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venerdì 30 marzo 2012

IL PIANETA DI DIO

I miei occhi si erano aperti su di un paesaggio costiero dove primeggiava il bianco. Un bianco assoluto, splendente di una luminosità fredda e palesemente artificiale, interrotta da trasparenze simili a quelle delle gemme preziose con tonalità appena accennate, tendenti all’azzurro.

È così che si presenta il pianeta di Delfina ma, in realtà. È una sensazione indotta artificialmente. I sensi di un essere umano non potrebbero percepire nulla su in un mondo in cui la temperatura si avvicina allo zero assoluto.

-      É tutto falso vero? Avete costruito questo scenario solo per me!
-      Abbiamo dovuto, non avresti potuto vedere niente, non c’è luce qui. Ne sentire, non c’è aria, non ci sono suoni, non ci sono odori. Niente da mangiare o da bere e nemmeno da toccare. Tutto è duro è freddo come il metallo!

Eppure sembra tutto vero!

Era buio ma non come mi aspettavo, c’era una luminosità soffusa e si poteva vedere il mare. Lontano brillavano le luci di una grande città.

Mi diressi verso quelle che sembravano le luci di un’improbabile città. Cominciai a domandarmi se ero veramente là. Se mi trovavo su quello strano veicolo oppure se ero ancora tranquillo e sdraiato nella mia bolla. Ma tutte le sensazioni per quanto improbabili sembravano proprio vere. La luce notturna, la via illuminata, i suoi capelli che si agitavano nel vento relativo, il calore e le forme del suo corpo che si stringeva al mio; tutto perfino la concentrazione e la fatica erano reali o perlomeno sembravano tali al di la d’ogni ragionevole dubbio.

Chi abitava questo mondo? Principalmente una razza millenaria, che si era adattata a quelle condizioni impossibili assumendo una forma gassosa.

-    Una volta, miliardi d’anni fa, misurando il tempo con il vostro metodo, questo sistema aveva un sole, come il vostro. Il nostro pianeta, come tanti altri, era pieno di vita: verdeggianti foreste ricche di flora e di fauna. Ci siamo evoluti dai primati ed eravamo molto simili a voi. Ma la nostra evoluzione è andata oltre, man mano che le condizioni ambientali cambiavano, cambiavamo anche noi. Con la nostra conoscenza avanzata della biologia e della genetica accelerammo in modo incredibile questo processo. Così sopravvivemmo alla morte del nostro sole, che si trasformò nel vortex in cui siete incappati. Fu la fine del nostro sistema planetario, ma noi sopravvivemmo. La nostra forma attuale l’avete vista ma, siete troppo arcaici e non l’avete riconosciuta.
-     Ma, non abbiamo visto niente! L’astronave era totalmente vuota.
-    Vuota dici? Non sei stato forse tu il primo a notare uno strano gas? Un gas che si manteneva nel suo stato di aeriforme anche a temperature che avrebbero dovuto liquefarlo?
-     Voi, eravate voi, incredibile! É così che siete?

Sul pianeta vivono anche altre forme di vita intelligente.

Cominciavo a distinguere l’abitato. Una vera città, con piazze, case grattacieli, strade illuminate e traffico veicolare. Incrociammo i primi veicoli, potevo notare, attraverso la cortina di vetro oscurato delle figure che sembravano umane. In lontananza, uno stormo di grossi uccelli scendeva verso la periferia.

Quelli che in lontananza mi erano sembrati uccelli, in realtà erano degli orribili mostri alati. Avevano cosce robuste e piumate, e gambe nude e sottili come quelle dei rapaci. I piedi erano provvisti di tre robuste dita artigliate, il tutto dava un’impressione di grande potenza. Il tronco aveva forma umana, era dotato di braccia e di grandi e potenti ali pennute, che spuntavano dalla schiena. Il torace e le spalle erano larghi e incredibilmente muscolosi. Il corpo sembrava essere nudo, privo di quelle piume, che ricoprivano le cosce; poiché lo riparava un giubbotto di pelle, simile a quello degli aviatori. Il collo era esile, teso in avanti, lo sormontava una testa umana dall’aspetto al tempo stesso fiero e cattivo.

