Queste considerazioni
scaturiscono da anni di lavoro nell'ambito della casistica degli avvistamenti in riferimento a
quelli che sono i punti fermi dai quali partire per
l'esame dell'argomento.
Innanzitutto una conferma: i
piloti vedono gli UFO. Ne vedono di tutti i tipi, dagli oggetti strutturati
alle luci notturne. Ed è vero che, nei casi in cui ciò sia possibile, essi
cercano di portarsi in una posizione favorevole per osservarli meglio. Sicuramente ne vedono più di quanti ne riportino, preferiscono farne a meno: si tratta di
una categoria di testimoni che rifugge le luci della ribalta, sia per motivi
istituzionali (militari) che per motivi di tranquillità professionale (civili).
Se infatti non emerge, se non in casi sporadici e spesso soltanto "per
sentito dire", che i piloti che riferiscono di aver visto un UFO vengano
messi a terra con ignominia, è comunque anche vero che qualche fastidio spesso
viene loro arrecato. In parecchi casi, ricercatori senza scrupoli desiderosi
soltanto di apparire sui giornali come scopritori di qualche storia ad effetto,
hanno causato seri grattacapi alla privacy dei testimoni, dandoli in pasto alla
stampa alla ricerca di uno scoop che assicurasse loro un momento di (effimera)
notorietà. Non si creda che queste siano affermazioni esagerate: quello dei
piloti è un ambiente molto ristretto, un piccolo mondo dove tutti si conoscono
e dove occorre muoversi con attenzione e circospezione per evitare di ripagare
con una pubblicità non gradita la fiducia ricevuta dal testimone che ha
raccontato l'avvenimento di cui è stato protagonista.
A titolo di esempio, posso
citare dei piloti di un volo commerciale che, qualche tempo fa, hanno avuto
modo di osservare un fenomeno luminoso (peraltro, di probabile origine meteorica)
e che pur non avendo personalmente dato al fatto una grande importanza, si sono
visti citare sui giornali a grandi titoli dopo essere stati intervistati da
un giornalista il giorno successivo. Come mi confermò il comandante di
quel volo, per una settimana dopo il fatto lui e il suo secondo furono
bersagliati dalle bonarie prese in giro dei colleghi, cosa che non piacque affatto. Ripeto, nessuno li mise a terra o intimò loro di
tacere (in questo caso mi rivolsi alla loro Compagnia di appartenenza che,
molto gentilmente, fornì il mio recapito al Comandante
affinché mi potesse contattare direttamente!) ma qualche fastidio di troppo lo ebbero ugualmente.
Questo è il motivo per cui i
casi in cui si hanno notizie sono certamente meno rispetto a quelli che
effettivamente avvengono: in tante occasioni i piloti che avvistano un UFO
evitano di riferirlo e tengono per sé ciò che hanno visto, risparmiandosi così
di perdere tempo a compilare moduli (di cose da fare al termine di un volo se ne
hanno tante, anche senza doversi sobbarcare quest’ulteriore
onere) ma soprattutto evitano di essere infastiditi, per non dire assediati,
da giornalisti avidi di notizie e da ufologi o presunti tali, spesso
desiderosi unicamente di dare ai fatti la connotazione che preferiscono.
Un nostro pilota, ora in
servizio all'ALITALIA, mi ha raccontato le convulse fasi di un tentato
inseguimento di un UFO effettuato mentre si trovava ai comandi di un C-119
della 46° Aerobrigata A.M. di stanza a Pisa (l'oggetto fu rilevato anche dal
personale della torre di controllo dell'aeroporto). Ebbene, subito dopo
l'atterraggio la prima domanda che il nostro pilota si sentì rivolgere da un
ufficiale superiore incaricato di far luce sull'accaduto fu che cosa lui e il
suo equipaggio avessero mangiato prima di decollare. Al che il testimone,
stanco per la missione appena compiuta e alquanto teso per il "fuori
programma" capitato appena prima dell'atterraggio, dovette replicare bruscamente
che era meglio cercare di mantenere il colloquio su binari della serietà.
