Il caso è in assoluto
il più straordinario mistero storico del XIX secolo. Il povero giovane fu anche
il soggetto di un esperimento crudele, di quello che noi oggi chiamiamo
"privazione sensoriale".
Il 26 maggio del 1828
Norimberga era pressoché deserta. Tutta la gente si era sparpagliata nei prati
e nelle campagne vicine per festeggiare all'aperto la tradizionale giornata
festiva (l'Ausflug). Verso le cinque del pomeriggio nella piazza era comparso
un giovane male in arnese che era andato a gettarsi sfinito nelle braccia del
signor George Weichmann. Il ragazzo era malnutrito e camminava in un modo
strano e rigido. Weichmann prese la busta che il ragazzo gli porgeva e vide che
era indirizzata al capitano del quarto squadrone, del sesto reggimento di
cavalleria di stanza in città. Il giovane sembrava incapace di rispondere alle
domande e l'unico verso che faceva era un curioso borbottio, tanto che
Weichmann pensò fosse ubriaco. Sembrava un idiota. Ad esempio, aveva cercato di
afferrare con le dita la fiamma di una candela e si era stupito quando si era
sentito scottare. Quando gli era stato offerto del cibo, l'aveva osservato come
se non avesse saputo che farne. Quando però vide del pane nero vi si era
gettato sopra in modo famelico. Il grande orologio del campanile lo
terrorizzava. Le sole parole che riusciva a pronunciare erano "Weiss
nicht" ("Non so").
Nella busta erano
contenute due lettere. La prima iniziava così:
"Onorevole Capitano. Le invio un giovane che intende servire sua maestà il re sotto le armi. Mi è stato consegnato il giorno 7 ottobre 1812. lo non sono che un povero lavoratore ed ho già i miei figli a cui accudire. La madre mi ha supplicato di prenderlo e allevarlo... Non ho potuto dirle di no. Per tutto il tempo che è rimasto con noi non gli ho mai permesso di uscire di casa."
Ovviamente, la lettera
non era firmata. Nella seconda missiva c'era scritto:
"Questo ragazzo è già stato battezzato. Il suo nome è Kaspar. Se volete, però, potete dargli un altro nome. Suo padre era un militare di cavalleria. Quando avrà compiuto diciassette anni venga portato a Norimberga e consegnato al reggimento del sesto cavalleria, perché era a questo corpo che apparteneva suo padre. La sua data di nascita è il 30 aprile 1812. lo sono una ragazza povera in canna, non posso proprio crescerlo. Suo padre è morto."
Questa seconda lettera
era probabilmente quella che il "povero lavoratore" anonimo aveva a
sua volta ricevuto quando il ragazzo gli era stato affidato.
Condotto nell'ufficio
della polizia, ricevuta una matita il giovane aveva scritto nome e cognome:
Kaspar Hauser. A tutte le domande continuava a rispondere come sempre: non so.
La storia, tutto
sommato, sembrava abbastanza chiara: un figlio illegittimo, abbandonato sulla
soglia di qualche casa e pietosamente raccolto da qualche straniero.
Ma come mai era stato
tenuto in casa per diciassette anni?
I piedi erano deboli e
delicati: sanguinava addirittura
attraverso le scarpe! Segno che non era abituato a camminare. La pelle era
chiara, pallida, come se fosse stato da sempre confinato nel buio. Ad un più
attento esame si vide che le due lettere erano state vergate dalla stessa mano
e nello stesso momento, non certo dunque sedici anni prima. Gli abiti che
indossava sembravano rubati a uno spaventapasseri e certamente non erano suoi.
