Joan Vincent non ricorda né il giorno né il mese, inizia il suo racconto con la frase: una sera del 1965. L’intervista fu a cura del quotidiano Cornish Guardian.
Al momento dell'avvistamento, Joan abitava a Stenalees, una zona rurale della Cornovaglia. Era sera tardi e stava tornando a casa insieme a Roy, suo marito, praticando strade di campagna in gran parte deserte. Erano in viaggio da circa quindici minuti quando, all'improvviso, fu come se fuori si fosse accesa una luce. Per miglia e miglia la campagna circostante era illuminata a giorno, tale era la luminosità. Mentre esaminavano l'ambiente circostante, continuando il loro viaggio, Joan notò un oggetto trasparente a forma di cupola che sembrava essere sospeso sopra una siepe in un campo vicino. Joan spiegherà trent'anni dopo che la siepe era così fitta che non sapeva se fosse sospeso o appoggiato sull'erba. Quel che è certo è che quella luce proveniva proprio dall’oggetto. Stimarono che la navetta fosse lunga tra i cinquanta e i settanta piedi e alta circa quaranta. Joan affermò che la cupola era perfettamente trasparente, come il vetro, tanto che poté scorgervi all’interno dei grandi pannelli dotati di quadranti. Il bordo dell’oggetto, invece, appariva più solido, quasi metallico. Era di colore grigioverde e mostrava diversi oblò. La coppia rimase immobile, fissando il fenomeno per quelli che a loro sembrarono diversi minuti. In realtà, tutto durò solo trenta secondi. L'area che stavano attraversando aveva la reputazione di essere un luogo in cui si potevano vedere i "dischi volanti". Molti studenti tenevano veglie notturne nella speranza di poterne vedere uno e questo i Vincent lo sapevano bene. Pertanto non rimasero particolarmente turbati dall’avvistamento, ma Joan era, comunque, in apprensione ed esortò suo marito ad andar via da lì.
Roy premette sull'acceleratore e così si allontanarono velocemente dal posto.
Una volta a casa, adottarono un approccio molto professionale: si recarono in stanze separate e disegnarono l'oggetto che avevano appena visto e una volta fatto, confrontarono gli schizzi. Non sorprende che rappresentassero lo stesso oggetto. Sebbene non sapessero spiegare cosa fosse, potevano almeno escludere che fossero rimasti vittima di una sorta di allucinazione. Tuttavia, decisero di non divulgare gli avvenimenti a cui avevano assistito. In realtà, la faccenda fu rivelata, ma solo a suo figlio e a sua madre che, purtroppo, morirono entrambi prima che la coppia rilasciasse l’intervista. Sfortuna volle che non fossero mai rintracciati altri testimoni. Quindi quella dei coniugi Vincent è l’unica testimonianza riscontrabile del fenomeno.
I Vincent tornarono al campo il giorno seguente, ma non vi trovarono alcun elemento di prova che confermasse ciò che avevano visto. Questo rafforzò in loro la loro convinzione di non divulgare i fatti.
Per inciso, il campo in cui avvenne l'avvistamento ora è un deposito industriale e anche la strada dalla quale i Vincent scorsero l’oggetto dalla loro macchina non esiste più, poiché fu deviata a causa dello sviluppo edilizio dei decenni successivi.
Joan Vincent non ricorda né il giorno né il mese, inizia il suo racconto con la frase: una sera del 1965. L’intervista fu a cura del quotidiano Cornish Guardian.
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