Vi sono anche astronavi private, hanno le dimensioni di una grossa automobile e sono usate anche per spostarsi su strada ma, non sono alla portata di tutti. Sargon è uno di quei fortunati.
Sargon fu svelto, praticamente lo trovai già fuori a bordo di uno scarabeo.
- Dove siamo diretti?
- Questo veicolo è in grado di portarci velocemente ovunque vogliamo.
- Sì, infatti, è in grado anche di volare; ma non hai risposto alla mia domanda.
- Siamo diretti a Saccara.
- Saccara! Ma è su di un altro pianeta! Cosa ci andiamo a fare?
- Lo scarabeo è piccolo come una vettura ma ha un motore molto potente, è capace di viaggiare nello spazio anche a velocità cinque. In un’ora saremo a Saccara!
Sargon condusse lo scarabeo fuori dall’atmosfera poi iniziò la sequenza tecnica: una serie di operazioni preliminari tese a mettere la navetta e i suoi occupanti in grado di sopportare la tremenda accelerazione. Terminata, in pochi minuti, la sequenza, Sargon spinse in avanti la leva della potenza e in un istante raggiunse velocità uno punto cinque: quella della luce. Restammo a questa velocità per qualche secondo, il tempo che Sargon impiegò per un ulteriore fasamento. I dispositivi di bordo tra l’altro, avevano già provveduto ad accelerare i nostri riflessi. Infine spinse la leva al massimo e la velocità ricominciò a salire. I contorni dell’abitacolo ripresero il loro aspetto normale; cessava la distorsione caratteristica dovuta alla velocità. A cinque l’indicatore della temperatura andò sul rosso: lo scarabeo si surriscaldava. Piccolo com’era, non poteva sostenere a lungo quella velocità.
- Non è certo un caccia. - Mi disse Sargon indovinando i miei pensieri - ma potremo restare a velocità cinque per il tempo necessario.
Lo scarabeo non è adatto ai lungi viaggi. Ancora una volta si rileva come le apparecchiature di bordo sono indispensabili al volo iperspaziale ma, producono effetti collaterali sui cosmonauti.
Col pensiero scivolai via dall’abitacolo dello scarabeo fino a raggiungere un posto lontano in un lontano passato.
- Ormai, non è più possibile ... - Lei alzò la testa; io la fissai. Notai i suoi occhi: non erano mai stati così neri e profondi, pieni di disperazione e di tristezza. Pensai al significato della parola ormai: “Arrivati a questo punto”.
- Nessuno - gli risposi - dovrebbe mai dire: ormai.
Uno scossone mi riportò di colpo alla realtà. Era normale che il piccolo veicolo sobbalzasse di tanto in tanto; data la velocità. Notai che anche Sargon, nonostante fosse intento alla guida, era assorto nei suoi pensieri: subivamo l’effetto della dilatazione del tempo.
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