Questo ad ulteriore conferma che non sempre chi è stato testimone di un
avvistamento UFO trova solidarietà e comprensione immediata, anche nel proprio
ambiente e da parte dei colleghi. Da qui le forme di auto-censura che parecchi
testimoni adottano per salvaguardare il proprio quieto vivere, professionale e
non. E' anche vero, inoltre, che molto spesso i militari non possono
divulgare quanto di anomalo hanno osservato durante missioni operative a causa
del fatto che tali missioni sono coperte da riservatezza. Va però messo
bene in evidenza che la riservatezza non riguarda l'avvistamento UFO di per sé,
bensì le connotazioni della missione durante la quale l'avvistamento si è svolto.
Niente di strano, quindi, che se il rapporto viene redatto, sia poi, in certi
casi, necessariamente mantenuto riservato per motivi istituzionali. Un tipico
esempio di quanto sopra esposto lo si poté riscontrare nel comportamento degli
uomini dell'Aeronautica incaricati di compiere un'indagine interna per capire
come mai un avvistamento effettuato dai piloti del 50° Stormo di Piacenza
nel 1966, durante una missione operativa riservata, fosse finito sulle pagine
del quotidiano locale il giorno dopo. Sappiamo che l'inchiesta si occupò
principalmente del fatto che era stata data pubblicità ad una missione NATO di
carattere alquanto "sensibile" e non già, se non marginalmente,
dell'avvistamento UFO puro e semplice, come invece in certi ambienti si continua
a suggerire ancora oggi. Niente cover-up sugli UFO, quindi, bensì unicamente
riservatezza militare, anche se ci sarà sempre qualcuno che si affannerà a
sostenere il contrario.
Non c'è quindi troppo da
meravigliarsi se certi piloti, dopo un avvistamento UFO, omettono di redigere
un rapporto in proposito o se lo redigono, si guardano bene dal parlarne
troppo in giro, anche nella ristretta cerchia dei colleghi.
Quanto detto a proposito della
riservatezza militare in tema di divulgazione di informazioni coperte da
segreto va esteso anche alla possibilità che l'evento ufologico sia stato
rilevato, dandone così una conferma oggettiva particolarmente rilevante, da
apparati radar addetti alla sorveglianza dello spazio aereo nazionale. I
sostenitori delle teorie del complotto affermano, tanto per cambiare, che siamo
in presenza di ulteriori conferme del fatto che le Autorità "sanno"
ma non vogliono che la gente sappia. Molto più semplicemente, appare chiaro che
in parecchie circostanze divulgare certi flottaggi radar significherebbe
rendere disponibili a tutti, implicitamente, informazioni riservate
sull'apparato difensivo nazionale, la dislocazione e la copertura radar.
I piloti sono testimoni davvero infallibili?
La domanda è volutamente
provocatoria e si riallaccia a uno dei "punti fermi" citati in
apertura del presente lavoro: la particolare qualificazione professionale del
testimone pilota.
Certo l'infallibilità, come la perfezione, non è di questo
mondo; ciononostante, rimango dell'opinione che quella del pilota sia comunque
una testimonianza più attendibile e rilevante di quella di tanti altri
possibili testimoni e l'aver potuto interrogare parecchi di essi in questi anni
non ha fatto che confermarmelo.
È vero comunque che, seppure
in misura assai inferiore rispetto ad un qualsiasi altro cittadino, anche il
pilota - che resta un uomo e non un robot - può prendere abbagli o compiere
errori di valutazione. Nel caso, citato in precedenza, dei due piloti
commerciali presi in giro dai colleghi dopo il loro avvistamento, il comandante
affermò di aver visto un oggetto scintillante e appuntito (un vero e proprio
manufatto) seguito da una lunga scia, mentre il suo primo ufficiale non percepì
nulla del genere, bensì un fenomeno più assimilabile a un rientro meteorico.
