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domenica 14 luglio 2019

IL CASO LLANCA


In una tranquilla notte di ottobre del 1973 nella zona di Baia Blanca, non lontano da Buenos Aires, Dionisio Llanca che, al tempo, aveva 25 anni, stava guidando sulla Route 3. Erano circa l’1:30 quando si accorse che una ruota del suo camion si stava sgonfiando e così si fermò a bordo strada per controllare. La ruota era effettivamente bucata e così si adoperò per sostituirla. Intento nell’operazione si accorse che, alle sue spalle, giunsero due uomini e una donna, tutti vestiti con una strana tuta aderente grigia, stivali gialli e guanti.
Llanca si alzò in piedi e poté vedere, nel campo a lato della strada, un oggetto circolare del diametro di circa quattro metri, levitare a una decina di metri dal suolo. Fluttuava silenziosamente ed emetteva dalla base e dall’unico oblò un’intensa luce gialla. Prima ancora di capire cosa stesse succedendo sentì i suoi muscoli bloccarsi e in pochi istanti rimase completamente paralizzato.
Sentì parlare quelle persone in una lingua sconosciuta e poi li vide avvicinarsi: sembravano esseri umani, ma i loro occhi erano sproporzionati e la loro pelle era molto pallida. Uno dei due maschi lo afferrò per il collo e lo sollevò da terra mentre l’altro pizzicò con una specie di puntina da disegno il suo dito indice: il sangue che usciva dal suo dito fu l’ultima cosa che Llanca vide prima di perdere conoscenza.
L’uomo si riprese dopo le tre di notte, ma si trovava nei locali della Sociedad Rural sdraiato vicino a dei vagoni ferroviari, a dieci km di distanza dal posto in cui era parcheggiato il suo camion. Non ricordava nulla di quello che gli era successo. Si alzò e s’incamminò lungo la strada fino a quando un’auto, notandolo in difficoltà, si fermò e lo portò alla stazione di polizia più vicina.
Quando venne interpellato, non era lucido e non si esprimeva correttamente. Fu preso per un ubriaco: gli agenti non vollero perdere tempo e lo lasciarono andare senza approfondire la sua situazione. Llanca però ebbe un mancamento poco dopo e fu necessario condurlo in ospedale, a Bahia Blanca. Dionisio aveva gli occhi rossi e perdeva brandelli di pelle: i medici dissero che mostrava segni di esposizione a forti radiazioni. Solo il giorno dopo fu in grado di testimoniare e le sue parole vennero raccolte da alcuni giornalisti in vena di scoop. A Buenos Aires, l’articolo uscì su tutti i giornali.  

 

 

Del suo caso si interessò anche l’ufologo Fabio Zerpa, che spinse Llanca a sottoporsi a sedute con psicologi e psichiatri. Per tre anni l’uomo subì continue sedute di regressione e iniezioni del cosiddetto siero della verità (pentothal sodio) perché aveva problemi a ricordare e quando, ormai stufo, si rifiutò di continuare quei trattamenti venne addirittura internato. Finalmente fuori, decise di rifugiarsi nella sua fattoria e di non parlare più a nessuno di quella vicenda.
Zerpa proseguì le indagini per conto suo e scoprì che la notte del 28 ottobre 1973 tra le 2:00 e le 3:00 una torre ad alta tensione poco lontana da dove fu ritrovato il camion era stata danneggiata. La società che forniva elettricità alla città affermò che c’era stato un aumento insolito del consumo di energia nella zona.
Dionisio Llanca, intanto, non trovava pace: gruppi di giornalisti e ricercatori provenienti da tutto il mondo si presentarono a casa sua per intervistarlo e qualcuno riuscì anche a entrarci dalle finestre. Le molestie furono talmente fastidiose e ripetitive che Llanca decise di sparire per diversi anni, durante i quali  gli amici sparsero la voce che fosse morto.
L’otto dicembre del 2013, dopo oltre 40 anni del fatto, un giornalista del sito Lanueva.com riuscì a trovarlo in una città del sud dell’Argentina e ottenne una breve intervista.



"Se quello che è successo allora mi accadesse di nuovo non ne parlerei ad anima viva. Sono stato diffamato, sfruttato e confinato negli ospedali a causa di problemi emotivi e di salute…"
 

Queste sono state le parole che disse più volte l’uomo nell’intervista. Ad ogni modo, aggiunse qualcosa di nuovo rispetto a quello riportato da Zerba nei suoi documenti: raccontò che una volta dentro l’UFO, vide che la donna gestiva una serie di strumenti chirurgici e che forse si stava preparando a esaminarlo. Uno degli uomini, forse il pilota, si sedette di fronte a un pannello di controllo, afferrò una leva e fece decollare la navicella mentre l’altro osservava un grande pannello di vetro sul quale c’era quella che sembrava la volta stellata. Llanca disse anche che c’era un portello aperto sul pavimento con diversi tubi e cavi che vennero tirati a bordo prima della partenza.
La donna si tolse il guanto arancione della mano destra per indossarne uno nero con piccoli spuntoni metallici sul palmo, poi si avvicinò a Llanca e mentre lo esaminava, involontariamente, lo colpì sul sopracciglio sinistro creando una ferita. Ancora oggi, è visibile la cicatrice. Affermò che prima di perdere nuovamente i sensi gli alieni gli parlarono nella sua lingua e lo rassicurarono che non gli sarebbe accaduto nulla di male.
 

 

Dopo quello che ha passato, Dionisio Llanca oggi vive una vita semplice e molto riservata. Nel 1976 si ritirò nel sud del paese e rimase in contatto solo con suo fratello. Al giornalista ha ripetuto che non vuole più parlare della questione e che vuole solo essere lasciato in pace.

3 commenti:

  1. Sembravano esseri umani, ma i loro occhi erano sproporzionati e la loro pelle era molto pallida.

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  2. Mi sembra che il filo conduttore di questi incontri ravvicinati sia la mancanza di ostilità da parte degli alieni nei confronti della nostra specie. Anche se i modi sembrano spicci ma mi sembra di cogliere più che altro il fatto che siano di intelligenza superiore, un po' come quando portiamo al pascolo pecore e mucche, lo facciamo con modi a volte decisi ma li guidiamo al pascolo. Ci stanno studiando e sono a buon punto secondo me.

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  3. Dipende dalla motivazione alla base dei loro studi.In realtà potrebbero anche essere ostili e cercare i punti deboli del nostro organismo per eliminarci.

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