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mercoledì 20 giugno 2018

IL DIRITTO DI AMARE


C’è chi non si arrende, neanche se è alle prese con una malattia rara che lo ha costretto sulla sedia a rotelle; non si è arreso davanti agli ostacoli che ha incontrato in seguito, figuriamoci se può arrendersi di fronte al temporeggiare di Camera e Senato, che hanno messo in disparte la sua proposta di legge. L’obiettivo è quello di scardinare un tabù e trovare una soluzione concreta a un problema che nessuno vuole affrontare.

A questo punto devo avvisarvi che l’argomento è molto controverso: se siete dei moralisti, lasciate perdere: andate a leggere altro. Le persone intransigenti non hanno mai risolto i problemi, anzi, spesso ne hanno causati a chi non né aveva.

Le persone con una disabilità, fisica o psichica, hanno diritto ad avere una vita sessuale, come tutti. E visto che quello che di norma si può vivere liberamente e privatamente non è scontato per un disabile, Max Ulivieri, fondatore di LoveGiver, il comitato per l’assistenza sessuale alle persone con disabilità, ha proposto alle Istituzioni di ufficializzare una nuova figura: l’operatore all’emotività, l’affettività e la sessualità. Un assistente professionale che aiuti chi lo desidera e nel modo più opportuno.
 

In questi ultimi anni il tema dell’affettività e della corporeità comincia a essere affrontato, rispondendo ai bisogni di pazienti e famiglie. Ma la cosa è lenta se ne parla dal 1993 ma, in concreto, non si è mai fatto niente. E mentre si filosofeggia sul modo in cui affrontare questo tabù senza ferire gli animi più sensibili, le persone disabili muoiono senza che nessuno le abbia aiutate a vivere una vita degna.
Da qualsiasi parte si voglia trattare l’argomento, è innegabile che Max ha ragione su una cosa: come tutti, le persone disabili hanno desideri e pulsioni sessuali. Tuttavia, per molti è impossibile assecondarle. Dal 2013 si batte per il riconoscimento dell’assistenza sessuale ai disabili e per la formazione e preparazione di una nuova figura professionale: l’assistente all’emotività. Non è facile capire chi sia e quali compiti dovrebbe svolgere. “Il diritto alla sessualità non significa che tutti abbiamo diritto ad avere un uomo o una donna a disposizione - ci spiega Max - significa che lo Stato fa di tutto per abbattere le barriere che ti separano dalla possibilità di accedere a questo diritto”. Vuol dire che lo Stato, anzitutto, deve permettere a un disabile di andare nei luoghi di aggregazione: pub, discoteche e bar, dove può incontrare altre persone. Deve permettergli di parlare, comunicare, anche attraverso i social e Internet, con chi gli piace. Infine, se il corpo non gli permette di vivere in modo autonomo la propria sessualità, lo deve aiutare con un assistente, così come gli viene fornita una persona che lo aiuta nell’igiene personale.
 

Rispetto a qualche anno fa, oggi si parla di sessualità e disabilità con maggior disinvoltura. Ogni giorno ci sono convegni e dibattiti, ma esperti, psicologi, educatori, sessuologi possono solo fare informazione, possono appunto parlarne. Il problema però così non si risolve.
Forte di questa convinzione Max ha messo in piedi il primo corso per formare la figura dell’assistente all’emotività, che ha scatenato non poche polemiche. Chi non capisce, infatti, ha accostato questa figura ad altre meno nobili. L’assistente non è una prostituta, è proprio l’esatto contrario. Una prostituta ha come obiettivo che non si riesca più a fare a meno di lei: in definitiva, il suo scopo è la fidelizzazione del cliente. Un’assistente all’emotività invece punta a rendere il disabile autonomo: a non fargli avere più bisogno del suo aiuto.
Una professione complessa: si deve educare il disabile a creare una situazione di contatto sia umano, sia sessuale, senza arrivare al rapporto completo. Il limite è l’autoerotismo. Ma non solo. Un disabile, come tutti, può voler andare in un locale e magari da solo non può farlo: l’assistente potrebbe accompagnarlo. Oppure potrebbe voler usare un sex toy e magari le sue mani non funzionano: l’assistente potrebbe fornirgli un aiuto.
 

C’è un disegno di legge - presentato al Senato ad aprile 2014 dal parlamentare del Pd Sergio Lo Giudice - che però è ancora fermo tra Camera e Senato. La stessa proposta è stata portata anche in Regione Lombardia. Alcune Regioni si sono fatte avanti iniziando una sperimentazione: in Sicilia, una consigliera, Cecilia Caccamo, ha ripreso con alcune modifiche la proposta di legge della Lombardia e la vuole presentare in Regione. C’è poi la Puglia, in cui si sta muovendo qualcosa. Ma ci sono state le elezioni e forse, con il nuovo Governo, bisogna ricominciare tutto da capo.
Perché si arrivi a un risultato concreto manca un forte sostegno da parte del mondo delle associazioni. Non tutte, infatti, sono schierate allo stesso modo: per ora hanno aderito solo poche piccole associazioni. Le associazioni faticano a prendere una posizione ufficiale e questo crea un problema poiché senza l’appoggio delle grandi associazioni il mondo politico non sente il bisogno di legiferare. La figura dell’assistente all’emotività fa discutere: molte associazioni hanno un’impronta cattolica e temono di perdere consenso.
 

Mentre si continua a discutere, a Bologna a settembre 2017 è iniziato il primo corso per gli assistenti. Vi hanno aderito uomini e donne di qualsiasi orientamento sessuale. C’è, per esempio, un’igienista dentale, una fotografa, altri sono operatori, oppure Oss. Non essendoci una legge, però, non esiste un albo in cui questi professionisti rientreranno. Ma poco importa. In realtà il problema sarà poi l’operatività: non essendoci una legge, c’è il rischio di un accostamento alla prostituzione. E nel momento in si mette in contatto un disabile con un operatore, quest’ultimo potrebbe beccarsi una denuncia.
Max non si spaventa: non può permetterselo. Pensa a tutte le richieste di aiuto che gli arrivano ogni giorno. “Mi ha scritto un ragazzo di 37 anni disabile dalla nascita per ‘spina bifida’, che non ha mai avuto un’esperienza sessuale e tanti genitori, soprattutto di disabili intellettivi, che non sanno più a chi rivolgersi”.
La libido inespressa, in alcuni casi, può portare a forme di autolesionismo o a manifestazioni inadeguate di autoerotismo: per questo occorre un operatore che educhi alla sessualità. Ma in Italia di soluzioni non ce ne sono. Le famiglie restano sole e magari, si rivolgono davvero a prostitute o ancora peggio, trovano un modo per arrangiarsi.

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