Forse qualcuno voleva
depistare, confondere le tracce. Il giovane venne rinchiuso in una cella. Il
secondino, che lo teneva d'occhio, notò che si trovava perfettamente a suo agio
e che era capace di starsene fermo, immobile in un angolo per ore e ore senza
apparente fatica. Non possedeva il senso del tempo, né dava segno di sapere che
cosa fossero ore e minuti. Padroneggiava un modestissimo vocabolario. Diceva
che voleva diventare un cavaliere proprio come suo padre (una frase che
ripeteva in modo meccanico come un pappagallo). Tutti gli animali che vedeva,
per lui, erano cavalli e si mostrava fortemente interessato a loro. Un giorno
quando uno dei tanti visitatori che facevano la fila per poterlo andare a
vedere in cella, gli aveva regalato un cavallino. Lo aveva ornato con nastrini,
ci giocava in continuazione e ogni volta che era ora di mangiare pretendeva di
imboccarlo. La gente sembrava non dargli fastidio, tanto è vero che non si
preoccupava di svolgere in pubblico le sue funzioni corporali, completamente
privo di qualsiasi senso del pudore. Sembrava non distinguesse la differenza
fra uomo e donna: si riferiva alle persone dei due sessi chiamandole
indifferentemente "ragazzi" (Junge). Era, comunque, dotato di una
sensibilità a dir poco straordinaria. Se dei recipienti con caffè e birra si
trovavano nella stessa stanza stava male e incominciava a vomitare. La vista e
il sapore della carne gli provocavano nausea. Solo ad annusare il vino si
ubriacava, una sola goccia di brandy mescolato in un bicchiere d'acqua l'aveva
fatto ammalare. Udito e vista erano acutissimi: era in grado di vedere al buio,
capacità che, dopo, seppe dimostrare in pubblico leggendo brani della Bibbia in
totale mancanza di luce. Era così sensibile alle calamite da essere in grado di
riconoscere il polo sud o il nord se solo l'ago indicatore era rivolto verso la
sua persona. Distingueva i diversi metalli semplicemente passandovi la mano sopra,
anche se erano coperti da un telo.
Dapprima Kaspar, che
era sembrato un idiota, viveva come in un continuo intontimento. Come un
animale, era terrorizzato dai temporali. Ma l'idea che si trattasse di un
ritardato mentale venne ben presto abbandonata. Gli piaceva l'attenzione dei
visitatori, che facevano la fila per andarlo a vedere. Ogni giorno che passava
si faceva sempre più attento e perspicace, proprio come un bambino, imparava
facendo esperienza. Anche il numero delle parole che utilizzava cresceva di
giorno in giorno, assieme alla destrezza manuale. Imparò a usare forbici, penna
e calamaio, fiammiferi. Mano a mano che la sua intelligenza aumentava anche
l'aspetto fisico si modificava. Se prima appariva come il tipico idiota, rozzo,
ottuso, maldestro e scostante, ora le fattezze del suo viso si erano modificate
e i tratti si erano fatti più raffinati. Continuava però a camminare in modo
molto strano: nella parte posteriore delle ginocchia, nel punto in cui una
persona normale ha una infossatura, Kaspar aveva delle protuberanze, così che
quando si sedeva per terra con le gambe distese, queste erano in contatto col
pavimento per tutta la loro estensione. Quando imparò a parlare fu anche in
grado di raccontare qualche episodio della sua vita. Ma la cosa non fece che
aumentare il mistero. Dalle prime asserzioni si poteva ritenere che Kaspar
fosse cresciuto in una stanza, non più spaziosa di un paio di metri quadrati, aerata
e illuminata da una finestrella a grate. Non c'era un letto ma un semplice
pagliericcio gettato sulla nuda terra. La celletta era così bassa da non permettergli
di stare in piedi. Non vedeva mai nessuno. Ogni mattina al risveglio trovava
pane e acqua. A volte l'acqua aveva un sapore più amaro e allora cadeva in un
sonno profondo. Quando si ridestava scopriva che il pagliericcio era stato
cambiato e che gli erano stati tagliati i capelli. Gli unici giocattoli che aveva
erano tre piccoli cavalli di legno. Un giorno un uomo era entrato nella cella e
gli aveva insegnato a scrivere il suo nome, Kaspar Hauser e a ripetere due sole
frasi: "Voglio diventare un soldato" e "Non so". Finalmente
una mattina si era svegliato vestito con gli abiti con cui lo avevano trovato.
Poi era tornato quell'uomo che lo aveva fatto uscire all'aria aperta. Mentre si
stavano allontanando dal luogo della sua prigionia, l'uomo gli raccontava che
una volta soldato gli sarebbe stato dato un bel cavallo vero, tutto per lui. Il
misterioso accompagnatore l'aveva quindi abbandonato alle porte di Norimberga.
In breve Kaspar
divenne famoso e di lui si parlava in tutta la Germania. La cosa doveva
preoccupare i suoi carcerieri: sicuramente, avevano pensato che una volta
arruolato il ragazzo sarebbe finito nel dimenticatoio e nessuno se ne sarebbe
più occupato. Ora, invece, attorno a lui si era creato un caso nazionale: tutti
si ponevano domande e tutti investigavano.
Il borgomastro e il
consiglio di Norimberga stabilirono di assumere Kaspar sotto la protezione
della città. Sarebbe stato mantenuto a spese della comunità. Nella spenta e
monotona Norimberga del tempo, in effetti, il ragazzo misterioso rappresentava
un motivo di interesse. Tutti volevano venire a capo dell'enigma. In città
comparvero migliaia di volantini in cui si chiedeva alla popolazione di
contribuire alla ricerca e si prometteva un premio consistente a chi avesse offerto
notizie decisive al riconoscimento di Kaspar. Da parte sua, la polizia prese a
setacciare i dintorni della città e la campagna tutto attorno per rintracciare
la cella d'isolamento. Doveva trattarsi, ovviamente, di un posto non lontano da
Norimberga. Ma non si venne a capo di nulla.