Con questo non voglio togliere credibilità a tutta la categoria: desidero
soltanto far presente come anche i piloti non siano, né lo si può pretendere, i
testimoni DEFINITIVI: quelli che costituiscono il sogno segreto di ogni
inquirente. I sensi di cui l'essere umano dispone per percepire i dettagli
dell'ambiente che lo circonda sono capolavori di efficienza fisiologica ma, a
volte, possono trarre in inganno anche l'osservatore più attento e smaliziato:
i piloti sono in grado di supplire a gran parte di questi trabocchetti grazie
alla loro preparazione e addestramento, ma non si possono pretendere capacità
sovrumane. Una cosa che mi è capitato di sentirmi dire abbastanza
frequentemente in occasione delle mie inchieste è che non ricordano la data
precisa (a volte neanche l'anno!) di un determinato evento. Questo spiega i
casi "A" che figurano tristemente senza data nel catalogo del
Progetto. Ciò appare inconcepibile (anche se col tempo ci si abitua), in quanto
non si capisce come si possa non prendere scrupolosamente nota, per i posteri o
anche solamente per raccontarlo ai propri figli o nipoti, di un avvenimento
dalle connotazioni spesso spettacolari come certi avvistamenti che mi sono
sentito raccontare. Eppure a volte capita proprio questo: il racconto consiste
in semplici ricordi non circostanziati. La disinvoltura con cui molti piloti
"archiviano" nella mente certi fatti inesplicati avvenuti durante il
loro servizio, che tanto mi fa arrabbiare, pare attuata meccanicamente dal
testimone, quasi non gli interessasse approfondire più di tanto la faccenda. Ed
è così che, magari, salta fuori che egli dieci o vent'anni prima ha assistito
ad un fenomeno sconosciuto ma non si ricorda bene la data ("eravamo
nell'autunno o inverno del 1969... o forse era il '70..."), né il nome del
suo co-pilota, né se ha avuto contatti con la torre di controllo e via dicendo.
Ma, al di là di tutto questo, resta impressa nella memoria l'esperienza
vissuta, l'incontro anche se solo per pochi secondi con "qualcosa"
che pur a distanza di anni, e pur con l'aumentare del proprio
"spessore" professionale, continua a restare inspiegato. Qui il
pilota, nonostante possa essere perfettamente a conoscenza (e molti in effetti
lo sono) del demenziale folklore para-ufologico che ormai quotidianamente ci
martella dai banchi espositori delle edicole, si dimostra obiettivo e poco
incline a voli pindarici nel tentativo di dare una connotazione forzatamente
"esotica" a ciò che ha visto. Tutt'altro, dove è possibile
identificare l'oggetto della visione ciò viene fatto senza esitazioni mentre
nel caso opposto (oggetto o fenomeno rimasto non identificato) il testimone non
si avventura in elucubrazioni stiracchiate o speciose, ma si limita a
confermare la natura sconosciuta di ciò che ha visto, magari aggiungendo che in
altre condizioni di visibilità e con qualche secondo in più a disposizione
probabilmente avrebbe anche potuto identificarlo.
Certo, anche un pilota può
sbagliare, ma salvo rarissime eccezioni ben difficilmente egli approfitterà del
suo avvistamento per andare a caccia di pubblicità e facile notorietà: si può
pertanto essere ragionevolmente sicuri che proprio in virtù di questa forma
mentis basata su professionalità, serietà e riservatezza il suo resoconto potrà
essere considerato particolarmente affidabile e obiettivo e non affetto da
aggiunte o rimaneggiamenti confezionati ad uso e consumo di una platea di
"credenti" in vena di emozioni. Potrà non esserci la data o qualche
nome, ma i fatti saranno quelli e solo quelli. Toccherà poi all'inquirente
ricavarne quanti più dati gli sia possibile. Non è poco, mi pare.