Negli ultimi 40 anni le persone scomparse e mai più
ritrovate sono più di 30.000, più di un terzo sono bambini. A quanti di voi è
capitato di chiedersi dove finiscono le persone che spariscono nel nulla?
E come si fa a perderne le tracce nell’era digitale,
coi telefonini dotati di gps e coi social network che diffondono le notizie
alla velocità della luce?
Possibile, poi, che nessuna delle immagini riprese
da una delle telecamere sparse per il mondo, riesca a rintracciare queste
persone?
E sopratutto perché, cosa spinge a questi
allontanamenti apparentemente senza ragioni?
Ho sempre cercato di spiegare la cosa aderendo
all’ipotesi preferita del web, che spiegherebbe l’agghiacciante fenomeno come
frutto di rapimenti alieni (Cfr. Persone scomparse) Ma, in questo post intendo seguire le
spiegazioni alternative.
Sono da considerarsi scomparsi, tutte quelle
persone che si allontanano per più di ventiquattro ore dal domicilio abituale e
risultano poi irrintracciabili. Il fenomeno, purtroppo in crescita, ha avuto un
certo contrasto negli ultimi anni grazie ai nuovi metodi di indagine e a
sofisticati strumenti di ultima generazione. Un grande merito va anche a
giornalisti e mass media che, molto spesso, hanno saputo dare una svolta al
corso degli eventi. In principio fu il programma “Chi l’ha visto?”, che dal
1989 e per tutta la sua messa in onda, si è reso partecipe di un cospicuo
numero di ritrovamenti.
Gli inquirenti sanno bene che le ore successive
all’allontanamento, volontario o involontario che sia, sono cruciali per il
lieto fine. Nelle prime ore le indagini sono circoscritte nei pressi del luogo
della scomparsa, ma più le ore passano, più le indagini hanno bisogno di nuove
piste e nuovi orizzonti da esplorare.
I motivi degli allontanamenti sono molteplici: può
essere un sequestro, la paura di un abuso, un trauma personale o sociale, il
volersi o doversi rifare una nuova identità, un decesso in seguito a trauma,
incidente o suicidio, un decesso per cause naturali, perdita di memoria o
patologie mentali che compromettono il ritorno a casa.
Più di un terzo sono bambini: nella maggior parte
dei casi, se non finiscono nelle mani di trafficanti di organi, vengono
sequestrati, cresciuti e tenuti nascosti da famiglie “adottive”. Una volta
divenuti grandi non sanno neppure di non appartenere a quella famiglia: non
conoscendo le proprie origini, il ricongiungimento alla famiglia biologica
risulta impossibile. In altri casi, invece, sono stranieri: molti di loro
emigrano clandestinamente in altri Paesi. Altri, purtroppo, sono morti:
rappresentano centinaia di corpi senza vita, a cui nessuno riesce a dare un
nome, custoditi nei vari obitori italiani.
E gli altri? Quei casi che ci hanno appassionato e
che ci hanno tenuto col fiato sospeso senza mai arrivare a una svolta?
Un’alta percentuale va sicuramente nella voce
suicidi, del cui cadavere però non si è mai trovato alcuna traccia. Mari,
fiumi, dirupi sono posti nei quali difficilmente e specie col passare del tempo,
si ritrovano tracce che riconducano a un’identità. Tra putrefazioni, folte
vegetazioni e carnivori affamati, c’è ben poco da sperare. Pensiamo, ad
esempio, a Sarah Scazzi. Se Michele Misseri non avesse confessato,
difficilmente se ne sarebbe trovato il corpo. Pensiamo al triste epilogo di
Ilenia Carrisi, che, secondo l’unico testimone, si sarebbe gettata nelle acque
del Mississipi e che non è mai stata più ritrovata.
Non dimentichiamo, poi, una notevole quantità di
corpi murati, sciolti nell’acido, fatti a pezzi, magari proprio da chi dice di
volerli ritrovare. Gente che ha visto troppo, mogli insopportabili, amanti
scomode, giovani finiti in giri loschi: la cronaca nera ci ha raccontato di
tutto. Ecco perché neppure l’inesorabile scorrere del tempo riesce, a volte, a
riportare alla luce la verità su queste tristi vicende.
Poi c’è un altro aspetto, una realtà che va via via
consolidandosi sempre più. E quella delle sette. Queste sono delle
confraternite, delle vere e proprie società alternative, segrete e non, che
hanno al loro interno delle regole rigide e gradi di gerarchie ferree. Hanno,
su un soggetto debole, una forza di coercizione devastante. In Italia
attualmente se ne contano circa ottomila e gli adepti sarebbero circa 250.000.
Il condizionale è d’obbligo se si calcola che in molte di queste sette,
parliamo chiaramente di casi estremi, viene chiesto l’allontanamento dalle
famiglie, dalla vita reale e addirittura il cambio di identità.
Quelle più pericolose e sicuramente più conosciute
dalla cronaca nera sono le sette sataniche. Sono le più segrete, alle quali
molti appartengono senza mai destare sospetti e quindi quasi mai riconducibili
a un’improvvisa sparizione. Sono quelle in cui finiscono, per sempre, ragazzi
strappati con l’inganno alla propria vita e bambini usati come “sacrifici” al
Maligno. Ma tante altre non sono da meno. Il panorama nazionale di alcune
sette, soprattutto quelle religiose, mette i brividi. E sono, secondo me, la
chiave di tanti gialli irrisolti.
Più di un terzo sono bambini: nella maggior parte dei casi, se non finiscono nelle mani di trafficanti di organi, vengono sequestrati, cresciuti e tenuti nascosti da famiglie “adottive”. Una volta divenuti grandi non sanno neppure di non appartenere a quella famiglia: non conoscendo le proprie origini, il ricongiungimento alla famiglia biologica risulta impossibile.
RispondiEliminaMio fratello Marcello era andato in vacanza in Thailandia è stato ucciso in una caserma e depredato dei reni e delle corner.
RispondiElimina