Cerca nel blog

lunedì 22 giugno 2020

SCOMPARSI


Negli ultimi 40 anni le persone scomparse e mai più ritrovate sono più di 30.000, più di un terzo sono bambini. A quanti di voi è capitato di chiedersi dove finiscono le persone che spariscono nel nulla?
E come si fa a perderne le tracce nell’era digitale, coi telefonini dotati di gps e coi social network che diffondono le notizie alla velocità della luce?
Possibile, poi, che nessuna delle immagini riprese da una delle telecamere sparse per il mondo, riesca a rintracciare queste persone?
E sopratutto perché, cosa spinge a questi allontanamenti apparentemente senza ragioni?
Ho sempre cercato di spiegare la cosa aderendo all’ipotesi preferita del web, che spiegherebbe l’agghiacciante fenomeno come frutto di rapimenti alieni (Cfr. Persone scomparse) Ma, in questo post intendo seguire le spiegazioni alternative.
 
Sono da considerarsi scomparsi, tutte quelle persone che si allontanano per più di ventiquattro ore dal domicilio abituale e risultano poi irrintracciabili. Il fenomeno, purtroppo in crescita, ha avuto un certo contrasto negli ultimi anni grazie ai nuovi metodi di indagine e a sofisticati strumenti di ultima generazione. Un grande merito va anche a giornalisti e mass media che, molto spesso, hanno saputo dare una svolta al corso degli eventi. In principio fu il programma “Chi l’ha visto?”, che dal 1989 e per tutta la sua messa in onda, si è reso partecipe di un cospicuo numero di ritrovamenti.
Gli inquirenti sanno bene che le ore successive all’allontanamento, volontario o involontario che sia, sono cruciali per il lieto fine. Nelle prime ore le indagini sono circoscritte nei pressi del luogo della scomparsa, ma più le ore passano, più le indagini hanno bisogno di nuove piste e nuovi orizzonti da esplorare.
I motivi degli allontanamenti sono molteplici: può essere un sequestro, la paura di un abuso, un trauma personale o sociale, il volersi o doversi rifare una nuova identità, un decesso in seguito a trauma, incidente o suicidio, un decesso per cause naturali, perdita di memoria o patologie mentali che compromettono il ritorno a casa.
Più di un terzo sono bambini: nella maggior parte dei casi, se non finiscono nelle mani di trafficanti di organi, vengono sequestrati, cresciuti e tenuti nascosti da famiglie “adottive”. Una volta divenuti grandi non sanno neppure di non appartenere a quella famiglia: non conoscendo le proprie origini, il ricongiungimento alla famiglia biologica risulta impossibile. In altri casi, invece, sono stranieri: molti di loro emigrano clandestinamente in altri Paesi. Altri, purtroppo, sono morti: rappresentano centinaia di corpi senza vita, a cui nessuno riesce a dare un nome, custoditi nei vari obitori italiani.
 
 
E gli altri? Quei casi che ci hanno appassionato e che ci hanno tenuto col fiato sospeso senza mai arrivare a una svolta?
Un’alta percentuale va sicuramente nella voce suicidi, del cui cadavere però non si è mai trovato alcuna traccia. Mari, fiumi, dirupi sono posti nei quali difficilmente e specie col passare del tempo, si ritrovano tracce che riconducano a un’identità. Tra putrefazioni, folte vegetazioni e carnivori affamati, c’è ben poco da sperare. Pensiamo, ad esempio, a Sarah Scazzi. Se Michele Misseri non avesse confessato, difficilmente se ne sarebbe trovato il corpo. Pensiamo al triste epilogo di Ilenia Carrisi, che, secondo l’unico testimone, si sarebbe gettata nelle acque del Mississipi e che non è mai stata più ritrovata.
Non dimentichiamo, poi, una notevole quantità di corpi murati, sciolti nell’acido, fatti a pezzi, magari proprio da chi dice di volerli ritrovare. Gente che ha visto troppo, mogli insopportabili, amanti scomode, giovani finiti in giri loschi: la cronaca nera ci ha raccontato di tutto. Ecco perché neppure l’inesorabile scorrere del tempo riesce, a volte, a riportare alla luce la verità su queste tristi vicende.
 
 
Poi c’è un altro aspetto, una realtà che va via via consolidandosi sempre più. E quella delle sette. Queste sono delle confraternite, delle vere e proprie società alternative, segrete e non, che hanno al loro interno delle regole rigide e gradi di gerarchie ferree. Hanno, su un soggetto debole, una forza di coercizione devastante. In Italia attualmente se ne contano circa ottomila e gli adepti sarebbero circa 250.000. Il condizionale è d’obbligo se si calcola che in molte di queste sette, parliamo chiaramente di casi estremi, viene chiesto l’allontanamento dalle famiglie, dalla vita reale e addirittura il cambio di identità.  
Quelle più pericolose e sicuramente più conosciute dalla cronaca nera sono le sette sataniche. Sono le più segrete, alle quali molti appartengono senza mai destare sospetti e quindi quasi mai riconducibili a un’improvvisa sparizione. Sono quelle in cui finiscono, per sempre, ragazzi strappati con l’inganno alla propria vita e bambini usati come “sacrifici” al Maligno. Ma tante altre non sono da meno. Il panorama nazionale di alcune sette, soprattutto quelle religiose, mette i brividi. E sono, secondo me, la chiave di tanti gialli irrisolti.

2 commenti:

  1. Più di un terzo sono bambini: nella maggior parte dei casi, se non finiscono nelle mani di trafficanti di organi, vengono sequestrati, cresciuti e tenuti nascosti da famiglie “adottive”. Una volta divenuti grandi non sanno neppure di non appartenere a quella famiglia: non conoscendo le proprie origini, il ricongiungimento alla famiglia biologica risulta impossibile.

    RispondiElimina
  2. Mio fratello Marcello era andato in vacanza in Thailandia è stato ucciso in una caserma e depredato dei reni e delle corner.

    RispondiElimina