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mercoledì 15 aprile 2020

SIREN


Si fa un gran parlare in questi ultimi tempi di strani avvistamenti connessi con creature fino ad ora credute inesistenti: le mitiche Sirene. Eppure, nelle grotte del Paleolitico - forse anche prima di quel periodo - sono visibili particolari graffiti in cui sono effigiati uomini intenti a interagire con queste figure leggendarie. Persino su alcuni scudi vichinghi appaiono Sirene con la coda caudata. In tutte le civiltà del passato la presenza di tali enigmatiche “entità” è fortemente sentita, possibile dunque che si tratti solo ed esclusivamente di un parto della fantasia?
 
 
Phineas Taylor Barnum, (1810-1897), nacque a Bethel, nel Connecticut. A lui si deve la creazione e l’organizzazione della prima manifestazione circense organizzata in maniera spettacolare e ricca di straordinarie attrazioni, conosciuta come: The Greatest Show on Earth (il più grande spettacolo del mondo). Il circo, composto da tre piste e ben quattro palcoscenici, poteva ospitare ventimila spettatori e fu distrutto in un incendio. Tra le tante incredibili creature (gemelli siamesi, la donna cannone, l’uomo lupo, la donna tigre, l’uomo più piccolo del mondo e quello più alto del pianeta, veniva esibita anche la sirena delle Fiji: una scimmia assemblata con una coda di pesce creata da un abile tassidermista. Ma Barnum era pronto a presentare ‘The Real Mermaid’  (la sirena autentica). Già in questo modo dichiarava la natura fasulla di quella delle Fiji ma purtroppo non sapremo mai davvero cosa davvero intendesse mostrare. Un incendio distrusse il reperto prima dell’apparizione pubblica. Ciò che rimane è la fotografia che potete vedere qui sotto.
 
 

 
 
Nel 1842, Prima di dare vita al “più grande spettacolo del mondo”, Barnum aveva creato uno stupendo museo in cui erano esposte tutte le maggiori curiosità provenienti da ogni parte mondo: l’American Museum, che fu distrutto per ben due volte da un incendio. Intorno al 1864, sul finire della guerra civile, Barnum venne a conoscenza di un circo itinerante che esponeva una Sirena vera. L’ineffabile impresario riuscì ad acquistarla per una cifra esorbitante e successivamente a esporla nel suo grande museo di New York, allestito appositamente per essere inaugurato il 15 Luglio 1865. Due giorni prima dell’inaugurazione un furioso incendio, uno dei peggiori che la città di New York ricordi, distrusse completamente il museo Barnum. Seguì l’oblio quasi completo sulla “vera sirena”. Nel 2010, in occasione del bicentenario di Barnum, i ricercatori incaricati dell’allestimento di una retrospettiva commemorativa, scovarono negli archivi nazionali dei negativi in vetro (dagherrotipi) che ritraevano il palco del circo barnum e le sue numerose attrazioni, compresa la vera Sirena. Poterono constatare che le immagini della locandina legate alla pubblicità del nuovo museo Barnum e i negativi ritrovati, raffiguravano in modo sorprendente e somigliante l’essere osservato nel 2007 dalla squadra dei biologi marini (allora in servizio al NOA) Brian McCormick, Paul Robertson e Rebecca Davis. Questi ricercatori affermarono di avere avuto un incontro ravvicinato con le Sirene.
 
 
 
 
 
In seguito, servendosi di una tecnologia digitale estremamente avanzata, sono stati in grado di ricostruire le autentiche fattezze della creatura marina, in tutto identica a quelle esibita da Barnum.
Ma se pensate che sia la prima volta che un essere umano si trovi a tu per tu con le sirene, vi ingannate.
All’inizio di giugno del 1962, un certo Colmaro Orsini, genovese di quarantadue anni, si trovava a pescare sulla scogliera che protegge la foce del fiume magra (Bocca di Magra - La Spezia) e che in quell’occasione, come racconterà in seguito stava:
 