Fra le molte
iniziative, il consiglio cittadino decise di affiancare a Kaspar un accompagnatore
che lo assistesse continuamente. Venne prescelto il professor Georg Friedrich
Daumer. Questi era particolarmente interessato agli studi di "magnetismo
animale" ed era stato lui che aveva condotto gli esperimenti in cui Kaspar
aveva dimostrato di distinguere anche al buio la diversa polarità di una
calamita. Sotto la guida attenta e curiosa di Daumer, Kaspar si trasformò in un
giovane uomo dalla normale intelligenza. Come tutti i giovani, amava stare al
centro dell'attenzione: divenne addirittura frivolo. Insomma, rientrò pure lui
nella piena normalità.
Uno dei più colti e
preparati personaggi che visitarono e studiarono Kaspar fu l'avvocato e
criminologo Anselm Ritter von Feuerbach, rinomato autore del codice penale
bavarese. Egli giunse alla conclusione che nelle vene del ragazzo scorreva
sangue nobile. D'altro canto, l'unica ipotesi plausibile per il suo
imprigionamento non poteva che essere una sola: si trattava di un erede indesiderato.
Ovviamente, a Kaspar
questa nuova non dispiaceva.
Passati diciassette
mesi dal suo "ritrovamento", qualcuno aveva tentato di ucciderlo. Il
7 ottobre del 1829, Kaspar era stato trovato riverso esanime sul pavimento
della stanza che occupava nella casa del professor Daumer. Sanguinava dal capo
a causa di una vasta lacerazione e aveva la camicia stretta attorno alla vita.
Una volta ripresosi, aveva detto di essere stato aggredito da un uomo, con il
volto coperto da una maschera, per non farsi riconoscere, che lo aveva colpito
con un bastone. La polizia si era messa subito in azione, scandagliando la
città, ma non venne a capo di nulla. Qualcuno, allora, incominciò a ventilare
l'ipotesi che in realtà non c'era mai stato un aggressore e che si trattava di
una messa in scena architettata dallo stesso Kaspar per riguadagnare
quell'attenzione ormai persa. Il ragazzo, di certo, non era uno stinco di
santo. Tuttavia, una parte dell'opinione pubblica temeva per la sua vita. Si decise
di spostarlo in una nuova dimora, dove era continuamente sorvegliato da una
coppia di agenti, mentre Ritter von Feuerbach venne riconosciuto come suo
custode e padrino.
Nei due anni che
seguirono Kaspar uscì dalla vita pubblica, ma non certo dall'immaginazione e
dalla curiosità della gente. Ora che la novità della sua avventura si era
spenta, erano in tanti a protestare con l'amministrazione pubblica per le spese
che la cittadinanza si doveva sobbarcare per il suo mantenimento.
Venne allora proposta
una soluzione che accontentò tutti. Un ricco ed eccentrico inglese, Lord
Stanhope, nipote del primo ministro Pitt, interessato al caso di Kaspar, aveva
voluto conoscerlo e intervistarlo. Fra i due era nata una forte simpatia sin
dalle prime battute. Anche Stanhope era convinto che il giovane fosse di nobile
stirpe ed era grandemente affascinato dal suo mistero. Così quando offrì a
Kaspar un viaggio per l'Europa, l'intera Norimberga trasse un respiro di sollievo.
Tra il 1831 e il 1833 Kaspar Hauser venne presentato e introdotto presso alcune
corti minori europee, dove non mancò di suscitare grande interesse e emozioni.
Anche se alcuni membri delle case reali della Baviera, in particolare quella di
Baden, lo respinsero, timorosi di andare incontro a spiacevoli conseguenze
legali, nel momento in cui il loro nome e il loro casato venisse accostato a
quello di Kaspar.
Ma tutto questo sfarzo
si rivelarono poco adatti al carattere e al temperamento di Kaspar. Come era
prevedibile, il giovane divenne vacuo, vanitoso e bizzoso. In breve Stanhope ne
fu deluso. Quando nel 1833 il viaggio fu concluso e tornarono a Norimberga,
Lord Stanhope inoltrò formale domanda al consiglio cittadino di Norimberga per
poter trasferire Kaspar nella vicina cittadina di Ansbach, dove sarebbe vissuto
sotto le cure di un suo amico, il dottor Mayer e custodito per la sua sicurezza
da un certo capitano Hickel. Dopo di che, sollevato dall'aver eseguito quello
che probabilmente aveva ritenuto fosse un suo compito, Lord Stanhope se n'era
tornato in Inghilterra.
