Perché veniamo al mondo e
qual è lo scopo della nostra esistenza? Si dice che ognuno di noi compie un
percorso, ma alla fine cosa rimane? Di certo, rimangono le nostre storie.
Storie di vite vissute, storie d’amore, storie d’avventure. Alcune di queste
storie sono state scritte, sono diventate dei romanzi, dei racconti famosi; ma
molte altre meriterebbero di essere narrate. Certo che è strana la vita, perché
questa è una di quelle storie che non doveva essere narrata: lui, aveva deciso
di non raccontarla mai, a nessuno. Chi era? Lo chiamerò Gennaro, anche se il suo
nome era un altro. Di lui dirò solo, che amava scegliere i suoi amici: non era
facile legare con Gennaro e neanche posso dire che c’era gente che moriva dal
desiderio di conoscerlo. Non so perché, né come riuscii ad essergli simpatico,
credo che il nostro rapporto, sempre frammentario, si costruì a poco a poco. Il
nostro comune amore per l’antichità, l’ammirazione per i popoli del passato,
per gli Etruschi in particolar modo, fecero si che si arrivasse ad una
reciproca comprensione, che fu fiducia prima che amicizia. A suo modo era un
professionista, una persona abile nell’esercitare un “mestiere” molto
particolare. Era un uomo di parola e fu così che un giorno, per tener fede ad
una promessa, m’invitò a casa sua. Mi mostrò un vaso, bellissimo, una piccola
anfora di pregiata fattura, di cui mi aveva già parlato e mi narrò del suo
ritrovamento. La sua storia aveva dell’incredibile; io ve la riporto
fedelmente, così come mi fu raccontata.
Così inizia “L’anfora”
il racconto di un’avventura incredibile, anche se alcuni hanno creduto di
riconoscere in Gennaro una persona reale anzi un “personaggio” che, in altri
tempi, percorreva le nostre campagne in cerca di antichi tesori.
… Sentito il racconto, fui
preso da un moto d’incredulità. Provai quello che si prova di fronte alla
storia di un pescatore, tutto teso ad ingigantire la mole della sua preda; ma
Gennaro non era un pescatore. Aveva scavato e aveva vissuto sotto terra le sue
avventure. Una volta mi raccontò di aver trovato le tombe dei giganti. Ebbi conferma che, sul luogo che mi aveva
indicato, altri avevano fatto gli stessi ritrovamenti. Ne informai anche un
archeologo, ma non se né fece nulla: evidentemente, non mi credette.
Gennaro non aveva molta stima per gli archeologi. “Non
sanno niente – mi ripeteva – se avessero visto le cose che abbiamo ritrovato,
dovrebbero riscrivere i libri di storia! Pensa, cercano ancora, in Africa, le
ossa dei giganti e non sanno di averle qui, sotto i piedi.”
… Gli anni sono passati, anche Gennaro è scomparso: ha
compiuto il suo percorso. Di lui rimarrà una storia che, per quanto
incredibile, sarà raccontata. In quanto all’anfora, è ancora qui. Unica muta
testimone di quella vicenda. Gennaro la prese perché, non meritava di
invecchiare nell’oscurità.
Gennaro aveva scavato e aveva vissuto sotto terra le sue avventure. Una volta mi raccontò di aver trovato le tombe dei giganti. Ebbi conferma che, sul luogo che mi aveva indicato, altri avevano fatto gli stessi ritrovamenti. Ne informai anche un archeologo, ma non se né fece nulla: evidentemente, non mi credette.
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