’uomo. L’atterraggio di astronavi spaziali su di un mondo abitato da popolazioni primitive non dovrebbe porre molti problemi, e la razza spaziale potrebbe avere giocato un ruolo fondamentale nella nostra civilizzazione.


Nella foto: Kenneth Arnold

domenica 8 luglio 2012

PROGETTO GENESI


 




I Sumeri non avevano una filosofia vera e propria ma avevano riflettuto e indagato sulla natura dell’universo. Il loro modo di vedere la vita si può estrapolare dai miti e dagli inni.
Gli dei più importanti erano quattro: An (padre degli dei), due fratelli, Enlil e Enki e una sorella, Ninhursag. In epoca arcaica il dio più importante era An, ritenuto il supremo Re del pantheon.Tuttavia, già da fonti che risalgono al 2.500 a.C. possiamo apprendere che questo ruolo sia stato successivamente assolto da Enlil. I motivi di questa sostituzione non sono chiari, probabilmente possono essere individuati in antiche rivalità che sfociarono in una guerra tra gli dei nella quale furono coinvolti anche gli uomini. Non dobbiamo meravigliarci, per i Sumeri gli dei erano immortali (longevi) ma vivevano comunque come gli uomini: avevano bisogno di mangiare, di bere e potevano anche essere uccisi.


Decifrare le tavolette d’argilla non è un’impresa facile. Uno dei pochi che possedeva questa capacità era il famoso professor Zecharia Sitchin, autore di libri sulla civiltà sumera, tra cui “Il pianeta degli dei” e “Le astronavi del Sinai”. Sitchin sostenne che i Sumeri erano il prodotto di un esperimento genetico: una razza di alieni, di aspetto simile al nostro (perché noi siamo “a loro immagine e somiglianza”), incrociarono i loro geni con quelli di un primate evoluto, che già esisteva sulla Terra. Si tratterebbe di esseri intelligenti che i Sumeri chiamavano Anunnaki (figli del dio An) e che la Bibbia chiama Elohim. Venivano da un pianeta che ha un’orbita ellittica, simile a quella delle comete, che transita tra Marte e Giove ogni 3.600 anni: il decimo pianeta. In pratica, secondo il professor Sitchin la selezione naturale di Darwin c’è stata ed ha prodotto i primati superiori dai quali discendiamo. Poi, grazie agli Anunnaki, c’è stato il salto verso l’Homo sapiens.


Secondo la sua teoria le cose sarebbero andate così: gli Anunnaki avrebbero iniziato a visitare la Terra mezzo milione di anni fa e le loro gesta sono quelle che leggiamo nell’Antico Testamento o nel poema di Gilgamesh. In seguito avrebbero colonizzato la Terra. Avendo bisogno di persone che lavorassero nelle miniere in Africa, avrebbero creato gli uomini cioè dei primi esemplari definibili sapiens, che furono generati appositamente per lavorare nelle miniere. Secondo Sitchin la razza umana è nata 300.000 anni fa. L’uomo sarebbe nato quindi nell’attuale Africa, in corrispondenza con la teoria darwiniana. In seguito, le donne terrestri si sarebbero accoppiate con gli extraterrestri. Infatti, nella Bibbia (Genesi 6.2) leggiamo che “i figli di Dio, vedendo che le figlie degli uomini erano adatte, si presero in moglie tutte quelle che loro piacevano”. Da questi accoppiamenti sarebbe nato, secondo l’autore, l’antenato dell’uomo moderno.


