Jericho apre, una ad una, tutte le stanze. Chiude
ermeticamente le finestre e tira giù le persiane. Giunge nel salone, da’
un’occhiata alla grande stanza: è vuota. Sono tutte vuote, ma lui non sembra
accorgesi di nulla e prosegue imperterrito: deve chiudere tutto, prima che
arrivi la notte. Ma il portone d’ingresso ha qualche problema: dovrebbe
chiudersi e invece, non vuole saperne. Esce di casa, quella non è casa sua, e
si ritrova su un lungo pianerottolo. Quel posto però gli è familiare: un
intricato labirinto di scale che non sembra portare ad un ultimo ballatoio.
Scavalca una ringhiera: è l’unico modo per raggiungere un’abitazione all’ultimo
piano, che lui sembra conoscere. Nota che la porta socchiusa: la spinge ed entra.
Una giovane donna è seduta alla scrivania, davanti al computer. Lui le siede
accanto, guarda il monitor, riconosce quella pagina. Legge ad alta voce: - la
leggenda di kuekuatsheu.
Lei si china per guardare meglio lo schermo: vi
appare la figura esile di una giovane donna, bionda, carina. Poi, raddrizza la
schiena: nel suo sguardo apatico non c’è più alcuna curiosità. Comincia a
parlargli di una torta di mele, ma lui non l’ascolta, ormai non l’ascolta più:
la sua mente vaga lontano, esplora territori arsi dal sole, palme, vicoli
stretti e case basse e bianche.
Qualcosa lo riporta alla realtà. Individua subito
il telefono: nel buio, il suo schermo appare fin troppo luminoso e la suoneria
lo innervosisce.
-
Pronto. Pronto? Pronto!
Nessuna risposta. Per qualche istante rimane come
inebetito, poi fissa quel numero che non conosce. A quel numero, in rubrica, non
è abbinato alcun nome. Guarda l’ora: 05:12.
Hanno sbagliato numero? No, è la seconda volta che
succede e anche ieri erano le 05:12. Questa volta, però, non riattacca. Rimane
in ascolto e dopo una serie di rumori confusi, riesce a sentire delle voci
concitate. Parlano in arabo. Una delle voci è femminile, gli sembra di capire
che la donna ha bisogno d’aiuto.
* * * * *
La valigia sul letto, un ultimo sguardo alla città:
non ci sarebbe più tornato. Non ne sentirà la mancanza, in fondo, sono solo
palazzi, strade, negozi: è così in tutto il mondo. Deve lasciare il paese, gli
avevano detto la sera prima e senza neanche troppi preamboli. Gli Israeliani
avevano modi spicci per allontanare gli indesiderati. Non gradivano che
qualcuno ficcasse il naso nei loro affari, specie poi se si trattava di un
militare.
-
Deve comprendere che siamo un paese in guerra e
dobbiamo prendere opportune precauzioni.
L’ufficiale si sforzava, invano, di mostrare almeno
un minimo di cordialità. L’avrebbero buttato fuori senza alcun riguardo, ma al
tenente piaceva quell’uomo, ne aveva stima. Era un soldato, come lei, e i gradi
se l’era guadagnati, ne era certa!
Lui, fece un sorriso finto, dimostrando, in quella
circostanza, quanto poco fosse comprensivo. Si guardò intorno notando altri militari
e agenti in borghese.
-
Tutto questo schieramento solo per me? – Chiese?
La donna, colta di sorpresa, si mostrò imbarazzata:
aveva pianificato tutto con molta cura.
-
Posso chiederle chi seleziona il personale?
-
Cosa?
-
Non me ne voglia – aggiunse lui – ma tutto il
personale femminile… Insomma, sono dei veri cessi! Non riescono a confondersi
tra la folla.
-
Mi sembra una cattiveria gratuita, Mister… Debbo
chiamarla Ariha, come la chiamano i palestinesi?
Replicò lei, senza nascondere un certo
risentimento.
-
No, ma può chiamarmi Jericho, a modo degli
occidentali.
-
Faccia buon viaggio Mr Jericho!
Non ci fu niente altro da aggiungere.
Lasciò la stanza dell’hotel, scese nella hall per
pagare il conto e chiedere un taxi per raggiungere l’aeroporto.
-
Ariha!
Lentamente, si voltò verso la donna che era
arrivata alle sue spalle.
-
È così, stai partendo.
-
Sì. Certo che, venendo qui, non mi rendi il
compito più facile.
Lei scosse la testa.
-
Diciamo pure che non c’è un modo facile per dirsi
addio. Posso accompagnarti all’aeroporto.
Non era una domanda: Berenice era una donna determinata.
-
Vieni. Saremo in buona compagnia.
Aveva notato come l’arrivo della donna non fosse
passato in sordina.
Salirono sul taxi diretti all’aeroporto. Un auto si
mise in moto e cominciò a seguirlo.
-
Hai notato?
-
L’ho notato – disse lei – vogliono assicurarsi
che te ne vada.
Jericho annuì.
-
Tu, cosa farai?
-
Sopravvivrò.
-
Sono preoccupato. Vieni via con me.
-
Io amo un uomo, te. Ma hai una famiglia che ti
aspetta: non c’è posto per me.
