Ho ceduto alle molteplici richieste di chi mi chiedeva, insistentemente, di parlare anche dei fantasmi. La mia riluttanza era dovuta al fatto che non sapevo come affrontare l’argomento. È vero, da cronista dell’insolito non avrei dovuto avere queste reticenze e le storie sui fantasmi, di certo, non mancano. Tuttavia, in questo specifico caso, mancava quell’approccio scientifico che spinge voi lettori a leggere le mie storie, magari instillando in voi quel po’ di curiosità che le rende interessanti. Insomma, come recita uno spot televisivo: “quello che vi spinge a cercare ciò che c’è di vero nella leggenda e di fantastico nella storia”.
Tutti conoscono i fantasmi, ma su cosa siano, in
realtà, esistono svariate ipotesi, tutte confutabili o non comparabili poiché
le varie teorie non si adattano a tutti i casi:
- Residui spirituali.
Una persona, particolarmente legata a un posto,
lascerebbe lì parte della sua essenza che perdurerebbe per diversi anni prima
di consumarsi definitivamente.
- L’anima di un defunto.
Per un motivo importante, come ad esempio un’azione
non compiuta o non terminata in vita, l’anima del defunto si attarderebbe sul nostro
piano di esistenza finché non avrà compiuto ciò che per lui era importante o terminato
ciò che aveva iniziato.
- Un’invenzione.
Sì, in fondo, la scienza afferma che non esistono
prove di entità ultraterrene e che tutti gli esperimenti svolti in questo senso
non hanno risolto i dubbi poiché, spesso, le testimonianze non sono
verificabili e si è incorso in numerosi “falsi”.
- Allucinazioni.
A volte credere di vedere porta a convincersi di
vedere effettivamente. Sono stati svolti esperimenti che hanno dimostrato che
se si sparge la voce che un luogo sia infestato, pur non essendolo, molti
tenderanno ad affermare che ci sia un fantasma e instaureranno una sorta di
effetto domino influenzando e coinvolgendo altre persone.
- Mondi paralleli.
Assieme alla nostra realtà, coesistono altre realtà
parallele, di solito invalicabili poichè separate da una barriera invisibile.
Queste realtà coesisterebbero nello stesso tempo e nello stesso spazio, ma su
piani dimensionali diversi. Di tanto in tanto, però, tra questi piani si
genererebbe un “buco” attraverso il quale si vedrebbe qualcosa che succede
altrove. I fantasmi sarebbero, quindi, entità di dimensioni parallele.
Un po’ di luce sull’annosa questione sembrerebbe
averla gettata il caso del fantasma di Ash Manor.
I coniugi Keel, nel 1934, vennero tormentati dallo
spettro di un uomo vestito con abiti tipici del 1800. Il fantasma fu visto sia
dall’uomo che dalla donna e lo vide pure la loro figlia. Le apparizioni si
protrassero a lungo ma solo dopo l’intervento di medium e le indagini di
esperti del paranormale, si venne a scoprire che l’uomo, in realtà, era
omosessuale e tra lui e sua moglie c’era un forte disagio. Arrivarono alla
conclusione che fosse lui a creare, inconsciamente, lo spettro e che, in
qualche modo, riuscisse a materializzare quella figura ogni volta che riposava.
In poche parole la sua mente aveva generato “qualcosa” che tutta la famiglia percepiva
come un fantasma.
Questa conclusione può sembrarci banale, ma raffrontata
col fenomeno del poltergeist, diventa plausibile: i poltergeist sono ritenuti
fenomeni di psicocinesi creati da adolescenti affetti da tempeste ormonali.
Vediamo ora un altro caso che, anche se diverso,
sembra avvalorare ciò che ho appena scritto e non si tratta di una vaga ipotesi,
ma di un vero e proprio esperimento.
Il caso è conosciuto come “Philip Experiment”. Fu
organizzato a Toronto nel 1972 da un gruppo di studiosi della Società per la
Ricerca Psichica (TSPR) capeggiati dal Dr. Alan Robert George Owen e dallo
psicologo Joel Whitton. Volevano dimostrare l’ipotesi secondo cui il potere
della mente fosse in grado di generare forze che, sebbene sconosciute, erano in
grado di interagire con il mondo reale. Nel settembre il gruppo di Owen parve
dimostrare che il poltergeist e ogni altra manifestazione spiritica sono il
frutto del potere della mente.
Il gruppo inventò, di sana pianta, un personaggio
storico. L’uomo, mai vissuto, ebbe il nome di Philip Aylesford. Crearono il suo
background, curato nei minimi particolari e tutti si applicarono studiandolo
per giorni e giorni. Nelle settimane che seguirono, ricostruirono i luoghi dov’era
ambientata la storia e le abitudini quotidiane degli inglesi, nel 1600. Fu
disegnato l’aspetto fisico di Philip e delineati i suoi sentimenti verso la
moglie e verso quella che diventò la sua amante. Insomma, la storia di Philiph
sembrava davvero reale.
