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sabato 22 settembre 2018

CADDERO SULLA TERRA


Nelle montagne di Baian-Kara-Ula, tra il  1937-1938 tra i sentieri sul confine che dividono Cina e Tibet, venne scoperta  una serie di sepolture all’interno di grotte presenti in quei luoghi. 
Chi Pu Tei, un professore di archeologia all’università di Pechino, diresse l’indagine archeologica in una serie di caverne interconnesse. In un rapporto ha rilevato che queste aperture nella roccia potrebbero essere state scavate artificialmente, apparendo più simili a un complesso sistema di gallerie e magazzini sotterranei. Le pareti erano squadrate e vetrificate, come scolpite nella montagna grazie a una fonte di calore estremo. All’interno delle grotte furono trovati luoghi di sepoltura dall’apparenza molto antica, disposti in modo ordinato e in essi vi erano i resti scheletrici di esseri umani dallo strano aspetto.
Gli scheletri, che misuravano poco più di un metro e trenta centimetri di altezza, avevano un aspetto fragile, esile e un teschio dalla volta cranica ampia, sproporzionata rispetto al resto del corpo. In un primo momento, fu suggerito che poteva trattarsi dei resti di una specie sconosciuta di gorilla di montagna. L’ipotesi fu accantonata poiché nessuna scimmia seppellisce i suoi morti.
Altre scoperte, compiute più profondamente dentro le grotte, eliminarono la possibilità che delle scimmie avessero vissuto lì dentro. Sulle pareti scolpite, infatti, furono trovati dei pittogrammi rappresentanti degli astri celesti. Vi erano raffigurati la terra, il sole, la luna oltre a diversi gruppi stellari, ed erano tutti collegati tra loro da una serie di puntini che formavano delle linee. Era ovvio che quelle immagini furono create da esseri intelligenti.
 
 

Il gruppo di ricerca del professor Chi Pu Tei, in seguito, compì una scoperta strabiliante: semisepolti nel pavimento pieno di detriti, in ogni grotta trovarono degli strani dischi di pietra. Questi oggetti misuravano circa nove pollici di diametro e tre quarti di pollice di spessore. Nel centro esatto si apriva un buco perfettamente rotondo di 3/4 di pollice e inciso sulla superficie c’era un solco sottile a spirale dal centro verso il bordo, che rendeva l’aspetto degli oggetti somigliante a una sorta di “disco per i fonografi.”

Uno dei dischi meglio conservati è stato datato tra 10.000 e 12.000 a.C. Alla fine, vennero trovati 716 dischi. Le scanalature, a un esame più approfondito, non risultarono essere semplici solchi, ma la riga continua a spirale di una scrittura sconosciuta.
Poco dopo la seconda guerra mondiale, un professore polacco di nome Lolladoff mostrò uno dei “dischi di pietra” allo scienziato britannico Karyl Dr. Robin-Evans, il quale contribuì a farne conoscere la storia al mondo occidentale. Lolladoff affermò di aver acquistato il disco presso Mussorie nel nord dell’India e che apparteneva a un popolo misterioso, chiamato “Dzopas” (o “Dropas”) il quale lo adoperava per dei riti. Il Dr. Robin-Evans aveva posto il disco su di una bilancia in grado di registrare, nel tempo, le variazioni di peso: lo strumento mostrava che nell’arco di tre ore e mezza il peso del disco oscillava, guadagnando e perdendo peso! Come poteva un disco di pietra cambiare peso?
Robin-Evans seguì il percorso della storia dei Dropas fino alle loro origini e fu in grado di reperire, nel 1947, una rara fotografia rappresentante due capi Dropas. Inoltre, la visita che fece presso l’allora Dalai Lama gli fornì una buona quantità di informazioni reperibili su quel popolo solitario.
Molti esperti cercarono di tradurre i geroglifici nei 20 anni in cui uno degli oggetti a forma di disco giaceva a Pechino, ma i loro sforzi non furono coronati dal successo. Solo quando il dottor Tsum Um Nui cominciò ad interessarsi ai dischi, si poterono svelare i segreti del codice, iniziando a decifrare la linea a spirale. Le conclusioni del professore sul significato dei segni scolpiti sul disco erano così sconvolgenti che gli fu impedita ogni pubblicazione. I dischi di pietra racconterebbero una storia incredibile: una “nave spaziale” proveniente da un altro pianeta precipitò sulla catena montuosa del Bayan-Kara-Ula. La strana linea di scrittura a spirale scolpita sui dischi racconta poi come le intenzioni pacifiche degli alieni fossero state fraintese dagli abitanti della zona e che un certo numero di quegli esseri vennero uccisi da membri della tribù Ham, che vivevano nelle grotte vicine.
Secondo il professor Nui, una delle linee di lettura dei geroglifici avrebbe la seguente traduzione:


“I Dropas scesero dalle nuvole con le loro aeromobili. Gli uomini, donne e bambini dei popoli vicini (Ham) si nascosero nelle grotte dieci volte prima dell’alba. Quando finalmente capirono la lingua dei segni dei Dropas, si resero conto che i nuovi venuti avevano intenzioni pacifiche …”.