-
Dimmi che sai cosa significhi per me!
Lo sapeva, ma finse, per non dar peso alle sue
parole.
-
Non dimenticherò quello che hai fatto per…
-
No, per favore, sai come la penso.
-
Già! Gli arabi sono i nemici, i nemici
dell’Occidente! Israele, invece, cos’è?
Un tempo avrebbe risposto che Israele è un alleato,
ma non aveva più quella visione semplicistica delle cose.
-
L’ho fatto per te – rispose – ma aveva tutta
l’aria di essere una scusa.
Neanche la donna sembrava esserne troppo convinta,
ma non rispose. Intanto il taxi continuava per la sua strada. Jericho si voltò
indietro, forse per vedere se li stavano ancora seguendo o solo per evitare lo
sguardo di lei.
-
Scendo al prossimo incrocio.
Lui, si rese conto che erano vicini alla meta.
C’era il rischio che la bloccassero, in aeroporto, che non la lasciassero
entrare, oppure l’avrebbero fermata per interrogarla o perquisirla. La qual
cosa lo avrebbe irritato non poco e avrebbe irritato anche lei. No, non era un
bel modo per lasciarsi.
-
Vorrei darti un bacio.
-
Lo hai già fatto Ariha.
Sorrise. Quel sorriso gli ricordò dov’erano: doveva
darsi un contegno. Un bacio, per quanto casto, sarebbe stato sconveniente.
L’auto accostò per farla scendere. Scese anche lui
e le aprì lo sportello. Lei lo guardò con tenerezza e lui si sforzò di controllare le sue emozioni.
-
Chiamami - disse lei.
-
Non potrò farlo: lo sai.
Lo sapeva, ma voleva almeno quest’ultima illusione.
-
Chiamami, non m’importa: succeda quel che
succeda.
Si voltò lentamente e cominciò a camminare. Jericho
la seguì con lo sguardo: lei non si voltò mai indietro. Lui, stette lì a
guardarla mentre si allontanava, fin quando non sparì dietro un angolo.
* * * * *
Non gli capita spesso di tornare al Comando. Riesce
a svolgere il suo incarico da remoto: telefono e internet sono più che
sufficienti, di solito.
-
Ciao Jericho, è un piacere rivederti. Come stai?
Come stai. Un tempo si sarebbe limitato a
rispondere: sto bene grazie. Così, quasi per abitudine, senza badarci, senza
neanche pensarci un istante. Ma, da quando era tornato dall’Ucraina, non era
più così. Quell’avventura gli era costata cara. Ora, ogni volta che sentiva
quella frase rifletteva prima di rispondere. Pensava a quanto gli rimaneva ancora
da vivere e a come avrebbe vissuto.
-
Sto benone
Toni.
-
Sì, ho sentito che hai ripreso a correre.
-
Corro per sette chilometri. Non è una maratona,
ma è un bel miglioramento rispetto alla sedia a rotelle.
-
Sì ricordo. Ma sei riuscito a rialzarti: hai la pelle
dura!
-
Già!
-
Dormi bene adesso?
-
No, continuo ad avere degli incubi.
-
Gesù! Ma chi sei, Wolverine?
-
Cos’ha lui che io non ho?
-
Beh! Gli artigli di adamantio, per esempio.
-
Eh! Quelli mi avrebbero fatto comodo in certe situazioni!
Rise amaro. Sapeva di avere la stima di Toni, ma
non ce lo vedeva a versare lacrime sulla sua tomba. Forse, era meglio smetterla
con i convenevoli.
-
Veniamo al dunque – disse Toni, quasi
indovinasse il suo ultimo pensiero – abbiamo rintracciato la telefonata. Viene
da Israele.
-
Interessante.
-
Non scherzare Jericho, per i miracoli ci stiamo
attrezzando!
-
Non mi dici nient’altro?
-
Abbiamo la traduzione. È una registrazione: un
frammento di discorso. Qualcuno chiede a una donna: lui dov’è? E lei risponde
di non saperlo.
-
Ma, il tono dell’uomo è minaccioso.
-
Sì. Ma la donna non sembra spaventata.
-
Infatti.
-
Pensi a lei?
-
Non saprei. Posso riascoltare la registrazione?
-
Certo. Ma prima, dimmi una cosa; da quanto non
la senti?
-
Cinque anni. A settembre saranno cinque anni.
-
Quanti numeri di telefono hai cambiato in questi
ultimi anni?
-
Lo sai: mi date voi le schede.
-
Sì, cambiamo il tuo numero, con una certa
regolarità, più o meno ogni sei mesi.
-
Toni. Mandami laggiù!
-
Cristo Jericho! Non sei nelle condizioni!
-
Sto bene Toni. Sicuro!
-
Non può essere lei, Jericho.
-
Fammi ascoltare la registrazione.
-
Lo farò. Ma toglitelo dalla testa, non andrai in
missione.
Jericho lo fissò serio.
-
Ricordi l’ultima volta? Ti dissi che era una
cosa per i giovani, ma tu niente. Sei voluto partire lo stesso!
-
E sono tornato.
-
No, non sei tornato tu, ti abbiamo tirato fuori
noi: è diverso!
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