In breve, Philip Aylesford era un aristocratico
inglese vissuto nel 1600, che si era sposato con la figlia di un politico
influente per ottenere il buon nome della famiglia e una cospicua dote. Sua
moglie si chiamava Dorothea, ma tra i due non sbocciò mai l’amore e ben presto,
l’uomo si distaccò da lei per occuparsi, con sempre maggiore attenzione, dei
suoi possedimenti terrieri. Un giorno sulle “sue” terre si accampò una carovana
di zingari; fu così che conobbe la bella Margò, di cui si innamorò quasi
immediatamente. La loro fu una passione travolgente, Philip e Margò si incontravano
di nascosto nella casa del custode del castello di Diddington Manor, dove lui
viveva. Tuttavia, Dorothea scoprì l’adulterio e per vendicarsi accusò Margò di
aver ammaliato suo marito avvalendosi della stregoneria. Margò finì sotto
processo e Philip, temendo di perdere prestigio e reputazione, non scagionò la
zingara che ritenuta colpevole finì sul rogo. Dopo la morte della sua amata,
Philip fu colto da un terribile rimorso e alcuni giorni dopo, nel 1654, si
gettò dalla torre più alta del castello.
Una storia triste, strappa lacrime, ma
completamente falsa. Non solo, ma Owen, a insaputa degli altri, vi inserì anche
degli errori grossolani, come il fatto che a Diddington Manor non esiste alcun
castello!
Quando Owen fu convinto che tutti avevano
“assorbito” la storia di Philip, iniziò una serie di sedute spiritiche nelle
quali un medium, all’oscuro di tutto, cercava di evocarne lo spirito. Passarono
invano diverse settimane poi, alla fine, il tavolino si mosse. Si sentirono dei
colpi nella stanza e le persiane delle finestre si chiusero con fragore.
Stabilito il classico codice degli spiritisti: un
colpo per il sì e due colpi per il no, i
partecipanti cominciarono a porre delle domande. Incredibilmente, l’entità
reagì alle domande: rispose, a volte manifestandosi con rumori, altre volte con
movimenti di oggetti, col tempo finì per aggredire gli stessi partecipanti.
Infatti, con l’andare del tempo, Philip assunse un
carattere sempre più irascibile. Arrivò al punto che, in seguito di una domanda
provocatoria su sua moglie Dorothea, il tavolo spinse di peso l’uomo che
l’aveva posta fino a bloccarlo in un angolo, premendo così forte sul
malcapitato che ci vollero tre persone per liberarlo.
Dopo molteplici sedute, a un certo punto, Philip
smise di rispondere. Si decise così di interrompere l’esperimento.
A detta degli studiosi, il test dimostrò che i
fenomeni paranormali a cui avevano assistito erano generati dal subconscio del
gruppo, anche se non riuscirono a spiegare come questo subconscio potesse
creare dei fenomeni fisici così reali e straordinari.
Il fantasma non si manifestò mai con apparizioni, né proferì mai parola. Si limitò a muovere tavoli o sbattere porte. I partecipanti affermarono che Philip era in grado di abbassare e spengere le luci della stanza su loro richiesta. È stata descritta anche una nebbia sottile che si formava sopra il tavolo in diverse occasioni e pare, che su richiesta hanno potuto indurre Philip a creare un colpo di vento freddo nella stanza. Per quanto riguarda il tavolo, quando Philip manifestava la sua presenza la superficie sembrava "viva" e percorsa da elettricità. Insomma, per gli astanti quell’entità era genuina, sebbene originata da un personaggio inventato. Le sedute erano spesso filmate. Esistono diverse riprese delle sedute dell'Esperimento Philip. Il figlio del dottor Owen, Robin E. Owen, spesso ha scattato foto e fatto le riprese delle sedute.
I risultati dell’esperimento, pubblicati su diversi giornali, fecero il giro del mondo. La Moglie di George Owen, Iris, che era il leader del gruppo coinvolto nell'Esperimento Philip, ha scritto un libro nel 1976 dal titolo "Conjuring Up Philip: An Adventure in Psychokinesis" (Evocando Philip: Un'avventura nella psicocinesi) in cui raccontava l'esperimento e i suoi risultati nel dettaglio. Una partecipante al gruppo, Sue Sparrow, è stata co-autrice del libro. Hollywood ne ha immortalato la storia con una trasposizione cinematografica (molto lontana dalla realtà): “Le Origini del Male”.
Questo significa che tutti i fantasmi sono generati dal nostro subconscio?
Non me la sento di generalizzare. Sì conoscono migliaia di casi e molte apparizioni (tutte a parer mio) hanno a che fare con un flusso d’acqua. Lo scorrere dell’acqua sarebbe in grado, in particolari circostanze, di “registrare” come su di un nastro magnetico un evento drammatico. Ad avvalorare questa mia ipotesi c’è il fatto che questi spettri ripropongano, ripetendola di continuo, la stessa situazione; potremmo persino parlare della stessa “scena” che si ripete all’infinito. È una scena a cui possiamo solo assistere, non ci è permesso di interagire, né interagisce il fantasma (stiamo parlando di fantasmi propriamente detti) che, molte volte, è stato visto passare attraverso i muri (ma anche attraverso gli spettatori) come se non esistessero affatto.
Gli spettri ripropongono, ripetendola di continuo, la stessa situazione; potremmo persino parlare della stessa “scena” che si ripete all’infinito. È una scena a cui possiamo solo assistere, non ci è permesso di interagire, né interagisce il fantasma (stiamo parlando di fantasmi propriamente detti) che, molte volte, è stato visto passare attraverso i muri (ma anche attraverso gli spettatori) come se non esistessero affatto.
RispondiElimina