Cerca nel blog

domenica 17 maggio 2020

IL RAPIMENTO DI A. CONTE


È un caso di rapimento avvenuto circa trent’anni fa e che, dopo aver conosciuto una certa notorietà, è ricaduto poi nell’oblio, non senza aver portato un penoso sconvolgimento nella vita del protagonista, segnandola in modo indelebile.
La sera del 19 gennaio 1979,  alle ore 11:30, circa, un boscaiolo di Lusiana (un comune in provincia di Vicenza) Antonio Conte, stava rientrando a casa dopo aver trascorso la serata ad Asiago in compagnia di alcuni amici, con i quali aveva cenato. Ed ecco che, all’improvviso, il motore dell’automobile si fermò, i fari si spensero e gli sportelli si aprirono: tutto in una volta e senza alcuna causa apparente.
Mentre l’uomo cerca ancora di capire cosa stia accadendo, un oggetto luminoso di forma sferica scende dal cielo e si posa a breve distanza. Con immenso stupore e con paura, egli vide sbucare da quella sfera due piccoli esseri di aspetto umanoide che, velocemente, si diressero verso di lui. Letteralmente terrorizzato, l’uomo avrebbe voluto darsi alla fuga, ma non ne ebbe la forza: si sentiva incapace di fare un passo, tanto che dovette sostenersi contro la fiancata della sua vettura per non scivolare a terra.
Gli alieni sembravano, per le loro dimensioni, dei ragazzini: alti poco più di un metro, indossavano delle tute aderenti, a squame metalliche, di colore simile al bronzo. Avevano le mani affusolate e terminanti con delle punte simili a chiodi. Al posto delle orecchie avevano qualcosa che sembrava del filo metallico, attorcigliato che produceva una sorta di ronzio a ogni movimento.
L’uomo si calmò quando si rese conto che non sembravano ostili, tanto che finì per accogliere l’invito a seguirli all’interno dell’astronave. Qui poté osservare una varia strumentazione, in un ambiente alquanto ristretto. Tutt’intorno, notò una serie di apparecchiature elettroniche, al suo fianco uno schermo in cui delle palline luminose si muovevano all’impazzata. Davanti a lui una superficie illuminata, semitrasparente, al di là della quale gli parve di intravedere delle creature in movimento. Mentre era intento a esaminare il luogo in cui si trovava, tentando di darsi conto delle proprie sensazioni,  uno degli esseri che lo avevano invitato a salire gli si avvicinò con l’evidente intenzione di togliergli la giacca. Il boscaiolo non sapendo che fare, in un primo momento rimane sorpreso, irrigidito, passivo e lasciò che la creatura lo toccasse, poi si rinvenne, scosso dalla paura: ora temeva che volessero fargli del male, magari anche sottoporlo a qualche terribile esperimento. Istintivamente retrocesse e allontanandosi si sottrasse al contatto. Qualunque fosse il suo intento, la creatura rinunciò. Si accostò alla parete che al suo tocco si aprì lasciando comparire una tuta del tutto simile a quella che indossavano loro. L’uomo intuì che i due piccoli esseri volevano condurlo da qualche parte. Fu preso dallo sconforto, le gambe gli cedettero improvvisamente e si accasciò a terra. Iniziò a implorare che lo lasciassero andare, non voleva saperne di andare con loro, si sentiva braccato, in trappola, l’angoscia era indescrivibile.  Uno dei due esseri toccò nuovamente la parete che sembrò aprirsi e dal nulla, comparve una fessura dalla quale l’essere prelevò un piccolo oggetto. Con le mani parve incidervi qualcosa sulla sua superficie, poi lo porse all’uomo, invitandolo a metterselo al collo. Quasi contemporaneamente, ricomparve il portello dal quale il Conte era salito a bordo e l’uomo non ci pensò due volte, trascinandosi fuori carponi. Tutto si consumò in pochi attimi, la palla luminosa svanì e prima ancora che il testimone potesse riprendersi dallo spavento, ogni cosa era tornata normale. Intorno a lui, il freddo della notte invernale, il fruscio lieve della campagna e i vaghi rumori attutiti e lontani che provenivano dal vicino centro abitato. I fari dell’auto si riaccesero e l’auto stessa mise in moto al primo colpo.
Il Conte, esausto, rientrò a casa trovando, a suo dire, la madre ancora alzata (il testimone non era sposato) che, vedendolo, s’impressionò. Il figlio, ancora sconvolto, tentò di spiegarle l’accaduto. Ma non trovava le parole. Neppure i gesti gli furono d’aiuto: tremava come una foglia. La notte fu piena di incubi, di ricordi confusi, l’uomo si alzò e quasi inconsapevolmente, prese l’oggetto che le due creature gli avevano dato e lo nascose in una breccia del muro di casa: un estremo tentativo di rimuovere quanto aveva vissuto.
Il mattino successivo, quando il suo amico, Giuseppe Sciessere, passò a prenderlo per andare al lavoro, lo trovò ancora stravolto e angosciato, di poche parole, chiuso in se stesso. Ci volle del tempo e molta delicatezza, ma alla fine il Conte raccontò tutta la sua storia e la confessione fatta a un amico si trasformò ben presto in una storia che fece il giro del paese e richiamò l’attenzione della stampa. 