In un’altra parte della linea di segni a spirale, vi sarebbe espresso il “rammarico” dalla tribù Ham, perché l’astronave degli alieni si era schiantata in delle montagne remote e inaccessibili e non c’era stato alcun modo di costruire un veicolo capace di riportare i Dropas al proprio pianeta. Durante gli anni successivi, archeologi e antropologi appresero maggiori informazioni sulla zona isolata di Bayan-Kara-Ula. Molto di ciò che scoprirono sembrava confermare le storie bizzarre scolpite in quella sottile linea di scrittura a spirale. Certe leggende della zona, infatti, parlano di “uomini di piccole dimensioni, magri, gialli, che vennero dalle stelle tanto tempo fa”. Gli uomini avevano grandi teste gonfie e il corpo gracile. Avevano un aspetto così brutto e ripugnante che furono inseguiti dalla tribù locale a cavallo. Stranamente, la descrizione degli “invasori” corrispondeva con gli scheletri originariamente rinvenuti nelle grotte dal professor Chi Pu Tei.
Diversi archeologi russi hanno ripulito ed esaminato alcuni di quei dischi in un laboratorio di Mosca. Affermarono di aver fatto due importanti scoperte: la prima è che i dischi contengono tracce di metalli, in particolare cobalto. la seconda è che quando si ponevano su un piatto rotante, come quello di un giradischi, ronzavano con un ritmo insolito ed era come se fossero attraversati da una carica elettrica. Forse i dischi facevano parte di un’apparecchiatura più complessa ed erano stati incisi per riutilizzarli come una sorta di libri.
Il filologo russo Viatcheslav Zaitsev, che ha trascorso trent’anni a raccogliere prove su esseri intelligenti provenienti dallo spazio che hanno avuto contatto con i popoli della Terra, ritiene che i dischi possono dare sostanza alle antiche leggende cinesi che parlano di uomini di piccole dimensioni, magri, dal viso giallo, che scesero dalle nuvole molti secoli fa. Inoltre, i disegni sulle pareti di una delle grotte in cui vennero ritrovati gli scheletri e i dischi, ritraevano anche delle figure antropomorfe che sembravano indossare dei caschi. 
 
 

Nel 1974, anch’io venni a conoscenza dei dischi. Dopo un periodo in cui non si era saputo più nulla, un ingegnere austriaco di nome Ernst Wegener portò la sua attenzione verso due dischi che si trovavano esposti al Museo Banpo a Xi’an. Il direttore del museo gli permise di fotografare i dischi (che mostravano segni di deterioramento) con la Polaroid che aveva portato con se. Le foto che scattò sono quelle che circolano ancora oggi, poiché quando nel 1994 il ricercatore tedesco Hartwig Hausdorf – l’uomo che ha studiato le piramidi presenti in territorio cinese – domandò dei dischi all’attuale direttore del Museo Banpo (il vecchio direttore, a causa di quelle foto, era stato destituito) gli fu risposto che di essi non si trovava più traccia.

3 commenti:

  1. Nel 1974, anch’io venni a conoscenza dei dischi di pietra. Dopo un periodo in cui non si era saputo più nulla, un ingegnere austriaco di nome Ernst Wegener portò la sua attenzione verso due dischi che si trovavano esposti al Museo Banpo, a Xi’an. Il direttore del museo gli permise di fotografarli (i dischi mostravano segni di deterioramento) con la Polaroid che aveva portato con se. Le foto che scattò sono quelle che circolano ancora oggi.

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  2. Anche la Germania in quegli anni faceva ricerche nei luoghi più remoti dell'Asia con spedizioni di scienziati cercando oggetti misteriosi e racconti esoterici. I russi anche loro da sempre hanno ricercato le tracce di vita extraterrestre intelligente sul nostro pianeta e puntando i radiotelescopi verso le stelle più vicine. Sicuramente sanno di più di quanto dicono, forse hanno maggiori informazioni degli americani.

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