I Sumeri hanno scritto due poemi mitici che rispecchiano pienamente l’assunto di Sitchin. Di questi, uno (Enuma Elish) è interamente dedicato alla creazione dell’uomo, che avviene anche attraverso una serie di tentativi mal riusciti che diedero vita a delle creature deboli e malformate. Questo poema ha dunque portato le generazioni successive, che non ebbero più contatti con gli dei, a ritenere che l’uomo fosse nato per servirli e da ciò scaturì la devozione verso le divinità.
L’altro (Atra Hasis) illustra perché l’uomo è stato creato e parla di un contrasto tra due divinità minori. Come possiamo notare, quindi, i miti dei Sumeri lasciano largo spazio affinché le teorie di Sitchin circa la creazione dell’uomo non siano accantonate come frutto di pura fantasia, anzi, comparando le varie fonti possiamo notare che tutti i pezzetti del puzzle coincidono.

giovedì 5 luglio 2012

FATIMA: LA QUARTA TESTIMONE




13 Maggio 1917. La località portoghese di Cova da Iria, una valletta a ridosso di Fatima, divenne teatro di una serie di apparizioni miracolose i cui protagonisti furono tre pastorelli, Lucia dos Santos e i cuginetti Francesco e Jacinta Marto, divenuti poi noti come "i veggenti di Fatima". Una figura di luce comparve numerose volte, durante i mesi estivi, sempre nella valle della Cova da Iria e fu qui che quel fatidico 13 Maggio ai tre testimoni riunitisi con un certo numero di fedeli, avvertiti precedentemente da un "angelo" annunciatore, comparve una giovane donna luminosa che, ritennero, essere la Vergine Maria. Da allora, per sei volte, puntualmente il tredici di ogni mese, ai piedi di un ulivo, l’entità celeste si manifestò a un numero sempre più grande di fedeli, richiamati dalla presunta natura divina dell’evento. In genere, le apparizioni della "Signora" erano preannunciate da "inusuali" manifestazioni nel cielo.

I portoghesi Joaquim Fernandes e Fina d’Armada condussero intense ricerche per ben sei anni, in particolare sulle prime apparizioni e sulla ricostruzione grafica dell’entità, desunta dalle descrizioni testimoniali dei bambini prima che fossero influenzati dai modelli religiosi.
La loro minuziosa ricerca, sviluppatasi sui manoscritti dell’inchiesta parrocchiale depositati nel santuario di Fatima, su interrogatori originali e dichiarazioni rilasciate da Lucia, Francisco e Jacinta, oltre a quelle di un centinaio di testimoni oculari, insomma su fonti di prima mano, li portò a individuare una quarta testimone oculare di almeno altre due apparizioni, indirettamente connesse a quelle dei pastorelli, come vedremo più avanti. La "quarta testimone" è Carolina Carreira, intervistata nel 1978, tre anni prima della sua morte. Nulla, della Carreira, era mai emerso dalle indagini delle commissioni d’inchiesta ufficiali dell’epoca.
Il racconto della bambina, in particolar modo nella descrizione dell’entità incontrata, coincide minuziosamente con una delle primissime descrizioni della Signora luminosa fornite da Lucia, ma che non furono inserite nell’incartamento dell’inchiesta ufficiale dell’epoca.
Il collegamento con quanto raccontato da Lucia emerge da un’intervista rilasciata dalla bambina al giornale parrocchiale locale. Lucia parlò di una signora molto luminosa, alta circa un metro e dieci centimetri, dall’apparente età di dodici o quindici anni, che indossava un abito molto aderente: una gonna stretta, una giacca e un mantello, tutti decorati da cordoni dorati cuciti sopra. Sul capo portava qualcosa che le nascondeva i capelli e le orecchie, gli occhi erano neri, aveva, inoltre, dei cerchietti ai lati del collo. Veniva dall’alto e svaniva gradualmente nella direzione opposta, non eseguiva movimenti facciali e non muoveva le labbra ma solo le mani di tanto in tanto. Aveva una sfera luminosa nella mano sinistra tenuta all’altezza della vita e voltava le spalle ai testimoni quando se ne andava.

