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sabato 16 giugno 2012

LO SPIRITO DEL VENTO


Alan Turing, ex pilota militare, passato ai servizi segreti, s’imbatte per caso in uno strano oggetto: una katana. La spada, sebbene di ottima fattura,  non sembra essere nipponica. Il negoziante, un anziano signore con un forte accento cinese, non sa dirgli molto ma, felice di liberarsene, gli offre l’arma ad un prezzo ragionevole. Sul fodero sono incisi dei misteriosi ideogrammi. Alan, tentando invano di decifrarli, si addormenta su di una poltrona con la spada appoggiata sulle gambe. Ha un sogno ricorrente: sogna di parcheggiare un grosso automezzo davanti a una palazzina dalle mura trasparenti. Quando si sveglia si ritrova nella prateria. 

La sua mente vacilla: non riesce a capacitarsi. Tuttavia grazie alla sua grande resilienza, una capacità acquisita in anni di addestramento, riesce a superare la crisi. Si trova in uno strano mondo: stesso posto, stesso tempo ma, realtà diverse. L’umanità non ha superato la crisi del 1962, quella dei missili a Cuba e su di essa è calata l’ombra dell’olocausto nucleare. Qui, la storia ha seguito un corso diverso e anche la sua storia personale ha avuto un esito differente. Nel 2012 la tecnologia è regredita e ci si ritrova, in America, con una civiltà simile a quella della metà del XIX secolo. La prateria è il territorio indiscusso degli indiani che non sono più dei selvaggi ma hanno dato vita a una società feudale simile a quella giapponese del tempo dello Shògun. Prosperano grazie a un animale volante, il wakalla, che ha sostituito egregiamente il cavallo, ormai estinto. I bianchi si sono impadroniti di alcuni esemplari e hanno imparato anche loro a servirsene: grazie ai wakalla si sono ristabiliti i contatti tra le città rimaste per tanto tempo isolate, dando nuovo spunto ai commerci, alle idee, alla tecnologia.

Alan, passando attraverso diverse vicissitudini, si trova a convivere alternativamente sia con gli indiani, sia con i bianchi. Riceve un valido aiuto solo dai primi, i quali, per quanto riguarda il mistero del suo caso, possiedono conoscenze di gran lunga superiori a quelle dei bianchi; verso i quali Alan manterrà sempre un atteggiamento molto prudente. Per gli indiani, lui è “Lo Spirito del vento” ed ha acquisito strani poteri. Wakanda, lo stregone, gli spiega che i suoi poteri sono latenti: dormivano assopiti dentro di lui e saranno sicuramente trasmessi alla sua progenie. A Saint Peters ritrova l’amata Susan. Resterebbe volentieri con lei, ma ha nostalgia di casa: quello non è il suo mondo e lui non vuole rimanerci per sempre. Vola via da Susan per imbattersi nel suo alter ego. L’Alan di quel mondo, seguendo una rotta diametralmente opposta, finisce per collidere in volo con il protagonista di questa storia. Alan sembra scampare al disastro, torna tra gli indiani e casualmente ne parla con Wakanda. Il Capo spirituale rimane perplesso: capisce che è avvenuta la fusione. L’Alan di questa realtà alternativa si è fuso con L’Alan del nostro mondo: quando si sveglierà non ricorderà più chi era, non ricorderà più cosa ha fatto, acquisirà ricordi propri di questa realtà. Wakanda affida Alan alle cure della sacerdotessa Teetomka che, segretamente, lo ama. Passerà quella notte tra le sue braccia ma, come previsto, al risveglio Alan perderà gradualmente coscienza di se. Tornerà dalla sua Susan e questa volta, per rimanerci.

Sono passati venti anni da quella notte. Alan parcheggia un grosso automezzo sotto casa sua, una palazzina che sembra fatta di cristallo. Lo aspetta Susan, ma prima che possa raggiungerla viene sorvolato da un wakalla: l’animale atterra lì vicino. E’ cavalcato da un indiano: un giovane di diciannove anni. Sceso a terra, senza perdere tempo, il ragazzo lo invita a salire in groppa e a farsi un volo. Alan esita: tempo addietro ha imparato a cavalcare quegli animali volanti, ma è da molto che non vola più. Il giovanotto gli riferisce le parole di sua madre: “è come andare in biciletta, una volta imparato non si dimentica più.” Queste parole sembrano scuoterlo: in realtà sono parole sue. Sono parole dette a Teetomka che, all’epoca, non aveva la più pallida idea di cosa fosse una bicicletta.  Il giovane, con un filo di speranza, gli chiede se quella frase gli ricorda qualcosa ma Alan, seppur perplesso, risponde di no. Il giovane indiano, con un cenno, lo invita a salire in groppa all’animale. Alan, questa volta senza esitare, si alza in volo compiendo ogni sorta di acrobazia. Quando atterra cerca di saperne di più sul quel giovanotto che gli è stato subito simpatico, che gli somiglia così tanto, che gli ricorda lui quand’era giovane. Si  fa chiamare “Lo Spirito del vento” e dice di essere dotato di strani poteri. Lo invita a pranzo e scopre che è in cerca di un lavoro. Lui ha bisogno di qualcuno che lo aiuti, lui e Susan non hanno avuto figli. Finisce per offrirgli il lavoro e anche un alloggio. Il giovane accetta volentieri, anzi sembra molto soddisfatto: non poteva sperare di più.

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