“… ritirando una lenza dal mare per verificare l’esca, allorché ho udito una strana e dolcissima melodia. Poiché nelle vicinanze vi sono stabilimenti balneari, ho pensato che si trattasse di qualche apparecchio radio in funzione. In seguito, però, mi accorsi che gli strani suoni salivano dal mare. Allora, distogliendo gli occhi dalla lenza, ho veduto l’incredibile: un volto umano con i capelli verdi che mi fissava. Sarà stato ad una distanza di quindici metri. Ma appena si avvide ch’io la guardavo, si immerse e prima che scomparisse ho chiaramente veduto uscire dal mare una coda di pesce di colore azzurrognolo. Sul momento credetti da avere un’allucinazione anche se in vita mia non ne ho mai avute. Però, la scia che quello strano essere aveva lasciato, una scia che si muoveva così rapidamente in direzione della Punta Bianca, mi diceva che non avevo sognato. Volevo chiamare gente, ma il timore di essere scambiato per un demente mi fece riflettere. Non ho provato spavento, perché ciò mi era apparso non come un essere mostruoso. Un po’ d’emozione però l’ho certamente provata”.
 
Il testimone, a detta di tutti era una persona psichicamente normale, un buon pescatore in grado di distinguere un pesce da un essere di quel genere. Una storia ai confini della realtà che fu riportata dalla stampa di quel periodo.
Sicuramente la maggior parte di voi dopo aver letto questa parola penserà alle splendide e sensuali sirene. Magari, quelle folcroristiche, descritte come incantevoli ragazze mezze nude con la parte sopra umana e la parte sotto di pesce.
Ma ammesso che le sirene esistano, siamo proprio sicuri che siano proprio fatte così?
Qui mi sto inoltrando in un argomento lungo e al centro di molte discussioni. Per farla breve, ci sono molti scienziati che credono (anche in base a ritrovamenti e avvistamenti) che possa esistere una specie umanoide acquatica nei nostri oceani frutto di un’evoluzione inversa: in pratica una teoria molto diffusa è che circa 7 milioni di anni fa alcune specie di primati, entrati in competizione con i grandi mammiferi del tempo, si siano stabiliti lungo le coste e pian piano si siano adattati alla vita acquatica cercando le prede in mare fino a sviluppare pinne e branchie. Un po’ come è successo a foche e pinguini.
Per questo motivo le famose sirene sarebbero in realtà simili a scimmie con la coda di pesce, ma senza peli e con una pelle liscia come i delfini. Sarebbero quindi piuttosto brutte e non le candide fanciulle ammaliatrici della mitologia.
 

 
 

 


 
Ma il punto è un altro: se perfino biologi marini di un certo spessore e se associazioni come il NOAA spendono soldi ed energie nella ricerca di questi umanoidi acquatici, almeno il dubbio che possano esistere c’è.
Se questi esseri sfuggenti vengono cercati nel Pacifico e nell’Atlantico anche a grandi profondità, sembra esserci un luogo dove basterebbe attendere a riva per vederli o vedere qualcosa di simile. I malesi li chiamano “Orang Ikan” e a loro dire ci sarebbe una grande colonia attorno alle isole Kei, nella parte sud-orientale delle isole Maluka dell’Indonesia.
In malese Orang significa “umano” e Ikan significa “pesce” e sono descritti come esseri umanoidi con braccia, gambe ma anche pinne, branchie e coda. I malesi sono a conoscenza di queste creature da secoli, ma la notizia si è sparsa solo dopo la seconda guerra mondiale.
 

 
 

 
 