Seguiamo la pista di Fernandes. Secondo il ricercatore portoghese, nel 1947 il futuro vescovo di Viseu, Don José Pedro da Silva, forse trovando strano il silenzio di Lucia, chiese direttamente alla veggente: - La zia Maria da Capelinha afferma, nella sua deposizione ufficiale, che sua figlia Carolina aveva visto un angelo passeggiare nella Cova da Iria. L’angelo chiese loro di dire tre Ave Maria. Dopo, aveva chiesto alla sorella che domandasse alla Madonna cos’era "quello" e che la sorella, nelle piccole Valli, aveva chiesto alla Madonna ottenendo la risposta che era un angelo... che c’è di vero in questo?
Lucia rispose: - Non lo so, non mi ricordo nulla.
La deposizione ufficiale alla quale si riferisce Don José Pedro da Silva si trova nel documento denominato "Interrogatorios oficiales" del 1923. Fu redatto dal Visconte de Montelo e comprende la seguente frase, nel testo integrale: "Nelle piccole Valli, Lucia chiese alla Madonna, su richiesta del testimone (zia Maria) se la Madonna fosse apparsa a qualcun altro nella Cova da Iria. La Madonna rispose che non era lei bensì un angelo, il volto che Carolina, la più giovane delle figlie della testimone, di dodici anni, e che la piccola di sette anni di Espite, avevano visto il 28 luglio, vicino all’olivo. L’angelo era basso, molto bello, con i capelli biondi, volto che Carolina vide, dopo, sopra l’ulivo".

In realtà, spiega Fernandes, la documentazione ufficiale di Fatima ci introduce alla visita di altri esseri alla Cova da Iria, oltre alla Beata Vergine Maria, e ci parla di più veggenti oltre ai tre già conosciuti. Per questo Carolina va considerata la quarta veggente di Fatima, vissuta per lunghi anni in oblio e anonimato. Fernandes sottolinea inoltre che nessuno, nemmeno uno dei sacerdoti, l’aveva mai interrogata. La bambina ne aveva parlato solo in casa a sua madre e ai fratelli. E se il Canonico Formigâo non avesse invitato sua madre a deporre, la sua testimonianza sarebbe andata completamente perduta. L’anonimato, intanto, le ha consentito di non essere infastidita da frotte di fedeli curiosi, ed è anche possibile che l’avrebbero chiusa in convento come accadde a Lucia. Invece, Carolina si è sposata e, pur non avendo avuto figli, ha condotto una vita normale, senza sacrifici esagerati per aiutare i peccatori. Per parlare con lei - dice Fernandes - non è stato necessario chiedere l’autorizzazione del vescovo della diocesi. Naturalmente, tutta la sua deposizione, rilasciata il 22 luglio 1978 è stata registrata. Il testo viene qui riportato integralmente, eccetto le ripetizioni inutili.
-       Io abitavo lontano - dichiarò Carolina a Fernandes - stavo andando a controllare un gregge al posto del padrone, che aveva chiesto a mia madre il permesso di lasciarmi andare a casa sua finché avesse trovato un guardiano per le pecore. Mia madre mi lasciò andare. Quell’uomo aveva una cameriera che veniva dalle parti di Coimbra. Una ragazzetta che giunse da noi per imparare a fare le pulizie. Un giorno ci sedemmo a controllare il gregge, molto tranquillo dato il caldo. Passò un carro con delle bestie che andava a nord. Era il giorno di una fiera su a nord, da Santa Caterina in su. Dato che il gregge era calmo, le dissi: "Conceicâo, andiamo su fino alla strada (le pecore erano in una valletta) per vedere se il carro va oltre la Cova da Iria". Andammo là, l’osservammo e il carro andò verso nord. Dopo dissi: "Conceicâo, torniamo indietro adesso perché il gregge può combinare qualche guaio e il padrone è molto irascibile". Mentre passavamo, abbiamo guardato l’olivo, circondato da un muretto che mia madre aveva costruito per proteggerlo dal vento e abbiamo visto una "bambina" di circa otto, dieci o forse dodici anni che entrava nel piccolo recinto di pietre e camminava avanti e indietro: aveva un vestito bianco, i capelli biondi lunghi fino alle spalle. Io sentivo dentro di me una voce che mi ripeteva continuamente: "Vai lì e dì tre Ave Maria." Così dissi a Conceicâo: "tu non senti niente? Non senti una voce dentro di te?" "No, non sento nulla". Poi siamo tornate al gregge e abbiamo visto che non si era spostato e che era ancora tranquillo, così ho detto a Conceicâo: "torniamo a vedere se la gente vede la stessa cosa". Ma quando siamo tornate nello stesso punto dove avevamo visto la "bambina”, vedemmo un’immagine sopra l’olivo. Non so se era la stessa cosa che avevamo visto prima ma quando l’hanno chiesto a Lucia e lei l’ha chiesto alla Madonna, la Madonna rispose che non era stata Lei ad apparirmi ma un angelo. Anche l’immagine continuava a ripetermi di dire tre Ave Maria là sotto quell’albero ma non mi ricordo se l’ho fatto... ero preoccupata per il gregge e così io e l’altra ragazza siamo tornate dalle pecore". L’apparizione avvenne attorno alle 9.00-10.00 del mattino.

