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sabato 26 dicembre 2015

CACCIATORI DI DINOSAURI


Secondo il geografo greco Marciano di Eraclea (4° - 5° sec. d. C.) l’attività produttiva di Artemidoro di Efeso ebbe luogo tra il primo ed il quarto anno della 169° Olimpiade, cioè tra il 104 ed il 101 a. C.
Verso la metà del primo secolo a. C., qualche committente (un privato o forse la stessa biblioteca di Alessandria) dovette chiedere una copia del trattato di Artemidoro, Geographia, ma durante la ricopiatura del secondo libro (su un totale di undici) avvenne un incidente: il cartografo copiò una cartina geografica sbagliata che non aveva alcuna relazione con il testo. Cosicché il papiro, che non poteva più essere usato per ricopiare interamente il secondo libro, fu riposto in un angolo della bottega in attesa di altri utilizzi (a quel tempo la carta era preziosa). Passarono ancora degli anni finché quel rotolo abbandonato non fu ripreso da un atelier di disegno, dove i giovani studenti cominciavano ad esercitarsi per le loro “prove d’artista”. Questa “seconda vita” del papiro di Artemidoro, vale a dire i 43 disegni del suo “bestiario”, dimostra con forza il tema della possibile esistenza di “modelli” per mosaicisti e tessitori nell’Egitto greco-romano.
Per la realizzazione di composizioni vaste e complesse, come ad esempio il celebre mosaico di Palestrina (realizzato tra la fine del II sec. a. C. e gli inizi del I), l’artista non poteva fare a meno di modelli figurativi precostituiti, contenuti in raccolte facilmente trasportabili: trattati di zoologia, bestiari o quaderni di modelli che fossero.

Il grande mosaico di Palestrina (5,85 x 4,31 m.) fu realizzato con ogni probabilità dal paesaggista alessandrino Demetrio detto il topografo (che abitava a Roma già dal 165 a. C.) ed è custodito nel Museo Archeologico Nazionale di Palestrina (Palazzo Colonna-Barberini). Esso, confrontato con altri documenti, di epoche precedenti e coeve, ci dà un quadro di quelle che erano le nozioni zoologiche in possesso del mondo antico ed intorno alle quali noi oggi sappiamo ben poco, anche a causa del rogo in cui arse la biblioteca di Alessandria, che cancellò per sempre un immenso patrimonio di dati e conoscenze.
Ora nel mosaico di Palestrina è raffigurata, con ottima precisione, una straordinaria varietà di animali, molti dei quali ben riconoscibili come reali ed attualmente esistenti.
All’estrema destra del mosaico di Palestrina, immediatamente sopra l’immagine di un tempio egizio, che secondo alcuni sarebbe la rappresentazione del tempio di Osiride a Canopo (per altri quella di un tempio menfita, o forse l’errata dislocazione di qualche tempio egizio della Nubia sulle rive del Nilo), vediamo raffigurati due animali molto strani, dai nomi (secondo l’usanza greca si scriveva sempre il nome di un personaggio o di un animale accanto alla sua rappresentazione)  che da soli già dicono qualcosa: uno, quello più in basso, è indicato col termine CROCODILOPARDALIS, mentre l’altro, sopra al primo, CROCODILOSCHERSAIOS.

In effetti, il termine CROCODILO suggerisce che si tratta della raffigurazione di un grande rettile acquatico. E il suffisso PARDALIS? Certamente deve denotare la caratteristica di una pelle maculata, esattamente come avviene per un’altra analoga parola greca, CAMELO-PARDALIS, la giraffa.
Molto più incerto è l’etimo del secondo grande rettile. Infatti il suffisso SCHERSAIOS è di difficile interpretazione, anche se si può ipotizzare un’indicazione di provenienza geografica: SA(I)HO sono infatti alcune popolazioni di origine cuscita stanziate oggi ad Est dei monti Soira, in Eritrea, che, vivendo ancora in Nubia in epoca tolemaica, dovevano necessariamente occupare una zona vicino ad un fiume, presumibilmente il Nilo. Certamente non è un caso che i cacciatori raffigurati nel mosaico davanti ai due animali siano proprio nubiani.
Ma potevano esistere grandi rettili d’acqua con la pelle maculata? Sì, si tratta di una delle due grandi famiglie in cui sono stati divisi i plesiosauri, e cioè gli elasmosauri.
Non c’è da meravigliarsi: è già successo in passato che animali ritenuti estinti siano stati, poi, trovati vivi e vegeti in giro per il mondo e nei mari. Nulla quindi può portarci ad escludere che i plesiosauri, ritenuti estinti anch’essi da 65 milioni di anni, siano ancora vivi, (come ipotizzava Heuvelmans) o perlomeno lo erano all’epoca.
È singolare notare che il creatore del mosaico del Nilo di Palestrina, escludendo altre fonti, sia pur attendibili e disponibili, ha voluto escludere ogni suggestione ed ogni cedimento all’ignoto, a ciò di cui non si aveva conoscenza diretta o che fosse comunque estraneo all’ambiente acquatico e terrestre lungo tutto il corso del Nilo.


Se dunque il mosaico del Nilo di Palestrina vuole essere una riproduzione fedele (per lo meno nelle intenzioni) di animali reali ed esistenti sui territori solcati da quel grande fiume, allora devono esistere altri riscontri che riguardano l’esistenza di plesiosauri ed anche di enormi serpenti (di cui troviamo due riproduzioni nel mosaico) in Africa settentrionale. È quello che vedremo in un prossimo articolo posto a corredo del mio racconto “L’anfora”.

1 commento:

  1. All’estrema destra del mosaico di Palestrina, immediatamente sopra l’immagine di un tempio egizio vediamo raffigurati due animali molto strani, dai nomi (secondo l’usanza greca si scriveva sempre il nome di un personaggio o di un animale accanto alla sua rappresentazione) che da soli già dicono qualcosa: uno, quello più in basso, è indicato col termine CROCODILOPARDALIS, mentre l’altro, sopra al primo, CROCODILOSCHERSAIOS.

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