Cerca nel blog

domenica 14 giugno 2020

CASO VALENTICH: NUOVE TESTIMONIANZE


La scomparsa in volo di Frederick Valentich sullo Stretto di Bass, in Australia, avvenuta il 21 ottobre 1978, è diventata uno dei misteri maggiormente pubblicizzati nella storia dell’aviazione, al pari della scomparsa, il 3 luglio 1937, della trasvolatrice Amelia Earhart.
Nonostante  tutti gli sforzi e le risorse impiegate nella ricerca dal governo australiano, messi in opera subito dopo il fatto, nessuna traccia del Cessna DSJ (Delta Sierra Juliet) è stata mai individuata. Ciò che rende singolare quest’episodio è l’esistenza di una comunicazione radio fra il giovane Valentich e un tecnico del volo, Steve Robey, che al momento della sparizione lavorava all’aeroporto internazionale di Melbourne “Tullamarine”. Altri piloti captarono quella trasmissione e a causa delle pressioni fatte sulle autorità aeronautiche civili, il Dipartimento dei Trasporti australiano pubblicò una trascrizione a stampa della conversazione assai prima che fosse emesso il rapporto ufficiale sull’incidente.
Per resoconti dettagliati su questo fatto specifico si rimanda al post "SCOMPARSO".
Non c’è nulla nei tredici minuti di nastro sonoro che contraddica queste testimonianze, che presentiamo di seguito.
Il pilota Frederick Valentich - all’epoca ventenne - aveva preso accordi con il Southern Air Service, di base presso il campo d’aviazione Moorabbin, a sud–sud–ovest del centro della città di Melbourne, per noleggiare un aereo monomotore tipo Cessna 182L con lo scopo di compiere un volo notturno. Presentò il piano di volo alle 17:20 e decollò, da solo, alle 18:19, per quello che avrebbe dovuto essere un volo full reporting. In parole povere, per motivi di sicurezza, avrebbe dovuto effettuare dei controlli via radio con il personale di servizio in certi punti prestabiliti. La sua destinazione era King Island, più o meno a metà strada fra il continente australiano e la punta della Tasmania. Volando a 120 miglia orarie (e trascurando l’effetto del vento) la distanza da Cape Otway al punto più vicino della King Island è di circa 48 miglia. 24 minuti di volo da effettuarsi a una quota di 4.500 piedi. Il Sole tramontava alle 18:48, ma erano già quasi le 19:00 quando Valentich finalmente raggiunse il punto previsto per il controllo radio, vicino Cape Otway. Questa conclusione si basa su una ricostruzione dettagliata della rotta seguita che include le condizioni del vento prevalente. Alle 21.00’29” (gli orari da qui in poi sono tutti nel tempo di Greenwich, il GMT) Valentich chiamò via radio dicendo: “Melbourne, qui è Delta Sierra Juliet. Sono (adesso) a Cape Otway e sto scendendo verso King Island.” Era in orario.
Secondo il piano di volo, Valentich prevedeva di salire almeno fino a 4.500 piedi nel tratto in cui doveva sorvolare il mare e ciò sia per motivi di sicurezza sia per motivi di visibilità. Si suppone che abbia effettuato quest’ascensione ben prima di aver raggiunto la Apollo Bay: molti testimoni oculari videro il suo Cessna bianco e blu dal paesino omonimo mentre volava sull’acqua verso sud–ovest a una distanza imprecisabile. Parecchi piloti della zona hanno sottolineato che è procedura normale “prendere una scorciatoia” quando si è sul Capo e ci si dirige verso la King Island. Valentich aveva già fatto la stessa rotta e si può presumere che prese la scorciatoia anche quella volta. In questo modo avrebbe abbreviato il volo di circa sei miglia, risparmiando tempo e carburante.
Bisogna ricordare inoltre che Paul Norman intervistò dei pescatori che si erano accampati lungo il fiume Parker (a sud di Point Lewis) quella sera. Videro con chiarezza il Cessna virare a ENE, tre o quattro miglia dal faro di Cape Otway. Il cielo a oriente ormai era buio, mentre quello occidentale era ancora arancione per la luce del tramonto.
Dopo aver cambiato direzione, probabilmente continuò sullo stretto di Bass, verso il radiofaro non direzionale situato sulla King Island (la rotta magnetica era di 154,5°). Volando a una quota di 4.500 piedi e a una velocità compresa fra le 110 e le 120 miglia orarie (aveva un vento di coda di dieci nodi proveniente da NO), riferì via radio a Steve Robey, che quella sera gestiva quel particolare settore del traffico, di aver visto “un grande aereo sotto i 5.000” (piedi). Secondo la trascrizione ufficiale questo scambio avvenne esattamente alle 21.06’14”.
Negli anni successivi al fatto, Paul Norman riuscì a rintracciare e a intervistare un certo numero di persone che si stavano spostando o che si trovavano nella zona posta lungo la Great Ocean Road, che corre da nord verso sud attraverso la Apollo Bay. Si è così riusciti a ottenere dichiarazioni da parte di venti testimoni oculari, che descrissero una luce verde che si muoveva in maniera erratica nel cielo, nello stesso lasso di tempo serale del volo di Valentich. In più, Paul Norman ha raccolto il racconto di tre testimoni di rilievo, che gettarono una nuova luce sull’episodio. Costoro videro sia le luci di un piccolo aereo sia una grandissima luce verde che si spostava direttamente sopra il velivolo. Il testimone principale, il sig. Ken Hansen (pseudonimo), che all’epoca del fatto aveva 47 anni, disse a sua moglie ciò che lui e le sue due nipoti avevano visto mentre rientravano a casa, ma ella rise di quella storia.
Al mattino dopo, al lavoro, chiese ai suoi colleghi se qualcuno avesse visto l’aereo, ma non fece menzione della grande luce verde che volava sopra di esso.
Naturalmente, in quel momento non poteva sapere nulla della descrizione di una luce verde che volava vicino al suo aereo e che il pilota aveva descritto via radio.
Hansen decise di disinteressarsi della cosa per evitare inutili imbarazzi. Ma, anni dopo, discusse del suo avvistamento con un poliziotto del posto, che a sua volta menzionò la circostanza a Guido Valentich, padre del pilota scomparso. Guido lo riportò a Paul Norman, che poté infine intervistare Hansen e le sue due nipoti. Entrambe le ragazze diedero gli stessi dettagli sostanziali dello zio.