Nel 1943, nel bel mezzo dei combattimenti in tutto il Pacifico, un battaglione di soldati giapponesi vi si stanziò con l’ordine di presidiare le isole Kei. Queste isole coprono un’area totale di circa 555 miglia quadrate e sono famose per le loro spiagge incontaminate e per alcune tribù indigene ancora oggi presenti in perfetta armonia con la natura. Fu in questo contesto di sabbia bianca che i soldati giapponesi riferirono diversi avvistamenti di strane creature in prossimità della riva, con arti e un volto simile a un umano, ma una bocca larga, simile a quella di un carpa, branchie e coda di pesce. Queste creature erano alte circa 150 cm, con la pelle color rosa o rosso salmone, avevano una lunga pinna dorsale che formava una cresta in testa e scendeva lungo le spalle. Furono descritte con braccia lunghe e due prominenti gambe simili a quelle di una rana, entrambe terminanti con lunghi artigli.
Sebbene in varie occasioni questi esseri furono segnalati lungo le spiagge, il loro habitat sembrava essere nelle lagune. In un’occasione, due delle creature vennero viste giocare e nuotare vicino al bagnasciuga di giorno, ma il più degli avvistamenti avvenne di notte. Un soldato affermò di aver visto due Orang Ikan esaminare la sabbia al crepuscolo, come se fossero alla ricerca di qualcosa. I movimenti erano goffi, al contrario di quelli in acqua che erano veloci e agili.
Un altro soldato, che  si trovava in prossimità di una laguna, vide emergere dall’acqua una “orribile scimmia con una bocca di pesce e spine, come un riccio di mare” a non più di tre metri da lui. Mentre la creatura si avvicinava, avvertì un forte odore di pesce marcio e quando prese il fucile per spararle, lei guizzò nell’acqua colpendolo con la coda e scaraventandolo a terra per poi immergersi e scomparire.
Altri soldati, pur non avendo avuto incontri diretti con le bestie, dissero di averle avvistate in spiagge appartate o, nuotando, in acque basse.
 

 
 

 
 

 
 
La testimonianza più straordinaria, però, giunse dal sergente della squadra, Taro Horiba, che una sera fu convocato da un capo tribù locale, con cui aveva stretto amicizia, che volle mostrargli un Orang Ikan ritrovato morto sulla spiaggia. Horiba descrisse la strana creatura come alta circa 160 cm, con una testa molto larga coperta di peli rossi che arrivavano fino alle spalle, aveva spine lungo tutto il collo. Riferì che il volto era una combinazione di caratteristiche umane e scimmiesche: un naso basso e corto, un’ampia fronte e piccole orecchie appuntite. La bocca non aveva labbra ed era larga come quella di un pesce. Fu descritta come quella di una carpa, piena di denti piccoli e duri come gli aghi. Le dita della creatura erano lunghe e finivano con artigli traslucidi. Horiba ha anche riferito che c’erano delle alghe attaccate su tutto il corpo che gli davano un colorito verdastro che si alternava al rosa tipico della pelle della creatura.
Dopo essere tornato in Giappone, Horiba riportò le sue esperienze e chiese al Governo di inviare dei biologi a investigare, ma nessuno lo prese sul serio. Il fatto che non avesse scattato alcuna foto non ha aiutato la sua causa e alla fine, è stato persino deriso.
Il caso venne chiuso: gli avvistamenti venero attribuiti a dugonghi che, anche se rari, un tempo si trovavano in tutto l’Indo-Pacifico e molto probabilmente esistevano anche sulle isole indonesiane. I dugonghi però non hanno braccia né gambe e non sembra che il volto del dugongo possa essere interpretato così male come riportarono Horiba e i suoi.
 

 
 

 
 
Non si può fare a meno di notare la somiglianza tra questi Orang Ikan e altri esseri acquatici segnalati altrove. Sul lago di di Thetis nell’isola di Vancouver, nel 1972, per esempio; come pure i Pugwis e tutti i mostri lacustri o di laguna nel nord dell’America, tutte creature molto simili tra loro e somiglianti nella descrizione all’Orang Ikan.
Gli abitanti dei villaggi delle Isole Ike affermano tutt’ora che, spesso, vengono avvistati sulle isole e talvolta persino catturati nelle reti. Si dice che siano terribilmente territoriali e a volte attaccano pescatori e imbarcazioni se si avvicinavano troppo.
Tuttavia, l’Orang Ikan non sembra suscitare l’interesse degli studiosi: se ne occupano solo i criptozoologi, ma se la teoria delle scimmie acquatiche esposta per le sirene si rivelasse corretta c’è la possibilità che questi esseri siano un tipo di primate che ha subito una mutazione, adattandosi a una vita acquatica o semi-acquatica.


1 commento:

  1. Sicuramente la maggior parte di voi dopo aver letto questo titolo penserà alle splendide e sensuali sirene, quelle folcroristiche, descritte come incantevoli ragazze mezze nude con la parte sopra umana e la parte sotto di pesce.
    Ma ammesso che le sirene esistano, siamo sicuri che siano proprio fatte così?

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