 

 

Sul “Giornale di Vicenza» del 20 gennaio 1979 comparve un’intervista ad Antonio Conte, da questi spontaneamente rilasciata: la prima e l’ultima, poiché, demoralizzato dalla reazione dei suoi compaesani, fra scetticismo e derisione, egli si chiuse ben presto in un silenzio totale, rifiutando ogni ulteriore incontro con dei giornalisti.
Certe insinuazioni avevano ferito il protagonista, uomo dalle abitudini estremamente morigerate, descritto da tutti come persona riservata e schiva e dagli interessi limitati. Non era, di certo, un esibizionista o un individuo dalla fervida immaginazione. Agli Ufo, poi, non aveva mai rivolto un pensiero particolare, né era stato propenso a credervi, prima della sua personale esperienza. Anzi, capitato il discorso in proposito, ne aveva riso apertamente con gli amici. Quest’ultimo è un elemento assai significativo, perché getta una luce eloquente sulla assoluta mancanza, in lui, di propensione a quelle suggestioni che, invece, portano legittimamente a dubitare dei racconti di altri protagonisti di esperienze relative ad “incontri ravvicinati” con creature aliene.
Il caso di Antonio Conte è comunque emblematico della solitudine e dell’angoscia che afferrano i protagonisti di simili esperienze, specialmente quando mancano del tutto degli indizi oggettivi che qualcosa di straordinario sia realmente accaduto. Sì, poiché la misteriosa “scatolina”, quella che gli alieni, poco prima del commiato, avrebbero consegnato al boscaiolo, facendogli cenno di mettersela al collo, nessuna l’ha mai vista!
Si sussurra che il Conte l’abbia fatta scomparire, per cercar di dimenticare la sua traumatica esperienza, oppure che l’abbia nascosta chissà dove, temendo che potesse venirgli sequestrata dai carabinieri. In ogni caso, se mai è esistita, ora non c’è più: il protagonista della vicenda, che allora aveva quarantadue anni, non ha più voluto parlarne. L’esperienza di quella notte non sembra aver agito in modo positivo nella sua vita: gli ha provocato terrore, incomprensioni, solitudine, amarezza. Ha trasformato un uomo normale, pacifico, bonario, in uno sospettoso, introverso, perseguitato dai propri fantasmi. Come accennavo in un post precedente (Cfr. Considerazioni sui rapiti) si può sostenere che, il più delle volte, incontri di questo genere non sono affatto positivi per quanti li hanno vissuti.
Quando un biologo, su qualche isoletta antartica, cattura un pinguino o un albatro e poi li lascia andare, dopo aver applicato sulla zampa una targhetta di riconoscimento, per poterne seguire gli spostamenti e le abitudini sul medio e lungo periodo, ritiene di compiere un’azione non solo legittima, in quanto motivata da intenti puramente scientifici, ma anche assolutamente innocua e indolore. Ed è certo che non agisce con intenzioni cattive. Ma cosa ne sappiamo noi di quel che avviene nella vita di un altro essere vivente, allorché venga fatto oggetto di una attenzione invasiva da parte di una specie molto più evoluta di quella cui appartiene?

1 commento:

  1. Quando un biologo cattura un pinguino o un albatro e poi li lascia andare, dopo aver applicato sulla zampa una targhetta di riconoscimento, ritiene di compiere un’azione non solo legittima, in quanto motivata da intenti puramente scientifici, ma anche assolutamente innocua e indolore. Ed è certo che non agisce con intenzioni cattive. Ma cosa ne sappiamo noi di quel che avviene nella vita di un altro essere vivente, allorché venga fatto oggetto di una attenzione invasiva da parte di una specie molto più evoluta di quella cui appartiene?

    RispondiElimina