Sono stati necessari, afferma Fernandes, sessantuno anni per trovare un testimone vivo e disponibile, per dimostrare la tesi della presenza, a Fatima, di esseri antropomorfi, oggi associati agli UFO. Questa testimone ignorata, forse di proposito, si è dimostrata fonte d’indizi che hanno contribuito a ricostruire il vero scenario del fenomeno, isolandolo dalla sfera religiosa nella quale fu costretto. Alla fine, sottolinea Fernandes, si è riusciti a passare da una discreta pista alla testimonianza verbale della quarta veggente, che confermava un insieme di osservazioni concernenti il manifestarsi di esseri di bassa statura. Inoltre, la deposizione della Carreira inquadra l’Operazione Fatima sotto un’altra luce: quella della manipolazione mentale, sperimentata anche dalla principale testimone del 28 luglio 1917. La creatura che Carolina e l’amica videro accanto all’ulivo, luogo delle apparizioni della Madonna nel tredicesimo giorno del mese, non rappresenta una manifestazione insolita negli annali ufologici, come invece ritennero, all’epoca, i sacerdoti incaricati di registrare l’importante deposizione.

USTICA: NALDINI E NUTARELLI



Correva l’anno 1987, Andrea Crociani stava ricevendo un’accorata confessione da un pilota militare che era in volo la notte in cui precipitò, nei pressi di Ustica, il DC9 dell’ITAVIA.
- Sei statu tu? – Chiese all’amico.
Il pilota era il Tenente Colonnello Mario Naldini, che morì l’anno dopo nell’incivolo di Ramstein.
- No, ci hanno pensato gli altri – rispose – ma ora voglio mettere tutto per iscritto.
Naldini perse la vita insieme al collega Nutarelli, che era in volo con lui quella notte. Nessuno dei due poté parlare con il giudice Bucarelli, che li aveva entrambi convocati.
Riuscì Naldini a depositare da un notaio il suo racconto? Fu attendibile la testimonianza dell’amico Crociani che, anni dopo, si presentò davanti al giudice Priore per raccontargli quel che gli fu detto?
Crociani raccolse la testimonianza di un uomo affranto e spaventato, il quale gli raccontò che, quella notte, c’erano in volo due aerei non identificati. Con Ivo Nutarelli, si apprestarono ad intercettarli ma, arrivò l’ordine di non farlo!
- Seppi del DC9 quando tornai a terra. – Avrebbe detto Naldini.
- Perché non l’hai mai raccontato?
- Devo tutto all’Arma: ho fatto un giuramento!
Poi, chiese all’amico se conosceva qualcuno di cui potersi fidare per depositare una memoria scritta. Crociani sostenne di non aver potuto aiutare Naldini: non conosceva nessuno di cui fidarsi, né sa se Naldini l’abbia poi trovato. Tuttavia, Crociani deve aver pur dato, in una testimonianza durata cinque ore, qualche elemento di riscontro, in quanto, dopo quindici giorni, il Giudice Priore stava ancora valutando la sua testimonianza.