Chi ha visto il video sul caso Cennina, probabilmente, sa a cosa mi riferisco. In passato, in seguito a certi avvistamenti, la gente del luogo notava che in paese erano arrivati molti "Capitani". Il termine è improprio e allude a personale che poteva far parte dei servizi segreti. Oggi sembra che il loro posto sia stato preso dai ben più famosi man in black.
Era il 26 settembre del 1952. Il sig. Carlo Rossi, nato nel 1899 a Saltocchio di Ponte (Moriano) e residente a San Pietro a Vico, si presentò alla Procura della Repubblica di Lucca per denunciare un fatto straordinario che aveva messo in pericolo la sua vita. Il fatto era avvenuto circa due mesi prima nella notte fra il 24 ed il 25 luglio.
Il Rossi, appassionato pescatore, soleva calare la sua “bilancia”, di prima mattina, in un punto del Serchio dove il fiume forma una grande ansa ed è più largo e profondo; il posto prende il nome di Piana dei Tacchini e si trova proprio di fronte a San Pietro a Vico in provincia di Lucca. Erano circa le tre del mattino e il testimone percorreva nel buio della notte un viottolo che lo avrebbe portato alla bilancia. In quel tratto, l’argine del fiume è molto alto e nasconde la vista dell’acqua a chi vi cammina parallelamente. All’improvviso la sua attenzione fu attirata da un insolito chiarore, del tutto innaturale, proveniente da un punto sul fiume. L’uomo, messo in allarme e incuriosito per l’insolito fenomeno, allungò il passo e percorrendo cautamente la distanza al riparo dell’argine, giunse all’altezza del punto da cui la luce veniva diffusa. Si arrampicò su per il terrapieno e si sporse. Pensò di essere in preda alle allucinazioni quando vide sospeso sull’acqua, a bassa quota, uno strano veicolo circolare che pareva rifornirsi d’acqua attraverso un lungo tubo che pescava nel fiume. La macchina, enorme, si librava in aria silenziosa ed era dotata di un complesso sistema di “eliche”.
Si riportano le testuali parole del Rossi, così come furono pubblicate sul giornale LA NAZIONE n.32 del 26-09-1952: - ... aveva un diametro che giudicai in circa venticinque metri. Un disco, proprio tondo, senza ammennicoli. Il suo spessore era di due metri. Dipinto di nero. Tutt’intorno, sullo spessore c’erano delle aperture ovali, come bocche. Direi che da quelle il disco aspirava l’aria che serviva probabilmente ad azionare il motore. Nel centro c’era una torretta, che sporgeva di tre metri al di sotto del disco e di mezzo metro al di sopra. Era trasparente come di vetro o di materiale plastico. Questa torretta avrà avuto un diametro di cinque metri, era grande, insomma, come una stanza. Si vedevano dentro quattro sottili tubi collegati con un grosso cilindro che stava nel mezzo. Una fiamma azzurrognola, con bagliori arancione simile alla fiamma ossidrica passava da un cilindro all’altro, alternativamente alzandosi e abbassandosi. Il bagliore veniva dalla torretta trasparente e si rifletteva perciò sulla superficie del disco rendendola luminosa. Quel disco volante aveva cinque eliche di sotto: eliche che uscivano per metà dal cerchio nero, disposte torno torno, equidistanti l’una dall’altra. Nella parte superiore, invece, le eliche erano tre: una grande quanto tutta la circonferenza del disco, le altre due in scala sempre più piccole... –
A questo punto il racconto di Carlo Rossi si fa sempre più interessante. L’uomo, in preda ad un misto di paura e curiosità, spiava immobile e attonito la macchina che ferma nell’aria emetteva un debole rumore, simile a un fruscio di seta. Ad un tratto un oblò si aprì nella torretta superiore del disco e si affacciò una figura umana che scrutò intorno. Con ogni evidenza, scorse il nostro testimone, poiché sporse un braccio, come per indicarlo a qualcuno che doveva trovarsi all’interno del disco. Il Rossi, dopo un attimo di stupore, si scosse e fuggì via in preda allo spavento, buttandosi a precipizio giù per la scarpata dell’argine. Era appena arrivato giù, quando intravide, sopra la testa, un raggio verde fendere l’aria nella sua direzione. Avvertì una scossa in tutto il corpo, come se fosse stato percorso da una scarica elettrica e atterrito si gettò al suolo. Alzando la testa vide il disco sollevarsi oltre l’argine e prendere quota rapidamente, sparendo a velocità spaventosa in direzione di Viareggio.
Il testimone non raccontò a nessuno la sua avventura, temendo di essere scambiato per un visionario; ma un ulteriore vicenda lo fece temere per la propria vita, spingendolo a rivelare il suo segreto all’autorità costituita.
Circa due mesi dopo, il 15 settembre, in pieno giorno, alle quattro del pomeriggio, il Rossi si era recato al suo abituale posto di pesca e giungendovi, vi trovò un’altro pescatore a lui sconosciuto. Il tipo, dall’aspetto di uno straniero, indossava una tuta azzurra e aveva una corta canna da pesca. Molto magro, alto, dal naso affilato e con strani occhi grigi, cercò di attaccare subito discorso esprimendosi in un italiano corretto, ma marcato da un accento che il testimone non riuscì a riconoscere. Avviata la conversazione, lo sconosciuto gli domandò se avesse mai veduto sul fiume aeroplani o altri oggetti volanti. Il Rossi, diffidente, gli rispose di non aver mai veduto nulla. La conversazione proseguì per un pò e il misterioso interlocutore gli offrì una sigaretta. Il testimone notò che era diversa da tutte quelle, anche estere, che lui conosceva. Era molto lunga e sottile, aveva impresso sul bocchino una marca dorata che non conosceva e che in quel momento non pensò di decifrare. Appena accesa e tirate un paio di boccate di fumo, il Rossi si sentì invadere da un senso di stordimento e di nausea. Con un gesto istintivo spense la sigaretta e fece l’atto di riporla nel taschino. Allora l’altro, inaspettatamente gli afferrò il polso, gliela stappò di mano e ridottala in minuti pezzetti, la gettò nel fiume. Poi, senza aggiungere altro si allontanò velocemente, quasi di corsa.
Qui termina la misteriosa vicenda. Tutto finì con un articolo di cronaca, giacché dai sopralluoghi, nulla fu possibile scoprire. Opportuna fu invece un indagine condotta da Siro Menicucci, del Gruppo di Ricerca per lo Studio dei Fenomeni Ufologici di Prato. Egli, infatti, riuscì a rintracciare i familiari di Carlo (il quale non era stato identificato, se non come Carlo N.) e a contattarli; il testimone, era deceduto già da una decina d’anni. Sergio Rossi, il figlio di Carlo, raccontò che i fatti si erano svolti esattamente come raccontato dai giornali. Si ricorda perfettamente dello stato d’agitazione del padre che dopo l’incontro con lo strano personaggio, continuava a ripetere: - Non mi vorranno mica fare qualcosa perché ho visto quell’affare lì! –
Aggiunse che l’uomo che offrì la sigaretta al padre era stato rivisto; ma Menicucci si accorse che, in proposito, egli non voleva aggiungere altro. Fu solo grazie all’aiuto di Mario Bandoni (il quale abitava accanto al viottolo che Carlo rossi percorreva per recarsi a pescare nel fiume Serchio) che si apprese che il misterioso personaggio con la tuta azzurra era un militare, il quale fu visto ancora in paese, come aveva già affermato Sergio Rossi.
Si apprese che il misterioso personaggio era un militare, il quale fu visto ancora in paese, come aveva già affermato Sergio Rossi.
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