Lo schianto avvenne a Kingman (Arizona nel 1953). Nell’aprile del 1964 l’incidente fu investigato da Richard Hall, un noto ricercatore UFO del MUFON
(Mutual UFO Network) che, a sua volta, apprese la storia da un marine che, in
seguito, avrebbe prestato servizio in Vietnam.
Artur G. Stancil era presente sul sito dell’incidente, come ingegnere aveva
il compito di effettuare studi preliminari sul disco precipitato, probabilmente
per fini di retroingegneria. Stancil, dopo aver conseguito la laurea in
Ingegneria meccanica presso l’Università dell’Ohio, ottenne un impiego presso
l’Ufficio Studi Speciali dell’Air Materiel Command della base militare di
Wright Patterson. Le sue specializzazioni comprendevano la progettazione di
motori sperimentali per l’Air Force e la
ricerca e lo sviluppo di tecniche per determinare gli effetti dell’aria sulle strutture.
Stancil sottoscrisse una dichiarazione giurata su
quanto da lui riferito, che fu pubblicata da Ray Fowler sulla rivista UFO
Magazine, solo nell’aprile del 1976.
Ma veniamo ai fatti. Il 21 maggio 1953 Stancil (che
in quel periodo partecipava all’operazione Upshot-Knothole, sulla
sperimentazione atomica) venne convocato dal suo capo per un incarico speciale
presso la base militare di Indian Springs, dove si sarebbe unito ad altri 15
specialisti. Fu quindi trasportato da un aereo militare fino a Phoenix, ove,
assieme al resto della squadra, lo attendeva un autobus con i finestrini
oscurati che lo portò a destinazione, dopo un viaggio della durata
approssimativa di quattro ore. Quando il team giunse presso il sito,
verosimilmente a sud-est di Kingman, un borioso colonnello dell’Air Force
provvide a ragguagliare i presenti sulla loro missione, spiegando che avrebbero
dovuto investigare su un veicolo sperimentale, super segreto, che era
precipitato.
Fu raccomandato inoltre di non far parola con
nessuno di quanto avrebbero visto. Il compito di Stancil era di determinare la
velocità d’impatto del velovolo. Venne scortato al sito dell’incidente dalla
polizia militare. Due riflettori lenticolari erano puntati sull’oggetto in
avaria che appariva circondato da guardie. Le luci erano così intense che non
era possibile distinguere l’area circostante. L’oggetto, di apparenza
ovale, assomigliava a due piatti rovesciati
l’uno sull’altro. Il diametro era di circa nove metri, con superfici convesse
sia in alto che in basso. Parte del disco era sprofondata nel terreno. Era
costruito con un metallo argenteo opaco, simile all’alluminio. Il metallo era
più scuro ove le “labbra” del disco formavano un orlo, intorno al quale c’era qualcosa
simile a impronte. Un portello ricurvo era aperto, abbassato verticalmente.
C’era una luce che proveniva dall’interno, ma poteva essere stata installata
dall’Air Force. L’urto aveva fatto sprofondare l’oggetto nella sabbia di circa
mezzo metro. Non si vedevano carrelli per l’atterraggio. Il “disco”, nonostante
l’impatto al suolo, si presentava intatto: non presentava segni di dentellatura
né c’erano scalfitture o screpolature sulla superficie metallica.
Un militare armato era a guardia di una tenda
piantata nei pressi del disco. Stancil gettò uno sguardo all’interno e vide il
cadavere di una creatura quasi umana, alta circa un metro e venti. Indossava
una tuta argenteo-metallica. La pelle del volto appariva marrone scuro (Stancil
pensò che la cosa potesse essersi prodotta per esposizione alla nostra
atmosfera). Il volto dell’essere era scoperto e sulla testa indossava una
specie di copricapo metallico.
Non appena uno degli specialisti terminava il suo lavoro, veniva
intervistato e l’intervista era registrata per mezzo di un registratore a
nastro. In seguito veniva accompagnato al bus. Mentre stava tornando al mezzo
di trasporto, Stancil cercò di parlare con un tizio che stava tornando nello
stesso momento. Questi disse che era riuscito a dare un’occhiata all’interno
del disco e aveva visto due sedili girevoli, oltre a una serie di strumenti e
oggetti in rilievo. Ma un militare si accorse che i due stavano parlando e li
divise immediatamente, avvertendoli di non discutere più tra loro.
Una volta a bordo dell’autobus, il colonnello dell’Air Force
incaricato della missione fece giurare solennemente ai presenti di non rivelare
mai quanto avevano visto e verificato.
Stancil non rivide mai più i suoi
compagni di viaggio, anche se credette di averne riconosciuto un paio: uno di
essi era di stanza presso la base aerea Griffith di Rome (New York), mentre un altro lavorava nella base di Albuquerque, New Messico. Tempo dopo,
Stancil riconobbe il colonnello dell’Air Force in un film sul progetto Blue
Book.