L’intervista a Ken Hansen, ormai 67enne, ebbe luogo il  17 marzo del 1998. Hansen abitava ad Apollo Bay. Come aveva già detto a Norman nel 1991, confermò di aver visto uno strano spettacolo, nei cieli, la stessa sera in cui Valentich scomparve.
Hansen e le sue due nipoti nel tardo pomeriggio del 21 ottobre 1978 erano stati a caccia di conigli sulle colline, a circa due chilometri a ovest di Apollo Bay, in direzione di Mariners Falls. Ricordava che era il tramonto, ma non l’ora esatta. Si trovavano sulla sua auto e dirigevano a est lungo la Bartham Valley Road per tornare a casa. Hansen guidava e una delle nipoti, Tracy, sedeva alla sua destra. L’altra nipote era sul sedile posteriore destro. Fu Tracy a scorgere per prima delle luci colorate nel cielo, alla loro destra. Improvvisamente la ragazza disse: “che cos’è quella luce nel cielo?”
Mentre l’auto proseguiva, Hansen si girò per guardare dal finestrino destro nella direzione in cui la nipote stava indicando. Scorse alcune luci e le disse: “Sono soltanto le luci di un aeroplano!”
 - No - replicò l’altra - voglio dire quell’altra luce grande sopra l’aereo!”
Hansen si voltò di nuovo e fu allora che riuscì a vedere, nel cielo ancora abbastanza chiaro, due serie di luci separate.
I coniugi Hansen abitano vicino a un piccolo campo d’aviazione e l’uomo era dunque a conoscenza del modo in cui si presentano di notte le luci degli aerei. Notò con chiarezza che si potevano osservare la luce di navigazione bianca e la luce rossa, all’estremità dell’ala.


Alle 21.09’52”, Valentich affermò che l’oggetto aereo sconosciuto che si trovava vicino al suo aeroplano sembrava avere una forma allungata.”
Alle 21.10’20” disse: “… ha una luce verde e sembra di una specie di metallo, all’esterno è tutto scintillante.”
Poi, quasi due minuti dopo, alle 21.12’09” Valentich disse: “le mie intenzioni sono di, ehm… Di andare fino alla King Island. Ehm… Melbourne, quello strano aereo sta ancora librandosi sopra di me… E non è un aereo.”
Queste furono le sue ultime parole.

1 commento:

  1. "Melbourne, quello strano aereo sta ancora librandosi sopra di me… E non è un aereo.”
    Queste furono le ultime parole di Valetich.

    RispondiElimina