Seimilacinquecento metri sopra la terra, calda e
pervasa da colori teneri, Jericho percorreva il cielo come una divinità. La
visiera parasole del casco era abbassata, celando con il suo oscuro occhio
ciclopico l'espressione rapita, quasi mistica con la quale volava. I raggi del
sole, non filtrati, riverberavano ferocemente sulle superfici metalliche del
caccia, avvolgendolo di splendore, mentre molto al di sotto persino le nubi
apparivano insignificanti, schiacciate contro la terra, sparse in volo come un
gregge di pecore. Il volo di quel giorno era pervaso di malinconia, dal senso
di un'imminente perdita. Sarebbe stato l'ultimo: ancora non riusciva a crederci.
Scacciò il pensiero e si concentrò nel godimento di quegli ultimi minuti
preziosi.
- Pante 0611, qui controllo. Riferisci la tua
posizione.
- Controllo, qui Pante 0611. Mi mantengo a ottanta
chilometri dall'obiettivo.
- Via libera, Pante 0611. I tuoi bersagli sono a ore
otto e dodici. Inizia l'avvicinamento.
L'orizzonte roteò bruscamente attorno al muso del
Tornado, mentre l'ala si sollevava, facendolo scendere a potenza ridotta in una picchiata controllata,
determinata e precisa come il tuffo di un falco. La mano destra di Jericho si
portò rapidamente sul pannello di comando dell'armamento, togliendo la sicura
ai lanciarazzi.
Davanti a lui la terra si appiattì, immensa e
indistinta, chiazzata di bassi cespugli che si confondevano oltre le punte
delle semiali, mentre consentiva al Tornado di abbassarsi ulteriormente. A
quell'altezza la sensazione della velocità era tale da togliere il fiato: il
primo bersaglio non fece in tempo a comparire davanti al caccia che parve
istantaneamente scomparire in un lampo sotto il suo muso. Un tocco al timone e
alla pedaliera, due aggiustamenti fatti senza alcuno sforzo cosciente ed ecco
sul collimatore davanti a lui la sagoma circolare del bersaglio, tanti anelli
concentrici che si stringevano man mano attorno a un punto centrale, in gergo
il "coke", cioè il centro del bersaglio stesso.
Jericho puntò, veloce e basso, la sua macchina
mortale in quella precisa posizione, con l'indicatore del numero di Mach che
segnava una velocità appena subsonica. Aspettò con una smorfia di
concentrazione il momento opportuno e quando fu arrivato, alzò il muso del
Tornado, piombando sul bersaglio con il dito destro guantato piegato sulla leva
del grilletto. Il sibilante apparecchio d'argento raggiunse l'assetto giusto,
leggermente puntato verso il basso, per il lancio dei razzi, esattamente nel
momento in cui sul collimatore la macchia bianca del "coke " risultò
al centro degli anelli concentrici. Un'evoluzione eseguita con la sottile
padronanza di molte abilità diverse. Jericho premette il grilletto, vincendo la
resistenza opposta dalla molla. Non vi fu alcuna modifica dell’assetto e il
sibilo dei razzi fu quasi coperto dall'urlo dei reattori, ma da sotto le ali si
staccarono brevi fumate in direzione del bersaglio. Certo della bontà del
colpo, Jericho diede manetta al massimo e attese che la rombante accensione del
postbruciatore gli desse la potenza necessaria per innalzarsi oltre la portata
della contraerea nemica.
- Bel colpo - disse il navigatore con un
sorriso.
Jericho si lasciò calare all'indietro, mentre il muso del Tornado puntava verso la luce azzurra e la forza di gravità lo schiacciava contro il sedile.
Jericho si lasciò calare all'indietro, mentre il muso del Tornado puntava verso la luce azzurra e la forza di gravità lo schiacciava contro il sedile.
- Salve, Pante 0611. Qui il controllo. L'hai beccato
dritto sul muso: bel colpo! È un peccato perderti, Jericho.
L'infrazione alla
sacra legge delle procedure lo commosse. Avrebbe sentito la loro mancanza, di
tutti quanti. Premette l'interruttore di trasmissione sull'estremità a
cupoletta della cloche e parlò nel microfono del casco.
- Da Pante 0611, grazie e…
Addio – disse - passo e chiudo.
Anche la squadra di terra era ad attenderlo.
Strinse la mano a ciascuno. Strette di mano goffe e battute pesanti che
dissimulavano il genuino affetto che gli anni avevano creato fra loro. Quando
li lasciò, si recò nell’hangar. Sentì l'odore del grasso e dell'olio e vide le
luccicanti file di caccia dal muso tozzo. Persino a riposo gli aerei avevano un
aspetto veloce e slanciato.
Si fermò un attimo per battere con la mano sul
metallo freddo di uno di essi e l'ordinanza lo trovò lì, con lo sguardo fisso
sull'emblema della pantera che spiccava sulla massa torreggiante dell'aereo.
I complimenti del Comandante, signore, che la prega
di mettersi immediatamente a rapporto da lui.
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