Stancil confidò inoltre a Fowler l’anno
dopo fu assegnato come collaboratore al progetto Blue Book, in qualità di consulente.
Aveva imparato a eludere le norme di segretezza che riguardavano gli UFO e per
questo poté aggiungere che L’Air Force non sapeva da dove provenissero
quelle navicelle, pur essendo convinta che fossero veicoli interplanetari. Tuttavia
– disse - gli “alti papaveri” non sapevano come gestire la situazione e non si
voleva creare il panico tra la popolazione.
Il giudizio del ricercatore Raymond Fowler su Arthur Stancil è
oltremodo positivo: “c’erano alcune
contraddizioni relative alle mie indagini, ma per lo più sembravano rientrare
tutte nell’ambito dei vuoti di memoria e delle esagerazioni da parte dei
testimoni. Colleghi, conoscenti, professionisti, tutti avevano una profonda
stima per Stancil e lo descrivevano come una persona di grande competenza e
profonda moralità. I documenti che ho raccolto su di lui - proseguiva Fowler - indicano che ha pubblicato un discreto numero
di saggi tecnici molto validi scientificamente, che ha due lauree: in fisica e
matematica e una specializzazione in ingegneria. Inoltre, fa parte di
organizzazioni professionali di rilievo, come l’America Association for the
Advancement of Science”.
Insomma Fowler era fermamente convinto dell’attendibilità del
testimone, il quale mostrò al ricercatore anche un diario che aveva redatto in
quei giorni e che recava appunti sull’incredibile evento occorso in data 21
maggio 1953.
Il caso venne rivisto successivamente da Leonard Stringfield, studioso
specializzato in materia di UFO crash, il quale ne ricavò le identiche
impressioni di Fowler: la storia di Stancil sembrava dannatamente interessante
e meritevole di ulteriori approfondimenti. Stringfield riuscì nel 1977 a
scovare un altro testimone dell’incidente: un uomo che aveva fatto parte della
Guardia Nazionale a Wright Patterson affermò di aver assistito a un “recupero”
di un UFO da un sito di un crash in Arizona, nel 1953. Aggiunse che erano stati
recuperati tre corpi che furono conservati nel ghiaccio secco. La descrizione
degli esseri è la medesima fatta da Stancil: altezza un metro e venti circa,
teste larghe e pelle marrone.
Una storia quasi identica venne riferita al ricercatore Charles
Wilhelm, nel 1966, da un uomo che l’aveva sentita dal padre sul letto di morte.
Bill Uhouse (pseudonimo), un ingegnere meccanico di
Las Vegas coinvolto in progetti segreti del Governo USA a Dreamland e a Los
Alamos, ha fornito nuovi interessanti particolari sulla vicenda. Egli avrebbe
fatto parte di un team di scienziati impegnati in studi di retroingegneria su
veicoli di origine extraterrestre. Stando alle sue dichiarazioni quattro alieni
sopravvissero all’incidente di Kingman nel 1953, dei quali due apparivano
gravemente feriti e altri due in buone condizioni. Alle entità incolumi fu
permesso di rientrare nella propria navicella, mentre il resto dell’equipaggio
fu trasportato presso un’installazione medica non meglio specificata
(probabilmente il laboratorio blu della base aerea di Wright Patterson). A
quanto pare, la squadra di militari che ispezionò il disco precipitato venne
colpita da una misteriosa malattia.
Il disco venne poi caricato a bordo di un rimorchio
e trasportato al Nevada test site.
L’ingegnere
americano afferma inoltre che gli eventi di Kingman diedero luogo al programma
diretto alla progettazione e alla costruzione di un simulatore di volo che sarebbe
stato utilizzato da piloti militari USA per imparare a pilotare le navicelle
aliene.
Per concludere, anche il controverso divulgatore Dan
Burisch ha fornito dati su un presunto crash in Arizona nel 1953. Egli ne
sarebbe venuto a conoscenza nel corso di un briefing del Majestic-12, il gruppo
top-secret per lo studio sulla questione extraterrestre.
Gli elementi forniti da Burish coincidono con
quelli forniti da Uhouse: una coincidenza? Probabilmente, no.
L'attendibilità del testimone è oltremodo positiva: “c’erano alcune contraddizioni relative alle indagini, ma per lo più sembravano rientrare tutte nell’ambito dei vuoti di memoria e delle esagerazioni da parte dei testimoni. Colleghi, conoscenti, professionisti, tutti avevano una profonda stima per Stancil e lo descrivevano come una persona di grande competenza e profonda moralità. I documenti e le informazioni che lo riguardano indicano che ha pubblicato un discreto numero di saggi tecnici molto validi scientificamente, che ha conseguito due lauree: in fisica e matematica e una specializzazione in ingegneria. Inoltre, fa parte di organizzazioni professionali di rilievo, come l’America Association for the Advancement of Science”.
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