La situazione che andrò a descrivere è quella
tipica. Quello che succede ai piloti è pressoché identico, il fenomeno si
differenzia solo nei dettagli. Il pilota di un jet, così descrisse una missione
di pattugliamento.
Raccontò la sua
storia con tutta l’angoscia che può provare un uomo di fronte all'ignoto, eppure era un veterano di guerra.
"Eravamo in volo sul Tornado: l’equipaggio
comprendeva, oltre al pilota, un navigatore. Eravamo intenti a compiere il
solito pattugliamento nel cielo notturno,
quando il Centro Intercettazioni ci chiamò per radio. Il suo radar, di
portata maggiore del nostro, aveva avvistato qualcosa. Così, ci diedero i
parametri per portarci al "contatto". Il segnale, sul loro radar, indicava che l’intruso stava
compiendo strette virate ed evoluzioni incredibili, a una velocità superiore a
qualsiasi altro aereo: era il loro modo di dirci che era un UFO. Da quel
momento sapevamo che non si trattava più di una comune intercettazione non
c’era da inseguire un jet. Contro un aereo
nemico puoi intervenire e quando è a tiro puoi lanciare i missili oppure puoi
sparargli col cannoncino. Con gli UFO è diverso: l'ordine è di intercettare
senza sparare. A meno che le loro intenzioni appaiano palesemente ostili. Il
problema è come si fa a saperlo? E quale efficacia avrebbero, in tal caso, le nostre
armi?
D'un tratto vedemmo
una luce che volteggiava
velocissima. Anche il radar di bordo confermò l’avvistamento visivo. Una volta
stabilito il contatto, cominciammo a seguire l’oggetto. Nel frattempo l'Ufficio
Operazioni ci comunicò che ci vedevano sul loro schermo radar e che vedevano
anche l’intruso che ora volava un paio di miglia davanti a noi, un po’ spostato
alla nostra destra. Sapevamo di avere a che fare con qualcosa di reale, non si
trattava di un riflesso che veniva rilevato dai nostri strumenti per un qualche
disturbo o malfunzionamento.
L’ordine era di avvicinarsi: potevamo apprendere
qualcosa che il Comando ancora ignorava e poi c’era quella maledetta curiosità
che reclamava la sua parte. Così, con il cuore in gola, provai ad accostarmi dando
tutta manetta: per esperienza sapevo che, se L'UFO non si fosse fermato, non
sarei riuscito ad avvicinarlo.
L’oggetto fece una brusca virata nella mia
direzione: mi resi conto di essere stato individuato e cominciai a sentire male
allo stomaco. A voi sembrerà strano: un pilota, alla guida di un caccia armato
di tutto punto, che si spaventa per una luce che brilla nel buio! Ma voi siete a terra, mentre io ero
lassù e non sapevo con chi avevo a che fare. Sapevo, invece, che quella luce
nascondeva qualcosa di solido, che si riusciva appena a intravvedere. Ci
raggiunse in un attimo e cominciò letteralmente ad orbitare intorno all’aereo!
Nessun aereo sarebbe in grado di farlo e nessun
pilota (umano) sopporterebbe l'accelerazione di una virata così stretta. La
velocità dell'oggetto, infatti, era tale che non riuscivo a seguirlo con lo
sguardo!
Certe volte, dietro la luce, è possibile scorgere
una sagoma dai contorni definiti, altre volte no. Di una cosa, invece, ero certo:
qualcuno dotato di intelligenza guidava quella cosa ed ebbi la netta sensazione di
essere osservato. Pensando a una cosa simile a 25.000 piedi, di notte, si prova una strana emozione. Dareste
qualsiasi cosa perché ad un tratto venisse la luce del giorno. Tutto ciò che
sapete, è che può spararvi addosso (Dio sa cosa) se solo lo volesse!
Ma ecco che,
ad un tratto, il disco se ne andò. Partì
ad una tale velocità che, per un attimo, mi sembrò di volare all’indietro. Quando atterrammo, il Servizio di intelligence ci fece il
terzo grado. L’interrogatorio andò avanti per ore, ma nonostante le domande e
le numerose risposte, non riuscii (forse non volli) far trapelare lo spavento che avevo
provato.
Così andai al circolo e ordinai da bere."
Così andai al circolo e ordinai da bere."
Succede sempre così: i piloti danno sempre (più o
meno) gli stessi resoconti; questi finiscono all'Ufficio Operazioni e tutto va
allo SHAPE, a Brusselles e poi negli USA. Quando possono (non era quello il
caso) evitano di fare rapporto. Un mio
amico, poi passato con Alitalia, al terzo rapporto si sentì dire: "se vuoi
volare ancora stattene zitto..."
Succede sempre così: i piloti danno sempre (più o meno) gli stessi resoconti.
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