Per quanto incredibile, sembra che esseri simili siano stati avvistati qui, sulla nostra Terra, nel corso della seconda guerra mondiale. Ma qualcosa di ancora più sconcertante attende Adam all’interno di un tempio.

Mi resi conto che eravamo entrati in una grande aula circolare al centro della quale sedeva un individuo dall’apparenza vecchio, ma ancora vigoroso. Era circondato da molteplici schiere di candidi Guardiani alati, che cantavano estasiati. Mentre passavo in mezzo a loro ebbi modo di notare che non avevano più quell’aria cattiva, il loro sguardo era dolce e mite come quello delle anatre. Restavano comunque molto brutti.
Non appena ci vide, il vecchio allargò le braccia; con quel gesto caloroso ci invitò ad avvicinarci. Passammo attraverso lo stormo di Guardiani, che proprio come piccioni, si scansavano al nostro passaggio. Il vegliardo abbracciò con affetto Delfina e avrebbe voluto fare lo stesso con me, ma non ero in vena di confidenze; comunque, non se la prese. Delfina, invece, mi lanciò un’occhiataccia di rimprovero.
-      Dunque, sei arrivato! – Disse il vecchio.
A guardarlo bene, somigliava molto a Sargon, aveva un aspetto saggio e maestoso. Sembrava molto sicuro di se, troneggiava sui suoi guardiani e tuttavia mancava, nel modo più assoluto, di alterigia. Si mostrava amorevole con tutti, come se fossero tutti suoi figli prediletti. Pensai a quello che mi aveva appena detto: contrastava con quel che mi aveva rivelato Delfina.
-      Mi aspettavate? – Dissi guardandola.
Lei gli rivolse lo sguardo come per scusarsi di un errore.
-      Da tanto tempo, ragazzo mio.
-     Ma io, io sono qui per puro caso; non avevo intenzione arrivarci, non sapevo nemmeno della vostra esistenza.
-     Non esiste il caso ragazzo, tutto fu stabilito dal principio.
-     State cercando di confondermi? Ci riuscite molto bene!
-     Adam – intervenne Delfina – Lui non è come noi, lui è...
-     Capisco la interruppi, devo sembrarvi molto primitivo e devo ammettere, certo, ammetto che la vostra tecnologia mi appare come magica. Ma è tutto qui o forse volete convincermi che sono al cospetto dell’Altissimo?
Delfina molto imbarazzata, muoveva le labbra, ma non riusciva a parlare. Con uno sforzo riuscì a liberarsi da quella situazione di estremo disagio e annunciò: - Ma lui è, è il Creatore! –

Non è facile credere di essere al cospetto di Dio, anche perché tutto ciò che fino a quel momento gli hanno mostrato, per loro stessa ammissione, non era reale. Adam venne quindi privato del portentoso scenario tecnologico e immesso nella cruda realtà.


Ricaricato il reattore, accesi gli illuminatori, regolando la loro emissione sulla frequenza dello scan. Solo così riuscii ad avere un’immagine, almeno sintetica, di quel che mi circondava. Le altre lunghezze d’onda non venivano riflesse. Un territorio aspro e brullo. Sarebbe sembrato bianco a causa dell’anidride carbonica solida. Freddo al di la d’ogni immaginazione. Ero rimasto completamente solo. Sparite le luci, le strade, le costruzioni e pure la gente. Niente atmosfera. Alcuni banchi gassosi sembravano essere posizionati in profondità nel sottosuolo; erano gli abitanti? Non fu possibile stabilirlo. Ora che tutto sembrava come doveva essere, cominciavo a chiedermi se era davvero questa la realtà. Li avevo davvero visti? Avevo veramente incontrato Delfina o era stato tutto un sogno? Non ero mai stato così confuso.

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