Poi, appena qualche
giorno prima di Natale, Kaspar era morto. Il 14 dicembre 1833, in un pomeriggio
di neve, si era presentato alla porta di Mayer, ansimando: "Un uomo, un
uomo mi ha accoltellato ... un coltello ... Hofgarten ... la borsa ... presto
andate a vedere".
Un medico, chiamato
d'urgenza, riscontrò che Kaspar era stato accoltellato sul fianco. Un polmone e
il fegato erano stati gravemente danneggiati. Hickel si era subito precipitato
nel parco dove il ragazzo stava passeggiando e aveva trovato una borsa di seta
piena di monete contenente un biglietto scritto al contrario che diceva: "Hauser
sarebbe in grado di dirvi come sono, da dove vengo e chi sono. Ma per
risparmiargli questa incombenza lo farò io stesso. lo vengo da ... sul confine
della Baviera ... Sul fiume ... Il mio nome è M.L.O."
Kaspar non seppe
fornire alcun ragguaglio a proposito dell'identità dell'uomo. L'unica cosa che
seppe dire fu di aver ricevuto un messaggio da un fattorino in cui veniva
invitato ad andare nel parco di Hofgarten. Qui aveva incontrato un uomo alto,
il quale con una voce bisbigliante gli aveva chiesto: "Siete voi Kaspar
Hauser?"
Al suo assenso, gli
aveva consegnato la borsetta e poi l'aveva accoltellato, scappando all'istante.
Tra le altre cose, Hickel osservò anche un dettaglio molto importante che rese sin
da subito dubbia la storia: nella neve si poteva notare soltanto una serie di
impronte, quelle di Kaspar. Ma quando due giorni dopo, il 17 dicembre, per la
gravità delle ferite, il ragazzo era entrato in coma, una delle ultime cose che
aveva detto era stato: "Non sono stato io, non l'ho fatto da solo."
La sua morte fu il
segnale per lo scatenarsi di pubblicazioni e pamphlets, in cui ciascun autore
proponeva la sua ipotesi. Feuerbach diede alle stampe un lavoro dal titolo "Esempio
di un crimine perpetrato contro l'anima di un uomo", continuando a
sostenere l'idea che Kaspar avesse sangue reale nelle vene. Per evitare grane,
non faceva nomi e cognomi, tuttavia l'opinione pubblica non ebbe difficoltà a
immaginarne qualcuno. In cima alla lista c'era, per esempio, il granduca di
Baden. Si trattava, ovviamente, di una storia fantasiosa che presupponeva un
allontanamento quand'era neonato e la consegna a un "guardiano".
Seguendo questa teoria, l'uomo sarebbe stato Franz Richter. Lui avrebbe
rinchiuso Kaspar in una segreta del castello di Pilsach, nei pressi di
Norimberga. (Il castello era infatti un'immensa fattoria). Alla morte della
madre, Richter avrebbe spedito il ragazzo a Norimberga. Ma, in realtà, erano
tutte supposizioni e non esisteva alcuna prova evidente né per questa né per
altre ipotesi.
Come non c'era prova
alcuna che Kaspar fosse di sangue blu. Se davvero fosse stato l'erede a qualche
trono o anche soltanto di qualche consistente fortuna, diventa difficile
spiegarsi come mai era stato trattato con tanta durezza, imprigionato in una
celletta angusta, dal momento che non sarebbero certo mancati i fondi per farlo
crescere assistito in qualche posto lontano. Piuttosto, viene da osservare che
l'inumano trattamento cui venne sottoposto è più tipico di una gretta mentalità
contadina. L'ipotesi che Kaspar fosse il figliastro di un granduca non sembra
più accreditata di quella che lo vede nei panni di erede illegittimo della
figlia di qualche rispettabile fattore ingravidata da un signorotto locale e
spaventata dall'eventualità che il suo segreto potesse diventare oggetto di
pettegolezzo per la gente del posto.
Dapprima Kaspar, che era sembrato un idiota, viveva come in un continuo intontimento. Come un animale, era terrorizzato dai temporali. Ma l'idea che si trattasse di un ritardato mentale venne ben presto abbandonata. Gli piaceva l'attenzione dei visitatori, che facevano la fila per andarlo a vedere. Ogni giorno che passava si faceva sempre più attento e perspicace, proprio come un bambino, imparava facendo esperienza.
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