Alle 11:30 del 25 luglio 1979, giorno della
festività di San Giacomo, Federico Ibáñez, un agricoltore cinquantaquattrenne
lasciò il villaggio di Turís, una piccola città nella provincia spagnola di
Valencia, per dirigersi verso la sua vigna a circa quattro chilometri di
distanza, col proposito di raccogliere qualche grappolo di uva per il pranzo.
Guidando la sua Renault 6, circa 700 metri prima di arrivare, vide un riflesso
che attribuì al lunotto della Seat 600 del figlio del proprietario di un appezzamento
di terreno adiacente. Lo perse quasi subito di vista a causa del tracciato
della strada, con diverse curve. Circa tre minuti più tardi, quando si trovava
approssimativamente 50 metri di distanza, il riflesso fu nuovamente visibile e
Ibáñez proseguì pensando che si trattasse della macchina, ormai parcheggiata in
mezzo alla strada di accesso ai campi.
Solo dopo essersi trovato a quattro metri
dall’oggetto, che gli bloccava il passo, si accorse che non si trattava di
un’automobile. Aveva la forma di un “mezzo uovo” e si appoggiava a terra su due
“piedi”. Di colore bianco, dal fondo piatto da cui sporgevano dei sostegni
lunghi circa 30 cm, era alto circa 2,5 metri (compresa anche l’altezza dei
sostegni) e largo circa due metri e mezzo.
- Era
qualcosa di metallico e molto brillante, un bianco così intenso, che non ho mai
visto - ha affermato Ibáñez.
Stupefatto e ancora seduto nel proprio veicolo,
vide due esseri identici saltar fuori da dietro un carrubo, undici metri alla
sua sinistra. Alti tra gli 80 e i 100 cm correvano rapidamente uno dietro
l’altro, quasi attaccati. Non si voltarono mai verso l’osservatore che poté
guardarli, solo per qualche secondo, di profilo, poiché entrarono nel l’oggetto
dal lato sinistro. Ibáñez poté notare che erano abbigliati con una veste bianca
che pareva “gonfia d’aria” come una vela che, dotata di una sorta di
cappuccio si estendeva quasi sino a terra e lasciava scoperti dei piedi piccoli
e neri. Le braccia erano corte, strettamente raccolte contro i corpi e
terminanti con mani nere. L’unico dettaglio che Ibáñez poté notare sulle facce
era una protrusione all’altezza degli occhi, dei tubi neri di circa 7-8 cm di
lunghezza. Come occhiali da saldatore, ma più lunghi - è stata l’analogia usata
dal testimone.
Bruscamente, l’oggetto ascese a grande velocità,
non completamente in verticale, ma lievemente inclinato verso la sinistra del
testimone, dirigendosi verso Ovest. L’ascensione provocò un turbine di vento
che spazzò il terreno, ma nonostante ciò, a Ibáñez fu possibile distinguere,
attraverso il parabrezza, una base circolare liscia dello stesso colore bianco
brillante del resto dell’oggetto. Non vide i piedi dell’oggetto che dovevano
essere rientrati. Scese velocemente dall’auto, giusto per osservare una “perla”
che scompariva nel cielo. Non fu in grado di udire alcun suono provenire
dall’oggetto poiché non ebbe il tempo di spegnere il motore, anche se il
finestrino dal lato del conducente era abbassato. In tutto, dal momento in cui
il testimone notò che c’era qualcosa di strano, fino all’inizio della partenza
dell’oggetto trascorsero circa sei secondi e quindi altri quattro fino al termine dell’avvistamento.
Con presenza di spirito, Ibáñez proseguì fino alla
propria vigna, colse l’uva ma, a disagio, decise di andarsene. Prima, però,
controllò l’area nei pressi dell’albero di carrube “nel caso avessero perso qualcosa”. Tornò a casa e descrisse
nervosamente l’accaduto ai membri della sua famiglia radunati per celebrare il
pranzo di San Giacomo.
Più tardi si recò nuovamente sul posto in compagnia
di sua moglie, sua figlia, suo genero e un impiegato di quest’ultimo. Il posto
dove era atterrato l’oggetto era ora occupato dall’auto del contadino che aveva
la vigna adiacente, al quale non dissero nulla. Constatarono, comunque, che l’area
nei pressi della strada era stata pulita dalla polvere per effetto della
partenza dell’oggetto. Nei pressi del carrubo da dove erano fuoriusciti i due
esseri, catturarono la loro attenzione due buchi, che il testimone non pensava
potessero essere stati scavati dai conigli.
Il fatto, molto commentato al villaggio, arrivò
alle orecchie di un cronista locale che scrisse una storia per il quotidiano di
Valencia, Las Provincias, il 10 agosto. Due giorni dopo, i membri del gruppo ufologico
di Valencia AVIU, diretto da Juan Antonio Fernández Peris, visitarono il sito
dell’avvistamento. intervistarono Ibáñez in più occasioni ed effettuarono le
misurazioni del caso. Trovarono sul
terreno quattro tracce che unite tra loro formavano un rettangolo perfetto di 176
x 130 centimetri. Due di esse erano deteriorate, ma gli investigatori presero
le esatte misurazioni e fecero un calco di gesso delle altre due. Ognuna aveva
forma circolare di 8 cm di diametro, formata da otto sfere di 2,25 cm di
diametro che circondavano simmetricamente una sfera centrale di circa 3,5 cm di
diametro. Usando una sonda manuale, stimarono che l’oggetto capace di produrre
questi segni sulla strada aveva esercitato una forza di quattro tonnellate. In
altre parole, esclusero che quelle tracce potessero essere impresse da veicoli
agricoli o che altri dispositivi o macchine presenti nell’area potessero essere
capaci di generare questo tipo di tracce.
L’Incontro Ravvicinato di Turìs è unico poiché la
fisionomia dei supposti occupanti dell’UFO non ha analogie nella letteratura ufologica
internazionale (personalmente, il loro modo di camminare mi ricorda quello
degli uccelli). Questo è precisamente il problema nei casi di incontri
ravvicinati con UFO: ogni evento appare singolare e differente.
L’Incontro Ravvicinato di Turìs è unico nel suo genere poiché la fisionomia degli alieni non ha analogie nella letteratura ufologica internazionale (personalmente, il loro modo di camminare mi ricorda quello degli uccelli).
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